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Autore: MaDeSt    01/09/2016    6 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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PERFECT TIMING

I soldati di Eunev si fermarono a Darvil solo per pochi giorni, giusto il tempo di riscuotere le tasse e riposare loro stessi e i cavalli, dopodiché partirono verso la capitale con passo rapido. Era il diciassettesimo giorno del mese di Glayth, la dea dragonessa padrona di fuoco e aria e protettrice dei fabbri. L’ultimo mese dell’estate.
Quello stesso pomeriggio i cinque ragazzi tornarono alla stalla ignorando l’occhiata storta di Cedric che stava rientrando in casa, e una volta salita la scala si sedettero al consueto posto ognuno davanti al proprio uovo. Stavano giusto discutendo di cosa farne di quello verde una volta che il drago sarebbe nato, quando quello nero tremò impercettibilmente, ma non sfuggì a nessuno.
Lo fissarono intensamente, tutti zitti e concentrati, finché tremò di nuovo. Ora certi di non essersi sbagliati, fecero un balzo indietro per la sorpresa. Emozionati, ci misero parecchio a riprendersi, e Susan corse via gridando che avrebbe chiamato Cedric, innervosendo così i cavalli e per poco cadendo dalla scala e inciampando nelle sue stesse gambe. Nel tempo che ci mise a tornare con lui anche l’uovo verde e nero aveva cominciato a tremare.
Cedric non dava visivamente l’impressione di essere preso dal panico, ma continuava ad esclamare che non avrebbero potuto nascere lì, potevano aggredire i cavalli o volare fuori dalle finestre sempre aperte ed essere visti da qualcuno. E non smise di protestare dicendo di doversi sbarazzare in fretta delle uova finché anche lui fu inginocchiato attorno ai piccoli oggetti ovali.
Fece per afferrare l’uovo verde, ma prima che potesse anche solo toccarlo quello si schiuse, facendo ammutolire tutti.
Il draghetto raschiò sul guscio dell’uovo più volte, finché dopo che ebbe tirato una testata, quello non si ruppe. Fece uscire la testa e prese una boccata d’aria, poi, con le piccole zampe già munite di artigli acuminati, ruppe quello che rimaneva dell’uovo e finalmente ne uscì del tutto. Aprì gli occhi e si guardò intorno, vide molti strani esseri attorno a sé che lo fissavano, e altre uova simili al suo da cui era appena uscito. Stiracchiò i muscoli delle zampe, aprì per la prima volta le ali, le richiuse. Sbadigliò e mosse qualche passo incerto verso Cedric, che era il più vicino e il primo che avesse visto. Gli altri trattennero il fiato temendo che l’avrebbe aggredito. Studiò il ragazzo senza riuscire a capire le sue intenzioni, ma non gli sembrava pericoloso. Emise un debole ringhio acuto, poi gli si avvicinò con passo misurato, i minuscoli artigli ticchettavano sul legno.
Cedric, lentamente, tese le mani verso il cucciolo e quando capì che non aveva paura di lui lo prese e se lo posò sulle gambe, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
Era un piccolissimo drago color verde acceso e poco tendente all’azzurro, con due minuscole corna nere sul naso, in corrispondenza dei lunghi canini della mascella, sei protuberanze nere alla base della testa, tre per ogni lato. Il capo era grande rispetto al resto del corpo, il collo sottile lungo quasi due volte la testa, gli occhi erano enormi, dalla pupilla rotonda, e le iridi sembravano smeraldi incastonati sotto la cornea. Su tutto il suo dorso, dalla testa alla punta della coda, c’erano delle strane protuberanze nere allineate che spuntavano dalle scaglie a intervalli brevi e irregolari, delle quali la più grande stava poco prima dell’attaccatura delle ali. I lineamenti erano molto simili a quelli di un serpente, la struttura della bocca era rigida, i minuscoli denti sporgevano dalla mandibola, il muso dopo gli zigomi si stringeva più era vicino al naso per un breve tratto, poi si riallargava in corrispondenza dei grandi canini. Aveva quattro zampe poco più lunghe della testa, quelle anteriori avevano quattro dita, di cui uno era un pollice, quelle posteriori ne avevano tre, e tutte già munite di artigli. Un paio d’ali da pipistrello, grandi quasi quanto tutto il suo esile corpicino, con una membrana così sottile da essere quasi trasparente, di un verde poco più chiaro di quello del corpo, mentre la struttura di sostegno delle ali composta da un braccio simile a quello umano e cinque falangi erano nere e terminavano tutte con un grande artiglio nero. Una di queste partiva dal gomito, mentre le altre davano forma a una mano a tre dita e un pollice molto strana. Le scaglie sul ventre erano di un colore più tenue, un verdino pallido, e sembravano avere il bordo tagliente, mentre alcune scaglie sul dorso erano nere o di un verde più profondo.
