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Autore: Shadow writer    27/08/2016    1 recensioni
«Detective Graham» lo salutò freddamente la donna.
«Mi sembra che meno di un'ora fa, mi augurava a "Mai più rivederci"» replicò lui ironicamente.
«Già e ci speravo con tutto il cuore» fece lei «Mi hanno detto che mi avrebbero fatto parlare con il migliore, ma ci dev'essere stato un errore» la donna fece per uscire, ma il detective la frenò, facendo un passo verso di lei.
«Aspetti» la richiamò «Lei si trova nel posto giusto. Se vuole ritrovare il suo fidanzato, deve fare affidamento su di me»
La donna lo scrutò, da sotto le palpebre socchiuse, con aria guardinga.
Era entrata nella centrale due ore prima, preoccupata, sperando che qualcuno la rassicurasse, dicendole che se ne sarebbero occupati loro, ma si era ritrovata faccia a faccia con quel detective dall'aria baldanzosa, che non aveva perso occasione per rivolgerle seccanti frecciatine senza migliorare minimamente la situazione.
«Lei è l'unico detective disponibile?» domandò, scrutandolo.
Graham le rivolse un sorrisetto storto: «Non l'unico, ma il migliore»
Genere: Mistero, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3_ Rockin' Jokers 
 



Harrison lanciò un'occhiata all'orologio appeso sopra alla porta del suo ufficio. 
Segnava le 13:05.
Si alzò in piedi e sgranchiendosi le gambe si diresse verso la sala d'attesa.
Si avvicinò al banco della segretaria.
«Ehi, Sadie...» cominciò, ma lei lo interruppe con un sorriso divertito: «Mi dispiace, ma la tua bella non si è fatta viva»
Lui alzò gli occhi al cielo: «È strano, non è da lei»
Sadie fece una risatina: «Sai come funzionano certe cose: all'inizio ti sembra di esserne risucchiato, poi poco alla volta le trovi noiose, fastidiose, e te ne distacchi»
Harrison le rivolse un sorrisetto sarcastico: «Grazie per i tuoi consigli di vita. Io torno al lavoro»
Sadie rise ancora, scuotendo il capo e lo guardò allontanarsi per tornare da dove era venuto.
 
