Insomnia
[Fire Emblem: Fates One-shot]
Conquest Route
Give sorrow words:
The grief that does not speak Whispers the o'er-fraught heart, and bids it break
(Macbeth)
La
luna piena illuminava col suo bianco pallore il castello in cui
riposavano tranquilli i soldati, dopo un'ennesima
battaglia; la ronda guardava svogliata oltre le sicure mura,
passeggiava, ammazzava il tempo bevendo quella birra dannatamente
insapore, ma utile per dimenticare il massacro compiuto.
La
luna piena illuminava col suo bianco pallore il castello, eppure non
riusciva a raggiungere una presenza quasi spettrale di un comandante
esausto, oppresso dalla crudeltà della guerra: camminava a passi
lenti all'ombra degli edifici, con gli occhi cremisi persi in ricordi
ancor più sanguinari; le occhiaie erano marcate, violacee, segno di
troppe notti insonni, eppure il riposo tardava, ostacolato da mille
pensieri.
Il
primo tra tutti, se avesse realmente scelto la via “giusta”.
Era
sotto lo stendardo del Nohr la morte sia del re Sumeragi, sia della
regina Mikoto; erano sotto lo stendardo del Nohr tutti i folli ordini
di Garon, o di quella creatura che lo manipolava.
Aveva
ucciso, aveva condannato a morte migliaia di soldati Hoshidesi;
certo, finché era in suo potere, aveva cercato di salvarne il
maggior numero possibile, ma non avrebbe mai potuto compensare la
distruzione che aveva causato la sua decisione.
Sangue
richiama solo altro sangue; vendetta richiama solo altra vendetta.
L'unica
sicurezza di quella guerra, sarebbe stata la pazzia che stava già
nascendo, o era già nata, in lei.
<<
Da come camminavi, ti avevo scambiata per un Senzavolto.>>
sospirò una voce fin troppo familiare proprio davanti a lei.
La
giovane nobile sobbalzò spaventata, alzando lo sguardo come destata
da un sogno, o in questo caso da un incubo: guardava fisso il viso di
suo fratello minore Leo con un misto di stupore e terrore, dopo aver
creduto fino a quel momento di essere completamente sola nelle
proprie riflessioni.
Da
quanto tempo la stava osservando? Si sentì quasi stupida per aver
lasciato trapelare quella parte debole di sé.
<<
Che complimento gentile, Leo, vedo che ti sei impegnato.>>
brontolò in risposta lei, accarezzandosi una delle due code cremisi,
mentre cercava di pensare ad un modo per non mostrare il suo tremendo
aspetto.
Il
primo e unico stratagemma che le venne in mente fu quello di
abbassare il capo e camminare dalla parte opposta: avrebbe allungato
la strada per i suoi appartamenti, vero, ma tutto pur di non sentire un
rimprovero anche da parte del suo fratellino; le
bastavano Jakob, Azura e Kaze, che in modi diversi le avevano
raccomandato di riguardarsi, iniziando col mangiare con più regolarità e recuperare ore preziose di sonno.
<<
Le tue stanze sono dalla parte opposta.>> le fece però notare
Leo con un tono saccente, divertendosi anche un po' quando sentì il
respiro seccato della giovane.
<<
Infatti voglio visitare l'armeria, per vedere che tomi sono
disponibili: è bene poter attaccare anche da distanza, oltre che corpo a
corpo.>>
<<
Tu che sei così ottusa, vuoi applicarti alla magia?>>
<<
Per tutti i draghi, Leo, mica voglio rubare nel mio stesso
castello!>>
Si
era voltata a fulminare con sguardo truce il fratellino troppo
invadente, ma ebbe l'impressione di essere caduta nella sua trappola:
infatti lui, con il suo sorrisetto superiore, la osservava,
concentrandosi su alcuni dettagli che andarono a confermare i suoi
sospetti.
<<
Non è un libro quello di cui hai bisogno.>> si limitò
tuttavia a proferire, trattenendo ogni suo altro tipico commento per
schernirla.
<<
La mia stanza è diventata troppo soffocante.>> mormorò
stancamente la giovane, gettando a malincuore la maschera che celava
le sue debolezze << Credo che passerò la notte in bianco.>>
Leo
balzò allora giù dalla cavalcatura bardata, avvicinandosi a lei a
grandi passi.
<<
Come se l'idea di dormire su un albero non fosse abbastanza
stupida.>> disse, fermandosi proprio a breve distanza.
Seppur
fossero alti uguali, Leo la superava grazie al lieve tacco degli
stivali in armatura e, per questo, in quella situazione la ragazza si
sentì ancor più in soggezione: sapeva di essere tremendamente nel
torto, sapeva che il principe aveva solo argomenti a favore, ma non
riusciva a tornare tra quelle quattro mura, cercando di recuperare un
sonno che non sarebbe mai arrivato.
<<
Ti ammalerai.>> continuò, riuscendo a estorcerle un lieve
rossore di vergogna, grazie al proprio semplice sguardo di un caldo
castano.
<<
Lo so. Lo so...>> sospirò lei, incrociando le braccia al petto
<< Ma non voglio tornarci. Preferisco accamparmi qui.>>
<<
Qui?>>
Leo
guardò la giovane nobile scivolare via con grazia e stendersi
sul prato, sotto ad un albero tipico del Nohr.
<<
Già, qui.>> continuò lei, raggomitolandosi su un fianco.
