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Autore: Tigre Rossa    25/08/2016    9 recensioni
“Sono venuto a prendere qualcosa che mi appartiene. O, per meglio dire, qualcuno. Siete voi il tutore della maestra Tigre, no?”
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Non si può fuggire dal proprio passato, per quanto oscuro possa essere. E quando quello di Tigre torna a reclamarla nella figura misteriosa e crudele di Shang Chiang, la giovane maestra è costretta ad abbandonare ogni sua certezza per un lungo viaggio verso l'Est e verso le sue origini. Un viaggio che dovrà affrontare solo con la guida di un paio di occhi di giada e il ricordo evanescente di un sacrificio coraggioso. Un viaggio da cui potrebbe non tornare.
TiPo- Non tiene conto degli avvenimenti di Kfp3
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Po, Shifu, Tigre
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 33- Tienimi per mano


 

Tenersi per mano non è nient’altro che un modo diverso di dire «grazie per avermi salvato», «mi hai scelto», «hai qualcosa in più del resto del mondo», «non ti lascio».

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Tigre strinse appena i denti, mentre Li Shan finiva di cambiare la fasciatura della sua spalla con il volto attento e pensieroso.

La felina aveva spalancato gli occhi quando aveva visto quel panda dagli occhi di giada entrare nella stanza, seguito subito dopo dal Guerriero Dragone, ed aveva lanciato uno sguardo stupito al compagno, in cerca di spiegazioni, senza però dire niente.

Shifu le aveva spiegato che, se era viva, doveva ringraziare quell’uomo, che l’aveva medicata e le aveva somministrato un antidoto contro il veleno in cui era stato intrisa la freccia. Li Shan si era stretto nelle spalle, dicendo che non aveva fatto niente di speciale e che anzi aveva pensato che il suo antidoto non avrebbe fatto effetto, considerando le sue gravi condizioni. Se era viva, doveva solo ringraziare la sua buona stella, la sua forte energia interiore e la sua ancora più forte volontà. Poi aveva chiesto il permesso di visitarla, per verificare le sue condizioni, e lei prima di rispondere aveva cercato timidamente con lo sguardo Po.

Resti?

Il ragazzo aveva sorriso a quella muta richiesta e le si era avvicinato, prendendo la sua zampa e stringendola nella propria come aveva fatto in tutte quelle ore di agonia.

Certo che resto era stata la sua silenziosa risposta, e solo dopo di essa Tigre aveva annuito.

Li Shan si tirò indietro, mentre riavvolgeva per bene le bende macchiate di sangue.

“Allora?” domandò impaziente Shifu, che era rimasto per tutto il tempo dall’altra parte del letto ad attendere pazientemente che il vecchio finisse di visitare la sua pupilla. 

Il panda rimase per qualche momento in silenzio, riflettendo sulle parole da usare, e poi prese a spiegare, il tono chiaro e preciso di chi non fa altro da tutta la vita “Gli effetti del veleno stanno svanendo, ma la tossina è ancora in circolo, e dubito se ne andrà mai del tutto.”

Si voltò verso la felina, che lo ascoltava attentamente, tesa per non perdere alcuna sua parola “Non potrai mai liberarti totalmente dall’avvelenamento. Sei stata esposta ai suoi effetti troppo a lungo. Per circa due settimane ti sentirai debole, avrai difficoltà a muoverti e il tuo corpo potrebbe essere attaccato da altri virus se non avrai cura di te. Ma, se tutto va bene, alla fine ti riprenderai quasi completamente.”

“Quasi?” ripeté Po, aggrottando la fronte e stringendo con più forza la zampa della compagna.

Li Shan si morse appena il labbro, lo sguardo scuro che i guaritori di solito riservano per le brutte notizie alla ricerca del figlio, che per un attimo tremò dentro.

Era ancora un po’ stravolto dalla rivelazione inaspettata di poco prima, da quella consapevolezza di non aver perso tutti in quella notte maledetta dal fuoco e dal sangue, da quell’abbraccio inatteso che l’aveva fatto stranamente sentire a casa, da quelle parole che mi aveva creduto di poter udire, da quel ‘figlio mio’ sussurrato come una preghiera finalmente realizzata.

Il cuore ancora gli batteva forte a ripensare al modo in cui Li Shan -suo padre- l’aveva stretto a sé, come se temesse di vederlo svanire di fronte ai propri occhi un’altra volta. Pian piano, esitante, aveva risposto all’abbraccio, mentre nella sua mente i frammenti di quell’elaborato mosaico trovavano la propria disposizione e capiva, finalmente, di  aver ritrovato l’ultimo pezzo di lui sottrattogli in quella tempesta di neve e dolore. Erano rimasti lì, stretti in quell’abbraccio che sapeva di miracolo e di dono, per un tempo lunghissimo, fino a quando lui stesso si era costretto a tirarsi indietro ed aveva mormorato ‘Come è possibile?’.

