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Autore: FreeMara    27/08/2016    3 recensioni
C’era un tempo in cui la gente non moriva. Non nasceva. Esisteva e basta.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era un tempo in cui la gente non moriva. Non nasceva. Esisteva e basta.
Le persone erano state create in una forma che non si ammalava, incapace di procreare e di morire; si limitavano a crescere e invecchiare fino a quando, dopo secoli di vita e non avendo più forze, si ritiravano per addormentarsi. Entrare in un letargo perenne, senza l’arrivo della primavera.
Quelli più giovani, invece, nel tempo in cui lo erano ancora, potevano solo vivere e aspettare inesorabilmente il letargo della vecchiaia.
In questo modo, però, il mondo sarebbe finito in una immensa distesa di centenari addormentati che non avrebbero mai trasmesso ad altri il segreto dell’umanità, restando incapaci di svegliarsi e di vivere. O di morire.


Un giorno, quando ormai gli ultimi giovani, già costretti all’idea del letargo, si svegliarono, trovarono ciò di cui avevano sempre sentito e sperato ma mai visto: due neonati, abbracciati in un’unica umile cesta e con un leggero lenzuolo addosso.
Nessuno tra loro avrebbe mai potuto avere un figlio, e così restò sempre un mistero chi avesse lasciato i neonati proprio tra le loro mani, inesperte nell’allevare piccole creature.
Un maschietto e una femminuccia. I primi anni furono facili, i giovani riuscirono a nutrire ed educare i bambini: lei, raggiante, la stella più brillante di tutte, capace di infondere amore e felicità; lui, dotato di una bellezza quasi spaventosa e tetra, il cui sguardo sembrava ucciderti. Eppure, nonostante le diversità, i due bambini si volevano davvero bene e facevano di tutto per stare sempre insieme, e proteggersi.
Passarono molti anni, i due bambini erano ormai giovani adulti mentre i loro allevatori quasi allo stremo delle forze seppur ancora abbastanza lontani dal letargo.


Accadde che un giorno la bambina, o meglio, la giovane donna, vide una delle coppie tra i più giovani coricati insieme; lei sapeva che si volevano molto bene e avrebbe desiderato che ci potessero essere altre persone come loro, dei neonati come lo era stata lei.
Ma tutti sapevano che era impossibile e per questo se ne dispiacque tanto; si avvicinò a loro, in silenzio, e cominciò a piangere, in silenzio, mentre alcune lacrime piovvero sui loro volti.
Quando vide che stavano per svegliarsi, scappò via.
Intanto il ragazzo stava accompagnando due uomini, ormai vecchi di secoli; anche per loro era arrivato il letargo, avevano bisogno di dormire.
In lacune caverne vicine erano stati costruiti numerosi letti rudimentali.
Il ragazzo li accompagnò verso due posti ancora liberi, li aiutò a coricarsi e vi si sedette accanto, mentre loro cadevano nel sonno. I suoi giovani occhi, che in molti incutevano paura, scrutarono i loro volti scavati dalla stessa vita che non voleva abbandonarli, ma restare per consumarli.
Medesima era la condizione di tutti gli uomini e tutte le donne che lo circondavano, distesi sulle loro morbide bare, non emettendo altro che una sinfonia di leggeri respiri che riempivano le caverne.
C’era tristezza in quella condizione, in un destino che nessuno poteva evitare.
Con il cuore pesante, il ragazzo si alzò, baciò prima la guancia di un uomo, poi dell’altro, e con il viso rigato dalle lacrime, iniziò ad uscire a passi lenti e silenziosi.
E non gli ci volle molto per sentire, o per essere precisi, non sentire più, il leggero respiro dei due.
Il roseo pallore che prima li colorava stava diventando bianco, il loro corpo, rigido, ma la loro espressione così crucciata e piena di dolore stava svanendo. E con sorpresa, il ragazzo vide che, nella loro rigidità, erano tranquilli dopo tanto tempo.
Si ritrovò subito a scappare diretto verso i suoi allevatori, pensando e chiedendosi se non avesse immaginato anche un lieve sorriso sul volto degli uomini.
Non ci volle molto perché si spargesse la voce che il ragazzo era capace di dare fine al letargo, dar fine all’agonia che la vita non riusciva più a comprendere; benchè si aspettasse reazioni spaventate, tutti erano felici: ora non c’era un infinito letargo, ma la speranza di qualcosa dopo questa vita.
E tutti vollero accorrere alle caverne e assistere al momento in cui si sarebbe data fine alla “non-vita” dei loro cari: bastava un bacio, un casto bacio del ragazzo, affinchè il sonno cessasse.
E quella sera, tutti festeggiarono questa gioiosa scoperta:
Ma mai nessuno si sarebbe aspettato ciò che invece la ragazza riuscì a fare: la coppia che tempo prima aveva visto e pianto, sotto gli occhi di tutti annunciò che avrebbero avuto un bambino, e con grande imbarazzo la ragazza dovette spiegare che era stava lei, con le sue lacrime, a fargli tale dono.
E se prima gli addormentati inermi avevano accolto il bacio del ragazzo, ora le donne correvano dalla ragazza per supplicarla affinchè un suo tocco permettesse anche a loro di avere un figlio.
Ora la vita aveva un nuovo senso, la gente nasceva e moriva, e i due giovani avevano capito lo scopo della loro esistenza.
 
