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Autore: Ambaraba    01/09/2016    1 recensioni
La prima volta fu perché erano ubriachi; la seconda perché volevano riprovarci.
La terza fu perché erano soli e la quarta perché avevano freddo; la quinta perché Michael aveva la febbre e la sesta perché credevano che sarebbero morti...
Dopo un po', quando esaurirono le giustificazioni, i sergenti Damien Scott e Michael Stonebridge furono costretti ad affrontare una semplice e assoluta verità: per quanto tentassero incoerentemente di dare la colpa alle circostanze, l'unica ragione per cui ogni volta finivano a letto insieme era perché... Si piacevano. Tutto qui.
Piccola raccolta di one-shot incentrata sul pairing Scott/Stonebridge.
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 It Takes Two - Alcol

It takes two.

    La prima volta fu perché erano ubriachi; la seconda perché volevano riprovarci.
La terza fu perché erano soli e la quarta perché avevano freddo; la quinta perché Michael aveva la febbre e la sesta perché credevano che sarebbero morti...
    Dopo un po', quando esaurirono le giustificazioni, i sergenti Damien Scott e Michael Stonebridge furono costretti ad affrontare una semplice e assoluta verità: per quanto tentassero incoerentemente di dare la colpa alle circostanze, l'unica ragione per cui ogni volta finivano a letto insieme era perché... Si piacevano. Tutto qui.
    Piccola raccolta di one-shot incentrata sul pairing Scott/Stonebridge.

1: Alcol

    «Te lo avevo detto che era forte...»
    «Fottiti, non rompere--»
    «Ehi! Reggiti a me...»
    «Ma se non stai in piedi nemmeno tu, Mikey!»
    «Mi viene da vomitare...»
    «Stai ridendo...»    

