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Autore: Darkness_Angel    25/08/2016    1 recensioni
Hel era sempre stata considerata bella prima di diventare Regina ed essere temuta.
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Fanfiction basata su di un mito secondario secondo il quale Hel fu trasformata in mezzo cadavere dalla Dea Frejya invece che nascere con queste caratteristiche.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Salve a tutti ^.^
Come anticipato questa storia è basata su di un mito secondario di come Hel divenne la Dea dei morti che lessi in un libro sulla mitologia norrena qualche tempo fa :3
Nel mito non è spiegato cos'abbia scatenato l'ira di Frejya nei confronti di Hel ma, viste alcune abitudini della Dea dell'amore, questa mi è sembrata una buona scusa :P
Non mi resta che augurarvi buona lettura e sperare che la mia idea vi piaccia :3

 

Hel

 

Hel Lokisen era sempre stata ritenuta bella.
Da quando era nata, si era subito capito che aveva preso le caratteristiche migliori da entrambi i genitori; i capelli lunghi e neri, gli occhi più scuri del più profondo abisso, le guance piene e rosse con una spruzzata di efelidi che, insieme al suo sorriso, la rendeva una bambina solare e che ricordava la vita.
Era la più bella tra i suoi fratelli, ma già da piccola si era rivelato che non aveva preso solo il bel visino dal naso affilato da suo padre; Hel era intelligente e astuta.
Tutte le dee la adoravano e, nonostante suo padre fosse Loki, dio del Caos e dell’inganno, Hel aveva imparato a farsi amare.
E come non si poteva amare quella dolce e solare bambina?
Allo stesso modo, in cui non si poteva non notare la ragazza che sarebbe diventata.
Il tempo era stato benevolo con Hel, con il passare degli anni il viso paffuto si era affilato, le efelidi erano quasi del tutto scomparse e il suo corpo, da quello acerbo caratteristico dell’infanzia, si era trasformato in quello flessuoso, longilineo e ben proporzionato di una donna; mentre, le sue movenze, da goffe e giocose, erano diventate calcolate e sinuose ricordando i movimenti dei serpenti di cui non aveva paura e che l’accompagnavano spesso nelle sue passeggiate.
Ormai le dee non la guardavano più con adorazione, ma con sospetto e invidia, vedendola un pericolo per i loro matrimoni poiché gli dei si erano iniziati ad accorgere di quanto, la piccola e innocente Hel, non fosse più così piccola e ingenua.
Come ogni dea nordica che potesse essere definita tale, Hel aveva scoperto in giovane età la bellezza e la gratificante sensazione che dava tener in mano un’arma e, soprattutto, saperla maneggiare con destrezza.
Anche in questo campo, la scelta della giovane Hel non era passata inosservata sotto gli occhi attenti e curiosi degli altri dei; la figlia di Loki aveva scelto una frusta come sua arma prediletta.
Codesto oggetto, più un utensile usato per la tortura che per il vero combattimento, sembrava esser perfetto per la dea che ne condivideva la sinuosità e la prontezza di riflesso; tanti schiocchi faceva la sua frusta, altrettanti ne faceva la sua lingua scagliando parole pungenti.
Hel non era malvagia, la giovane dea semplicemente era solitaria e non le piaceva ficcare il naso in affari divini che non la riguardassero in prima persona.
Se possibile ciò la face diventare ancora più attraente agli occhi degli altri dei.
Passava i pomeriggi assolati all’ombra degli alberi, seduta contro il tronco, sull’erba, leggendo con indosso un semplice abito nero che le delineava le forme, i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle che facevano risaltare la pelle candida come la neve dalla quale spiccavano gli occhi abissini furbi ed intelligenti mentre un serpente le dormiva accoccolato in grembo come se fosse un gatto.
Soventemente si potevano vedere alcuni dei girare, naturalmente per puro caso, nei luoghi prediletti dalla giovane dea per rilassarsi e nel caso attaccar bottone con essa parlando anche del più e del meno pur di poter passare qualche attimo a rimirar la sua bellezza senza nascondersi.
Questo non era certo un punto a favore per avvicinare le altre dee, cosa che ad Hel non interessava particolarmente, le quali, però, l’avevano iniziata a guardare con sospetto e a provare sentimenti non esattamente amichevoli nei suoi confronti ma nemmeno di odio.
Se vi era Sigyn che guardava la figliastra con dubbio e sospirava a tutte le attenzioni riservatele dal padre e negate ai loro figli legittimi, dall’altro lato vi era Frejya che guardava la giovane ragazza con indecisione non riuscendo a capire se stava crescendo come sua possibile alleata o come sua acerrima rivale.