Il cucciolo lo guardò interrogativo; aspettava ancora le carezze. Ma Cedric lo guardava ancora incredulo. Allora il draghetto un po’ offeso da quella reazione da parte di quello che considerava un padre, si decise ad alzarsi e avvicinare la testa a una delle mani del ragazzo.
Le scaglie erano lisce e se premeva il ragazzo poteva sentire i muscoli del draghetto. Prese ad accarezzarlo facendo attenzione a non pungersi, e come molte altre volte desiderò di poter provare più di una semplice eco di quelle che erano le emozioni; riuscì solo a sorridere meccanicamente come faceva sempre per far credere alle persone di essere normale, di provare qualcosa, non potendosi permettere di più nemmeno alla vista del draghetto che si affacciava per la prima volta al mondo. E paradossalmente non riusciva nemmeno a sentirsi triste per ciò, anche se sapeva di esserlo.
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Dalle ragazze partì un coro di ‘Oooh’ mentre il drago si strusciava come un gattino in cerca di attenzioni, che suo malgrado lo distrasse dalla questione di quella cura forzata.
«Guarda che bello che è! Non immaginavo potessero essere tanto belli!» esclamò Andrew meravigliato «Guardate, ogni scaglia luccica alla luce!»
«Sì, è meraviglioso.» commentò Cedric in un sussurro, e in quel momento, per un attimo, dimenticò la voglia di restituirlo alla Foresta, mentre il piccolo drago aveva stiracchiato le ali e si era poi acciambellato tra le sue gambe.
Il secondo fu quello di Mike.
I loro discorsi e commenti sul drago verde cessarono immediatamente nel momento in cui l’uovo blu cominciò a fremere un poco. Mike lo prese e se lo mise davanti in modo che il drago gli fosse subito di fronte una volta uscito. Lo vide muoversi con più forza, poi comparve una crepa sulla superficie liscia, e un’altra. Presto dove prima c’erano delle crepe comparve un buco, da cui uscì la testa del drago.
Mike era paralizzato. Il drago aveva gli occhi chiusi, ma il ragazzo era sicuro che sapesse di trovarsi davanti a lui. Con il piccolo corno color argento che aveva sulla punta del naso colpì il bordo del buco davanti a sé e lo frantumò.
Mike appoggiò l’uovo a terra e lo aiutò a uscire rompendo delicatamente il guscio. Poi il cucciolo da dentro, dopo aver provato inutilmente a raschiare con le zampe, fece pressione con le ali e si liberò del tutto.
Era un bel draghetto di colore blu chiaro, il collo lungo quanto la grande testa, alla cui base c’erano quattro piccole spine di color argento, due dietro le tempie e le altre verso la fine della mascella, i lineamenti non erano serpentini, aveva la pelle vicino alla bocca più elastica benché ricoperta di piccole scaglie. Dodici denti sporgenti da sopra, tra cui due canini grandi in media il doppio degli altri. Mike notò che aveva solo due zampe, quelle posteriori, fragili e sottili dopo il ginocchio, con tre dita e un pollice proprio come gli uccelli, ma dotate di artigli più lunghi. In compenso aveva una coda molto lunga che terminava con una piccola e solida cresta a due punte di colore blu collegate tra loro da una sottile membrana azzurra e semitrasparente, sembrava una minuscola falce ricurva. Le piccole ali all’altezza delle spalle avevano una forma simile a quella di un braccio umano color blu notte con tre dita molto più lunghe e sottili e un pollice, terminanti in artigli argento, e in mezzo a queste dita c’era una pellicola azzurra quasi trasparente. Un dito molto più corto degli altri partiva dal gomito. Era privo di spine sul resto del corpo. Il cucciolo aprì finalmente gli occhi e si guardarono: aveva occhi enormi dalla pupilla rotonda e le iridi che sembravano puro argento liquido. Le scaglie sul ventre erano più chiare, quasi del colore di un cielo limpido a mezzogiorno, mentre quelle del dorso erano di un blu cobalto iridescente.