    Sono entrambi così ubriachi che riescono a infilare la porta per pura fortuna. Ed è patetico, il loro tentativo di sorreggersi a vicenda nonostante nessuno dei due sia effettivamente in condizioni migliori dell'altro. Ma è questo che fanno, che siano sobri oppure no: si sorreggono a vicenda. Sempre.
    La vista di Michael è appannata dal caldo, dall'alcol e dalla stanchezza, e rende ancora più complicata la ricerca della chiave della doppia in cui alloggiano in questo periodo. Ma lo stordimento generale non gli impedisce di trattenere Damien per una spalla quando quest'ultimo, barcollante e devastato, sembra improvvisamente intenzionato a baciare il pavimento.
    «Dopo questa, non berrò mai più, lo giuro,» promette l'americano, passandosi una mano sulla faccia – dita che sfregano contro la solita barbetta incolta che gli irruvidisce le guance. Scalciano entrambi via gli scarponi, entrando.
    «Il tuo mai più di solito dura meno di ventiquattr'ore...», gli fa notare l'inglese, guidandolo all'interno con una smorfia. Il dopo-missione è quasi più devastante della missione stessa, ma è una tappa obbligata: un rituale di liberazione. Festeggiano il fatto di essere vivi, di aver fottuto i bastardi di turno, di averla scampata ancora una volta... Di essere ancora insieme, uniti e pronti a coprirsi le spalle sul prossimo campo di battaglia.
    Are you man enough? Are you man enough to be mine... To be mine... To be my girl?
    Damien ha ancora il motivo che gli ronza nella testa. La canzone suonava nel locale dove sono andati a distruggersi, tra gente assatanata, luci violente e fiumi di alcol. Il cantante dei Def Leppard aveva sollevato la questione esattamente quando anche gli ormoni di Scott avevano cominciano a scuotersi. Sarà stata colpa del whisky, sarà stato il caldo della sera che li aveva fatti sudare e aveva appiccicato loro addosso i vestiti; sarà stato che, così alterato e poco lucido, Mike si era finalmente sciolto e Damien lo aveva visto, incredibilmente, muovere qualche passo sulla pista, a qualche metro di distanza... Sarà stato tutto questo o forse soltanto qualcosa che ha covato sotto la cenere per molto, moltissimo tempo... Fatto sta che, all'improvviso e senza alcuna premeditazione, Damien si era ritrovato a guardare l'amico con occhi diversi, chiedendosi cosa ci fosse davvero, dietro quei determinati occhi chiari e quella mandibola scolpita nel granito. E, ingoiando ancora un altro bicchiere, si era soffermato a contemplarlo con attrazione crescente, sfiorando vagamente l'assurda idea che, magari... Naah, impossibile, Mike è più etero dell'etero più etero sulla faccia della Terra, si era detto Scott, cercando di distogliere lo sguardo da lui e godersi la serata. Ma quella sottomarca libanese di Jack Daniel's continuava a instillargli nella testa un altro tipo di pensieri - e, ben presto, Damien si era reso conto che anche il proprio corpo aveva un'opinione da esprimere al riguardo. Soprattutto, dalla vita in giù.
    Attratto da lui? Da Michael fottuto Stonebridge?
    Damien se lo chiede ancora, mentre quasi inciampa sul proprio letto e si lascia cadere a pancia in su sul materasso, ancora completamente vestito. Si copre gli occhi con un braccio, infastidito dalla luce; ma poi sente i passi vicini di Michael e si volta a guardare l'amico ignaro - anche lui con le guance arrossate e gli occhi resi lucidi dall'alcol in circolo, - che, con un certo disorientamento, a poco a poco si riappropria dello spazio nella stanza. Diamine, no. Mike è... Mike. Punto, si rimprovera Damien. Non dovrebbe nemmeno pensarla, una cosa del genere. Sarebbe come scoparsi un fratello, no? Scott si ripete questo, chiudendo gli occhi e riparandosi di nuovo sotto l'avambraccio, mentre le tempie gli pulsano dolorosamente e lo stomaco brucia.
