Anime & Manga > Yahari ore no seishun rabukome wa machigatteiru
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Autore: apeirmon    28/08/2016    3 recensioni
[Yahari ore no seishun rabukome wa machigatteiru (Oregairu)]
Alla visita guidata per la scelta di un posto di lavoro, Hachiman resta indietro a causa di una certa insegnante di giapponese con la fissa per i robot dei cartoni, oltre che per il suo nubilato. Yui se ne accorge e, per gentilezza, lo aspetta.
Tratto dall'ultima scena del secondo volume del romanzo leggero "Yahari ore no seishun rabukome wa machigatteiru" ("Prevedibilmente la mia commedia romantica giovanile è sbagliata"), con il punto di vista cambiato dal protagonista alla seconda protagonista femminile.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un anno di punti di vista'
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- Yui! Si può sapere cosa stai facendo? Stai rallentando tutti! Ti sembra?
Yumiko si era sciolta dal gruppo diretto al Saize per chiacchierare della visita alla mostra… credo… e mi guardava indispettita dall’uscita, con i capelli biondi che cadevano in ciocche davanti alla divisa bianca.
Le sorrisi. - M-mi dispiace. Volevo dare un’altra occhiata. Vi raggiungo subito, andate pure senza di me.
Lei chiuse gli occhi e rivolse i palmi delle mani verso l’alto, prima di raggiungere Hina.
Mi sedetti sul bordo del marciapiede, affianco alle canne di bambù, a cui i colori del tramonto davano una sfumatura tra il verde e l’arancio che non mi fece distogliere lo sguardo. Due colori così diversi che adesso erano così vicini.
Quelle canne che rimanevano immobili, qualunque cosa accadesse, mi ricordavano Hikki. Ero sicura che per crescere avesse solo bisogno di essere riscaldato. E io potevo riuscirci, così sarei stata importante per lui.
Il mio cellulare rosa vibrò e io controllai l’ultimo messaggio. Era di Hayato.
“Yumiko mi ha detto che vuoi restare ancora un po’ alla fabbrica. Ho bisogno di un tipo di pallone nuovo per il club, quindi ci fermeremo qualche minuto al negozio sulla strada. Se fai in fretta puoi raggiungerci lì.”
Mi abbracciai le ginocchia con il braccio sinistro. Hayato aveva trovato un modo per calmare Yumiko, ma probabilmente si sarebbe arrabbiata di nuovo se non fossi arrivata in fretta. Però non potevo lasciare che Hikki uscisse da solo: ormai eravamo amici e dovevo fargli capire quanto fosse importante.
Scrissi la risposta ad Hayato. “Cercherò di venire appena posso, ma non aspettatemi.”
Sentii una sensazione di… come se dovessi fare qualcosa di importante, no?... e alzai lo sguardo.
- Oh, Hikki, sei in ritardo! Se ne sono già andati tutti, sai?
- Ah, sì. Scusa, ero distratto dal mio robot interiore… quindi, dove sono andati tutti di preciso?
- A Saize. - risposi, sperando che gli piacesse mangiare lì.
- Tu non vai? - mi chiese dopo qualche secondo.
- Eh?! - Non gli andava proprio di andare lì. Forse c’era troppa gente adesso. - Beh, vedi, ti stavo come aspettando, Hikki. Come… - le mie dita cominciarono a sfregarsi tra di loro mentre prendevo coraggio – se fossi dispiaciuta se fossi rimasto indietro, sai.
Mi era difficile sollevare lo sguardo dalle mie mani, ma volevo vedere se gli faceva piacere che lo avessi aspettato. Forse avrebbe accettato di fare una passeggiata. Era sicura che Yumiko avrebbe capito.
Mentre controllavo velocemente, lo vidi sorridere: - Yuigahama, sei così gentile.
- Eh?! Ehm, come?! N-non è affatto vero! – mi sentì la faccia più calda mentre negavo agitando le mani. Forse i raggi del sole non glielo avrebbero fatto notare. Stava succedendo e non poteva farlo diventare un momento di imbarazzo.
- Vedi, non è davvero necessario che ti preoccupi per me. Ho salvato il tuo cane per caso, inoltre sarei probabilmente diventato un solitario anche se quell’incidente non ci fosse stato. Non c’è bisogno di preoccuparsene ossessivamente. Me lo sono sempre ripetuto.
Ma allora lo sapeva fin dall’inizio! Perché aveva fatto finta di non sapere che si erano già incontrati?