- Anche tu osservi la giovane Lokisen? – chiese un pomeriggio Freyr alla gemella che osservava la dea dalla finestra del suo palazzo – non è che anche tu inizi a provare interesse verso di lei? – le chiese stuzzicandola mentre si metteva al suo fianco ad osservare.
- Non dire sciocchezze Freyr – gli rispose irritata Freyja allontanandosi dalla finestra – io devo osservare le giovani dee, il padre di tutti non le ha ancora assegnato un ruolo e rimarrà un tarlo nella mia mente finché non riceverà il suo posto tra gli Asgardiani – gli disse risoluta.
- Hai paura che occupi il tuo posto? – le chiese il gemello continuando a fissare la dea con una certa intensità mentre la sua mente fantasticava sul suo corpo.
- Certo che no! – tuonò Freyja – io sono l’unica e sola dea dell’Amore, della Guerra e delle emozioni forti, e nessuna dea di seconda categoria potrà mai rubarmi il posto! – concluse furente mentre, però, nella sua mente ormai era nato un sentimento di solo e puro odio verso la giovane dea che, senza fare o dire nulla, era appena stata proclamata sua acerrima nemica.
Frejya non aveva alcun motivo, però, per attaccarla in pubblico e neutralizzarla.
Hel non aveva fatto nulla che potesse causarle un vero disagio, certo, gli dei la osservavano e sospiravano di nascosto dalle mogli al suo passaggio, ma Frejya aveva ancora il monopolio dei loro letti e sembrava che ciò sarebbe rimasto tale visto che la giovane respingeva tutte le proposte di una passeggiata con un dio che poi si sarebbe conclusa nel suo letto.
Magari avremmo una degna compare di Gefjun pensò ridacchiando Frejya mentre coccolava uno dei suoi gatti immaginandosi l’espressione del padre della giovane alla notizia che sua figlia era una dea vergine.
Ma quel momento di stallo non era destinato a durare per sempre e a terminare durante un fresco pomeriggio di sole.
La giovane dea si era ritirata in un giardino seminascosto e quasi sconosciuto per cercare di avere un po’ di tregua dagli altri dei che non la lasciavano respirare con le loro pressanti domande e le richieste di unirsi a loro.
Per ora non le interessava giacere con un uomo, certo, supponeva fosse un’attività molto appagante e divertente, ma non le premeva ancora sperimentarla.
- Che sorpresa trovarti qui, Hel – la salutò una voce che conosceva sin troppo bene, era quella del dio dei viaggi.
Hel alzò il capo dal libro che stava leggendo e gli rivolse un sorriso cortese – Hod, a cosa devo l’onore della vostra attenzione? – gli chiese con voce pacata.
Ma la sua mente avrebbe preferito rispondergli altro; tra tutti gli dei che la vessavano imponendogli la loro compagnia, Hod, era quello più assiduo che riusciva a trovarla in ogni situazione e che non la prendeva affatto bene se lei gli negava di passare del tempo con lui. L’unica cosa che era riuscita a respingere senza scatenare l’ira del dio era stata la sua proposta di unirsi a lui alle spalle della moglie, argomentando che non se la sentiva di tradire la dea dell’amore nel suo talamo.
- Ho ripensato al discorso dell’altro giorno – le rispose sorridendole.
- Ma davvero? – gli chiese Hel con un sospiro alzandosi in piedi mentre il serpente si arrotolava intorno alla vita e al collo per poi poggiare la testa sulla sua spalla ed emettere un lieve sibilo.
- Sì, e ho trovato una soluzione per risolvere il problema in modo che tu non ti senta in colpa e che il tuo cuore rimanga tranquillo, oltre che mia moglie non scopra nulla – le spiegò prendendole una mano e sorridendole.
- Come siete premuroso – disse Hel mentendo, si stava iniziando a stufare di tutte le attenzioni del dio che, inoltre, aveva messo in piedi una specie di gara tra gli dei su chi sarebbe stato il fortunato che si sarebbe aggiudicato la sua verginità; alcune voci dicevano che presto anche il Padre di tutti avrebbe potuto decidere di rivolgere la sua attenzione verso di lei.
- Quindi ora siete disposta ad accettare la mia proposta? – le chiese stringendole le mani con sguardo impaziente.
Hel si prese un secondo per riflettere, poteva benissimo dire al dio che si sarebbe concessa a lui e poi non farlo veramente, lui non avrebbe potuto obbligarla o avrebbe rischiato di incorrere nell’astio degli altri Dei.
- Sì, l’accetto – gli rispose la dea sorridendogli gustandosi l’espressione gioiosa del dio e pregustando nel suo animo il momento in cui quel sorriso si sarebbe trasformato in una smorfia d’impotenza, rabbia e rassegnazione.
 
