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Autore: Tony Stark    31/08/2016    4 recensioni
L’Amore non è veramente nulla se non è follia,
una cosa insensata, proibita, un’avventura nel male.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'There are no happy endings in Lordran'
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Note di pre-storia: Le parti a destra sono i pensieri del protagonista mentre, quelle centrali sono discorso diretto.
Piccola nota:
I dialoghi non sono esattamente fedeli al gioco in quanto non li ricordavo esattamente. 
Cliccate sul titolo della storia per vedere l'immagine che ho creato su SFM solo per questa storia.


The Embrace of the Goddess
L’Amore non è veramente nulla se non è follia,
una cosa insensata, proibita, un’avventura nel male.
(Thomas Mann)



Lordran era una terra gelida, l’esatto contrario di quello che ci si potrebbe aspettare dalla Terra degli Antichi Lord, la terra della Prima Fiamma.
Lordran era una terra di morte, una terra senza speranza alcuna.
Non che mi importasse della fine distruttiva ed inevitabile a cui stava andando incontro, questa landa piena di esseri vuoti.
L’unica cosa che aveva il mio interesse era ciò che questa terra fu… La Terra degli Dei, il regno natale della mia Dea.
L’unica cosa che era davvero degna della mia attenzione era il “motivo” stesso del perché le mie mani erano coperte di sangue, del perché la lama dei miei shotel fosse macchiata di quello stesso rosso.
Ciò che m’importava davvero era quest’anima, l’anima di una Guardiana del Fuoco. Sembrava quasi brillare di una luce negativa, nero su bianco, mentre la prendevo, strappandola dal corpo esanime di questa misera creatura.
Strapparla dalla sua miseria è stato, quasi, un atto caritatevole. Di certo non avrebbe più sofferto.


L’anima aveva l’aspetto di un groviglio di umanità che si contorcevano come fossero vive.


La mia Dea avrebbe, di certo, apprezzato il dono che le avrei presto portato.


La chiesa dei Non-morti, che definizione brutale per l’ultimo santuario rimasto alla mia Dea dalla fatale bellezza, era molto meno distante di quanto mi fosse sembrato in principio.


Le poche creature vuote che incontrai lungo il mio cammino, incontrarono tutte la loro fine sotto i colpi dei miei shotel.

Niente m’impedirà di portare quest’anima alla mia Dea.
Niente.


La chiesa mi parve stranamente vuota, nessun essere di alcun genere sembrava trovarsi nei paraggi.
Questo è un buon segno.


Pensai, prima che il mio istinto mi dicesse che avrei dovuto essere più cauto, in quanto tutto sembrava fin troppo calmo. Una trappola.


Ma, ignorando il mio istinto, mi diressi verso l’altare posto alla fine della navata.
La mia Dea dalla fatale bellezza che osservava con i suoi occhi di freddo marmo ognuno dei miei passi.
Non guardai null’altro che non fosse la sua statua, mentre m’inginocchiavo di fronte all’altare. L’anima della guardiana che si contorceva, stretta nella mia mano.


Il bagliore negativo illuminava fioco la base della statua. Presto avrei di nuovo udito la sua voce soave e delicata, carezzevole come quella che nessun’altra donna avrebbe mai potuto avere.
Ma nessuna parola mi raggiunse, non sentii la sua voce.
Quello che sentii fu invece uno sferragliante rumore metallico. Non ebbi nemmeno il tempo di ritirare l’anima e sfoderare i miei shotel prima che due mani pesantemente corazzate mi afferrassero le braccia.


Persi la presa sull’anima della Guardiana che cadde sull’altare, vi sarebbe dovuta cadere sopra, se non fosse per un corpo che era stato adagiato su di esso.
Chi ha osato compiere un tale sacrilegio?


Le mani corazzate del cavaliere di Berenike mi impedivano qualunque movimento…
Mentre il cavaliere corazzato mi trascinava al piano superiore notai un Invocatore… era stata una trappola…
Mi avevano teso una trappola!








