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Autore: Sethmentecontorta    27/08/2016    0 recensioni
Camminava muta, come chiusa in una bolla che la separava dal resto del mondo: i suoni e le immagini la toccavano solo a metà, qualunque gioia, volontà, felicità era scivolata via da tempo. Era solo una dodicenne, quanto tempo avrebbe resistito sola a quel modo? Che motivo aveva per andare avanti? Ah, lei lo sapeva eccome quale motivo la convinceva a continuare, seppur così.
Nonostante la sua mente fosse così offuscata da oscuri pensieri, l’animo appesantito, il suo passo incedeva leggero, invariato; attraversava strade, superava semafori, negozi, parchi, case, persone. Quel mondo che le appariva così distante, in cui i bambini ridevano giocando insieme, le ragazze come lei chiacchieravano dei loro amori adolescenziali o di qualunque cosa interessasse loro, gli adulti affannavano dietro al lavoro, ai figli, a mogli e mariti. Mentre la vita scorreva frenetica, lei camminava lentamente per la sua via; lo sguardo nel vuoto, la treccia ondeggiante lungo la schiena con un ritmo quasi ipnotico. Era così estranea.
~
|Remake di "The dreamer girl|OC, Kidou Yuuto, Goenji Shuuya, Fubuki Shirou, Fudou Akio|triste|
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axel/Shuuya, Caleb/Akio, Jude/Yuuto, Nuovo personaggio, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seth's corner: Salve a tutti, miei cari lettori silenziosi e non! Sì, questo capitolo è arrivato piuttosto in fretta, ma in fondo non ho contatti sociali con nessuno che non sia un mio familiare da due settimane. Per cui sì, sto disegnando e scrivendo come non ci fosse un domani.
Mi rendo conto che lo scorso capitolo non l'ha letto praticamente nessuno e che probabilmente neppure questo otterrà molti riscontri, ma non mi interessa troppo, questa fanfiction la scrivo per me, perché ci sono affezionata. Sono decisa a finirla anche dovessi ritrovarmi con 0 visite.
Questo capitolo è tipo più lungo del precedente di tipo mille parole, ma okaaaay. Doveva essere anche più lungo, ma alla fine ho deciso di spezzare a metà quello che volevo scrivere. Oh, e preparatevi a tanto Shuuya, in questo capitolo
Non so ancora come renderò il prossimo di una lunghezza decente, da qui in avanti le parti che mi interessano sono piuttosto frammentarie per cui organizzare la trama non sarà proprio facile per me. Ma insomma, qualcosa mi inventerò, infondo bisogna arrivare alla vera parte succosa, ovvero la terza serie. Oh, quella sì che sarà divertente da scrivere. Oh oh oh.
Okay, ed ora il solito rito di credits and stuff. La canzone che vi consiglio è Déjà vu, che vi chiedo davvero di ascoltare perché ci ho messo una vita a trovare una canzone adatta a questo dannato capitolo. I credit per l'immagine vanno invece a TanjaMoss.
Credo di aver detto tutto, ci risentiamo!
~Seth



Chapter 7 ❧ Joy is much more fragile than fear

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Tenshi fu piuttosto spaesata nel ritrovarsi - grazie soprattutto all'insistenza di Afuro nel sostenere che non aveva alcun motivo per rimanere con loro - nel chiassoso autobus della Raimon. I ragazzi esultavano e schiamazzavano tutto intorno a lei, mentre lei li osservava con circospetta meraviglia, sotto il sorriso divertito di Haruna, seduta al suo fianco.
- Sembri un gattino sperduto, guarda che non ti mordono mica.
Tenshi le sorrise timidamente, la ragazza pose una mano sulle sue, intrecciate sopra alle cosce.
- Perché non vieni alla Raimon anche tu? Sarai felice, con noi. - le chiese con una certa urgenza nella voce, come temendo che Kageyama potesse spuntare dall'ombra in qualsiasi momento, per ghermirla e portarla via.
