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Autore: MaDeSt    28/08/2016    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

VIOLETSTORM

Non ci misero molto a perderlo di vista, e solo allora il buonumore tornò, ricominciarono a salterellare, a volte a corrersi intorno a vicenda, e schiamazzare a voce alta. Mike e Jennifer ingaggiarono una lotta cercando di spingere l’avversario a terra senza cadere a loro volta e la poltiglia di neve che copriva il terreno rendeva il tutto più avvincente.
Non camminarono tanto prima che Emily ordinasse a tutti di zittirsi guardando un punto fisso davanti a sé con occhi sbarrati. Quando si avvicinarono alla giovane donna per chiederle cosa le fosse preso, lei si limitò a fargli cenno di non parlare e subito dopo indicò avanti.
Seguendo la direzione da lei indicata videro dei tronchi anneriti in lontananza, la nebbia – o forse fumo – copriva la visuale più avanti e alcuni alberi avevano i rami spezzati che toccavano terra.
«Cosa... cosa credete sia successo?» domandò Susan allungando il collo per vedere, ma con fare timoroso.
«L’unico modo per scoprirlo è avvicinarsi.» disse Mike muovendo due passi.
«No aspetta!» sussurrò Emily agitata, e tutti la guardarono «La cosa non mi piace... nell’aria c’è ancora odore di bruciato. Chiunque sia non viene da Darvil. Nessuno di noi avrebbe bisogno di fare... questo.»
«Ma questo cosa?» domandò prontamente il ragazzino, ostinato «Siamo venuti in cerca di cose strane, lì ce n’è una!»
«In cerca di cose strane, non di guai.» puntualizzò Layla.
«Ci avvicineremo piano. Nessuno se ne accorgerà.» disse Jennifer affiancandosi a Mike.
I due si guardarono, poi annuirono e in tacito accordo avanzarono con le schiene curve per tenersi nascosti dietro le felci e gli arbusti – la ragazza tenendosi la borsa a tracolla sulla schiena in modo che non la impacciasse. Susan e Andrew li seguirono poco dopo, ed Emily e Layla più tardi ancora non del tutto convinte ma non volendo perderli di vista.
L’odore di legno bruciato era forte, e più si avvicinavano meglio riuscivano a vedere oltre il fumo che ancora si levava dai tronchi anneriti o dal terreno; la neve era completamente svanita, l’erba incenerita e la terra bruciata. C’erano le orme di numerosi piedi umani che sembravano aver tenuto un’andatura frettolosa.
E infine giunsero in vista della radura dove tutto doveva essere avvenuto, ma per poco non si misero tutti a gridare per quello che videro: al centro della radura, attorniato da rami spezzati, c’era il corpo di una creatura enorme, la grande testa era riversa su un lato, aveva un lungo collo, un paio di enormi ali distese scompostamente, due zampe con quattro lunghi artigli e una coda che pareva un serpente sinuoso lunga almeno il doppio del resto del corpo. Su tutto il dorso erano allineate delle spine, e altre sul fianco della coda sostenevano una membrana che poi andava a formare le ali. Era coperto di scaglie, alcune viola e altre grigie. La creatura era sicuramente morta, perché non respirava e giaceva in una pozza di sangue, la membrana delle ali era danneggiata. La testa, comprendendo anche le lunghe corna che aveva alla base del cranio, era lunga quanto Layla, e le decine di denti all’interno della bocca socchiusa avevano dimensioni spaventose.
Tremando come una foglia, Andrew suggerì di andarsene alla svelta, si sosteneva con un braccio perché era sicuro che la schiena non l’avrebbe retto nemmeno da seduto.
«È morto, non lo vedi?» lo apostrofò Jennifer riprendendo un po’ di contegno. Quindi si rialzò e decise di avvicinarsi, sicura che nessuno fosse nei paraggi – chi mai si sarebbe avvicinato a una creatura del genere senza prima essere stato abbastanza vicino da confermare che fosse morta?