Naturalmente, il fatto, non si sarebbe consumato quella sera stessa e così, la voce del prossimo tradimento da parte del dio dei viaggi, aveva iniziato a diffondersi per tutto il regno degli dei.
- Hai sentito la novità sorellina? – gridò Freyr entrando nella stanza di Frejya la quale era comodamente sdraiata su un divano con indosso una vestito che le copriva a mala pena il seno e i fianchi mentre accarezzava svogliatamente un felino.
- Sono sicura che se anche l’avessi sentita tu, me ne metteresti di nuovo al corrente – gli disse con un sorriso sardonico.
- Vuoi dirmi che non sai che tuo marito, presto, ti restituirà gli innumerevoli favori che gli hai fatto con gli altri dei, utilizzando la giovane Lokisen? – gli chiese prendendo un bicchiere e svuotandolo lentamente mentre studiava attentamente l’espressione della sorella.
Da prima la Dea rimase immobile e impassibile, poi il suo viso divenne del colore dei suoi capelli e l’ira prese possesso del suo corpo.
- Che cosa?! – gridò alzandosi di scatto facendo perdere una delle sue nove vite al gatto che l’aveva dilettata sino a qualche secondo prima – quella piccola vipera ha deciso di aprire il suo nido di serpi a mio marito?! – tuonò furibonda.
Freyr scoppiò a ridere e poggiò le mani sulle spalle della sorella in un gesto fraterno – Mia cara gemella, perché t’infuri tanto? – le chiese - anche tu tradisci tuo marito e lui ormai non replica, perché non puoi lasciare che si diverta alle tue spalle come tu fai così soventemente? – continuò.
Frejya lo guardò con uno sguardo malizioso e allo stesso tempo furente – Perché Hod è mio. – gli disse duramente ma in tono pacato – è mio come lo sei tu, come lo è il padre di tutti e come lo sono tutti gli dei di Asgard! – gli gridò scostandolo bruscamente.
Freyr scoppiò a ridere – Hai paura che occupi il tuo posto? – le chiese prendendole una ciocca di capelli più rossi del fuoco e giocandoci.
- Potrebbe – gli rispose Freyja imbronciata come se fosse una bambina capricciosa.
- Nessuno potrà mai occupare il tuo posto sorella – le disse il gemello stringendola per la vita e tirandola a se’ – e nel caso, potrai sempre rimetterla al suo posto – le sussurrò per poi baciarla con passione mentre la gemella rispondeva senza esitazione.
 