- Non posso, Haruna. Se me ne andassi ora getterei al vento questi anni passati con lui, non sarebbero serviti a nulla. - cercò di costruire l'espressione più rassicurante che le riuscì. - E poi, Kageyama non è mica così orribile. Insomma, non mi maltratta e via dicendo.
Haruna si lasciò andare ad una piccola risata, che riempì il cuore di Tenshi di nostalgia.
- Mi fido di te, Tenshi, ma sappi che, quando vorrai, noi saremo già qui a braccia aperte ad aspettarti.
Annuì, sinceramente felice della premura nella dolce voce della ragazza dai capelli del colore della notte.
- Piuttosto, cos'è questa storia di te e del bel capocannoniere? - le chiese con l'espressione melliflua di chi la sa lunga.
- Che ti sei messa in testa, ci ho parlato appena un paio di volte. Diciamo che sono sparita dalla circolazione per i miei motivi, ma lui non l'ha presa troppo bene.
La giovane giornalista si avvicinò, come volesse sapere di più, ma l'altra stroncò il suo entusiasmo spiegandole che non c'era veramente nulla di più. Lei gonfiò le guance, delusa.
- Speravo avessi una storia interessante da raccontarmi, sei diventata una lagna malinconica.
Ai giocatori della Raimon non fu chiaro chi iniziò a pizzicare i fianchi a chi, ma ben presto si accorsero della battaglia di solletico in corso tra le due. Il silenzio dilagò fra di loro, spezzato dalle risa delle due ragazze, che si placarono non appena si accorsero di essere al centro dell'attenzione. Le gote di Tenshi s'imporporarono, mentre lei rivolgeva le sue attenzioni allo scenario che le si presentava dietro al vetro del finestrino.
Haruna sembrava essere l'unica che riuscisse a farle dimenticare tutti i suoi pensieri, facendoli zittire di fronte al suo ampio sorriso. Fosse per le memorie al contempo dolci ed amare che risvegliava in lei, fosse per la sua esuberanza travolgente ma gentile, sembrava non riuscire a non farsi contagiare almeno in piccolo dalla sua allegria e spensieratezza. Nei suoi pensieri, si ritrovò a ringraziarla profondamente di essere al suo fianco, nonostante il lungo tempo in cui non si erano viste.
- E sentiamo, a te nessuno di questi begli atleti ha rapito il cuore? - le chiese con sarcasmo, per quel breve senso di soddisfazione che da il vedere il proprio interlocutore annaspare per trovare una risposta.
- Non scherzare, sono troppo presa dal giornalismo, io, per pensare ai ragazzi. - rispose lei, gonfiando il petto. Le sue guance rosee, però, tradivano l'imbarazzo che l'argomento le suscitava.
Tenshi sorrise, sentendosi leggera come non si sentiva da anni. Da qualche parte nella sua mente persisteva la consapevolezza che tutto sarebbe crollato presto, ma la mise da parte. Voleva godersi quegli effimeri attimi di gioia, non avrebbe permesso alla presenza invisibile di Kageyama di rovinarli. Probabilmente, avrebbe avuto qualche giorno per staccare da tutto, diventare quasi un'adolescente come tutte le altre. Beh, insomma, se si tralasciava la finta, nonché defunta, madre tossicodipendente, il tutore in prigione ed il fatto che non conoscesse neppure il proprio cognome.
Si guardò intorno, ammirando la spensieratezza di tutti quei ragazzi, la sana gioia espressa nelle chiassose risate. Ovunque guardasse, incontrava sorriso ed occhi lucidi di contentezza. Era un ambiente ben più accogliente e caldo di tutti quelli a cui era abituata, per quanto fosse frastornata dal rumore. Quella squadra sembrava incorruttibile.
- Posso sapere cos'hai lì? - disse Haruna, riscuotendola dai propri pensieri, indicando il filo argenteo della catenella di metallo che correva intorno al suo collo e spariva sotto la sua felpa. - L'avevo notata anche il giorno che te ne sei andata dall'orfanotrofio, è la stessa?