Ad informare il detective Graham che era arrivata l'ora di andarsene, fu la stanchezza.
Cominciò a sbadigliare e a stropicciarsi gli occhi come un bambino davanti alla televisione che vuole provare a se stesso che può rimanere ancora sveglio.
Lanciò un ultimo sguardo al computer, poi spense tutto, raccolse le carte sparse per la scrivania e alzandosi in piedi, prese la giacca di pelle.
All'esterno dell'ufficio, poche lampade rimanevano accese a rischiarare l'ambiente e il cielo fuori dalle finestre era ormai nero.
Harrison salutò i colleghi che lavoravano nel turno serale e fece per uscire dalla centrale, proprio mentre qualcun altro stava entrando.
I due si scontrarono bruscamente e a malapena l'uomo riuscì ad stringere tra le braccia la figura che gli crollò addosso.
«Mi dispiace, mi scusi, mi dispiace» si affrettò a dire una voce femminile e mentre l'aiutava a mettersi in piedi, Harrison le rivolse uno sguardo interrogativo: «Tess?»
La donna si raddrizzò, sistemandosi i capelli castani, poi lo riconobbe e sul suo volto si aprì un sorriso imbarazzato: «Uh, scusami. Non volevo...caderti addosso»
Lui rise: «Nessun problema»
Tess lanciò uno sguardo alle sue spalle, poi tornò a guardarlo negli occhi: «Te ne stai andando?»
«Sì, ho finito il mio turno» rispose lui, poi aggiunse, con un sorriso poco affabile: «Ma se ti serve qualcosa posso fare uno strappo»
«Uh, no, no. Devo solo riconsegnarti...» la donna s'interruppe per frugare nella borsa «questo» esclamò estraendo il contenitore per alimenti che Harrison le aveva lasciato il giorno precedente.
L'uomo rise e lo prese, ringraziando.
«Oggi non sei passata nella pausa pranzo» commentò poi, avviandosi insieme a lei verso il parcheggio della centrale.
«Ho avuto un contrattempo a scuola» rispose semplicemente la donna.
La luce fredda dei lampioni faceva apparire bianche le facce di entrambi, mettendo in risalto le ombre scure nelle curve del volto.
Si fermarono al centro del parcheggio, come se fosse un buon compromesso per entrambi, una distanza equivalente dalle loro mete.
«C'è stata qualche novità?» domandò Tess, piantando gli occhi in quelli del detective.
Lui scosse il capo: «No, mi dispiace. Ti avrei chiamata se...»
«Giusto» acconsentì lei, poi aggiunse: «Grazie»
«Dovere. Ti senti bene?»
Le ombre della notte dipingevano il volto della donna più lugubre e affilato.
Lei annuì: «Sì, è solo che...sono uscita di casa stamattina presto e l'ultima cosa che voglio è ritornarci. Tutto in quel posto mi ricorda Elliot e mi fa sentire ancora più sola...»
«Ti capisco» commentò il detective comprensivo «Più grande e più vuoto»
La donna fece un cenno di assenso con il capo, stupita di quanto le sue parole del detective suonassero veritiere.
Gli rivolse un piccolo sorriso: «C'è un bar qui vicino, ti andrebbe...» lasciò la frase in sospeso e vide il volto del detective cambiare, mettersi sulla difensiva.
«Io...» cominciò l'uomo, ma lei lo interruppe, schermendosi con una risata nervosa: «Lascia perdere, scusa se te l'ho chiesto. Tu sei il detective affidato al caso del mio fidanzato scomparso, non il mio amico con cui...»
«Posso essere entrambi» Harrison la fermò bruscamente e le rivolse un sorriso sghembo: «O almeno provarci»
Tess rise nervosamente, poi annuì e con le mani affondate nelle tasche del cappotto, si avviò insieme a lui per la strada buia.
Dieci minuti più tardi, erano seduti ad un tavolino di legno scuro del Rockin' Jokers, con due bicchieri di birra tra loro.
«Così quando Elliot mi ha chiesto di trasferirmi da lui, ho lasciato la mia famiglia e il luogo in cui sono cresciuta» stava dicendo Tess «Non è molto distante da qui, ma...»
«Ma sei rimasta sola» concluse Harrison per lei «sola con Elliot»
Lei sorseggiò la sua birra, con un'espressione assorta. Quando riappoggiò il bicchiere, il maglione le scivolò sulla spalla, rivelando uno spallino di pizzo nero.
«E tu, invece?» gli domandò poco dopo.
L'uomo sbatté le palpebre distogliendo lo sguardo dalla sua spalla, poi sorrise: «Non posso vantare una grande schiera di amici»
Tess rise e l'altro proseguì: «Tra il lavoro e...altri impegni, non ce n'è il tempo»
«Pensavo che il tuo carattere socievole fosse un buon trampolino» commentò la donna sarcastica.
Lui accolse la frecciatina con un sorriso sghembo: «Questa era cattiva»
Lei rise: «Oh no, era sincera»
«Ma faceva male comunque»
«Non to facevo così sentimentale, detective» protestò ironica.
«Questo non ti giustifica!»
Tess rise ancora e le andò di traverso la birra. Tossicchiò, sotto lo sguardo divertito dell'uomo. 
Sentiva che la stava studiando con gli occhi. Le luci del locale rendevano le sue iridi di un verde elettrico quasi irreale. Il suo sguardo era penetrante, come una torcia che fende l'oscurità rivelando e ogni dettaglio.
Tra i due calò il silenzio, mentre sui loro volti sopravvivevano le ombre di sorrisi.
«Allora» cominciò la donna poco dopo «perché hai accettato di accompagnarmi?»
L'uomo aprì la bocca e la richiuse, come se non sapesse cosa dire.
«Animo compassionevole?» suggerì Tess «Eppure non mi sembri il tipo»
Prese il bicchiere tra le mani e ne trangugiò un lungo sorso, senza distogliere lo sguardo da lui.
Il volto di Harrison s'indurì: «Perché non puoi semplicemente pensare che si tratti di umanità? Un gesto spontaneo e naturale»
Tess scrollò le spalle e commentò sottovoce: «Sembra che tu abbia avvertito un certo senso di responsabilità nei miei confronti e che sia questo il motivo per cui siamo qui, ora» 
Harrison sbuffò e si appoggiò allo schienale della sedia, allontanandosi dal tavolo, da Tess. 
Il detective adorava avere ragione tanto quanto detestava che l'avessero gli altri.
E quella donna aveva fatto centro completo.
Complimenti Tess Graves, commentò mentalmente, con tutto il sarcasmo possibile.
 