A quelle parole, al vecchio panda era sfuggito un sorriso triste. Gli aveva raccontato, con le labbra tremanti e gli occhi lucidi, di quella lontana notte di tanti anni prima, quando Lord Shen li aveva attaccati col favore delle tenebre, spinto da un odio misto a paura e follia. Gli aveva raccontato di come avesse lottato per difendere il suo villaggio e di come avesse ordinato a sua moglie di prenderlo e di fuggire, certo che li avrebbe ritrovati una volta lontani dal pericolo. Ma non era stato così. Quando era riuscito a fuggire dai lupi di quel crudele pavone, aveva cercato in lungo ed in largo i pochi sopravvissuti ed era andato alla loro ricerca, tentando di seguire le rade impronte nella neve e sperando che non fosse troppo tardi. Aveva scoperto il corpo senza vita di sua moglie in mezzo alla neve macchiata di sangue, nel profondo della foresta, ma di lui nessuna traccia. Credette che i lupi l’avessero strappato dalle sue braccia e Shen l’avesse ucciso con le sue stesse zampe, come aveva fatto con altri cuccioli del villaggio. Pianse e si disperò, ed avrebbe voluto rimanere lì e attendere la morte al fianco della sua sposa, ma non aveva potuto. Era riuscito a strappare a quel mostro così poche vite, quella notte, e non poteva permettere che anch’esse si spegnessero nel buio e nel freddo della foresta. Così, si fece forza e, dopo aver dato un ultimo bacio a sua moglie ed aver coperto il suo corpo, guidò quel piccolo gruppo lontano, il più lontano possibile da quel luogo di morte e di disperazione. Lì condusse ad Est, in un posto antico che secondo le leggende già in tempi lontani era stato loro rifugio e che forse li avrebbe protetti un’ultima volta. Con i pochi rimasti costruì un piccolo villaggio in mezzo alle montagne, tentando di rimettere insieme i frammenti della loro esistenza spezzata.

Po l’aveva ascoltato, quasi stregato dalla sua voce, mentre il proprio cuore pulsava tanto da far male. Li Shan aveva dovuto fermarsi ed abbassare lo sguardo, mentre raccontava come non avesse mai dimenticato quella notte e come ogni giorno ricordasse quello che aveva perduto e pregasse gli Dei per le anime della sua famiglia perduta.

Ma poi, un giorno di non troppo tempo fa, mentre meditava, aveva avuto una visione, una sorta di ‘messaggio dall’Universo’. Aveva visto lui, il suo figliolo, da cucciolo, con i suoi grandi occhioni verdi e il suo peluche stretto tra le zampine che lo guardava sorridente, e poi all’improvviso i suoi lineamenti si erano fusi ed erano mutati, fino ad assumere quelli di un giovane adulto, con il sorriso sulle labbra ed il volto deciso, ma gli stessi identici occhi color della giada che  tanto a lungo erano stato tormento e benedizione delle sue notti. Aveva capito che suo figlio, il suo Piccolo Loto, come l’avevano chiamato alla nascita, doveva essere vivo da qualche parte. Aveva deciso di partire a cercarlo, ma prima che potesse terminare gli ultimi preparativi, ecco presentarsi al villaggio, del tutto inattesi, tre viaggiatori in cerca di aiuto, ed in uno dei quali aveva riconosciuto il giovane della visione.

Aveva riconosciuto il figlio che aveva creduto di aver perso per sempre.

Aveva riconosciuto il suo bambino, il suo Piccolo Loto, il suo Po.

“A volte, gli effetti del veleno torneranno a farsi sentire.” prese a spiegare Li Shan, catturando nuovamente l’attenzione del figlio e strappandolo dai suoi pensieri “ Magari a causa di un forte stress o di una grande paura, oppure in seguito a gravi ferite che riattiveranno la tossina ancora in circolo nel suo sangue. Dovrà stare attenta, perché qualsiasi cosa possa turbare il suo equilibrio interiore e la tua energia potrebbe scatenare una nuova crisi, dalla quale potrebbe anche non salvarsi, questa volta.”

Attenta? pensò amareggiato il ragazzo, mentre il cuore gli si stringeva Come può, vivendo una vita come la nostra, fatta di lotte, caos e stravolgimenti, stare attenta?

“Capisco.” mormorò Tigre, all’apparenza per niente turbata dalla possibilità di un secondo attacco “Vi ringrazio, mastro panda.”.

Lui scosse la testa, come se quella calma lo disturbasse e quasi spaventasse “Per stanotte, continuerò a tenerti d’occhio.” continuò rivolto a lei, ma con lo sguardo fisso sul volto di suo figlio “Verrò ogni tre ore a controllare il tuo stato di coscienza, il battito, il respiro e le condizioni della ferita. Sarà bene che però qualcuno resti sempre con te, in caso sorgano improvvise complicanze.”.

“Ci penseremo sia io che Po.” intervenne Shifu, e subito il giovane guerriero annuì, per poi tirarsi una zampata in fronte a causa di un pensiero improvviso.

“Maestro, gli altri non sanno ancora niente!” esclamò allarmato, gli occhi verdi spalancati “Vipera, Gru, Scimmia e Mantide credono ancora che Tigre sia in pericolo e ci staranno cercando dappertutto.”.

Il panda minore abbassò le orecchie, colto all’improvviso dall’enormità della faccenda “Hai ragione. Allora andrò a cercargli io, gli racconterò quello che è successo e li porterò qua, mentre tu resterai con Tigre. Te la senti?” chiese, afferrando già il suo bastone, che il ragazzo si era affrettato a recuperare prima di tornare nella stanza.

Po fece appena in tempo ad annuire, che Li Shan aggrottò la fronte e, con aria confusa, e gli lanciò uno sguardo indecifrabile “Gli altri?”

“Ehm, sì. Oltre a noi, in viaggio prima dell’attacco c’erano anche altri quattro nostri compagni e il padre biologico di Tigre.” spiegò il ragazzo, mentre sentiva la sua amica irrigidirsi leggermente nel sentirlo accennare a Shang Chiang.

A quelle parole, lo sguardo del panda si incupì, e la sua bocca si strinse in un’unica linea severa “Permettete una parola in privato, entrambi?” fece, per poi voltarsi ed uscire dalla capanna, senza nemmeno attendere una risposta.