Lordran era una terra morente, vuota e non mi ero reso conto di quanto lo fosse fino a quando mi ero trovato chiuso in quella maledetta cella.
Non c’era nulla che potessi fare per liberarmi. Nulla.


Nonostante la loro apparenza fragile e fin troppo decadente i cardini della porta della cella erano resistenti.
L’avevo già appurato nel mio primo tentativo di sfuggire da questa cella.
Non mi restava che aspettare, che qualche sciocco avventuriero riuscisse a liberarmi.


E attesi fino a che dei passi non risuonarono nel silenzio. Qualcuno si avvicinava.


Quel qualcuno aveva ancora una parvenza di vita dietro quegli occhi scavati. Ma cosa più importante aveva la chiave.

 
< Oh, sei ancora umano... Sono fortunato. Potresti aiutarmi? Come vedi sono rinchiuso qui dentro… >


Il non-morto mi guardò, pareva appena sospettoso. Ma avevo la sensazione che mi avrebbe liberato in ogni caso.
Avrei potuto “giocare” sul fatto che gli avrei dovuto una ricompensa, un debito per il suo aiuto… ma preferii essere più infido… confidando nell’umanità che avevo visto in quegli occhi infossati.
< Abbi pietà di questo povero cavaliere >


Aggiunsi alle mie precedenti parole, sottolineando con una certa umiltà le ultime due parole. Il viaggiatore annuii a se stesso e poi aprì la porta della cella.


Mi alzai in piedi e uscii dalla cella, con passo cauto. Non che avessi timore del non-morto ma non potevo di certo farlo insospettire sulla mia innegabile fretta di allontanarmi da lì.

 
< Un sentito grazie. >


Gli dissi, sebbene il mio tono tradisse una certa fretta.
 
< Sono il Cavaliere Lautrec di Carim. Apprezzo molto ciò che hai fatto e ti garantisco una ricompensa. >


Il viaggiatore però m’interruppe piuttosto velocemente.
 
< Non l’ho fatto per una ricompensa, Sir Lautrec. >


Disse e poi si congedò. Almeno mi aveva evitato un bel po’ di tempo sprecato in convenevoli che non m’interessavano.
Soprattutto non con qualcuno che presto o tardi mi avrebbe intralciato… ne avevo la certezza.


Era come una fastidiosa e fredda sensazione. Ero certo che quel viaggiatore mi avrebbe portato più danno che altro, ma al momento dovevo recuperare l’anima della guardiana e offrirla alla mia Dea. La mia amata Dea.



 
Non è più qui! Quel maledetto di un Non-morto…
deve averla presa lui!


Avevo fallito già un altra volta… la mia Dea non avrebbe accettato un altro fallimento.
Avrei trovato un altra anima di Guardiana per la mia amata Dea.
Mi voltai verso la statua della mia Dea.

 
Ti porterò l’anima, l’umanità di cui hai bisogno, mia Dea.


Non so per certo, ma ebbi la sensazione di aver pronunciato sottovoce quelle parole. E di aver sentito l’abbraccio della mia Dea stringersi, come un conforto. Una certezza che lei vegliava ancora su di me.
Che non mi avrebbe mai abbandonato.
Il suo amore era paragonabile solo a quello che io provavo per lei.






La guardiana del Santuario del Fuoco era un’insignificante figura nascosta nella sua oscurità, protetta dietro delle sbarre che parevano essere lì più per impedire la sua fuga che non per garantire la sua protezione.


La sue vesti insudiciate dal fango, i suoi occhi spenti e stanchi e un espressione vuota eppure… sofferente.
Ucciderla sarebbe stato solo un atto di pietà verso di lei.


Il viaggiatore non-morto non tornava più spesso al Santuario dopo la sua “gita” nelle Profondità. Era il momento di agire.

 
Oh, Fina, mia Dea, ti porterò l’anima di questa guardiana.