Non essendo sciocca, Hel sapeva molto bene che inimicarsi l’unica e sola dea dell’amore, della guerra e delle forti emozioni, poteva essere pericoloso come inimicarsi la madre di tutti, perciò aveva preso la saggia decisione di andare a parlare alla dea la mattina prima che il fatto e l’inganno venissero attuati, in modo che la notizia non potesse trapelare avvertendo il dio ingannato e che la dea non riversasse la sua ira verso di lei prima del tradimento.
La giovane dea attraversò giardini e strade dirigendosi verso il palazzo di Frejya, ben riconoscibile già da lontano in mezzo alle case degli altri Dei.
Attraversò il giardino ben curato e meraviglioso per poi bussare alla porta di legno chiaro che si rivelò aperta.
Hel entrò cauta con passi silenziosi e lievi – Posso entrare o disturbo? – chiese a voce abbastanza alta in modo che gli occupanti della casa potessero sentirla, ma la sua domanda, come unica risposta, ebbe il proprio eco che riverberò per gli enormi saloni.
La dea si addentrò nel palazzo, guardandosi intorno e cercando dei domestici; conosceva abbastanza bene Frejya e la sua fama da saper che era impossibile che non vi fosse nessuno a servirla nel suo palazzo.
La dea dell’amore non era mica come la matrigna della giovane dea.
Incuriosita e leggermente timorosa, Hel, salì le scale che portavano al piano di sopra e alle stanze della famiglia; forse la dea dormiva e la giovane avrebbe preferito la sua ira dovuta ad un risveglio inaspettato piuttosto che quella dovuta al tradimento del marito.
Avvicinandosi alla camera della dea sentì la sua voce e quella del suo gemello che ridevano, forse avrebbe avuto fortuna e avrebbe dovuto subire soltanto l’ira della dea per averla interrotta durante un colloquio con il fratello.
La giovane Lokisen batté le nocche leggere sulla porta per non disturbare troppo la discussione dei due dei e poi l’aprì con grazia.
- Perdonate l’intrusione divina Frejya ma… -
Hel avrebbe potuto aspettarsi quasi di tutto da quella dea, ma non quello che si stava consumando sotto i suoi occhi.
La dea e il suo gemello stavano giacendo nello stesso letto chiaramente non per dormire; la pelle lattea della giovane si arrossò mentre i suoi occhi diventavano grandi per la sorpresa e un leggero disgusto.
Freyja scostò il fratello e si sedette sul letto di scatto senza preoccuparsi di coprire il suo corpo formoso e fissando la figlia di Loki con pura e semplice rabbia.
- Tu – le ringhiò contro alzandosi dal letto e mostrando il suo corpo nudo e meraviglioso.
- Voi stavate… - le disse Hel fissando la dea senza muoversi e indurendo lo sguardo; non aveva alcuna intenzione di scappare.
- Noi non stavamo facendo nulla piccola serpe, tu non ha visto nulla – scandì la dea.
Hel indurì lo sguardo e fissò la dea negli occhi verdi, facendola perdere nel pozzo di oscurità dei suoi – Io so’ cosa ho visto – le disse seria.
- E non desidereresti unirti a noi? – le propose Freyr con voce accattivante indicando il letto.
Queste parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
Freyja fu percorsa da una scossa e la sua immagine iniziò a tremare e a sfocarsi finché la dea non tornò concreta, non più nuda, ma con indosso la sua tenuta da guerra e una lancia stretta nel pugno mentre i suoi occhi sembravano ardere.
La giovane dea non batté ciglio e continuò a fissare risoluta l’altra divinità fronteggiandola, non aveva paura di combattere contro di lei.
- Tu non avrai ciò che è mio solo perché hai avuto la fortuna sfacciata di nascere discretamente bella – le disse rabbiosa e sputando fuori tutto il veleno prodotto dall’invidia che aveva provato di nascosto sino a quel momento mentre le puntava la punta della lancia alla gola – ma ora vedrai cosa vuol dire mettersi contro di me – le disse sorridendole perfida.
La giovane dea rimase immobile, senza mostrare la paura che sembrava stringerle il cuore in una morsa; ormai era troppo tardi per parlare, gli dei nordici non erano conosciuti per la loro capacità di risolvere a parole gli asti.