Tenshi abbassò lo sguardo sul proprio petto, tentennante. Le servirono alcuni secondi per decidersi a sfilare la collana al di fuori degli indumenti, mostrandole il semplice e sottile anello d'oro che vi era infilato. La tenne sollevata per alcuni secondi, lasciandola ammirare ad una stupefatta Haruna, per poi nasconderla nuovamente alla vista.
- È un fede, quella? - chiese con malcelata curiosità.
- Per ora, ti basti sapere che è di mia madre. - la sua voce non era ferma o infastidita, solo lievemente malinconica.
Avvolse con le braccia la cartella, che teneva poggiata sulle gambe, e la strinse al proprio petto, rivolgendo tutta la sua attenzione al finestrino. Haruna la fissò per alcuni istanti, poi si mise a conversare con le altre manager, ed il resto del viaggio Tenshi lo passò in silenzio, chiusa sui propri pensieri, che per una volta non le parvero così opprimenti.

- Vengo con te. - quando si alzò dal suo sedile, fissando con decisione Goenji che stava per scendere dal pulmino, tutti gli occhi presenti si spostarono su di lei, inquisitori.
Il capocannoniere ci mise un secondo ad elaborare quella proposta così inaspettata, ma infine annuì con espressione distesa. Insieme, scesero e si avviarono all'interno dell'ospedale.
Arrivati di fronte alla porta di un pallido bianco, dietro cui dormiva da mesi ormai la piccola Yuuka, Tenshi fermò il ragazzo, trattenendolo per la manica.
- Non voglio infastidirti quando sei dentro con tua sorella, per cui lascia che ti dica ora ciò che ho da dirti, sarò veloce.
Egli fece un cenno di assenso, incitandola a continuare. Trasse un profondo respiro, poi riprese a parlare.
- Non è proprio tutta la storia, ma, in breve, io ero presente quando Yuuka è stata investita. - si fermò a studiare la sua espressione sorpresa. - È stato principalmente questo a spingermi a parlarti, quel giorno al fiume, tra l'altro.
- Allora perché dopo un po' hai iniziato ad evitarmi?
Tenshi esitò, abbassando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe, torturando con le dita l'orlo della gonna.
- C'è una parte di storia che non posso raccontarti, ancora. So che è difficile, ma fidati di me. - Si sentiva quasi male a non poter dire l'intera verità a Goenji, ma temeva la sua reazione, temeva che non l'avrebbe più vista allo stesso modo e sapeva che l'avrebbe oltremodo turbato. Era così felice, come poteva intaccare quella gioia?
L'altro la guardò titubante, come se ancora non fosse certo di poter credere alle sue parole. Di colpo sgranò gli occhi, mentre un'ipotesi gli balenava in mente, il suo sguardo e la sua voce si riempirono di sospetto.
- Aspetta, tu sapevi che l'incidente di Yuuka è stato organizzato da Kageyama Reiji?
Questa volta fu Tenshi ad assumere un'espressione di sconcerto.
- Tu lo sai? - balbettò flebilmente, stringendosi le braccia al petto.
- Da un paio di giorni. - lo sguardo del ragazzo era strano, non riusciva a decifrarlo, vi si specchiava un turbinio di diversi pensieri ed emozioni. - Ce l'ha detto il detective Onigawara. Tu da quanto lo sai?
- Dal giorno prima dell'incidente.
- Che? - il suo tono si fece prevedibilmente più alto, portando la ragazza a stringere gli occhi color cenere, sussultare e stringersi nelle spalle come a farsi indietro.
- Mi dispiace. - i suoi mormorii si facevano sempre più lievi.
- Ti prego, dimmi che hai almeno cercato di fermarlo.
Lei abbassò la testa, il capocannoniere fece un passo indietro, come fosse di colpo disgustato della sua persona.