Pensai. Mentre mi avvicinavo a quella misera ragazza. I suoi grandi occhi azzurri brillavano… c’era fiducia in quello sguardo. Un incomprensibile sicurezza.
 
Non puoi fidarti di qualuno solo
perché l’osservi sempre, guardiana.


Non pronunciai una parola del mio pensiero. Si avvicinò alle sbarre quasi strisciando. Così vicina, porre fine alla sua miserevole vita era così facile.
Banale, quasi.


E poi il suo sangue macchiò le mie mani, inutilmente la debole guardiana cercò di difendersi, cercando con le sue fragili mani bianche di fermarmi.
La sua anima fu mia… l’avrei offerta alla mia Dea. Lì nella città degli Dei, Anor Londo.


Sono certo che avrebbe apprezzato il mio sforzo, il mio impegno per compiacerla, per mostrarle che per me il suo amore era tutto.


Che per me il suo amore era l’unica cosa per cui valesse la pena vivere.






La Fortezza di Sen è un ostacolo, un labirinto mortale.
Con i suoi serpentuomini guardiani alti il doppio di me e le sue trappole letali, sebbene due o tre volte quelle trappole si siano rivelate a mio vantaggio.


Ad ogni prova superata, ogni volta che la mia vita era appesa ad un filo eppure sopravvivevo non potevo fare a meno di ringraziare la mia amata Dea. Sapevo che era lei a proteggermi.




Anor Londo brillava come una città dorata. Uno scintillio similare a quello della mia armatura, non so perché fu proprio questa la similitudine che venne per prima alla mia mente. Ma non ci pensai molto su, mentre proseguivo.
Eppure la mia Dea, dov’era? Perché non cercava di parlarmi come aveva fatto sempre?
Perché non riuscivo a sentire la sua voce soave, a vederla? Lei che era così bella, così perfetta, nulla che un mortale potrebbe mai aspirare di vedere.


Sentii immediatamente quando, lui, il Non-Morto, invase il mio mondo. Un invasione increspava la realtà del proprio mondo d’origine, lo increspava fino a dare al possessore una sensazione di terribile malessere.


Lo guardai.

 
< Bene, ma guardati. Credevo fossi più sveglio, ma mi sbagliavo. Che terribile peccato. >
Cominciai sarcastico, stringendo la presa sui miei shotel.
< Proprio come una falena che svolazza contro una fiamma >


Sorrisi nascosto dietro l’elmo. Sarebbe stata una sfida interessante… D’altronde lui era il prescelto, non è così?


Il Non-Morto si lanciò all’attacco, stringendo la sua spada lunga dalla lama argentea. Evitai il primo fendente con facilità e così anche il seguente.
Mi scagliai contro di lui, aggirando lo scudo con i miei shotel. Il secondo s’agganciò allo scudo e lo tirai verso di me spezzando la sua guardia.
Mi spinsi in avanti, seguendo il movimento con lo shotel non agganciato allo scudo…
Non avrei dovuto essere così certo della mia abilità…


Sentii il freddo metallo della sua lama attraversare l’abbraccio della mia Dea, trapassando il metallo laminato.
Non sentii immediatamente il dolore, no…
Confusione. Panico. Paura. Quelle furono le prime cose che sentii.


Il Non-Morto tirò indietro la spada con uno scatto, quasi, crudele. Strappandomi via l’anima della guardiana, mentre cadevo in ginocchio.


Il Non-Morto lasciò il mio mondo, vittorioso.
Sollevai lo sguardo, quasi sperando di vedere la mia amata Dea.


Quasi sperando di sentire la sua voce per l’ultima volta.


Ma ad accogliermi fu il nulla.

 
< F-Fina… >
Sussurrai con le mie ultime forze

< Perché mi hai abbandonato? >




Nessuna luce, nessun calore, nessun amore.
Solo oscurità, freddo e solitudine.
   
 
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