- Io ti maledico Hel Lokisen – disse la dea ridendo soddisfatta di se stessa e godendo della vittoria avuta sulla sua nemica – nessun dio o mortale proverà più attrazione verso il tuo corpo, non oseranno nemmeno guardarti perché avranno timore di te e per loro significherai morte e distruzione. Sarai l’ultima dea a cui paragoneranno una donna perché, a tale, non assomiglierai quasi più – recitò la dea mostrando tutta la gioia che pronunziare quella maledizione le causava.
Hel non comprendeva.
Le parole della dea erano sì, terribili, ma lei non era esattamente intimorita da quello che le avrebbero potuto causare, lei non era vanitosa, non le importava se non avrebbe più attirato stuoli di Dei a corteggiarla.
Non accadde nulla, nella stanza calò il silenzio mentre la dea dell’amore sorrideva soddisfatta fissando Hel negli occhi – Ora vattene, prima che arrivi il momento e tu possa far sentire male qualcuno – le disse la dea scoppiando in una risata che aveva qualcosa di folle in se’.
Hel non aspettò altro tempo, uscì di corsa dal palazzo della dea tirandosi su la veste sino alle caviglie correndo verso il palazzo del padre dove si trovava la sua stanza.
Hel si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò ad essa mentre scivolando si andava a sedere sul pavimento freddo.
La giovane ragazza iniziò a respirare profondamente cercando di calmare la paura che sentiva nascerle nel petto; aveva fatto arrabbiare Frejya, una delle dee più potenti di Asgard che l’aveva maledetta.
Non è ancora accaduto nulla, magari era solo una finta, magari la sua fama di maga è solo una diceria.
Hel iniziò a calmarsi, l’idea che la dea l’avesse solo voluta spaventare poteva essere vera infondo quella maledizione non aveva senso.
Purtroppo la giovane non sapeva ancora quanto si stesse sbagliando.
Si portò una mano sul petto per calmare il respiro e i battiti del cuore ma uno strano formicolio iniziò a pervaderle le dita e il braccio destro, diventando sempre più fastidioso.
La giovane dea si guardò la mano e iniziò a grattarsela per far passare quella fastidiosa sensazione; la pelle iniziò ad arrossarsi e all’improvviso incominciò a venire via.
Hel emise un grido e so portò la mano sinistra alla bocca per soffocarlo mentre nel punto della mano in cui si era grattata la pelle si era alzata mostrando le ossa.
Non poteva essere possibile, era un’illusione.
Il prurito non era smesso, la dea si guardò la mano e con paura ma curiosità prese il lembo di pelle che si era alzato e iniziò a tirarlo verso le dita.
La pelle venne via senza dolore, insieme ai muscoli rivelando le ossa candide della mano.
La guardò inclinando leggermente il capo e flettendo le dita che obbedirono al loro comando, anche se non vi era nulla che le collegasse al cervello.
Hel si riscosse di colpo capendo solo in quel momento cosa le stesse accadendo; si stava decomponendo.
Si alzò di scatto e andò davanti alla sua specchiera, si levò la veste rimanendo nuda davanti allo specchio e iniziò a tirare la pelle.
La carne iniziò ad alzarsi e staccarsi dalle ossa senza rumore e senza dolore liberando la mano, poi il braccio e risalendo sino alla spalla mentre le bianche ossa facevano capolino.
Hel si guardò, incredula di quello che le stava succedendo; sentiva la paura stringerle il cuore e il respiro mancarle mentre la pelle si toglieva dal suo corpo come una veste di troppo.
Lentamente la pelle si staccò dalla spalla e la crepa si allungò verso il suo petto tagliandolo in due mentre un seno spariva e con esso tutto il resto della carne sino alla gamba per poi cadere a terra.
Hel guardò il suo corpo, ormai quasi completamente per metà ridotto alle sole ossa.
Le scappò un singhiozzo e il petto ebbe uno spasmo; stava mutando, come i suoi serpenti, ma la sua pelle non sarebbe più ricresciuta.
Hel si guardò il viso, tirò su col naso e poi si afferrò, con la mano morta, una guancia incominciando a tirare; la pelle iniziò a staccarsi dallo zigomo tirando con se’ anche il resto di carne del viso e della testa come se si stesse levando una maschera.
La mano di Hel ricadde mollemente lungo il fianco, le dita scheletriche si aprirono e per terra cadde quello che un tempo era stato metà del suo bellissimo viso.
Hel chiuse gli occhi e fece un respiro profondo poi li aprì e guardò la sua nuova immagine nello specchio.