Mike lo raccolse da terra stando attento a non pungersi con le punte delle ali e con gli artigli argentati delle zampe. Il draghetto perse un attimo l’equilibrio e spalancò le ali, cadde in avanti e si ritrovò con la testa appoggiata sulla spalla di Mike, la coda sospesa nel vuoto. Non richiuse le ali: con il pollice, ossia un artiglio argentato, si aggrappò alla maglia del ragazzo e si tirò su, poi le ali le lasciò in quella posizione, come se volesse in qualche modo abbracciarlo.
Era liscio al tatto e riusciva a sentire i muscoli già ben sviluppati del suo dorso. Mike sorrise commosso quando si rese conto che il drago era abbracciato a lui, ma non solo: ora aveva anche allontanato la testa e lo fissava.
«Allora finalmente sei nato piccoletto.» sussurrò il ragazzo al drago e quello strofinò la piccola testa sulla sua guancia, annusandolo con curiosità crescente, e poi arrampicandosi fino a raggiungere il suo naso.
Susan sembrava sul punto di sciogliersi tanto era stata intenerita, fino a quando tuttavia il cucciolo blu addentò il naso di Mike, e tra gli strilli sorpresi degli altri il ragazzino riuscì a fargli mollare la presa.
«Tutto bene?» gli chiese Jennifer con un filo di voce.
«Sì...» brontolò Mike strofinandosi il naso che ora gli bruciava, ma guardandosi la mano non la vide insanguinata. Sospirò e abbassò lo sguardo sul cucciolo, che ora stava annusando il legno nello spazio libero tra le sue gambe incrociate.
«Non sono animaletti da compagnia.» gli rinfacciò Cedric in un cupo sussurro appena udibile.
Ma la schiusa dell’uovo di Layla non diede agli altri il tempo di ribattere.
Il piccolo draghetto ci mise più tempo di quanto aveva previsto a uscire dall’uovo. Raschiò più volte con le zampe la superficie interna, sempre più forte, ma ebbe poco successo. Provò con una testata ma lo spazio era troppo piccolo dentro ormai per riuscire a tirarne una decente. Fu libero solo dopo aver colpito più volte un punto con la coda, facendo nascere delle crepe sulla liscia superficie colorata e luminosa, allora spalancò le ali, frantumandolo in tanti pezzi. E in quel momento l’uovo smise di brillare.
Era più lungo di quanto si aspettassero i ragazzi, sembrava un serpente sinuoso con due enormi ali e quattro zampette corte munite di artigli bianchi e lisci. Era di colore viola, con una piccola spina sulla testa, un piccolo corno sulla punta del muso e sei lisce protuberanze incorniciavano la base della testa larga e piatta; tutte le spine parevano fatte di vetro rosa e iridescente. Gli occhi avevano la pupilla verticale, l’iride era rosa dov’era più vicina alla pupilla e sfumava in un viola all’esterno. La bocca era rigida come quella di un coccodrillo, il muso era più stretto dopo gli zigomi pronunciati e si allargava un poco in corrispondenza dei canini, i piccoli denti sporgevano dalla mascella. La coda, anch’essa lunghissima, terminava con una sfera rosa leggermente trasparente. Le ali da pipistrello avevano la forma di un braccio con le dita più allungate, anche se la parte delle falangi era poco più corta del braccio. Non erano come quelle degli altri draghi, non si vedevano le nodose articolazioni ed erano cinque dita che diventavano via via più lunghe partendo dal pollice, il più corto. Non aveva una falange sul gomito, bensì sulle spalle, e la membrana non era attaccata direttamente al corpo, ma a essa. La struttura rigida delle ali era del colore dell’ametista e la membrana era di un viola tendente al rosa. Le scaglie sul dorso erano di un viola poco più scuro, soprattutto nei pressi dell’attaccatura delle ali.
Layla lo guardò ancora sorpresa, ma l’unica cosa che le uscì di bocca fu: «Io non so cosa dire, è... è... meraviglioso...»
«A me non sembra un drago.» commentò invece Andrew «Se non fosse per le ali lo scambierei per un piccolo serpente.»
La ragazza si rivolse al draghetto viola: «Non stare a sentire questo cattivone, sei un drago bellissimo.» con cautela avvicinò a lui le mani e lo prese per metterselo sulle gambe.
Il draghetto incuriosito cominciò ad annusare prima le sue gambe, poi il pavimento sotto di esse. Quando fece per scivolare giù proprio come un serpente Layla sorrise e lo riprese per rimetterselo sulle gambe; provò una strana sensazione di solletico quando camminò sui suoi polpacci punzecchiandola con gli artigli. Sorrise commossa, gli occhi lucidi di lacrime.