    «Mi scoppia la testa...» Mike si massaggia la fronte e poi si sfila la maglietta barcollando, col chiaro intento di andare a farsi una doccia fredda per schiarirsi le idee. Ancora una volta, Damien cede alla tentazione di guardarlo ancora e si ritrova a socchiudere appena le palpebre per seguirlo, sfiorando con gli occhi il corpo stanco, infiammato di caldo e perfetto dell'amico – un corpo segnato da lividi, tagli freschi e cicatrici, proprio come il suo... Un corpo caldo, duro e sodo. Un corpo che sa di buono, di sudore, di terra e di cuoio... Di uomo.
    Damien quasi reprime un ringhio. Lo ha guardato per... Quanto? Due secondi? Tre al massimo? Be'... A quanto pare, sono stati sufficienti per risvegliare quei bollenti spiriti che la sbornia aveva momentaneamente placato.
    Michael è troppo duro, troppo netto, troppo
spigoloso – quasi arcigno, a volte, - per rientrare nei comuni parametri di bello. Ma Damien si è abituato in fretta ai suoi tratti aspri, e ha imparato presto ad andare oltre la superficie. Ad apprezzare ogni sorriso su quelle labbra sottili, ogni sfumatura divertita di quei lunghi occhi affilati... E, soprattutto, la profonda mitezza – e la segreta dolcezza – di quell'uomo inflessibile e duro come il fottuto acciaio, ma con un cuore enorme e una sensibilità fuori dal comune. Sensibile. Nessuno lo direbbe, di uno come lui. Nessuno userebbe mai una parola simile per descrivere qualcuno di loro della sezione 20, a dire il vero; ma Mike lo è. È un fottuto bravo ragazzo, dolce, sensibile e pieno di premure verso le persone a cui tiene – persino con Scott: Michael si comporta come una mammina premurosa, quando controlla le cinghie del proprio paracadute e poi quelle del suo, assicurandosi che sia tutto in ordine prima di un lancio, o quando... Quando fa un sacco di altre cose per cui Scott lo prende in giro, ma che in realtà gli fanno piacere. Dannazione, è quasi istinto materno, il suo! Ma basta dargli in mano un mitra o una granata o persino uno stupido coltello a serramanico, e diventa una iena. In una parola: è perfetto. Ed è anche per questo – perché non si è mai sentito così in sintonia con nessun altro, - che Damien Scott, ora, si rende conto di provare questo tipo di desiderio verso di lui.
    Mentre lo osserva, l'americano sente qualcosa muoversi dentro - un nodo caldo di tensione eccitata che gli si stringe nel bassoventre. Là, nel locale, si era chiesto quanto ci volesse per spingere oltre il limite uno solido e
granitico come Michael Stonebridge, per mandare in mille pezzi quella sua aria stoica e impassibile... E aveva provato a fare delle ipotesi. Si era chiesto anche che suono avesse la voce di Mike, - con quel pesantissimo accento inglese a cui Scott si è abituato col tempo, - quando non urla per comunicare degli ordini o delle direttive, ma soltanto... Per puro piacere. Aveva proseguito domandandosi cosa si provi a tenere sotto uno come lui – così tosto e forte, indurito dall'addestramento e dagli allenamenti, - e quale sia il suo odore, più da vicino... Da molto vicino.
    Si era chiesto queste e altre cose ancora più intime, Damien; e, ora, ha terribilmente voglia di ottenere delle risposte.