- Ho convinto Kidou ad aumentare a dismisura gli allenamenti della squadra, ho cercato di convincere Kageyama che i ragazzi ce l'avrebbero fatta senza bisogno di ricorrere a certi mezzi, ma non ha voluto ascoltarmi. Ho tentato di trovare un qualche documento che mi facesse risalire a chi avrebbe fatto tutto il lavoro sporco, ma non ho trovato nulla, avevo poco tempo. Rischiavo di perdere tutto quello per cui avevo combattuto, ma volevo salvare Yuuka, ti giuro che volevo farlo. - era scossa da capo a piedi da tremori, che man mano che parlava si facevano più forti.
Sentì chiamare il proprio nome, percepì le mani calde di Goenji posarsi sulle sue spalle. Sussultando, alzò la testa, spostando gli occhi sui suoi, che erano lievemente arrossati.
- Stai tranquilla, tu hai provato. - le disse mestamente, mentre sul suo volto si allargava un sorriso rassicurante, benché triste.
Per alcuni secondi rimasero in silenzio, anche dopo che egli spostò le mani dalle sue spalle, per lasciarle ricadere lungo i propri fianchi. Spostò i suoi occhi neri come il carbone sulla porta.
- Vieni con me? - le chiese, guardando la targhetta recante il nome della sua amata sorellina.
Lei scosse la testa.
- Ora non me la sento. - sussurrò.
- Mi aspetti qui? - chiese lui, tornando a guardarla.
La ragazza annuì, per poi lasciarsi scivolare su una delle varie serie disseminate per il corridoio, una volta che il calciatore entrò nella stanza. Si passò una mano sul volto, lasciandosi andare ad un sospiro. Si sentiva stremata, come se fosse stata lei ad aver appena giocato la finale.
Tutto è andato per il meglio.
Chiuse gli occhi, concedendosi di bearsi della sensazione di avere molti meno fardelli a gravarle addosso. Infondo, si sentiva quasi serenza, ora che parte dei sensi di colpa per l'incidente di Goenji Yuuka erano stati dissipati dal caldo sorriso del ragazzo.
Tutto è davvero andato per il meglio.
Udì un tonfo sordo provenire dalla camera, si alzò di scatto. Si avvicinò alla porta, l'idea di entrare ed interrompere un momento intimo di Goenji con la sorellina - sebbene fosse in coma - la turbava. Cercò di origliare, per controllare che nulla di male fosse accaduto. Le giunse all'orecchio una vocina, tanto flebile che non riuscì a decifrare quello che disse. Una voce di bambina. Yuuka era sveglia.
Arretrò; forse avrebbe fatto meglio ad andarsene, allora. Aprì la cartella e ne estrasse il taccuino, su cui scrisse in fretta una frase. Strappò la pagina, la piegò a metà e la poggiò sulla sedia.
Sono contenta che tua sorella si sia svegliata.

La suoneria del cellulare che prese a squillare prepotentemente la strappò dai suoi pensieri. Uscita dall'ospedale, aveva camminato senza meta, perdendo la concezione del tempo e di dove stesse andando. Pescò l'apparecchio telefonico da dentro la cartella, stupendosi di leggere il nome di Haruna sullo schermo. Si sarebbe aspettata, piuttosto, che fosse stato Goenji a cercarla, ma, mentre si portava il telefono all'orecchio, rifletté che probabilmente non si era stupito troppo del fatto che se ne fosse andata.
- Pronto?
- Tenshi, è successo di tutto! - la voce spaventata e squillante di Haruna le arrivò talmente forte, che per un secondo si allontanò dallo schermo.
- Che vuoi dire, che succede? - sentì un fastidio allo stomaco, mentre già iniziava ad allarmarsi. Sì sentiva già sconsolata; alla fine la pace era durata molto meno di quanto aveva previsto.
- So che può sembrare una cosa senza senso, ma sono arrivati gli alieni.
- Sono arrivati i cosa? - chiese, aspettandosi di aver capito male o che fosse tutto uno scherzo idiota, magari la trovata stupida di uno dei ragazzi durante un giro ad obbligo o verità.