«Su Layla non fare così!» esclamò Mike accarezzando il suo draghetto, prese la sottilissima coda tra le dita e la tirò un po’, ma quello non protestò.
«Lo so, è più forte di me!» disse lei tirando su col naso, facendo ridere tutti gli altri.
Il quarto fu quello di Jennifer.
Lei lo stava proprio guardando anche se con la testa era altrove quando l’uovo cominciò a tremare. D’un tratto Jennifer si risvegliò e puntò tutta la sua attenzione sull’oggetto che aveva davanti. Prese a tremare sempre più forte e la ragazza d’istinto si allontanò un po’. All’improvviso comparvero delle crepe, sempre più profonde, finché senza tanti complimenti il cucciolo non uscì, rompendo completamente il guscio.
Era un draghetto rosso con la testa grande, il collo corto e le zampe lunghe, quelle anteriori simili a braccia umane, con le dita che terminavano con quattro artigli acuminati, tre dita e un pollice; quelle posteriori simili a quelle di un felino, munite di tre dita con lunghi artigli. I denti erano nascosti dentro la bocca, la cui pelle era morbida ed elastica nonostante fosse ricoperta da minuscole scaglie. La coda non era lunghissima e terminava con una piccola placca ossea di colore arancione a forma di punta di freccia. Su tutto il dorso a intervalli piuttosto lunghi e regolari c’erano delle piccolissime spine bianche che diminuivano di grandezza più si avvicinavano alla punta della coda. Questo drago aveva le orecchie simili a quelle dei cavalli, gli occhi dalla pupilla rotonda, e le iridi sembravano rubini incastonati sotto la cornea. Le ali da pipistrello avevano la struttura rosso rubino e la membrana tanto sottile da essere quasi trasparente era arancione. Le sei falangi di cui una era il pollice terminavano in piccoli artigli bianchi, e una di esse, più corta, partiva dal gomito. Le scaglie del ventre erano più chiare, di un colore quasi arancione, e come per il drago verde sembravano più dure delle altre.
Il piccolo drago si issò sulle lunghe zampe posteriori e spalancò le ali, poi scoprì i denti in uno sbadiglio. Zampettò un po’ guardandosi intorno, inciampò nelle lunghe zampe e cadde. Il draghetto viola, che pareva davvero molto curioso, scivolò dalle mani di Layla per andare ad annusare il nuovo nato, muovendosi ondeggiando come una lucertola.
«Torna qui! Consolami, lo vedi che sto piangendo?» fece Layla cercando di riafferrarlo. I due giocarono per un po’ azzuffandosi prima che la ragazza si riprendesse il suo serpente viola.
Jennifer allibita guardò il cucciolo rosso e lentamente lo prese stando attenta a non pungersi. Il draghetto si ribellò emettendo strani versi, dopo qualche tentativo di fuggire fallito si calmò e guardò Jennifer che lo teneva sollevato a mezz’aria. Spalancò le ali e lei spaventata lasciò la presa, ma il cucciolo con un piccolo volo le salì in grembo, accoccolandosi sulla sua spalla dopo essersi arrampicato. La ragazza gli fece qualche carezza e, ancora sorpresa, sorrise e dovette trattenersi per non urlare dalla gioia.
Immediatamente dopo cominciò a schiudersi quello di Susan, senza neanche dare ai ragazzi il tempo di commentare il draghetto rosso.
Non si accorse subito che l’uovo accanto a lei fremeva, e quando lo guardò aveva ormai le crepe su gran parte della sua superficie. Picchiettò piano dall’esterno e poco dopo dove aveva toccato spuntò una piccolissima zampina gialla con tre dita e un pollice, gli artigli lisci all’estremità di ogni falange. Con quella zampa a metà tra quella di un felino e di un rettile scavò e ruppe il guscio intorno al buco, poi la coda ruppe un’altra parte, poi le ali lo liberarono completamente. Scosse la testa.