«Alcuni animali si fingono morti per attirare le prede!» sussurrò Mike in preda al panico «Torna qui!»
«Non succederà niente!» ribatté lei volgendo le spalle alla creatura «Visto? Non sta fingendo!» e così dicendo diede un colpetto a una delle ali senza smuoverla di mezzo pollice.
Emily si avvicinò a sua volta seguita da Layla e poi da Mike, mentre Susan e Andrew non sembravano affatto convinti di volersi portare più vicini a una creatura del genere, come temendo che potesse svegliarsi e divorarli in un sol boccone. Con le fauci che aveva, sarebbe stato un gioco da ragazzi.
«Cosa credete che sia?» domandò Layla incuriosita, a una seconda occhiata non più spaventata trovò che quella creatura fosse meravigliosa, le scaglie iridescenti luccicavano talvolta di rosa, talvolta di bianco, o scurivano in viola e nero. Il viola più scuro sembrava alternarsi a quello più chiaro disegnando un motivo a strisce sul dorso.
«Che fosse.» precisò Emily accarezzandosi una ciocca di capelli ambrati «Non ne ho idea, non ho mai visto nulla di simile...»
«Le ali somigliano vagamente a quelle di Glayth. Potrebbe essere un drago?» domandò Mike figurandosi nella mente un’immagine della divinità: era solitamente rappresentata in forma umana, coi capelli rossi come fuoco e penetranti occhi dorati, ma aveva un paio di corna sulla fronte, un paio d’ali, dita artigliate, una lunga coda e gran parte del suo corpo era coperto di scaglie brunite.
«Pensavo che i draghi esistessero solo nelle leggende.» disse Jennifer angosciata; non le piaceva l’idea che creature che fino ad allora aveva creduto esistessero solo nelle storie in realtà vagassero a piede libero nel mondo reale.
«Leggenda o no è meraviglioso.» sussurrò Layla incapace di distogliere lo sguardo dal muso lungo e sottile, gli occhi erano velati da una strana membrana di un colore indefinito tra il viola e il grigio, quindi non poté vedere il colore dell’iride.
«Davvero. È un peccato che sia morto.» assentì Mike con un sospiro.
«Se fosse davvero un drago non la penseresti così.» puntualizzò Andrew alle loro spalle «Si dice che i draghi sputino fuoco. Sono felice che sia morto.»
Susan, ora più sicura e più vicina alla creatura la stava osservando meglio e non riuscì a non sentire un moto di tristezza alla vista di quelle ferite.
Emily le indicò: «Non sembrano essere causate da una spada, che dite? Sembra che qualcosa di più grosso l’abbia graffiato...» a quelle parole rabbrividì, non volendo immaginare una creatura uguale a quella ma ancora più grande «Potrebbe essere rimasto ferito e costretto a terra.»
«Questo ancora non spiega perché abbia bruciato tutto qui intorno.» disse Andrew ancora angosciato «Non c’è spazio qui per due creature così grandi, da cosa dovrebbe essersi difeso?»
«Probabilmente non lo sapremo mai.» disse Susan con un sospiro triste.
Distogliendo lo sguardo dalla creatura per un solo attimo, Jennifer scorse qualcosa che mai si sarebbe aspettata di trovare lì attraverso un foro piuttosto largo nella membrana delle ali: qualcosa luccicava sotto di esse, qualcosa di verde che non aveva niente a che vedere col viola pallido della membrana delle ali.
I suoi sospetti divennero realtà quando spostandosi in una posizione che le permettesse di guardare sotto l’ala vide non una, ma ben altre quattro di quelle pietre. Col cuore che le martellava forte in petto strillò e chiamò gli altri a sé, trattenendosi a stento dal saltellare come una bambina che avesse appena ricevuto il permesso di dormire a casa di un’amica per la prima volta.
Gli altri accorsero in tutta fretta e rimasero letteralmente a bocca aperta quando videro le pietre ammucchiate vicine al ventre della creatura.
