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Autore: MomoYeon    26/08/2016    1 recensioni
[...] Tesoro...» la voce della donna era dolce e affabile. Fu lì che i suoi occhi si staccarono da quella luce, guardando la donna. Era alta, un po' gobba, le mani rovinate e dei vestiti di seconda mano un po' stracciati, che fasciavano quel corpo usurato dal lavoro, dalla fatica «Ti piace?» sussurrò lentamente, chinandosi un po' con fatica, senza far vedere a lui che, in realtà, le gambe facevano male come se dei rovi stringessero le rotule [...]
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Light"


Le sue mani sfiorarono quel vetro con una lentezza minuziosa, mentre i suoi occhi, caldi e scuri, continuavano a fissare quel pezzo trasparente, mentre emanava una luce forte e brillante. Si avvicinò, non timoroso, sicuro che quella luce non potesse fargli del male. Sentiva già il calore di quel bagliore sul viso, quel vetro caldo. Si avvicinò ancora, come se volesse vedere oltre quella luce. Più si avvicinava, più il suo viso si riscaldava. Fu li che i suoi occhi riuscirono a scorgere un fascio differente, un colore più azzurrino, che giallo. Si avvicinò ancora, fino quasi a sfiorare quel vetro con il naso. «Tesoro...» la voce della donna era dolce e affabile. Fu lì che i suoi occhi si staccarono da quella luce, guardando la donna. Era alta, un po' gobba, le mani rovinate e dei vestiti di seconda mano un po' stracciati, che fasciavano quel corpo usurato dal lavoro, dalla fatica «Ti piace?» sussurrò lentamente, chinandosi un po' con fatica, senza far vedere a lui che, in realtà, le gambe facevano male come se dei rovi stringessero le rotule «la vuoi, tesoro?» sussurrò piano. Lui abbassò lo sguardo, lentamente, chiudendo gli occhi, scuotendo il capo. La mano grande della donna accarezzò quel viso piccolo. E' cresciuto troppo in fretta, si ripeteva spesso, come se tutto quello fosse solo e soltanto una sua unica colpa. Quegli occhi erano cupi, deboli, e lei riusciva a vedere la mancanza di un tassello speciale, un tassello che lei stessa non riusciva a regalargli, anche facendo molti sacrifici. «Vediamo un po'... oh! Sai cosa c'è scritto?» fece, sfiorando quella piccola etichetta, senza far vedere al bambino ciò che, in realtà, c'era scritto. «C'è scritto che... è un regalo per te.» sussurrò. Fu li che quel piccolo uomo castano alzò gli occhi di colpo, poi il viso «..mio?» sussurrò lentamente, con timore. La donna sorrise, con occhi di sacrifico e felicità, accarezzandogli il viso

Cadeva, e si rialzava. Non importava quante polveri stesse inalando, non le importava quanto male facevano le mani, quanto fossero diventate rosse, con delle piaghe. Il rumore assordante delle macchine, delle grida dei colleghi, tutto quello era irrilevante. Non le importava nemmeno dell'acqua bollente che toccava le sue mani, non le importava degli orari crudi e disumani. Guardava il calendario con un sospiro lieve, stanco. Le gambe si trascinavano e le mani pulsavano dal dolore. Tremava, ma continuava a stringere con forza quel panno, strofinando le sue nocche contro quell'asse. Quel panno bianco non riusciva ad attutire i colpi, il dolore; ad ogni strofinamento quel panno sembrava diventare ancora più sottile, ancora più dolorante. Continuò a guardare quel calendario, poi sorrise.

«Si amore mio, è tuo» sussurrò con lentezza, stringendolo a se. Non le importava se quella luce costava come il suo sacrificio... “il miglior regalo per un sacrificio, è il tuo sorriso” pensava, mentre lo stringeva. Per lei, quel sorriso era una vittoria, una paga assai sufficiente, per continuare a vivere, solo per lui. «Auguri, amore mio...» 

   
 
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