Shifu e Po si lanciarono un’occhiata confusa, ma comunque si alzarono per seguirlo, ed il guerriero si costrinse a sciogliere l’intreccio delle loro zampe, seppur un po’ a malincuore.

“Torno subito.” disse alla felina mentre il panda minore usciva dalla stanza, accennando ad un sorriso “Tu riposa un po’, ne hai davvero bisogno.”

Tigre sbruffò, anche se in fondo un po’ divertita da tutta quella premura nei suoi confronti “Te l’ho detto, sto bene. Smettila di preoccuparti.” lo ammonì, lanciandogli un’occhiata severa.

“Smetterò di preoccuparmi quando tu non me ne darai più motivo.” ribatté prontamente lui, sfiorandola come se fosse di vetro ed avesse paura che potesse rompersi in mille pezzi al minimo tocco “Dormi, ora.”.

La ragazza sbruffò ed alzò gli occhi al cielo, come se trovasse ridicola tutta quella preoccupazione “Non trattarmi come se fossi una bambina, Po.”.

“Se qualcuno continua a fare i capricci. . .” la prese in giro il panda, ma all’occhiata assassina che lei gli lanciò si affrettò a sollevare le zampe in segno di resa “D’accordo, d’accordo, me ne vado! Ma tu cerca di dormire davvero, ok? ”.

Tigre trattenne a stento un sorrisetto e lo osservò uscire dalla stanza, sfidando con lo sguardo gli occhi di giada di Po, decisi a non lasciarla fino a quando la porta non si chiuse di botto dietro di lui.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Li Shan lo aspettava fuori, con lo sguardo cupo e l’espressione illeggibile. Attese che Po chiudesse bene la porta e si voltasse verso di lui e solo allora, a voce bassa e con un tono che non ammetteva repliche, sibilò “Le altre persone a cui avete appena accennato non possono venire qui.”.

Il Guerriero Dragone si sentì come se qualcuno l’avesse appena immerso in una tanica piena di acqua gelida e rimase senza fiato, ed al suo fianco Shifu si immobilizzò dalla sorpresa.

“Cosa?” mormorò il ragazzo, sperando di aver capito male “Ma . . .”

Il panda lo fermò prima che potesse dire altro “Questo è un villaggio segreto.” scandì lentamente, come se stesse parlando con un bambino incapace di comprendere le ragioni degli adulti “Un nascondiglio da quelli che ci odiano e vogliono la nostra morte. Ho portato ciò che è rimasto della mia gente qui nella speranza di salvarla e non la metterò in rischio per un gruppo di sconosciuti. Ho già rischiato tanto permettendovi di restare per oggi.”

“Quegli ‘sconosciuti’ sono la mia famiglia.” ribatté prontamente Po, con decisione. Nel sentirlo pronunciare la parola ‘famiglia’, Li Shan sobbalzò e si portò una zampa al ciondolo di giada con il dolore nello sguardo ed il ragazzo, benché se ne fosse accorto, si affrettò a continuare “Non farebbero mai niente del genere. E poi non c’è più nulla da temere. Lord Shen è morto, papà! L’ho sconfitto io pochi mesi fa e l’ho ucciso. Non c’è più nessuno di cui avere paura.”

Shifu spalancò gli occhi e si voltò verso l’allievo, incredulo “Papà?” ripeté, chiedendo una spiegazione con lo sguardo.

Li Shan non considerò nemmeno la confusione del panda minore. La sua attenzione era tutta per il figlio, che fissava con i grandi occhi stanchi come se non riuscisse a credere che stessero davvero avendo quella conversazione “Shen era solo uno dei pericoli che ci minacciano e non rischierò che degli sconosciuti possano in qualche modo risvegliarli.”. Si fermò e  si avvicinò alla ragazzo, per poi prendergli le zampe tra le sue. La sua voce si addolcì un po’, come se l’innocenza nelle idee e nelle convinzioni del figlio lo intenerissero, per quanto non potesse condividerle.  “Piccolo Loto, vi ho aiutato solo perché ho riconosciuto il tuo volto e perché portavi un ferito tra le braccia. Ma non posso mettere in pericolo la mia, la nostra gente. I tuoi amici non possono raggiungerti e domani stesso quella tigre dovrà andarsene.”

Quelle ultime parole strinsero il cuore di Po in una morsa improvvisa e dolorosa, bloccandone per un attimo il battito “Perché?” riuscì solo a chiedere, incapace di dire altro.

Il capo clan sembrò quasi stupito da quella domanda “È pericolosa, come tutte quelli della  sua specie.” spiegò, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Le tigri sono nostre nemiche, figliolo. Lo sono sempre state. Sono crudeli, subdole, manipolatrici e malvagie. E non posso avere una di loro nel mio villaggio.”

Po si sottrasse alla sua stretta con uno strattone, ferito ed arrabbiato per quelle parole ingiuste.

“Lei non è pericolosa!” urlò, con gli occhi di giada che bruciavano “E’ una maestra fortissima e una guerriera eccezionale, ma non farebbe mai del male a nessuno. Non lei.” affermò con decisione, stringendo con forza i pugni “È la persona più buona, coraggiosa e generosa che conosca, ed è la mia migliore amica.”

Li Shan rimase in silenzio, ad osservare senza parole la reazione  infuocata del figlio ed i suoi occhi pieni di ardore e rabbia, e Shifu si affrettò ad intervenire.