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Mike agitò le mani e si prese a schiaffi un paio di volte per essere certo che non si trattasse di un sogno, poi domandò a raffica: «Cosa ci fanno qui sotto? Cosa sono? Abbiamo un modo per portarcele a casa? Non abbiamo nulla con noi, vero? Maledizione!»
«Rilassati!» esclamò Layla, anche lei tuttavia in preda a una strana euforia.
«Possiamo sempre prenderle in mano!» disse Susan.
Fece per chinarsi quando Emily disse: «Aspetta! Non sappiamo cosa siano né perché si trovino con questa... creatura. Forse dovremmo semplicemente lasciarle qui.»
«E se qualcuno le trovasse?» esclamò lei contrariata.
«Già, magari le due che abbiamo trovato le aveva prese qualcuno e nascoste altrove.» assentì Jennifer.
«Quindi staremmo rubando a una creatura deceduta e a dei ladri?» intervenne Andrew, poi scrollò le spalle e con aria indifferente disse: «Nessun problema allora.» e così dicendo si piegò per raccogliere la pietra nera e grigia screziata talvolta di rosso.
Mike raccolse quella blu chiaro con chiazze azzurre o blu scuro che si muovevano sulla superficie come nuvole in cielo, talvolta comparivano delle timide screziature argentee; Layla quella viola con chiazze rosa che sembravano brillare di una debole luce propria; Emily alla fine si decise a prendere tra le mani l’ultima restante, quella verde e nera.
Rimasero tutti sorpresi quanto lo erano state Jennifer e Susan quando, raccogliendole da terra, si accorsero che non pesavano affatto quanto la dimensione suggerisse. Emily era sempre più convinta che quella faccenda fosse strana: il peso, la forma, la lucentezza, il colore di quelle pietre, ma soprattutto il luogo del ritrovamento, le facevano credere che non si trattasse affatto di semplici pietre. E le tornò alla mente d’un tratto la storia del demone che deponeva uova bellissime e si aggirava nei pressi della Foresta.
Uova... pensò spaventata Queste sono uova...
Non ebbe il tempo di esporre la propria idea agli altri. Con un fruscio qualcuno emerse dal folto del bosco alle loro spalle e gridò qualcosa, spaventandoli e facendoli voltare: si trovavano davanti a un uomo robusto coperto di una leggera armatura di cuoio, alla cintola pendevano una spada da una parte e un pugnale dall’altra, mentre un’altra lama corta era infilata nello stivale.
L’uomo gridò di nuovo ed estrasse i due pugnali, puntandogliene uno contro e dicendo minaccioso: «Lasciatele giù, quelle sono nostre. Lasciatele e dimenticate di averle viste, e forse vi lasceremo vivere.» concluse con voce untuosa e un sorriso che pareva più un ghigno.
Presi dal panico si limitarono a fissarlo con terrore per alcuni lunghi attimi, non avendo idea di cosa fare. Poi Mike decise di voltarsi e scappare, e tutti gli altri furono costretti a seguirlo e correre a gambe levate, perché il bandito – o mercenario, o qualunque cosa fosse – aveva cominciato a seguirli gridando frasi sconnesse, probabilmente chiamando i suoi compagni da chissà dove.
Corsero a perdifiato nel bosco col cuore in gola, sperando di essere abbastanza veloci da seminare quell’uomo, ma in un primo momento le cose non sembravano andare a loro favore; quello pareva un forsennato deciso a riprendersi il suo tesoro... e che tesoro. Era naturale che non vi avrebbe rinunciato facilmente.
Cambiavano spesso direzione e improvvisamente, sperando di guadagnare pochi secondi preziosi, ma non gli passò minimamente per la testa di separarsi, perché se per caso il tizio li avesse raggiunti in sei avrebbero avuto più possibilità di uscirne vivi.