- Hai capito bene, hanno distrutto la Kidokawa Seishū ed anche la Raimon, i veterani dell'Inazuma ci hanno giocato ed ora sono tutti ridotti male. Abbiamo giocato contro di loro alla Kasamino, ma ci hanno stracciati ed ora diversi giocatori sono infortunati.
- Ehi, ehi, Haruna, frena. Giocato? Ti prego dimmi che si tratta di obbligo o verità. - la ragazza parlava dannatamente veloce, presa dall'affanno, e lei ci stava capendo ogni secondo di meno. Istintivamente si portò la mano alla fronte, mentre un leggero fastidio si andava pian piano facendo largo nella sua testa, accompagnato dal sommesso ronzio delle troppe informazioni che stava ricevendo e che non riusciva ad elaborare.
- Dicono di volersi misurare con noi tramite il gioco del calcio, se qualcuno perde o si ritira radono al suolo l'intera scuola. Lo so che non sembra avere alcun senso, ma ti giuro che è quello che sta succedendo. - Haruna si bloccò, come se qualcosa l'avesse distratta, e Tenshi ne approfittò per immagazzinare quelle sorprendenti notizie. Alieni, sulla Terra, che giocavano a calcio.
Tutto regolare.
- Goenji vuole sapere dove sei. - le comunicò, riportando la sua attenzione sull'apparecchio che aveva in mano.
- Goenji è lì? - chiese, sentendosi come colta in fallo dal ragazzo dai capelli biondi.
Al mugolio di assenso che ricevette in risposta si guardò intorno, in cerca di un indizio su dove si trovasse. Alla fine, un cartello la aiutò a capire in quale quartiere si fosse cacciata col suo errare.
- A Rokugo*.
- Rokugo, davvero? Come ci sei finita lì dall'ospedale? - sentì alcune voci parlare sotto quella dell'amica, ma non capì una sola parola di quel borbottio.
- Non ne ho la più pallida idea, credimi. - fece una pausa, il tempo necessario per soffocare un sospiro.
In fondo alla sua mente era represso un senso di paura, paura che sotto ci fosse ancora una volta Kageyama, paura che se non la sarebbe venuta a prendere significava che l'aveva abbandonata. Paura che non avrebbe mai scoperto chi fosse la sua famiglia.
Era come intrappolata in un grande ciclo senza fine, in cui ogni volta che sembrava trovare un po' di pace, Kageyama faceva la sua comparsa e faceva riniziare tutto da capo. Dolore, rabbia, solitudine; tutto ricominciava come era stato prima. Sembrava non esserci via di fuga.
- State andando a casa? - riprese, sforzandosi di sembrare naturale.
- Sì, i ragazzi hanno bisogno di riposare, sono tutti devastati. Noi tre probabilmente andremo all'ospedale con gli infortunati. - le arrivò sommessa la voce della manager dai capelli verdi che supplicava qualcuno di stare fermo.
- Vado a casa anch'io, da qui sono più vicina a casa mia che non all'ospedale. Ci sentiamo domani?
- Sì. - il tono della ragazza dall'altra parte del telefono era tremante, come se stesse per mettersi a piangere da un momento all'altro.
- Haruna, sta calma. Uscirete anche da questo, i vostri giocatori sono i più in gamba che abbia mai incontrato, sono certa che già domani vorranno raggiungere questi alieni per fargliene vedere di cotte e di crude. - si fermò per un'istante, sperando che le sue parole avessero avuto almeno il minimo effetto. - Tenetemi aggiornata, okay?
- Mh-mh, a domani.
Chiuse il telefono, lasciandolo cadere a casaccio nella borsa. Sospirò.
Tutto andrà per il meglio, sì.


*Rokugo è un quartiere citato all'inizio del primo capitolo di Biorg Trinity, quando Fuuji si perde vagando a casaccio come Tenshi. Non ho la più pallida idea di se esista veramente o meno, ho scritto la prima cosa che mi veniva in mente.
   
 
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