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Autore: pierres    01/09/2016    4 recensioni
Lui avrebbe saputo fare la scelta giusta, ma la decisione era spettata a lei – giovane, leggera Elizabeth che sognava l’abito bianco e un mazzo di fiori al profumo di agrumi, e non le importava del resto.
Jack sapeva cosa voleva, non quel che sognava, e solo gli sciocchi e i giovani come lei riescono a riempirsi la testa di bugie e a pensare che siano la stessa cosa - non lo sono, affatto.
[...]
«Hai mai amato nessun'altra?» sussurra roca Angelica sul suo petto nudo.
«Solo tu, gioia»

Certe bugie non contano, e comunque Jack le direbbe lo stesso - anche a se stesso.
[Sparrabeth come se non ci fosse un domani] [Moesta et errabunda - Baudelaire]
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelica, Elizabeth Swann, Jack Sparrow, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Moesta et errabunda
 









La mer, la vaste mer, console nos labeurs!
Emporte-moi, wagon! Enleve-moi, fregate!
Loin, oh, loin!
 
 
 
 
 
Il respiro di Angelica è rovente sulla pelle, le sue mani svelte, sicure – sanno dove andare, sanno cosa vuole, sanno cosa gli piace (Angelica lo conosce, ha passato le labbra e la lingua sulle cicatrici sul suo collo, sul suo petto ed ancora più giù – Angelica è latina, mora, calda e i suoi denti bianchi, un po’ storti e scheggiati, sembrano schiuma di onda contro le sue labbra scure).

Jack ricorda il suo odore, e ricorda il suo respiro rovente – è cominciato tutto per sbaglio, forse, ma sono entrambi liberi, entrambi pirati (anche lei ha tante cicatrici, piccole e grandi e dai bordi frastagliati, le solcano il corpo come scie di barche in un mare in tempesta) e che male c’è a continuare, in fondo (che male c’è se gli piace il suo respiro rovente e il suo accento spagnolo e le sue mani precise).
Ed è bella, lei, di una bellezza un po’ selvaggia: sembra una fiera, i capelli neri come inchiostro, arruffati, sparsi sul cuscino, gli occhi scuri, le sopracciglia imponenti, e quei denti bianchi un po’ scheggiati, forse da qualche pugno di troppo. Ha i fianchi morbidi e gli piace stringerli fino a lasciare il segno dei polpastrelli (gli piace Angelica e le sue mani e il suo odore, certo, e lui vuole il suo respiro rovente, solo quello, solo quello basta, lui vuole-)

Ma c’è qualcosa che non va.

Jack lo sa, cosa, però non vuole pensarlo – quindi teoricamente non lo sa, no? (no?!)

Perché è come un relitto sommerso, è come uno scoglio contro il ventre della nave: lo sente raschiare il legno anche se non riesce a vederlo (così è quella cosa che giace sepolta sotto la sua camicia bianca, sotto i tatuaggi e le cicatrici, sotto la carne ed ancora più a fondo – ma finché non la vede, finché non la pensa, può fingere che sia altro, può fingere di non sapere – è così bravo, Jack, a fingere, così bravo che anche Angelica ci crede)

Perché Angelica ha il respiro caldo e vivo, ha i denti bianchi, i fianchi morbidi, l’aria da fiera – ma non è lei. E se chiude gli occhi (Jack non li chiude, mai, e in camera con lei tiene sempre accesa la candela), se li chiude solo per un secondo (un attimo, un istante) allora la luce che filtra attraverso le palpebre, dentro, fino a stuzzicare la pupilla, assume i riflessi dorati dei suoi capelli e lui riesce a sentirne l’odore nelle narici, il gusto sulle labbra, quel sapore salato di mare e aspro, quasi violento, da togliere il fiato, e rivede i suoi denti dritti e pallidi come perle mordicchiarsi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, a volte, quando era pensierosa (fiori cremisi di sangue che leccava via con la punta della lingua, incurante – avrebbe potuto farlo lui, se glielo avesse concesso). Se chiude gli occhi sente la sua pelle chiara, liscia, sotto le dita, le sue spalle nude, il suo collo pallido, sottile, rivede gli occhi stanchi, marroni, arrossati dal vento e dal sale ma mai dal pianto, e la sua risata –Jack sente la sua risata, e la vede, quasi, ed è quel che fa più male: quando Elizabeth rideva, lo faceva a pieni polmoni (Elizabeth faceva tutto a pieni polmoni, come il mare e le onde, il vento e la sabbia calda: rideva, piangeva, gridava, si arrabbiava e poi rideva di nuovo, e sollevava le mani, pestava i piedi, si mordeva il labbro con quei denti di perla, e baciava – Elizabeth baciava col sale sulla lingua e il sapore della marea fin dentro la carne).

«Hai mai amato nessun’altra, Jack?»

La voce roca di Angelica rompe il silenzio dei loro corpi intrecciati – fuori, contro le fiancate, sciabordano le onde. Ed è buffo, come dica nessun’altra – è buffo, perché Jack non ha mai amato nemmeno lei.