“Vi prego, mastro Li Shan.” sussurrò con il tono più dimesso e supplichevole che avesse mai usato in vita sua, attirando così la sua attenzione “ Se quello che avete detto sulla sua salute è vero, mia figlia non sarà in condizioni di viaggiare per almeno le prossime due settimane. Permettete che rimanga qui fino ad allora insieme a me e Po, e vi prometto che gli altri resteranno lontani e nessuno verrà a sapere di questo posto, mai. Lo giuro sul mio onore.” concluse, portandosi una zampa al petto in segno di onestà.

Po lanciò uno sguardo al suo maestro, e poi i suoi occhi tornarono a posarsi sul volto sempre più confuso del guaritore. Allentò piano la stretta delle zampe e tentò di dominare la sua ira, e quando parlò di nuovo il suo tono era più calmo, ma non per questo meno risoluto ” Dovrei esserci io, in quel letto. Avrei dovuto essere io, a lottare tra la vita e la morte. La freccia che l’ha colpita era per me.”

Nel sentirlo pronunciare quelle parole, gli occhi di Li Shan si spalancarono scioccati, e il panda si affrettò a continuare, la zampa che indicava con enfasi la porta “Ma lei si è messa in mezzo, salvandomi la vita. E questa è stata solo l’ultima di un’infinità di volte. Mi ha salvato più volte di quanto possa ricordare. Le devo ogni cosa. Il minimo che posso fare è permettere che si riprenda prima di ripartire.”

Abbassò la zampa e, con la voce che aveva iniziato a tremargli, mormorò la sua ultima preghiera, nella speranza che quella fredda divinità davanti a lui l’ascoltasse “Papà, per favore.”.

Li Shan chiuse gli occhi, come se dentro di sé infuriasse una battaglia tra l’istinto e la razionalità, tra il controllo e la spontaneità. Le sue dita salirono a tormentare il ciondolo di giada ed egli rimase in silenzio per un tempo lunghissimo, che fece tremare i due guerrieri.

“D’accordo.” sussurrò infine, come sconfitto, mentre riapriva i grandi occhi ancora incerti “Voi tre potrete restare qui per due settimane, ma non un giorno di più, e nessuno dei vostri dovrà sapere di questo posto, soprattutto non la tigre suo padre.”

Po fece per dire qualcosa, ma Shifu gli fece segno di zittirsi ed annuì. “Avete la mia parola.” giurò, per poi portare le zampe nel segno del saluto ed inchinarsi profondamente “Vi ringrazio, mastro panda. Vi ringrazio di cuore per questo e per aver strappato mia figlia dal Regno degli Spiriti.”.

Il panda mosse appena la testa, come se quei ringraziamenti lo mettessero a disagio, ma non disse nulla. Il piccolo maestro si rimise dritto e, stretto bene il suo bastone, si voltò verso l’allievo. “Vado a cercare gli altri ed ad avvisarli di trovare un posto in città. Probabilmente non tornerò prima dell’alba. Veglia su Tigre fino al mio ritorno.” si raccomandò, cercando nel volto dell’altro la conferma di poter lasciare Tigre in zampe sicure.

Il Guerriero Dragone annuì senza alcuna esitazione ed osservò il panda minore allontanarsi. Quando questi svanì in mezzo alle ombre, Li Shan aprì la bocca per parlargli, ma il ragazzo non gliene diede il tempo. Si voltò ed rientrò deciso nella stanza, senza nemmeno guardarsi indietro un’ultima volta.

 

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Shang Chiang buttò altra legna nel fuoco, mentre i suoi occhi attenti scrutavano l’oscurità. Era ormai notte tarda, e con i guerrieri del palazzo di Giada si era accampato poco distante dalle porte della città, il luogo d’incontro precedentemente scelto con il loro maestro.

I ragazzi erano seduti attorno a fuoco, tristi e sconfortati. Avevano cercato i loro compagni fino a quando il sole non era tramontato ed avrebbero continuato ancora tutta la notte se non si fossero resi conto che sarebbe stato inutile. Non potevano fare nulla contro le tenebre. Dovevano aspettare il ritorno della luce e sperare che con essa arrivassero anche buone notizie.

Il generale si guardò attorno. I guerrieri avevano diviso poco prima le provviste che avevano con loro, ma la preoccupazione gli aveva stretto lo stomaco per tutto il tempo. Ora erano seduti vicini, a scrutare l’oscurità alla ricerca di un qualche segno, un qualcosa a cui aggrapparsi per farsi forza. Il primate era seduto per terra accanto al fuoco, con l’insetto sulla propria spalla. Accanto a lui, la gru era ritta sulle proprie zampe, e vicino stava, triste e malinconica, la serpentella.

Avevano parlato per la maggior parte del tempo, facendosi coraggio a vicenda ricordando quanto Tigre fosse forte e raccontandosi mille episodi del passato. Avevano raccontato di quella volta quando, appena bambina, era stata aggredita da un gruppo di banditi e Scimmia e Gru, sebbene ancora non la conoscessero, erano intervenuti per aiutarla, ma poi era stato proprio lei a salvargli la vita. Avevano raccontato di quando aveva sconfitto il mitico maestro Pantera Ringhiante, giovanissima e senza alcun aiuto. Avevano raccontato di quella volta in cui era fuggita dal Palazzo di Giada per combattere Tai Lung da sola. Avevano raccontato di quando, poco tempo prima, era stata colpita da una delle armi di Lord Shen per proteggere Po, e nonostante tutto era sopravvissuta. E poi, avevano parlato di tanti momenti sfusi, fragili istanti della loro vita insieme e di quella amicizia vecchia di anni, che invece di rassicurarli li aveva solo rattristi e aveva aumentato la loro paura e il dolore che provavano al pensiero di poterla perdere.