Il
principe, dopo un attimo di incertezza, si sedette accanto alla
giovane, liberando un lunghissimo sospiro come per sottolineare tutta
la pazienza che stava impiegando. Non era mai stato socievole, anzi,
spesso era stato dipinto o era voluto apparire come un ragazzo
freddo, spietato; tuttavia non riusciva a ignorare un suo parente in
difficoltà e, anche non era per lui naturale, si sforzava di essere
piuttosto comprensivo.
Sapeva
bene che Aika non era sua sorella di sangue, eppure quel sentimento
puro che lega due fratelli non era andato a perdersi, anzi, si era
rafforzato; e vederla in quello stato, sentiva quasi la necessità di
sapere chi o cosa la tormentasse.
<<
Parla. Cosa c'è che non va?>> iniziò quindi Leo, guardando
quel riccio umano.
Seguì
un eterno attimo di silenzio, in cui soltanto i grilli e pochi altri
animali notturni decisero di accompagnare i loro respiri.
<<
Io... è da un po' che mi tormenta...>> mormorò la giovane,
stringendo i pugni << Mi stavo... domandando se avessi
realmente fatto la scelta giusta...>>
<<
È tardi per dei ripensamenti.>>
<<
Lo so... solo che... Io... Io sono un mostro, Leo.>> la voce di
Aika vacillò pericolosamente, quasi come strozzata, prima che il suo
autocontrollo riuscisse a prevalere << Io... ho ucciso troppe
persone... se avessi fermato Hans...>>
Leo
era sul punto di prendere parola per ricordarle che non era sua la
mano che aveva guidato l'ascia e che erano inoltre ordini
irrevocabili di loro padre; tuttavia si bloccò non appena sentì un
muto singhiozzo. E assieme a quel singhiozzo, sentì una stretta al
cuore.
Non
era più quella forte leonessa sul campo di battaglia, non era più
quel comandante risoluto che spronava i propri soldati a dare il
massimo; era bensì una ragazza troppo giovane, troppo inesperta,
gettata in un mondo ben più feroce di lei.
E
lui sentiva il forte desiderio di proteggerla, di aiutarla in
quell'ambiente spietato.
Che
fosse qualcosa in più dell'amore fraterno? Probabile, il carattere
deciso e ottuso di quella ragazza era in grado di conquistare
qualsiasi persona, tanto che anche lui alla fine, combattendo al suo
fianco, era finito per infatuarsi; tuttavia avrebbe tenuto
gelosamente quel sentimento per sé, anche perché aggravare ancor di
più la mente della ragazza con una futile storia d'amore, in quel
periodo di guerra, gli sembrava fuori luogo, nonché quasi dannoso.
Aika
doveva concentrarsi sul campo di battaglia, non seguire i desideri di
un fratellino egoista.
<<
Mi dispiace...>> sussurrò Aika, asciugandosi le lacrime e
mettendosi seduta, con la schiena contro al tronco dell'albero <<
Sono patetic-...>>
Un
mantello le cadde sul capo, ricoprendola.
Lei
alzò il capo e vide Leo con il viso poggiato sulla mano, voltato
dalla parte opposta a fissare chissà cosa; per un attimo le sembrò
addirittura di vedere del rossore sulle sue guance, ma poi escluse
quella possibilità, ricordando quanto fosse possessivo riguardo le
emozioni.
<<
Piangi, se ti fa sentire meglio.>> borbottò il ragazzo,
continuando ad evitare di guardarla.
La nobile sorrise debolmente al fratellino, poggiando il
capo contro la sua spalla e stringendosi di più nel suo mantello;
era caldo, confortante, con un dolce profumo che le ricordava tanto
le terre del Nohr. Terre che sembravano tanto inospitali, ma popolate
da persone di buon cuore, un po' come il carattere di quel principino
scorbutico.
Le
lacrime scivolarono sulla nera corazza del ragazzo, liberando il
cuore di Aika dal peso di tutte le preoccupazioni, di tutte le morti
che fino a quel momento aveva tenuto per sé; poter finalmente
condividere quel dolore con qualcuno che non la reputasse patetica,
era l'aiuto più prezioso che potesse mai ricevere.
<<
Grazie, Leo.>> gli sussurrò infine piano, quando aveva
nuovamente controllo sulle proprie emozioni, stringendosi a lui.
Non
seguirono più parole, solamente la notte la cullò fino al sonno
profondo, perduto nei giorni precedenti, ora ritrovato grazie alla
comprensione del fratello.
Fine One-Shot!
Ecco piccoli, importanti (forse) dettagli prima di concludere definitivamente questa breve one-shot!
Allora,
innanzitutto ho voluto tenere il nome Aika (il nome del mio reale
personaggio di una mia partita di Conquista), perché dopo il parto
gemellare per superare diversi capitoli, ormai mi sono affezionata a
lei (e poi ho preferito non chiamarla Kamui o Corrin per renderla un
po' più personale).
In
secondo luogo, volente o nolente tutti i miei personaggi di Fire Emblem Fates si ritrovano
ad essere ottusi e anche questo dettaglio ho voluto mantenerlo nella
fanfiction.
In
terzo luogo... mi auguro vivamente di aver reso plausibili i caratteri di
Leo e della protagonista: non nego di averla scritta “di getto”,
però è anche vero che ho cercato di aggiustarla il più possibile
per cui... beh, spero che l'abbiate apprezzata!
Alla prossima!