La parte destra del suo corpo era fatta solo di ossa, il cranio aveva ancora qualche rado capello sulla testa e il suo occhio, ora, un’orbita vuota profonda e scura.
Continuò a fissarsi senza saper cosa fare o dire, non avendo il coraggio di toccarsi la parte morta con la mano sana; il suo corpo ea diviso in due da una linea frammentata.
- Hel, sei qui? –
La voce di suo padre la riscosse, non poteva farsi vedere ridotta in quello stato, doveva trovare una soluzione al più presto.
Hel si rinfilò la tunica, raccolse da terra la sua pelle e la gettò nel camino, essa prese subito fuoco espandendo nella stanza un odore acre che la dea cercò di dissipare spalancando le finestre.
- Hel, cosa sta succedendo? – le chiese ancora la voce di Loki mentre il dio apriva la porta.
La dea cercò un modo per nascondersi ma non riuscì a fare un passo che il dio era già entrato e si era fermato sulla soglia ad osservarla.
La figlia di Loki guardò suo padre che la osservava meravigliato senza dire una parola.
- Far* … - sussurrò la giovane guardando il padre con tristezza.
Il dio del caos non disse nulla, chiuse la porta e si avvicinò alla figlia per poi fermarsi davanti a lei, sorriderle dolcemente e stringerla a se’ con forza.
Hel scoppiò a piangere e gli raccontò tutto.
- Non mi sembrava così grave quello che ho fatto, lei è più forte di me, io sono solo una dea senza una specifica capacità, gli uomini non sanno della mia esistenza e non la sapranno mai, morirò perché nessuno mi conosce, perché sono inferiore agli altri Dei, perché… -
- Smettila bambina – le disse Loki prendendole il viso tra le mani guardandola seria e poi dolcemente – non importa ciò che è successo oggi, tu sei Hel Lokisen e nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso – le disse accarezzandole una guancia.
Hel tirò su col naso e si asciugò le lacrime che le erano scese dall’occhio sinistro.
- Sai diventata per metà scheletro per colpa di un capriccio di Frejya? Bene! Nessuno è come te ora, potevi essere una delle più belle ma adesso sei unica, sta a te adesso, decidere come continuare la tua storia – le disse guardandola con risolutezza.
Hel smise di piangere e sentì il suo cuore calmarsi, percepiva che le cose sarebbero andate avanti in un modo o nell’altro, che non era più una bambina e che era padrona del suo destino; piangere e disperarsi per ciò che aveva perso non sarebbe servito a nulla.
- Devo parlare con Odino – disse a suo padre mentre il suo unico occhio brillava di furbizia.
Hel aveva detto a suo padre che non era il caso che l’accompagnasse, ma Loki aveva voluto comunque seguirla non specificando se per amore paterno o per la curiosità intrinseca del suo carattere.
Il palazzo di Odino era il più imponente di tutta Asgard e Hel vi andava incontro, fiera, senza nascondere in nessun modo il suo nuovo aspetto, indossando una semplice veste nera con un mantello di pelliccia fissato sulle spalle e la sua arma prediletta legata al fianco, guardando sempre verso la sua meta e senza dar retta agli sguardi stupiti, e spessi disgustati, che le lanciavano gli altri Dei.
Quando arrivò davanti alle imponenti porte della sala del trono, nemmeno le guardie riuscirono a nascondere il loro meravigliato ribrezzo verso le nuove sembianze della dea.
- Devo conferire con il padre di tutti – disse Hel squadrando le due guardie.
- Aspettava la vostra visita? – chiese la prima delle due che riuscì a riprendersi dallo shock.
- No, ma è una questione molto urgente – rispose la dea lapidaria.
Forse per la bravura delle sue parole, forse per levare davanti ai loro occhi quella visione tutt’altro che piacevole, le guardie aprirono le porte facendo passare padre e figlia.
- Era da molto che non entravo qui dentro… o almeno non di mia spontanea volontà – commentò ridacchiando il dio dell’inganno.
Hel ignorò suo padre, ma lo ringraziò nella sua mente per aver attirato l’attenzione del padre degli dei.
- Loki, come ti permetti di entrare nella mia casa senza il mio permesso?! – tuonò il re degli dei girandosi verso la voce.
- Perché mio padre ha deciso di accompagnare me – gli rispose Hel godendosi l’espressione meravigliata e allo stesso tempo di puro disgusto apparsa sul viso del dio.