Così, pian piano, erano scivolati in un silenzio quasi più doloroso di quelle chiacchiere piene di rimpianti, ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie preghiere.

Shang Chiang non pensava che quei cinque fossero così legati.

Sì, aveva capito che si volessero bene dal modo in cui si erano opposti a lui, quando aveva ordinato alla figlia di andarsene e seguirlo, ma non credeva così tanto. Il loro era un legame profondo, forgiato nel fuoco e nell’adrenalina dei combattimenti, ma anche nella dolce quiete di ogni giorno, di ogni confidenza, di ogni gioco ed avventura adolescenziale.

La loro era la fedeltà di compagni di combattimento, ma anche di fratelli e sorelle. Era la fedeltà di una famiglia, basata sull’amore e non solo sul bisogno e sul rispetto.

Quei quattro avrebbero preferito soffrire le pene del veleno al posto suo, che saperla in pericolo anche solo un altro secondo. Sarebbero morti, e sul serio, per lei.

Ma contro quel tipo di morte non potevano fare nulla, e lo sapevano, per quanto non volessero accettarlo.

Il generale tornò a fissare l’oscurità. Ormai, se il veleno aveva fatto il suo corso, la ragazzo doveva essere sicuramente morta. Poteva essere forte e poteva aver resistito fino allo stremo, ma nessuno poteva combattere contro il fuoco dei demoni tanto a lungo.

Era davvero una sfortuna. Davvero, un terribile colpo di sfortuna. Perché diavolo quella stupida ragazzina aveva dovuto mettersi in mezzo, prendere quella freccia al posto del panda? Perché fare l’eroina e mettere in pericolo non solo la sua vita, ma tutto ciò che stava costruendo su di lei? Perché, dannazione?

Era davvero tale e quale a sua madre, quella ragazzina. Capace di rovinare tutto in meno di un respiro.

Un rumore inatteso lo distrasse dai suoi pensieri amari, e subito si mise in uno stato d’allerta, le orecchie tese e gli occhi vigili. Poco dopo il rumore si ripeté e anche gli altri guerrieri lo colsero, mettendosi subito in posizione di difesa e scrutando l’oscurità con occhi infiammati. Stavano per scattare nella direzione da cui sembrava provenire, quando da dietro un albero comparve, stanco e sostenuto quasi solo dal suo bastone, Shifu.

“Maestro!” gridarono i ragazzi, abbassando di colpo la guardia e correndo verso di lui, come bambini alla ricerca di rassicurazioni. Subito lo assalirono con mille domande, quasi tramortendolo con la loro preoccupazione e la loro insistenza.

“Dove eravate finito?”

“Dove sono Tigre e Po?”

“Che cosa è successo?”

“Come sta Tigre?”

Il panda minore alzò una zampa per tentare di zittirli, per quanto sapesse che si trattava di una battaglia persa in partenza “È viva.” mormorò, gli occhi di ghiaccio stranamente caldi e la voce stanca, ma serena “Abbiamo trovato qualcuno capace di curarla. Starà bene.”

 “Siano ringraziati gli Dei!” sussurrò Gru con voce rotta, incapace di fare altro, mentre Scimmia lo abbracciava in preda all’entusiasmo e al sollievo. Mantide quasi gli cadde dalla spalla per la gioia mentre gridava un entusiasta‘Fantastico!’, e Vipera si affrettò ad asciugarsi silenziosa un’unica, limpida lacrima di gioia che le scivolò lungo la guancia.

Shang Chiang prese un profondo respiro, mentre dentro di sé pensava che forse, in fondo, aveva sottovalutato quella ragazzina o, molto più probabilmente, la sua fortuna. Poteva ancora sperare, adesso. Poteva ancora continuare i suoi piani. E, questa volta, avrebbe impedito a chiunque di rischiare di mandarli in fumo.

Mentre i ragazzi gioivano ancora per quella bella notizia ed il loro maestro li osservava con affetto e un briciolo di tenerezza, il generale si alzò e si avvicinò al piccolo gruppo, per chiedere con tono sbrigativo “Allora cosa aspettate? Fateci strada. Portateci da lei.”.

Shifu alzò gli occhi su di lui, come se si fosse accorto della sua presenza solo in quel momento, e questi si incupirono, come se un velo fosse sceso ad oscurarne il sollievo e la gioia. Strinse con forza il proprio basto e rimase qualche momento in silenzio, per poi sbottare una breve, fredda risposta.

“Non posso.”

La tigre si irrigidì di fronte a quell’atteggiamento ed a quelle parole che non ammettevano discussioni, e gli stessi allievi si lanciarono sguardi pieni di confusione e dubbi.

”Perché, maestro?” chiese Vipera, colpita dai modi secchi del panda minore.

Questi si rivolse di nuovo ai suoi allievi, come se Shang Chiang non fosse neppure presente. “L’uomo che l’ha curata è un eremita solitario.” spiegò “Ha grandi conoscenze, ma pochi rapporti col mondo esterno. Abbiamo avuto molti problemi per convincerlo a curarla e poi per far restare noi due accanto a lei. Ha accettato di prendersi cura di Tigre fino a quando non sarà in grado di lasciare la sua dimora, ma non vuole nessun’altro a parte noi tre, lì dove vive.”.

“Ma . . . non possiamo nemmeno vederla per cinque minuti?” insistette Gru, deluso dal fatto di non poter vedere l’amica. “Siamo la sua famiglia! Ha bisogno di noi, adesso!”.