 
Tess infilò la chiave nella toppa, la fece ruotare con un gesto secco e spinse la porta per immergersi nella penombra della casa.
Aveva l'abitudine di lasciare una lampada accesa, come per convincere i ladri che c'era qualcuno in casa e che era meglio non provarci. Per ora, aveva funzionato.
Barcollò per il corridoio, poi si lasciò cadere sul divano del salotto, esausta.
Non riusciva a smettere di darsi della stupida, per aver invitato il detective al bar e si sentiva ancora più in imbarazzo quando pensava che lui aveva accettato.
Perché lei aveva bisogno di qualcuno con cui confidarsi e lui la vedeva solo come lavoro, una responsabilità.
Si sdraiò sul divano e sperò di addormentarsi all'istante perché non aveva alcuna intenzione di spostarsi da lì.
 
 
Una settimana da quando Elliot se n'è andato, pensò Tess la mattina successiva, alzandosi a fatica dal divano.
Il materasso su cui aveva dormito non era dei più comodi e si sentiva tutta indolenzita.
Sbadigliando, salì al piano superiore per cambiarsi e rendersi presentabile.
Era un sabato mattina sereno e pacifico, perché all'esterno dell'abitazione non avvertiva un solo rumore molesto, tutto era avvolto dalla quiete.
Come ogni sabato, la donna afferrò borsa e cappotto e si diresse verso il supermercato per fare la spesa della settimana.
Dovette guidare per una decina di minuti, prima di parcheggiare di fronte alla porta a vetri del supermercato della città.
Prese un carrello e si diresse all'interno.
Tra le corsie degli scaffali c'erano altre persone con carrelli e cesti e Tess si ritrovò più di una volta a salutare le madri dei suoi studenti.
Attraversò il supermercato con la lista della spesa in mano, fino a quando una voce non la fermò: «Tess!»
La riconobbe immediatamente, ancora prima di vedere chi aveva parlato.
«Harrison?» 
Il detective era davanti a lei, con il carrello mezzo pieno e un foglietto tra le mani.
«Be', sì, anche io devo fare la spesa» commentò lui ironicamente.
La donna rise: «È solo che...è strano vederti fare una cosa così comune»
«Pensavi mi nutrissi di sangue umano?»
Lei abbozzò un sorriso: «Sarebbe stato meno strano»
Anche lui sorrise, poi tornò a guardare lo scaffale davanti a sé. Tess lo osservò prenderne una confezione di cereali e metterla nel carrello.
«Quei cereali sono pieni di zucchero» commentò lei.
«Sì, è vero» acconsentì il detective «Ma c'è la sorpresa e di sicuro sono più buoni dei tuoi..."Linea perfetta"» l'uomo aveva allungato il collo per leggere la confezione nel carrello della donna.
«Ah!» esclamò la donna divertita «La sorpresa?»
Harrison sollevò il cartone e glielo mostrò: «In ogni confezione c'è un animaletto "dal soffice pelo, fantastico da accarezzare"»
«Da collezione?»
«Ovviamente» confessò lui con un sorriso sghembo, poi tese il cartone a Tess: «Te li consiglio, provali»
La donna esitò un istante, poi alzando gli occhi al cielo e maledicendo la dieta sana, li afferrò e li mise nel carrello.
Harrison la guardava divertito e compiaciuto allo stesso tempo.
«Hai altri consigli per la spesa intelligente?» domandò lei con uno sguardo di sfida.
«Ovvio» replicò lui «Conosco tutti i prodotti migliori. Serve una mano?»
Tess alzò gli occhi al cielo, ma sorrise: «Fai strada»
 
 
Un'ora più tardi, Tess stava tornando a casa con un'auto piena di borse della spesa. Harrison non aveva mentito, lo aveva voluto mettere alla prova e ne era rimasta soddisfatta.
Per recarsi a fare la spesa, ed essere così esperto, l'uomo doveva sicuramente essere single, constatò Tess.
Se si aggiungevano anche le ottime abilità di cuoco, si poteva supporre che fosse anche un buon "casalingo". La donna scoppiò a ridere al pensiero del grosso detective che aspirava e spolverava la casa, magari in versione Biancaneve nel rifugio dei sette nani.
 