- Hel… - disse il re degli dei mal dissimulando lo stupore.
- Padre degli dei – lo salutò la giovane con un leggero inchino – sono qui per chiedervi due minuti del vostro tempo e per spiegarvi cosa mi è accaduto – disse fissando il dio nel suo unico occhio.
Odino sembrò esitare continuandola a guardare con un leggero disprezzo ma prima che potesse parlare, la fautrice del suo destino irruppe nella stanza.
- Non l’ascoltare! – gridò Frejya irrompendo nella stanza – vuole screditarmi soltanto perché mio marito le ha dato buca dicendogli che amava più me – disse mettendosi di fianco alla sua rivale.
- E’ una bugia – si difese Hel guardando la dea con rabbia.
- Ti dirà cose assurde su me e Freyr, dirà anche che questa cosa che le è successa è colpa mia – disse fissandola con un moto di ribrezzo.
- Lo è! – le gridò contro la dea – ero andata da lei per scusarmi di aver ingannato suo marito, poiché non avevo la minima intenzione di unirmi con lui, e l’ho trovata a fornicare con suo fratello – disse Hel fissando il re degli dei.
Frejya sbuffò con una leggera risata – Ma vi sembra possibile? – chiese guardando Odino con uno sguardo eloquente da “ non lo vedete? E’ pazza”.
Odino, che non era affatto stupido, capì che la figlia di Loki diceva la verità, conosceva abbastanza bene l’altra dea per saper fin dove si potevano spingere i suoi gusti.
- Vi posso giurare sull’isola dei Forseti che tutto ciò che vi dico corrisponde al vero – continuò Hel in tono pacato – e se voi sarete d’accordo, pretendo giustizia – concluse.
Il re degli dei sapeva che Hel era nella parte del giusto, che la giustizia da lei richiesta era corretta ma, allo stesso tempo, sapeva che non poteva più lasciarla vagare per Asgard.
- E così sia – disse infine.
Sul viso di Frejya si palesò un’espressione di puro sgomento mentre Hel sorrise soddisfatta; provava una certa gioia e soddisfazione quando le persone venivano punite e soffrivano davanti a lei per una giusta causa.
- Frejya, per aver sparso menzogne contro Hel e per averla… sfigurata, io t’impongo di donarle il tuo medaglione, Brisingamen – ordinò il dio con voce perentoria stringendo nella mano Gugnir.
- Ma… mio Re, non potete ordinarmi di fare questo – mugugnò Frejya giocherellando con la catenella del medaglione.
- Frejya! – l’ammonì Odino sbattendo una volta per terra la lancia.
La dea sbuffò, si levò il medaglione dal collo e le consegnò in malo modo nella mano scheletrica di Hel, che la dea le aveva porto a posta – tieni – le ringhiò.
La dea le sorrise soddisfatta e lo soppesò nella mano – Penso che lo appenderò come trofeo – disse sorridendo maligna verso Frejya la quale, più che assomigliare ad una dea, ora assomigliava ad una bambina.
- Hel Lokisen – la richiamò serio Odino – sappi, però, che verrai esiliata da Asgard – le disse puntandole contro la sua lancia.
Il cuore di Hel perse un battito ma sul suo viso lo stupore si materializzò appena.
- Che cosa? – chiese Loki facendosi avanti – così rovini lo spettacolo vecchio, cosa ti da’ il diritto di bandire mia figlia dal regno degli dei? – gli chiese il dio sorprendendo persino il padre degli Dei per quello slancio.
Odino rise – Proprio per il fatto che sia la tua unica figlia Loki!  - gli disse – una profezia ha decretato che tua figlia sarà una minaccia per Asgard, per gli dei e per me, quindi non può rimanere nel Regno degli dei – gli spiegò ad alta voce – ringrazia che non l’abbia spedita nel Nifelheim o nel Muspelheim appena l’hai partorita – gli disse guardandolo con il suo occhio di pietra.
Hel capì che non poteva più esserci una lieta fine per lei lì, in quel momento; Odino avrebbe anche potuto ucciderla se avesse trovato il modo o imprigionarla per sempre, e lei non voleva questo.
- Guardie - chiamò il re degli dei imperioso.
La giovane dea lanciò uno sguardo a suo padre poi a Frejya che sorrideva contenta di aver avuto, infine, la sua vendetta ma Hel non gli avrebbe di certo semplificato le cose.
Fece qualche passo indietro per allontanare le guardie, guadagnando terreno verso la porta, quando loro capirono che voleva scappare, lei chiuse gli occhi e sparì nella sua stessa ombra come se il terreno l’avesse risucchiata.
 