Il drago era giallo, il giallo più splendente che Susan avesse mai visto. Il muso aveva lineamenti fini e delicati. Le orecchie erano simili a quelle di un cavallo, gli occhi grandi erano ancora chiusi, ma quando li aprì la ragazza ebbe l’impressione che dove si trovava l’iride fosse colato dell’oro ancora liquido. Era completamente privo di spine. Le zampe erano piuttosto lunghe e sottili, la lunga coda terminava con un ciuffetto di peli color oro e una serie di piume dorate dalla forma e la struttura insolite. Sul collo, dalla posizione delle orecchie fino alle spalle, c’era una corta peluria dello stesso colore del ciuffo sulla coda. Le ali erano davvero strane. Se guardate dall’alto parevano ricoperte di piume dorate simili a quelle della coda. Avevano un pollice e cinque dita, le prime tre lunghe, le ultime più corte, inoltre le prime tre e l’ultima componevano una parte separata, che ad ali chiuse si sovrapponeva alla parte del braccio. Quest’ultima era legata alla quarta falange della mano. Tra le due parti non scorreva alcuna membrana, perché una membrana c’era, lo si poteva vedere osservandole da sotto, ma terminava alla seconda falangetta, lasciando poi intravedere le strane piume che spuntavano dal lato superiore. Le cinque falangi e il pollice terminavano con piccolissimi artigli anch’essi color oro, ma lucidi, quasi fossero fatti di oro vero. La membrana era di uno strano color crema, il braccio dell’ala era dello stesso giallo splendente delle scaglie, mentre le strane piume avevano un colore diverso per ogni livello: a ogni falangetta della mano corrispondevano un livello e un colore, che andava via via scurendosi verso l’arancio più le piume spuntavano lontane dal braccio.
Il draghetto si guardò intorno e vide Susan alla sua destra, notando immediatamente che era l’unica a non avere accanto né un draghetto né un uovo ancora intero. Si alzò, si stiracchiò i muscoli, stiracchiò anche quelli delle ali e poi con passo incerto si avvicinò alla ragazza e le si accoccolò accanto guardandola negli occhi. Susan, meravigliata, lo prese in braccio senza molte preoccupazioni, dato che non aveva spine, e lo fece sedere sul palmo della sua mano. All’inizio il drago sembrò preoccupato e spalancò le ali per paura di cadere, poi si tranquillizzò e le richiuse sugli esili fianchi. Si guardarono negli occhi.
«Allora, sei maschio o femmina?» chiese sorridendo la ragazza dopo essersi resa conto che era davvero nato.
Il draghetto sembrò pensare a come rispondere, ma non aveva ben chiaro cosa volesse dire quello che lei aveva appena chiesto e scosse la testa rapidamente come un gatto.
«Oh per Glayth è meraviglioso Susan! È il drago più bello che abbia visto finora!» esclamò Andrew.
«Lo è, non è vero?»
«Sembra un falco giallo con collo e coda più lunghi del solito.» commentò invece Jennifer ridendo.
«Cosa? Non è vero!» esclamò Susan accigliata facendo delle carezze al draghetto.
L’uovo di Andrew aveva cominciato prima di tutti a traballare, ma fu l’ultimo a schiudersi. E a tutti fu presto chiaro il perché. D’improvviso cominciò a oscillare sempre più furiosamente, Andrew indietreggiò istintivamente e subito dopo il draghetto ruppe l’uovo in tante parti senza nemmeno aspettare che la superficie si ricoprisse di crepe.
Il cucciolo di drago era sdraiato sulla schiena, scalciò un paio di volte e aiutandosi con le ali si girò sul ventre e poi si alzò. Ringhiò. Era nero, ma le scaglie lucide risplendevano un poco alla luce proveniente dalle aperture sulle pareti. La testa grande in confronto al corpicino esile ma muscoloso, il dorso completamente ricoperto di numerosi piccolissimi e strani bitorzoli poco più chiari delle scaglie, alcuni più piccoli o grandi di altri, eccetto la zona delle spalle e della schiena. Aveva i lineamenti serpentini e la bocca era rigida e i denti sporgevano dalla mandibola, il muso largo si stringeva dopo gli zigomi e si allargava di nuovo sulla punta. Aveva due minuscole corna sulla punta del muso, in corrispondenza dei canini inferiori, due corna sulle tempie, e sul dorso a intervalli regolari erano allineate delle spine, la più lunga all’altezza delle spalle; tutte le spine e le corna erano grigie. Aveva quattro zampe sottili, il collo non troppo lungo, come anche la coda. Il draghetto aprì gli occhi, dalle pupille verticali e le iridi color rosso sangue. Le ali da pipistrello spiegate avevano la struttura ossea di colore nero, ancora più scuro di quello delle scaglie, e la sottile membrana grigia. Le cinque falangi e il pollice terminavano con artigli altrettanto neri, una partiva dal gomito. Anche lui, come il draghetto verde e quello rosso, aveva le scaglie del ventre più dure e dal bordo tagliente, di colore grigio scuro.