 
 
Il suono di attesa che la cornetta trasmetteva nel suo orecchio, sembrava ad Harrison Graham come un colpo di tamburo.
Picchiettò nervosamente le dita sulla scrivania, ansioso di ricevere una risposta.
«Sì, pronto?» la voce burbera si sostituì bruscamente ai colpi di tamburo.
Harrison si raddrizzò velocemente sulla sedia: «Signor Hooper, è da giorni che cerco di contattarla! Sono il detective Graham e lavoro per la polizia di stato. Mi sto occupando della scomparsa di suo figlio, Elliot Hooper»
«Smetta di farlo» la voce dell'uomo parve un latrato.
«Come, scusi?»
«Mi ha sentito alla perfezione, detective. Smetta di farlo. Ho già a disposizione i miei investigatori privati che di certo sono più efficienti di quelli statali!»
«Signore, la fidanzata di Elliot, Tess Graves è molto interessata allo svolgimento delle indagini e fa riferimento a me da ormai...»
«Ho già parlato con la signorina Graves una settimana fa e le aveva riferito la mia intenzione di lavorare con investigatori privati»
«Non ne sapevo nulla»
«Questo dimostra che ho fatto un'ottima scelta. Se non c'è altro, detective, io sono un uomo molto impegnato...»
«Certo, buona giornata signor Hooper»
«Grazie e anche lei, detective. Le ricordo di considerare il caso ormai chiuso»
«Sarà fatto, signore»
Harrison riattaccò nello stesso istante del suo interlocutore, con una smorfia dipinta sul volto.
Sentì la porta aprirsi lentamente e il volto di Sadie fece capolino: «Ehi, ti ho portato alcuni documenti da...cos'è quella faccia?»
L'uomo sollevò le sopracciglia, interrogativo.
«Sembra che tu stia per ammazzare qualcuno. È mezzogiorno e venti e tra poco dovrebbe arrivare la tua bella. Non puoi farti trovare con quell'espressione»
«È perfetto, Sadie» replicò lui «Proprio la persona che voglio vedere in questo momento»
La donna alzò gli occhi al cielo, gli lasciò i documenti sul tavolo e tornò da dove era venuta.
Il detective rimase immobile per un tempo indefinito, fino a che riconobbe i passi di Tess nel corridoio. Leggeri e veloci.
«Avanti» disse ancor prima che la donna bussasse.
Lei aprì, con un'espressione stupita.
«Buon giorno, io...»
«Siediti» Harrison non avrebbe potuto usare un tono più glaciale.
Tess ubbidì, sorpresa e intimidita dal suo atteggiamento. Aveva i capelli castani scompigliati e le guance arrossate dal freddo.
«C'è qualche problema?» domandò poi, la voce ridotta ad un sussurro.
Il volto del detective era rigido, il suo sguardo tagliente.
«Quando diavolo pensavi di dirmi che hai già parlato con il padre del tuo ragazzo e che altri investigatori si stanno occupando del caso?»
Tess aprì la bocca, la richiuse e la riaprì.
«Io...non parlo molto con i miei suoceri» mormorò poi.
«Ma lo hai fatto. Una settimana fa»
«Non sapevo come si sarebbero comportati! Il padre di Elliot è capace di dire che lo stanno ancora cercando quando magari hanno trovato il suo...cadavere» la voce della donna si affievolì sull'ultima parola. Cercò di assumere un atteggiamento più risoluto: «Io non piaccio ai suoi genitori. Mi vedono come appartenente ad una classe inferiore alla loro e non è ciò che avrebbero voluto per loro figlio. Mi disprezzano, perché sono un'insegnante e non un'ereditiera con cui far...accoppiare Elliot! Non voglio aspettare che loro risolvano le cose per conto loro come se si trattasse di questione di famiglia, perché la cosa riguarda anche me! E non sto infrangendo la legge rivolgendomi ad una struttura statale!»
Le guance della donna erano diventate più scarlatte per la rabbia di quanto avesse fatto il freddo.
«Capisco ed è tutto molto commovente» replicò Harrison sarcastico «Ma questo non è un buon motivo per tenermelo nascosto»
«È un crimine?» domandò lei con aria di sfida.
L'uomo incrociò le braccia al petto, con uno sguardo serio: «Se gli investigatori del signor Hooper hanno trovato informazioni, di certo non le hanno rese pubbliche e si sono affrettati a nasconderle. Il che significa che io potrei non avere mai una pista»
«Ma non è così!» replicò Tess risoluta «Avevo torto quando me la sono presa con te, il primo giorno. Hai un buon intuito e sei riuscito a scoprire indizi importanti, come il video del parcheggio e il prelievo di diecimila dollari»
L'uomo le rivolse un sorrisetto saccente: «Le lusinghe, per quanto piacevoli, non bastano. Un qualsiasi detective avrebbe trovato quelle informazioni e non ci condurranno a un bel niente se gli investigatori di Hooper si mettono in mezzo»
Tess non rispose, abbassò lo sguardo, si guardò le mani, poi tornò a fissare il detective: «Il caso è archiviato?»
«Hooper senior vorrebbe che lo fosse» replicò lui.
«E tu?» 
Lo sguardo della donna sembrava voler sopprimere la speranza che nutriva, come se vedendo quella debolezza, l'uomo avrebbe potuto schernirla. Invece, Harrison pareva dispiaciuto dalla piega che la conversazione aveva preso.
«Tess...» cominciò lui, sussurrando il suo nome. Si appoggiò alla scrivania, per farsi più vicino: «Io credo che l'indagine debba proseguire, ma non posso darti false illusioni»
La donna tirò un mentale sospiro di sollievo: «Mi bastava sentire questo»
Harrison abbozzò un sorriso storto, poi cercò di tornare professionale: «Se devo essere sincero, le indagini non stanno proseguendo molto bene. Non abbiamo nessuna idea di dove possa trovarsi Elliot»
«Il suo cellulare?»
«Lo abbiamo portato qui. Nessun indizio prima della scomparsa, né dopo»
Tess rimase in silenzio, così fu di nuovo Harrison a parlare: «Continuerò a cercare, ma penso che se non salterà fuori nulla, farai meglio a parlare con il signor Hooper. Di sicuro lui saprà dirti qualcosa»
La donna annuì e lo guardò ancora: «Immagino non ci sia altro»
«Già»
Lei si alzò in piedi e Harrison la imitò.
«Buona giornata» le disse, mentre le apriva la porta.
Lei sorrise: «Anche a te»
Sparì nel corridoio e quando fu solo, l'uomo non riuscì a capacitarsi come fosse incazzato con lei prima che entrasse e come in quel momento si sentisse invece dispiaciuto di vederla andare via.
 