(ma cosa vuol dire amare, alla fine? Jack conosce il desiderio, il piacere che gli procura sentire i seni di Angelica premuti sul suo petto, e quella sensazione di non voler essere da nessun altra parte al mondo mentre si rigira una ciocca della sua chioma scura tre le dita – nessun altra tranne una; conosce questo, questo e basta – non sa cosa significhi amare, non lo sa.
Ma in questo quadro di pulsioni e desideri, di sentimenti forti, di fianchi e di cicatrici, ci sono degli elementi che non riesce a collegare: il profumo di limone che avevano i suoi capelli d’oro appena lavati nei bagni altolocati di Port Royale; le sue dita tiepide e incrostate di salsedine che gli toccavano il polso quando voleva fargli notare qualcosa; un neo piccolo, piccolissimo, poco sopra la clavicola, che gli era parso così adorabile da togliere il fiato; e ultimo, ultimissimo, tremenda spiaggia di rocce e cocci di vetro dove rifiuta di approdare da anni, il calore d’inferno – peggio del fuoco, peggio del rhum – che gli era sceso nelle ossa e in gola quando gli aveva dato quell’unico, bacio traditore)

Aspetta un secondo, prima di rispondere, e chiude gli occhi – c’è il suo fantasma che si aggira per la nave, ne sente quasi i passi leggeri sopra al ponte (adorava il vento tra in faccia, Elizabeth, anche quando faceva troppo freddo), che ride e bacia a pieni polmoni – ma non lui, l’altro (lui solamente quella sporca, sporca, maledetta volta che non voleva andarsene più).

«Solo te, gioia»

Angelica posa il capo sulla sua spalla, stiracchiandosi come una gatta, mentre le aleggia un vago lucore soddisfatto sotto le ciglia semichiuse - ma che importa delle bugie dette di sera, col rhum in corpo e le lenzuola ancora umide e sfatte.

Certe bugie non contano, no, e comunque Jack le direbbe lo stesso – anche a se stesso.

(non sa cosa significa amare, ma se amore è quello tra lei e il caro vecchio Will, allora nemmeno Elizabeth lo sa – lui, almeno, avrebbe fatto la scelta giusta. Ma la decisione era spettata a lei – giovane, leggera Elizabeth che sognava l’abito bianco e un mazzo di fiori al profumo di agrumi, e non le importava del resto.
Jack sapeva cosa voleva, non quel che sognava, e solo gli sciocchi come lei e i giovani – oh, come lei – riescono a riempirsi la testa di bugie e a pensare che siano la stessa cosa - non lo sono. E’ felice, adesso, è felice? In quei corsetti troppo stretti, in quei palazzi di pietra e non di legno, che non ondeggiano alle onde, che non si muovono al vento; è felice, Elizabeth, senza un parapetto intarsiato di salsedine contro cui poggiare il seno? – è felice senza di lui?)

Socchiude le palpebre e appoggia la testa contro la testata del letto. Inspira a pieni polmoni, per ricordare il profumo di Angelica – ma ancora, nell’aria, illanguidiscono le note del limone.

(se avesse saputo che quel bacio era l’unico bacio ed era l’ultimo di sempre, incurante di William, incurante dei lividi, l’avrebbe stretta più forte)
 
 
 
 
 


Comme vous etes loin, paradis parfumé,
où tout ce que l’on aime est digne d’etre aimé.












































 
note: and here i am, vi sono mancata? Certamente no! In ogni caso eccomi che ritorno, come una sempiterna verruca ad infestare questo fandom! Pensavate fosse morta? Pensavate mi avessero rapito i marziani? Pensavate fossi impegnata in un'importante missione diplomatica? Ed invece no, ero sul divano a grattarmi per tutto  questo  tempo. 
Questa storia, oltretutto, appartiene a circa una generazione fa. L'ho ritrovata giusto oggi, non ho la minima idea del perché non l'abbia pubblicata appena finita ma tant'è. Eccola qui. Cosa ne pensate? Fatemi sapere ;)
Mi accorgo che il mio stile sta diventando decisamente ridondante e ripetitivo - insomma, tratto sempre dei soliti temi! Riuscirò mai a scrivere una fluff? Che razza di scrittrice sono, bloccata sul solito stile, sempre con ste parentesi e trattini aiuto aiut-
Forse metterò in atto una rivoluzione. Qualcuno ha un parere? Il mio stile vi annoia? Critiche, consigli, psicofarmaci da offrire? Sto diventando come la zia noiosa che tutti i natali vi fa il terzo grado?
La risposta è sì.
Mi ritiro, Dio vi benedica se siete arrivati anche solo fin qui! Un abbraccione a tutti tutti <3
pierres


post scriptum: mi è stato giustamente fatto notare che non ho riportato la traduzione dal francese. Mi scuso davvero per la svista, purtroppo la testolina ormai è leggermente partita. La riporto al seguito:
"Il mare, il vasto mare, consola le fatiche!
Portami via, vagone! Rapiscimi, vascello!
Lontano, oh lontano!

Come sei lontano, paradiso profumato
dove è degno d'essere amato tutto quel che s'ama"














 
 
  
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