Ringhiò di nuovo, questa volta guardandolo negli occhi. Andrew indietreggiò ancora e il drago sembrò quasi compiaciuto di quella reazione. Spalancò la piccola bocca già munita di decine di dentini acuminati, i ragazzi notarono che, come il draghetto verde, le piccole corna sulla punta del muso erano cave e servivano a contenere i canini inferiori, altrimenti troppo lunghi perché potessero richiudere le fauci. Ripiegò le ali e attese paziente che il ragazzo si avvicinasse un poco, ma lui era paralizzato, aveva paura del suo drago. Sebbene fosse appena nato dall’uovo, Andrew era sicuro che avrebbe potuto ucciderlo.
Una volta capito che non si sarebbe mai avvicinato visto come aveva reagito appena uscito dall’uovo, quello spalancò le piccole ali e volò anche se a fatica fino alla spalla di Andrew, che lo guardava avvicinarsi incapace di muoversi. Il draghetto si aggrappò, evitò di ferirlo con le punte delle ali e in qualche modo si girò nella stessa direzione del ragazzo, sempre sostando come un pappagallo sopra la sua spalla.
«Oh... il tuo drago è... carino...» commentò Mike.
«Vero?» fece Andrew con voce tremante, decisamente poco convinto.
«Io credo... credo che siamo nei guai.» disse Cedric incerto, senza staccare gli occhi dal draghetto verde che osservava gli altri draghi senza tuttavia muoversi.
«Cosa intendi dire?» gli chiese Layla.
«Che potrebbero averci scambiati per i loro genitori.»
«Non avevi detto che sono creature intelligenti?» lo rimbeccò Andrew.
«E credo lo siano. Ma capita anche agli uccelli di legarsi alla prima creatura che vedono appena usciti dall’uovo... Forse se ne renderanno conto quando cresceranno. E ora che facciamo? Come diamine cresciamo sei draghi senza che nessuno lo noti? Non possono stare qui...»
Non sembrava che gli altri stessero prestando attenzione a ciò che diceva, erano tutti attratti dai piccoli draghetti soprattutto adesso che quello rosso e quello nero avevano ingaggiato una piccola lotta con deboli versi acuti.
«Dobbiamo portarli via da qui. Fanno troppo baccano.» riprese il ragazzo, e quando tutti finalmente lo guardarono si difese dicendo: «Casa mia non è lontana, mio padre li sentirà sicuramente. Potrebbero far imbizzarrire i cavalli e incuriosirlo... Se dovesse scoprirli probabilmente mi ammazzerebbe.»
«Ma non possiamo lasciarli nel bosco...» disse Susan intristita.
«Potremmo costruirgli delle case sugli alberi e legarli lì.» disse Mike «Almeno finché saranno abbastanza grandi da capire di dover rimanere nascosti.»
«Ma è crudele!» esclamò Susan contrariata.
«Però è sicuro.» disse Andrew «Non abbiamo molte alternative.»
«Credete abbiano fame?» domandò Layla osservando il draghetto blu che ora era sceso a terra e annusava il pavimento intrigato.
«Secondo me sì.» disse Jennifer.
«Allora vado a prendere gli avanzi di mio padre, chi viene con me?»
«Verrei io ma... è meglio di no.» disse Cedric con una scrollata di spalle «A meno che... potrei usare alcuni degli infiniti gettoni di legno che ho accumulato per prendere della carne fresca.» aggiunse poi pensieroso.
«Sì, sarebbe ora che tu ne restituissi qualcuno.» replicò la ragazza con sguardo torvo «Cosa te ne fai se non li usi mai perché tanto cacci per conto tuo?»
Lui fece una smorfia e disse: «Non mi va di spiegarlo ora. Tenetemi questo... il drago.» e così dicendo lo prese tra le mani e lo posò sul pavimento; il piccolo non sembrò prenderla bene, perché lo guardò insistentemente. Pareva offeso nel vedere che si stava alzando per allontanarsi.


NOTE DELL'AUTRICE
Ed eccoli i sei piccoli guastafeste, riuscireste a indovinarne il genere?
So che il livello di pucciosità non è alle stelle, ma sono più propensa a disegnare bestie feroci che cuccioli tenerosi.

  
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