 
 
Lo stomaco di Tess brontolò e lei alzò gli occhi al cielo.
Non era riuscita a preparare una cena decente e ora ne pagava le conseguenze. Si diresse in cucina, intenzionata a mangiare il gelato che Harrison le aveva fatto comprare sostenendo che era "ottimo in ogni stagione e circostanza. Un po' come il prezzemolo".
Aveva già aperto lo sportello del freezer quando sentì suonare il campanello.
Rise tra sé. Stava pensando al detective e non poteva trattarsi di altri che di lui.
Attraversò il salotto proprio mentre il campanello suonava una seconda volta.
«Arrivo! Arrivo!» gridò.
Si dovette fermare davanti alla porta, che aveva già chiuso, così impiegò qualche secondo per aprire catenacci e far scattare la serratura.
Tirò la maniglia e scrutò la sagoma che apparve davanti a lei, in controluce rispetto ai lampioni alle sue spalle.
«Finalmente, tesoro» la salutò una voce maschile «Come te la passi, Tess?»
Lei sgranò gli occhi: «Elliot?»
 














Ciao a tutti,

purtroppo ho dovuto rimuovere dal sito il resto del racconto dato che un editore ha acquistato i diritti per pubblicarlo sia in forma cartacea che in eBook.
Se qualcuno fosse interessato, il romanzo si chiama "Blink of an eye - Le verità nascoste", edito da Dario Abate Editore. 
Si può acquistare online su amazon, ibs, mondadori, feltrinelli, libreria universitaria.
Qui sotto vi lascio il link di Amazon. 
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia e l'hanno seguita e recensita appassionatamente. Il vostro supporto mi ha permesso di perseverare e arrivare fino alla pubblicazione. Spero vorrete provare l'esperienza di leggere "Blink of an eye" come un libro vero e proprio.
Ancora grazie a tutti di cuore.

Alla prossima, 

M.

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