Shifu scosse la testa “Mi dispiace, ma ho giurato di non portare nessuno con me. Era l’unico modo per far sì che continuasse a prendersi cura di lei.”.

I ragazzi si guardarono, e nei loro volti era riflessa la loro delusione. Ma avevano già ottenuto un miracolo, e sapevano tutti che non potevano pretendere di più.

Fu Scimmia a prendere la parola, sorprendentemente “Capiamo benissimo, maestro. La salute di Tigre viene prima di qualsiasi cosa. Noi aspetteremo che si riprenda.” esitò, come solo il pensiero di starle lontano mentre soffriva gli facesse fisicamente male “Ma ditele di muoversi a farlo, d’accordo?”

A quelle parole, Shifu sorrise, mentre lottava per non farsi prendere dalla commozione. “Lo farò.” Prese a frugare tra le sue vesti e tirò fuori un sacchetto colmo di monete, che consegnò al primate “Andate in città. Prendete una stanza nella prima locanda disponibile, ma non rivelate le vostre vere identità. Restate lì. Scenderò a portarvi notizie ogni tre giorni ed appena Tigre si sarà ripresa vi raggiungeremo.”.

L’allievo prese il denaro ed annuì assieme agli altri, ma Shang Chiang si fece avanti e disse, con il tono di chi non avrebbe accettato un no come risposta “Io vengo con voi. E’ mia figlia e ne ho tutto il diritto.”.

Shifu gli lanciò uno sguardo di ghiaccio, per niente intimorito dal suo tono, anzi. Era come se lo stesse sfidando. Come se lo stesse invitando a mostrare gli artigli, da bravo felino irrascibile “Se volete che nostra figlia riesca a riprendersi e guarire, resterete qui, come tutti loro.” Nella sua voce c’erano una sicurezza, una forza e una decisione che mai, prima di quel momento, aveva avvertito in lui. Era come se stringesse al petto qualcosa capace di dargli la forza ed il coraggio di affrontare anche tutti i demoni del Regno degli Spiriti. Come se avesse la consapevolezza di non dover e poter perdere contro di lui, non quella volta.

Il generale strinse con forza i pugni. Avrebbe voluto aggredirlo lì, in quel momento, e fargli capire chi realmente comandava, ma sapeva di non poterlo fare. Subito i suoi allievi l’avrebbero fermato e lui avrebbe perso per sempre la possibilità di attuare al meglio i suoi piani. E non poteva rischiare questo, non ora. Doveva mettere da parte il suo orgoglio, almeno per un po’.

Con un ringhio, allentò la pesa e si voltò, per avviarsi verso la città, consapevole dello sguardo dei ragazzi e soprattutto quello del panda minore fissi su di lui.

Presto, molto presto . . .