D’un tratto Susan cominciò a chiamare il nome di Cedric più forte che poté, perché lui era armato di un arco e se poteva scegliere tra la compagnia di un ragazzo mezzo matto in cambio di protezione e al contrario non avere a che fare con lui ma doversela vedere da sola con quell’uomo, per lei non c’erano dubbi: era meglio la compagnia di uno squilibrato armato che li avrebbe difesi.
«Cosa fai?!» le gridò dietro Emily contrariata.
Ansimando, Susan rispose: «Lui può far scappare il tizio!»
«E come? Non incuterebbe terrore nemmeno in un coniglio!»
«Ma ha ragione, è la nostra più concreta via di fuga al momento.» disse Jennifer, e anche lei cominciò a sbraitare richieste d’aiuto.
Non sapevano nemmeno dove si fosse diretto da quando l’avevano lasciato, ma optarono per una generica direzione nord-est, praticamente l’opposto di dove si erano diretti loro. Non si aspettavano di poterlo trovare prima che fosse lui a rintracciarli, e infatti dopo aver quasi perso le speranze lo videro venirgli incontro con l’arco abbassato e l’aria a dir poco infastidita.
Si fermarono col fiato corto davanti a lui, Andrew e Susan caddero in ginocchio cercando di respirare, e Cedric non tardò a vedere le pietre che tenevano in mano; sul suo viso comparve un’aria sinceramente incredula e, gli parve, anche un poco spaventata.
Ebbe solo il tempo di dire: «Dove avete trovato delle...» che l’uomo arrivò e si fermò a breve distanza da loro. Vedendolo armato, il ragazzo fu sorprendentemente rapido a incoccare una freccia e puntare l’arma dritta sull’uomo, che sembrò studiarlo con circospezione, mentre gli altri ragazzi si toglievano dalla traiettoria portandosi alle spalle di Cedric, dove immaginavano che sarebbero stati al sicuro almeno per un po’.
I due si guardarono a lungo senza muoversi né abbassando le armi, limitandosi a studiarsi. L’uomo sapeva che non avrebbe avuto tempo di fare due passi prima di essere colpito, e Cedric sapeva che se per caso la sua freccia non l’avesse ucciso, fermato, o anche solo rallentato, di sicuro sarebbero morti loro, trafitti da quei pugnali.
Senza staccare gli occhi dall’uomo armato Cedric domandò ai ragazzi alle sue spalle: «Cosa sta succedendo?»
Esigeva una spiegazione, essendo capitato in mezzo tra loro e quel tizio e sentendosi costretto a difenderli per qualcosa che nemmeno sapeva, e Jennifer era disposta a dargliene una.
Fece per aprire bocca ma l’individuo in armatura allargò le braccia come a mostrargli che non aveva intenzione di aggredirlo, e con lo stesso sgradevole sorriso che pareva un ghigno disse: «I tuoi amichetti hanno rubato degli oggetti di valore in mio possesso.»
Emily fu rapida a ribattere: «Non siamo suoi amici!» con una faccia che pareva avesse appena ingerito un limone per intero.
Cedric la ignorò e disse: «L’ho notato.» senza tuttavia abbassare l’arco.
«Gradirei riaverli indietro.» continuò l’uomo.
«E tu a tua volta a chi le avevi rubate?»
«Io le ho trovate.» rispose freddamente, abbandonando il sorriso per un’aria minacciosa «E le stavo controllando in attesa di persone con cui ho già un accordo. Perciò se non ti dispiace gradirei che me le restituissero.»
Cedric sembrò riflettere a lungo, tanto che Mike e Andrew cominciarono a sospettare che volesse abbassare l’arma e lasciare che l’uomo si riprendesse le sei pietre.
Ma alla fine il ragazzo scosse la testa e disse: «Non appartengono né a loro né a te. Vanno lasciate esattamente dove sono state trovate.» strinse la presa sull’arma.