Spalancai gli occhi. Non potevo crederci. – T-ti sei ricordato, Hikki?
- No, in realtà non mi ricordo. È solo che sei venuta a casa mia per ringraziarmi. Komachi me l’ha detto.
Mi sentì riempire il petto da un liquido pesante. - Oh, giusto… Te l’ha detto la piccola Komachi.
Risi pensando alla mia stupidità nel credere che potessi essere abbastanza importante per lui da nascondere di ricordarsi di me. O anche solo di ricordarsi. Non riuscii a tenere la testa alzata.
- Mi dispiace, sembra che tu abbia lasciato I tuoi impegni per me. Be’, non devi più preoccuparti per me. Ero solitario dall’inizio e quell’incidente non ha nulla a che fare con questo. Non sei obbligata a dispiacerti per me o a ricambiare il favore.
Perché mi stava dicendo questo? Perché non mi aveva detto di essere felice per avere una persona che pensa a lui? Forse crede che io sia troppo stupida. Forse vuole che ad aspettarlo sia qualcuno che pensa in modo più complicato. Forse al posto mio dovrebbe esserci Yukinon.
- Se sei gentile con me perché ti preoccupa come sto io, allora finiscila.
Sentii le due metà del mio cuore dirigersi in direzioni opposte. Non gli importava nulla di me. Voleva solo evitare di avere a che fare con me. Non gli piacevo proprio.
Si grattò la testa, forse perché si era pentito di avermi detto quello che pensava. Ma io volevo che mi dicesse quello che pensava, dovevo essergli grata. E allora perché lo sentivo come se mi avesse colpita?
Nel silenzio successivo, notai che una nuvola aveva oscurato il bambù.
- Be’, ecco, ehm…
Entrambi aprimmo la bocca, cercando senza successo di formare le parole che sapevamo di dover dire, ma non uscì niente. Dovevo provare a riportare le cose come stavano, quindi mi sforzai di ridere.
- Ecco, vedi, come dire? Non è proprio così, sai? - A un certo punto fui costretta a guardare in basso e non riuscii più a controllare i muscoli della faccia. - Intendo che davvero non è così.
Anche se sentivo tutta la testa tremare, dal collo fino agli occhi, tentai di spiegare i miei motivi.
- Non-non è così… Non è per niente così… - mormorai.
Non ci riuscivo. Non meritavo tutto questo. E neanche Yumiko o Hayato. Come poteva rendere tutti i miei sforzi qualcosa di invisibile, e arrabbiarsi con me per delle intenzioni che non avevo?
No. Dovevo dirgli come stavo senza cercare di essere gentile.
- Ehm, be’, guarda… - alzai la testa e lo fissai negli occhi. Sembrava che non si fosse accorto di niente fino a quel momento. Che razza di intelligenza aveva se non vedeva neanche le cose più ovvie? A un tratto guardò altrove.
- … sei uno stupido.
Dopodiché, non ce la feci più: mi voltai e cominciai a correre. Volevo allontanarmi in fretta, ma sentendo il rumore dei miei passi rallentai, fino a camminare. Non avevo sbagliato io, perché stavo scappando? Sarei tornata con calma dagli altri, anche se forse stavano già mangiando.
Probabilmente lui sarebbe tornato a casa da solo, ma era stato lui a sceglierlo.
Avevo provato a fargli compagnia ed essere gentile, ma a lui non importava.
Avevo sempre creduto che anche se le persone sono molto diverse, si può sempre trovare un modo di stare insieme che vada bene a entrambi, ma purtroppo c’era a chi non interessava.
Avrei dimenticato quella persona con il tempo. Adesso dovevo pensare a confrontare le mie opinioni sulla visita con gli altri. Dovevo usare le mie energie per farli sentire più sicuri per un futuro lavoro.
Ma sapevo come andava. La gentilezza era quella. Si cerca di fare quello che si può, anche se i risultati possono deludere. Certo, era più bello quando veniva apprezzata. Era innegabile. Ma se si spera troppo in qualcosa, la delusione può coprire la bellezza. Perciò bisognava saper rinunciare.
Era una situazione che conoscevo da sempre e ormai non potevo soffermarmici. Persone che non vogliono cercare un incontro, che non hanno empatia… è inutile averci a che fare. Ormai ero un’esperta a individuarli. Nessuno è meglio di me ad accordarsi.
 
   
 
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