Hel cadde su un terreno duro e freddo mentre tutte le sue ossa emettevano un fastidioso scricchiolio.
Si alzò in piedi, spolverandosi la veste nera che si era lacerata in alcuni punti durante la caduta; si guardò intorno e riconobbe il nebbioso Nifelheim.
Si mise a camminare per le lande desolate mentre i suoi piedi si muovevano agili tra le rocce e il suo animo si pacificava in quelle lande desolate, cancellando dolore, rabbia e tristezza; un vento freddo regnava sovrano in quel luogo ma alla dea non dava fastidio e trovava quel posto perfetto per lei, ai suoi occhi, rivelava una bellezza che agli altri Dei sarebbe rimasta celata per sempre.
Camminò per giorni, cercando un luogo che potesse divenire suo soltanto con l’unica compagnia di un corvo che spesso le volava intorno o usava la spalla ossuta come trespolo e con il quale condivideva il poco che aveva.
Il suo cammino s’interruppe all’imbocco di una grotta che si rivelò un dedalo di caverne e di stanze, nascoste e non, con molte aperture che si affacciavano sulla landa desolata come balconi affacciati sulla desolazione più cupa.
Hel guardò il panorama che le scaldava il cuore e scoppiò a ridere.
- Volevi che i mortali vedessero in me solo la morte? – chiese al nulla – molto bene, allora sarai accontentata Frejya perché io diventerò la morte – disse guardandosi la mano scheletrica – ad Asgard non c’è più posto per me, ma nell’Helleim non ci sarà posto per gli altri Asgardiani, che Odino si tenga pure i suoi valorosi guerrieri morti, io mi occuperò della feccia che popola il mondo riservandogli il trattamento più consono alle azioni che hanno compiuto in vita, nessuno sfuggirà al mio giudizio – disse fissando il terreno arido e grigio.
Come se la terra desolata rispondesse ai suoi comandi, una crepa si aprì per la valle e da essa iniziarono ad uscire mani scheletriche anime dannate che sino a quel momento non erano state ancora calcolate dalle divinità; la dolce melodia delle loro grida di strazio e dolore riempì le orecchie di Hel, gonfiandole il cuore di gioia.
Il re degli Dei l’aveva ascoltata e le aveva concesso il potere sulle anime dannate.
La dea rise vedendo dei grossi ragni iniziare a sbucare da grotte fin ora nascoste e iniziare a prendere le anime per riservargli la dannazione eterna.
La dea si gustò il panorama di disperazione mentre il corvo le si appollaiava sulla spalla seguendo il suo sguardo.
Tutto quello che aveva passato, tutto ciò che il destino le aveva riservato, tutte le angherie che aveva subito l’avevano portata a diventare quello per cui era nata, a regnare su ciò che era sempre stato suo senza averlo mai saputo.
Hel si girò facendo volteggiare il mantello e rientrando in quella che, aveva deciso, sarebbe stata la sua sala del trono con uno scranno di ossa e teschi che furono molto facili da evocare dal terreno.
Ad un suo ordine dei fuochi si accesero per i cunicoli e le anime incominciarono a rispondere ai suoi ordini obbedendole a testa china, essendole persino grate che le avesse salvate dalle torture del suo regno.
La dea si rigirò tra le mani Brisingamen, uno stupido ninnolo di cui non le importava nulla ma che per Frejya era il tesoro più grande, soltanto per quel motivo lo avrebbe tenuto con se’, lontano dalla sua padrona e si sarebbe assicurata che nessun dio venisse a riprenderlo.
Si scostò lo scollo della veste rivelando il costato e v’incastrò il pendente lì dove, una volta, vi era stato un suo polmone.
Hel si andò a sedere sul suo trono soddisfatta mentre una serpe vi si arrampicava intorno per poi attorcigliarsi sul suo braccio e sibilare chinando il capo in segno di rispetto.
La dea chiuse gli occhi assaporando le urla straziate dei suoi nuovi sudditi che, mano a mano, si facevano sempre più forti, e pregustando la gioia che avrebbe provato nell’usare la sua arma prediletta che finalmente sarebbe stata saziata a grida strazianti e a suppliche inascoltate.
- Forse ci converrà fare un regalo ad Odino, vista la sua gentilezza – disse guardando il corvo.
Fece un leggero cenno della mano e, grazie alla magia ereditata dal padre che si stava risvegliando in lei, apparvero due copie dell’animale, solo più piccole come se fossero i suoi piccoli.
- Andate e servite il re di Asgard – disse Hel alle due nuove creature per poi sorridere soddisfatta
- E portategli i ringraziamenti da Hel, dea degli inferi, Regina dei morti senza onore, dei traditori,  dei criminali e dei morti per malattia, vecchiaia e disgrazia -.  

*Far: Padre/Papà

Fine
 

Ed ecco a voi cosa la mia mente ha partorito ^^
Spero che la storia vi sia piaciuta e mi scuso nel caso mi fossero sfuggiti errori di grammatica o di ortografia; se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate sarò felice nel ricevere le vostre recensioni :3
Un abbraccio,
Darkness_Angel

 

 

 

 

  
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