«Appartengono a me.» ringhiò l’uomo «Io le ho trovate, due mi erano state rubate, e ora trovo questi ragazzini a rubare le altre! Ho già un accordo! Devo consegnarle!»
«Quelle creature non appartengono a nessuno.» sussurrò Cedric cupamente.
«Sciocchi ragazzini!» gridò l’uomo, afferrò più saldamente i pugnali e gli saltò addosso urlando e imprecando, dando per scontato che Cedric non avrebbe realmente avuto il fegato di ferirlo, tantomeno ucciderlo.
Susan gridò spaventata, Mike e Andrew corsero dalla parte opposta, Emily invece prese Layla e Jennifer e le nascose dietro di sé, a sua volta nascosta dietro Cedric, il quale non si scompose e prese la mira per poi liberare la freccia, che andò a conficcarsi nella spalla dell’uomo.
Venendo colpito, quello cadde a terra e rotolò ora gridando di dolore mentre i ragazzini osservavano la scena con occhi sbarrati; quella ferita se curata non l’avrebbe ucciso, era solo mirata a rallentarlo e scoraggiarlo a inseguirli o minacciarli nuovamente.
Cedric ugualmente gridò loro di correre via, e insieme a lui si allontanarono verso est finché il tizio in armatura sparì dalla loro vista e le sue grida svanirono sostituite dal silenzio del bosco, dal loro respiro affannato e dai loro passi che spezzavano rami e calpestavano neve mezza sciolta. Quando si fermarono, Cedric era l’unico a non ansimare pesantemente, probabilmente perché non aveva corso anche prima al contrario di loro che erano scappati a lungo prima di incontrarlo.
Incrociò le braccia sul petto e li guardò tutti con sguardo accusatorio attendendo delle spiegazioni senza nemmeno chiederle, certo che i suoi occhi dicessero abbastanza. E infatti nessuno sembrava volerlo guardare o volergli parlare per dirgli cos’avessero combinato per costringerlo a ferire gravemente uno sconosciuto – che probabilmente aveva amici altrove e nemmeno troppo lontani.
Questo pensiero non tardò a colpire Emily, che appena ritrovato un po’ di coraggio, solo dando una rapidissima occhiata al suo arco e la rispettiva faretra, esclamò: «Sciocco! Ora lo dirà ai compagni e a quel qualcuno che aveva contattato!»
«Sciocco io?» disse lui fuori di sé dalla rabbia «Cos’avrei dovuto fare? Ucciderlo? Con voi lì presenti? Se vuoi torno indietro e gli do il colpo definitivo!»
«Sarebbe il minimo! Credi che non sappia da dove veniamo? Quanti villaggi ci sono qui intorno?»
«Non sarebbe successo se per prima cosa non aveste preso quelle uova!»
«Uova?» domandò Jennifer spaesata.
«Neanche sapete cosa sono!» esclamò portandosi l’unica mano libera al viso e sospirando cercando di calmarsi «Sono uova di drago maledizione! E sarà meglio che le riportiate dove stavano al più presto!»
«Ma il bandito se le riprenderà!» protestò Mike.
«E il drago era morto.» aggiunse Layla.
Cedric cambiò improvvisamente espressione e domandò incredulo: «Morto? Come sarebbe a dire morto
«Era... morto?» fece Jennifer confusa, non sapendo bene come rispondere alla sua domanda.
«No certo, questo l’ho capito, ma... Non era una domanda. È solo che... un drago morto, qui? Chi l’ha ucciso?»
«Non siamo riusciti a capirlo.» rispose Andrew.
«Quindi il drago non può riprendersi le uova, essendo morto. Ed è meglio che le abbiamo noi piuttosto che quei banditi. Non credi?» disse Mike «Chissà in che mani finirebbero se le dovessero vendere a quel contatto di cui parlava!»
«Certo...» sussurrò Cedric pensieroso, e per la prima volta sembrò essere d’accordo con loro.
«Quindi quello era davvero un drago?» domandò Layla più a se stessa che al gruppo.
