26 Agosto 2016

XIII - Il Tredici

In quel momento non avverti più nulla, ne dolore, ne freddo e ne caldo. Ti arrendi al tuo destino, non hai nemmeno la forza di lottare. Ti abbandoni a quella serenità surreale, ti lasci trasportare come dalla lenta corrente di un fiume.

La rabbia, il dolore, le lacrime e le urla appena riversate contro la terra sotto il tuo corpo non sono servite, puoi solo aspettare, attendere di lasciare per sempre questo mondo. Come in un coma profondo ti senti strascinare oltre, due mani ti afferrano, mani morte, maleodoranti e scarne ma così potenti da non lasciarti scampo. Ormai sola abbandonata in quel terriccio umido e fetido i tuoi occhi si chiudono, ti rilassi e lasci che quella figura ti porti via con se, è il tuo traghettatore. Sei felice, non pensi più a quella lama che più volte ha trafitto la tua carne, non pensi più al dolore, riesci solo a vedere la fine di tutto. Sembra quasi che la felicità esista e la stai per toccare, per vivere …  la stai sfiorando e un sorriso lieve ti sfiora le labbra secche. Ci siamo. Sei ormai oltre, lo sai che è così ma quelle mani iniziano a stringere più forte quando inizi a dimenarti, vorresti restare immobile e abbandonarti ad esse ma non hai controllo e in un attimo i tuoi occhi si spalancano nuovamente e la tua bocca cerca disperatamente ossigeno. Sei di nuovo tra noi.

E’  la morte che si impossessa di te … striscia nelle viscere, fino a Rinascere.