 

~~~~΅΅~~~~

 

Quando Po rientrò nella stanza, trovò gli occhi stanchi ma vigili di Tigre ad aspettarlo.

Il panda si chiuse la porta alle spalle, sperando che non avesse sentito nulla della discussione appena conclusa.“Non ti avevo detto di dormire?” domandò, tentando di nascondere la tempesta che gli stava stravolgendo la mente e l’anima.

La ragazza scivolò appena un po’ sotto le coperte “Il giorno in cui farò qualcosa che tu mi hai detto di fare mi infilerò un vestito e permetterò a Vipera di truccarmi.” ribatté, lanciandogli uno sguardo di sfida.

A Po sfuggì una mezza risatina nell’immaginare la scena e la ferrea stretta attorno al suo cuore si allentò, seppur di poco. Scuotendo la testa divertito, si avvicinò a lei e si sedette sul bordo del letto, incapace però di incontrare il suo sguardo. Le parole di Li Shan gli rimbombavano ancora nelle orecchie ed il loro eco continuava a fargli male più di quanto volesse mostrare.

Tigre rimase ad osservarlo in silenzio per un tempo breve ed insieme infinito, e quando parlò la sua voce era dolce ed il suo tono gentile “Quel panda è tuo padre?”.

Quella domanda prese alla sprovvista il guerriero, che spalancò gli occhi e la fissò con una confusione ed uno stupore spropositati. “Come..?” mormorò, non sapendo bene cosa dire o come continuare.

La felina si strinse nelle spalle, come se la risposta non fosse semplice, ma addirittura elementare.

“Avete gli stessi occhi.” disse, e per un breve momento i suoi occhi di fuoco andarono a sfiorare in una timida carezza quelli di giada dell’altro, per poi scivolare via in fretta, come se avesse paura di perdercisi dentro. “E poi, vi ho sentito parlare.”.

Po trattenne il fiato e si affrettò a dire qualcosa, ma lei riprese subito a parlare “Sono contenta per te. Davvero. Il fatto che tu l’abbia incontrato ha dell’incredibile.”. Esitò per un attimo, lo sguardo basso per non mostrare il suo sconforto e le zampe ben serrate attorno al tessuto caldo della coperta, per poi aggiungere piano “Allora, quando dovrò andarmene?”.

“Tu non andrai da nessuna parte finché non ti sarai ripresa.” si affrettò a ribattere il panda, come se solo l’ipotesi di lasciarla andare via fosse per lui impensabile.

La ragazza scosse appena la testa “Po, non è il caso. Non sono voluta qui.” ribatté, con una voce così consapevole, così piena di tutte quelle volte in cui non era stata voluta da qualcuno od in qualche posto che il cuore dell’altro tremò nell’udirla.

D’istinto, il Guerriero Dragone si allungò in avanti e le sollevò il volto con una zampa, per permettere ai loro occhi di incontrarsi. Tigre provò a sottrarsi a quel contatto, ma qualcosa in quel gesto e nel suo sguardo serio glielo impedirono, ed ai suoi occhi non restò altra scelta che sfiorare, seppur riluttanti, quelli verdi e sinceri di lui.

“Io voglio che tu resti qui, e questo basta ed avanza.” sussurrò Po, con un tono deciso che l’altra non gli aveva mai sentito usare, prima di quel momento. “Ti devo ogni cosa, Tigre. La vita è solo una di queste. Per cui, permettimi di ripagarti come posso. Permettimi di prendermi cura di te, almeno una volta.”

I suoi occhi di giada brillavano come le pietre preziose a cui avevano rubato il colore, e con una tale forza ed intensità da cogliere impreparata la giovane guerriera. Tigre provò a sostenerli più che poté, ma il modo in cui Po la guardava e le sue dita che le sorreggevano il mento in un gesto dal sapore sconosciuto ma stranamente piacevole erano più di quanto la sua anima stanca ed affaticata potesse sopportare. Lasciandosi sfuggire un sospiro, chiuse gli occhi in un gesto di resa, strappando un sorriso al ragazzo. Dopo qualche secondo di esitazione, come se non volesse mettere fine a quel contatto, questi ritirò la zampa e la felina si lasciò cadere indietro ad occhi chiusi, sprofondando nel cuscino.

Po la guardò, ancora non del tutto capace di credere che fosse davvero là con lui, viva, con il suo sguardo di fuoco che ardeva ed il suo cuore che batteva ed il suo corpo finalmente di nuovo caldo a pochi centimetri dal suo. Stava assistendo ad un miracolo, ne era consapevole. Ma ormai avrebbe dovuto sapere che niente può fermare l’intrepida maestra Tigre.

Si strinse nelle spalle, ripensando alle parole del padre ed alle sue accuse, ancora adesso brutali e senza senso come pugnalate alla schiena “Comunque, lascia stare Li Shan. E scusalo, anche.” borbottò, arrabbiato al solo pensiero che quelle parole sconsiderate avessero ferito la compagna “Ha parlato di te come se fossi un mostro, come se fossi un pericolo per lui, anzi, per tutti noi. Non so perché l’abbia fatto, ma ti chiedo scusa al suo posto. Non sapeva cosa stesse dicendo.  E poi, non credo che ci sia davvero qualcun’altro a minacciare questo villaggio come ha affermato per zittirmi, non ora che Lord Shen è morto almeno.”.

Tigre aprì prima un occhio solo, e poi l’altro, sembrando per un attimo una semplice gattina, seppur dall’aria letale. “Forse ha solo bisogno di tempo.” rispose a voce bassa, in modo quasi prudente “Non deve essere facile, dopo tanti anni rinchiusi in un rifugio perfetto, uscire di nuovo nel mondo, accettare una realtà completamente nuova.”

Il panda aggrottò la fronte, stupito che lei lo stesse proteggendo dopo quello che aveva detto sul suo conto, quello che aveva osato insinuare senza nemmeno conoscerla “Sì, ma allora perché . . .” iniziò, per essere fermato da uno sguardo dell’altra.

“Ognuno reagisce in modo diverso ai cambiamenti, dovresti saperlo.” spiegò pazientemente “Ci sono persone, come me o a quanto pare lui, che si chiudono in se stesse e ci mettono un po’ ad accettare che qualcosa stia cambiando od è già cambiato nelle proprie vite. Soprattutto se si presenta così all’improvviso, come sei solito fare tu quando entri nelle vite degli altri.” aggiunse, lanciandogli uno sguardo divertito “Almeno non gli sei caduto davanti dal cielo, altrimenti adesso sarebbe traumatizzato fino alla fine dei suoi giorni.”.

“Ehi!” esclamò il Guerriero Dragone “Quello è stato un incidente, e poi tu non mi sembri così traumatizzata.”

“E’ perché lo maschero bene.” rispose la ragazza, accennando ad un sorriso. Poi, però, il suo sguardo si incupì all’improvviso, mentre uno scuro pensiero l’assaliva “E comunque, non c’è nulla da perdonare. Ha ragione. Le tigri sono pericolose. Io sono pericolosa.”.