«E le storie del demone che depone uova sono vere!» esclamò Jennifer.
«Solo che non si tratta di un demone.» precisò Susan.
«Abbiamo visto un drago!» riprese Layla col fiato corto dall’emozione, come se gli altri non avessero parlato.
«Morto.» aggiunse Mike.
«Era bellissimo...» continuò imperterrita con aria sognante, quasi come se ancora potesse vederlo e immaginarselo vivo, camminare davanti a lei. Ripensando alle dimensioni di quelle spine, denti e artigli rabbrividì e tornò coi piedi per terra.
«Quindi ora che facciamo?» domandò Andrew.
«Tu vai a occuparti di quel tizio.» disse Emily severamente indicando Cedric «Mentre noi troveremo un posto sicuro per queste uova.»
«Ma non ci sono posti sicuri a Darvil!» protestò Andrew «E poi che ce ne facciamo di sei uova? Va bene proteggerle, ma se poi i draghi dovessero nascere e rivoltarsi contro di noi?»
«Potremmo cercare un posto sicuro nella Foresta, dove nessuno andrebbe mai a cercarle.» disse Cedric, procurandosi le occhiate incredule di tutti «Non c’è un luogo migliore per una covata di piccoli draghi per nascere.»
«Allora sei pazzo per davvero!»
«Ma la Foresta è pericolosa per sei cuccioli!» esclamò Susan.
Ignorò l’insulto di Andrew e rispose alla ragazza: «Non sono cuccioli normali. È vero è piena di creature pericolose, ma è l’unico luogo qui intorno che non verrebbe mai esplorato dai banditi, il più lontano dai centri abitati e non meno importante quello con la più alta probabilità che una volta nati incontrino un altro drago. Gli alberi sono così grandi e alti da nasconderli a occhi indiscreti, se ci sono altri draghi nei paraggi che possono crescere questi piccoli di sicuro non li troveremmo qui, ma nella Foresta.»
«E come lo troviamo un posto sicuro? Noi?» ribatté Mike contrariato, provando un immotivato fastidio per come il più grande si esprimeva, con termini così ricercati «Io non ho alcuna intenzione di esplorare quel posto per lasciarci sei uova di drago!»
«Posso andare da solo se preferite.» sussurrò Cedric, come se in realtà non sperasse altro.
«Tu vuoi le uova per te!» lo accusò Susan guardandolo storto.
«Cosa? No! Non me ne farei nulla...»
«Di un drago?» lo interruppe Emily «Davvero?»
«Mi porterebbe solo guai, probabilmente. E non ho il tempo di crescere un cucciolo. Ad ogni modo non è questo il punto, ve l’ho già detto!»
Rimasero in silenzio a lungo riflettendo sulle sue parole, finché Jennifer disse con decisione: «D’accordo.» e tutti la guardarono stupiti, non credendo davvero che volesse separarsi dal suo uovo rosso. Ma si affrettò ad aggiungere: «Ti daremo la possibilità di cercare un luogo sicuro dove lasciarle nella Foresta. Ma se non lo troverai entro una settimana ci terremo le uova e cresceremo i draghi.»
Il ragazzo alzò un solo sopracciglio, perplesso e incredulo a un tempo, e domandò: «Come sperate di crescere sei draghi?»
«Ancora non lo so. Ma è meglio che abbandonarli in un luogo pericoloso o peggio lasciarli a quei banditi. Non approvi?» gli chiese poi con fare provocatorio.
Dopo un lungo silenzio Cedric sospirò e annuì, forse rassegnato, poi ricordò loro di avere delle faccende in sospeso, senza scendere in dettagli che li avrebbero solo angosciati, e corse via sparendo in fretta tra la fitta vegetazione.
Quando il ragazzo fu lontano, Layla si mise le mani sui fianchi e disse: «Ma ancora non abbiamo trovato un luogo dove nasconderle a Darvil.»