Tuttavia, non pochi si accorsero che i corpi che giacevano nelle caverne col tempo si deterioravano, marcivano ed emanavano uno sgradevole odore.
Naturalmente vennero subito seppelliti, ma la cosa suscitò nella gente una paura, un nuovo pensiero verso quella morte che tanto avevano desiderato e ora si chiedevano se la volessero davvero.
E mentre continuavano a nascere i bambini dalle donne che avevano pregato la ragazza, anche lei e il ragazzo riuscirono a concepire un bambino; tuttavia, era così debole che morì poco dopo.
Il secondo figlio riuscì a sopravvivere solo qualche anno; la terza figlia, invece, fu abbastanza forte da sopravvivere, ma a differenza di tutti poteva ammalarsi e indebolirsi.
I figli dei due giovani appartenevano ad una nuova razza, più debole ma più forte, perché conosceva il vero significato della vita e della morte.
Tuttavia questi eventi spaventarono ulteriormente la gente, che convinta della colpevolezza di lui, lo cacciarono in esilio il più lontano possibile.La donna pianse per giorni, settimane, ma la presenza del ragazzo era percettibile in ogni morte, in ogni tosse, in ogni malattia si verificasse; il seme che aveva piantato cresceva anche senza di lui, insediatosi per sempre nella terra.
Ora la gente poteva avere figli, ma anche ammalarsi e morire, ed era sempre più raro che qualcuno raggiungesse i secoli di vita.
Ci vollero anni affinchè le persone si abituassero a questo nuovo tenore di vita, ancora di più perché lo apprezzassero.
Tollerare la morte quanto la vita era davvero difficile.
Invece la Vita e la Morte si amano ancora, dopo tanto tempo e nonostante la distanza che li separa poiché la ragazza, dopo essere scappata, mai riuscì a trovare il suo amato, e pianse. E le sue lacrime diedero solo vita.
Una vita che però finiva nelle mani del ragazzo.
Una vita che lei non poteva controllare, ma donava al suo amato.
Una vita che viene creata e, non distrutta, ma accudita. Accudita da mani che hanno stretto altre mani. Dalla Morte che ha amato la Vita, e che la aspetta, sperando che un giorno gli farà compagnia.
 
 
 
Ma se la Vita morisse, lei non potrebbe più creare doni per lui. E lui, non avendo più doni da ricevere, cesserebbe di esistere.
Quanto egoismo si cela nel desiderio di lui, quasi quanto nella speranza dell’umanità di vivere e avere nuova vita, tenendo per sempre separati la Vita e la Morte nel loro amore impossibile.


 
   
 
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