Il panda sobbalzò, come se gli avesse appena tirato un pugno dritto nello stomaco “Tu non sei pericolosa.” si affrettò a ribattere “Sì, forse per i tuoi nemici e per tutti i cattivoni della Cina, ma . . .”

La maestra scosse la testa e gli impedì di continuare “Po, io sono pericolosa.”. Con un sospiro, sollevò le zampe e tirò fuori gli artigli, come per mostrargli la realtà delle cose che lui sembrava incapace di accettare “Queste sono armi di una predatrice, di uno scherzo della natura. Di un mostro. Mentirei a me stessa, se tentassi di convincermi del contrario.” I suoi grandi occhi di fuoco erano scuri e malinconici, mentre abbassava le zampe sulla coperta, attenta a non tagliare il tessuto “Ma l’ho accettato e cerco di usarle per fare del bene, invece che del male. E non importa, se la gente continua ad avere paura di me comunque. Ormai ci sono abituata.” disse, incapace di mantenere ancora alto lo sguardo.

Po strinse la mascella, incapace di vederla in quel modo “Io non ho paura di te.” sussurrò, con il tono più dolce che avesse mai usato fino a quel momento “Non ho mai avuto paura di te, perché non c’è motivo di averne. Tu non sei pericolosa, non importa quello che dicono gli altri o anche tu. Chi dice questo di te si sbaglia, e di grosso. Ti conosco, Tigre. Ti conosco meglio di quanto conosca me stesso e posso giurarti su tutto ciò che ho di più prezioso che tu non sei un mostro. Non sei mai stata un mostro e non lo sarai mai.”.

Si allungò in avanti e prese delicatamente le zampe di lei nelle sue, incurante degli artigli ancora sguainati. Tigre trattenne il fiato e tentò di sottrarsi a quel contatto, terrorizzata al pensiero di potergli fare male, ma il guerriero non se ne curò ed anzi intrecciò le loro dita, come se non pensasse nemmeno lontanamente che ciò fosse possibile. “E queste zampe, che tu continui a considerare come le armi di un mostro, sono state le prime ad allungarsi in mio soccorso, a stringere le mie ed a tirarmi fuori dal baratro.” mormorò, senza sciogliere quel pericoloso intreccio “Come potrei mai averne paura?”.

Tigre, senza parole, si limitò ad osservare le loro zampe unite e gli artigli sguainati, che però si intrecciavano ai polpastrelli dell’altro senza ferirli, come in un piccolo miracolo mai richiesto ad alta voce ma sempre sognato.

Quando rialzò lo sguardo, i suoi occhi erano lucidi, e tutto quello che riuscì a sussurrare con voce tremante fu una parola, un nome.

Il suo nome.

“Po . . .”

Il Guerriero Dragone sorrise, cogliendo in quel minuscolo sussurro tutto quello che in realtà volesse dirgli, ed in tutta risposta aumentò la stretta delle loro zampe, come se non volesse lasciarla andare mai più.

Lei chiuse gli occhi, permettendo a quella sensazione del tutto nuova di avvolgerla, mentre le sue zampe, finalmente non più spaventate, rispondevano alla stretta.

Il panda rimase a guardarla a lungo, tentando di imprimere ogni dettaglio di quel momento, ogni sfumatura a fuoco nella propria mente, di prendere tutto ciò che poteva di quell’attimo speciale di conservarlo al sicuro, dove nessuno avrebbe potuto portarglielo via.

Poi, pian piano, si costrinse a sciogliere l’intreccio ed a tirarsi indietro, facendo violenza contro la sua anima ed il suo corpo, ed a mormorare “Adesso, però, dovresti dormire davvero.”.

La felina aprì piano gli occhi e gli lanciò uno sguardo a metà tra il seccato e l’ammonitore “Di nuovo?” fece, pensando che la stesse prendendo in giro.

“Sono serio, stavolta.” rispose l’altro, pronto “Hai fatto un bel viaggetto di andata e ritorno dal mondo dei morti, hai ancora del veleno nelle vene e sei così debole che riesci appena a tenere gli occhi aperti. Direi che hai davvero bisogno di dormire, ora.”.

“Ti ripeto che non sono una bambina, panda.” ribatté, incrociando le braccia “Non ho bisogno che qualcuno mi dica cosa fare.”.

Il ragazzo sorrise divertito “Lo so, ma credo che dovresti ascoltarmi, per una volta. Shifu ti ha lasciata sotto la mia custodia. Se torna e scopre che hai passato la notte in bianco, non se la prenderà con te, ma con me.” Si portò una zampa al petto, guardandola con fare esageratamente implorante “Non vorrai avermi sulla coscienza, vero?”.

Tigre alzò gli occhi al cielo, tentando di trattenere una risata “Non sarebbe male, in fondo. Una strigliata ogni tanto non può che essere salutare.” scherzò, divertita.

Il panda strabuzzò gli occhi “E quindi vorresti lasciarmi alla sua mercé? Sei crudele, maestra Tigre!” esclamò, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.

“E’ un dono.” ribatté prontamente la giovane, per poi coprirsi il volto con la zampa per nascondere lo sbadiglio che le era appena sfuggito. “Ma sono davvero un po’ stanca, lo ammetto. Riposare un po’ non mi farebbe male.”.

“Visto, che ti dicevo? Non ascoltarmi mai, mi raccomando!” esclamò lui a metà tra il vittorioso e l’indispettito “Su, mettiti a nanna, da brava.”.

La guerriera gli lanciò uno sguardo assassino “Parlami di nuovo in questo modo e scoprirai che in realtà c’è da avere paura delle mie zampe, e molto anche.” Trattenne a stento un altro sbadiglio e scivolò piano dentro le coperte, mentre il compagno se la rideva silenziosamente sotto i baffi.

Chiuse gli occhi e, quando sembrava sul punto di addormentarsi, ne riaprì uno e gli chiese, col tono di chi è già con un piede nel mondo dei sogni “Resti con me?”.

Po rimase sorpreso per un attimo e poi annuì, toccato da quella domanda e dal tono in cui era stata posta “Se lo vuoi, certo.”.

Fino alla morte.

Tigre si accoccolò meglio nel letto e chiuse l’occhio ancora aperto, mentre un piccolo sorriso le illuminava il volto pallido. Si addormentò quasi subito; il panda se ne accorse dal respiro più profondo e regolare. Sembrava serena, per la prima volta dopo tanto, troppo tempo.

Po non potette resistere ed allungò una zampa per stringere quella della guerriera addormentata, come volersi assicurare che non si sentisse sola e che, in caso avesse voluto, avrebbe avuto qualcosa a cui aggrapparsi per tornare a casa.

“Buonanotte, Tigre.” sussurrò “E grazie di essere tornata da me.”.

Poi, spense la candela.

 

 

 

  
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