«Maledizione l’avevo dimenticato!» esclamò Mike battendosi un pugno sull’altra mano aperta.
«Potremmo costruire un riparo improvvisato al limitare di questo bosco.» propose Susan «Non troppo dentro ma nemmeno troppo vicino al villaggio da poterci incappare per sbaglio.»
«Dove ho trovato la mia!» disse Jennifer «Non penso che i banditi tornerebbero a controllare quel posto se...»
«No.» la interruppe Layla «Il tizio che abbiamo incontrato ha detto che due gli erano state rubate. Quindi dove l’hai trovata tu non l’aveva nascosta lui, ma qualcun altro ancora.»
«C’è un altro bosco, a est.» disse Mike «Le lasceremo lì anche se è più lontano. Non saranno in molti ad avvicinarsi al bosco che precede la Foresta.»
«Dovremmo attraversare Darvil con queste in bella vista, sei impazzito?» esclamò Susan.
«Allora teniamo buona la tua idea.» le disse Andrew «Al limitare di questo bosco. Andiamo!» e così dicendo corse via, ma il dolore al petto delle corse di poco prima lo colpì così in fretta che fece solo alcuni balzi prima di arrendersi e proseguire camminando, imitato dal resto del gruppo.
Non cercarono a lungo un posto dove piazzare le uova, gli andò bene il primo cumulo di rocce che trovarono non lontano dal limitare del bosco. Piuttosto cercarono rami, muschio e grosse foglie con cui poterle nascondere. Camuffarono il tutto con un bel po’ di erbacce per non farlo sembrare un nascondiglio creato da esseri umani, e a questo proposito posizionarono alcune foglie di felce come se fossero una sola pianta.
Si allontanarono solo quando furono soddisfatti, proprio mentre il sole cominciava a calare dietro le montagne a ovest, perciò si affrettarono a tornare ognuno a casa propria prima che i genitori potessero insospettirsi o preoccuparsi della loro prolungata mancanza.

Nel frattempo Cedric aveva seguito le tracce lasciate dall’uomo che, strisciando o avanzando con passo malfermo o talvolta trascinandosi con l’aiuto del braccio sano, si era diretto verso nord-ovest lasciando dietro di sé una lieve scia di sangue, terra smossa e arbusti spezzati. Non gli fu difficile trovare l’uomo ferito, ma com’era successo agli altri ragazzi vedendo il cadavere del giovane drago riverso a terra per poco non si fece scoprire balzando indietro; l’individuo in armatura era lì appoggiato al fianco della creatura, ansimava pesantemente e con delle smorfie di dolore volgendo spesso lo sguardo alla lunga freccia ancora intatta che gli trapassava la spalla sinistra.
Era da solo, e dal momento che a terra era pieno di impronte – sicuramente molte di quelle appartenenti ai ragazzi di Darvil – gli fu impossibile capire se qualche suo compagno fosse nei paraggi al momento. Doveva semplicemente farla finita, e in fretta, prima che quegli eventuali compagni tornassero sopraffacendolo col loro numero.
Incoccò una freccia e tirò la corda, non aveva paura di uccidere, non aveva paura della morte da quando aveva assistito al massacro dell’unica persona che lo avesse mai amato. Trattenne il fiato e liberò la corda della sua presa, così la freccia volò rapida a trapassare il cranio dell’uomo da una tempia all’altra, senza rumore né lamenti da parte sua.
Con un sospiro forzatamente silenzioso si volse dalla parte opposta e se ne andò senza fare rumore, senza il bisogno di accertarsi che l’uomo fosse morto. Di certo i suoi compagni avrebbero pensato che l’assassino fosse di Darvil, ma non credeva si sarebbero arrischiati ad attraversare il villaggio in cerca del possessore di quelle frecce. O forse avrebbero pensato a un altro gruppo di banditi. Comunque sarebbero andate le cose, non credeva di doversi preoccupare nell’immediato futuro.

  
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