***

    Voglio toccarti. Lo faccio. Voglio metterti con le spalle al muro. Lo faccio. Voglio prenderti di sorpresa. Ci riesco. Voglio aprirti la bocca con la mia, cominciare a entrarti dentro con la lingua prima di penetrare in ogni altro angolo di te e prendermi tutto il resto. Lo faccio. Trattengo con difficoltà tra le dita i tuoi capelli cortissimi, ma abbastanza da farti scoprire il collo e succhiarti piano, graffiarti con i denti, leccare la tua pelle arrossata e poi baciarti di nuovo. Sei troppo chiaro, troppo delicato – di quel pallore inglese che il sole di questi posti brucia e infiamma con facilità, e che le mie mani stanotte marchieranno di lividi... E sai di ferite e di stanchezza; ti porti addosso la polvere e l'odore di questa città straniera, oltre che il tuo.
    Le mani di Damien si incollano ai fianchi di Mike, il suo corpo premuto contro quello dell'altro. Nel momento stesso in cui aveva deciso di alzarsi e seguirlo nel piccolo bagno comune, Damien aveva spento il cervello. O la va o la spacca. Sono ubriaco. Non sono padrone di me, giusto? Posso farlo. Stasera posso farlo e dare la colpa all'alcol. Posso togliermi il dubbio... Si era preparato a essere steso con un diretto secco oppure giustiziato sul posto a colpi di pistola, nel caso Mike non fosse stato d'accordo. Ma mai, mai e poi mai si sarebbe aspettato questo.
Una resa.
    Sul viso di Mike era comparsa dapprima un'espressione del tipo Damien, dai, vattene, non ho voglia di scherzare; ma poi, quando il suo compagno di squadra lo aveva spinto con le spalle al muro, qualcosa era cambiato. C'era stato un attimo di attesa – un attimo in cui erano rimasti a guardarsi, alcolizzati, confusi e iper-ricettivi, - in cui Damien aveva davvero temuto che Michael l'avrebbe steso con una capocciata. Ma poi, quando l'americano si era allungato su di lui per prendersi la sua bocca, non era successo niente. Assolutamente niente. Michael l'aveva lasciato fare passivamente e aveva lasciato che esplorasse con le mani la pelle nuda del suo petto, del suo addome e dei suoi fianchi... E poi aveva cominciato a ricambiare, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro.
    Pelle calda tesa attorno alle ossa e ai muscoli spessi; spigoli e minuscoli granelli di terra, occasionali increspature di tessuto cicatriziale, la punta rotonda e dura di un capezzolo. Questo è ciò che le mani di Scott incontrano, questo è ciò che Michael Stonebridge è: un fascio di nervi e muscoli senza la minima traccia di morbidezza. Questo non è il corpo di un uomo, pensa Damien, scendendo a baciarlo sul petto e trattenendo i suoi fianchi tra le mani, saggiando la durezza delle vertebre sotto i polpastrelli. Questo è il corpo di un animale; anzi, no: è una macchina. Una macchina funzionale, potente e precisa, una macchina assemblata con lo scopo di essere efficiente – correre, uccidere, prendere la mira, combattere. E Damien ha un debole per la tecnica... Mettiamola così.
    Michael è forte e potrebbe sopraffarlo, se volesse. Potrebbe farlo smettere. Potrebbe davvero mandarlo ko, se lo desiderasse. Se lo desiderasse. Ma la verità è che è troppo sorpreso, troppo stordito - troppo confuso e intorpidito, - per dire di no. E quando le mani di Scott si fanno sentire, quando i suoi baci cominciano a invaderlo e a togliergli il respiro, Michael capisce di volerlo. Di volere tutto questo. Di desiderare, più di ogni altra cosa, di essere toccato e sopraffatto e messo con le spalle al muro. Non dice di no, non lo dirà mai. Non stasera. Dopotutto, è ubriaco. Dopotutto, può permetterselo. Dopotutto... È Damien. Non uno qualsiasi, anche perché Mike non riuscirebbe mai a lasciarsi andare con un estraneo. È Damien che lo cerca, che lo vuole, che lo assale... E lui ne ha bisogno. Soltanto adesso si rende conto di quanto lo ha voluto; di quanto ha desiderato che accadesse, nonostante non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso. Scott gli piace. Di Scott si fida ciecamente. Damien è la sua ombra, il suo pari, il suo migliore amico... Senza di lui, si sentirebbe incompleto, mutilato. Scott è la persona giusta, cazzo.
    Damien sente le mani di Michael salire a sfilargli la camicia, e si muove quanto basta per assecondarlo. Prende come un buon segno il fatto che l'altro si stia piano piano sciogliendo, e si lascia travolgere dall'eccitazione. Lo riconduce in fretta nella stanza da letto, sul primo dei due materassi che incontrano lungo il tragitto. Lo spinge indietro, gli sale sopra, continua a baciarlo e leccarlo e riempirlo di segni. Michael mugola piano, socchiudendo le palpebre; posa le mani sulle sue spalle, se lo attira più vicino ancora... E Damien sente un improvviso bisogno di guardarlo, di baciargli il collo e le labbra, di metterci persino un po' di tenerezza. Perché è vero, Scott è alterato e sta ragionando più con l'uccello che con il cervello, ma... Michael non è una sveltina qualsiasi. Non può scoparlo e basta. Non vuole che poi, la mattina dopo, rimpianga ciò che hanno fatto. Perciò, si prende un po' di tempo... Tempo per lui.
    «Mikey...» Lo chiama sospirando, tra un bacio e l'altro: quel diminutivo è la cosa più vicina ad un nomignolo affettuoso che Damien possa pronunciare. Michael passa una mano dietro la sua nuca e risponde con un gemito; i loro corpi aderirebbero del tutto, se non fosse per i pantaloni di entrambi: ma la stoffa non riesce ad alleviare la frizione, e anche attraverso di essa i due riescono a percepire la reciproca eccitazione. Damien sembra ricordarsene all'improvviso, e scende a slacciargli la cintura con una mano. Posa una fila di baci rapidi e affamati sulla sua gola, al centro del suo petto e lungo la linea alba, prima di sfilargli via il resto degli indumenti. Michael sussulta, non appena l'aria fresca della stanza gli accarezza la pelle nella parti più intime; si sente vagamente vulnerabile, ora che è il solo dei due ad essere completamente nudo, e la sensazione, sorprendentemente, gli piace. Non che abbia molto tempo di riflettere, ad ogni modo. Passa solo un istante prima che la mano di Damien scenda ad occuparsi di lui, accarezzando e pompando la sua erezione con la consapevolezza di sapere esattamente come dargli piacere; e Michael si ritrova a gemere sommessamente, tra le labbra dischiuse, mentre la sbronza gli arrossa la vista e gli fa male alla testa, gli infiamma la pelle.
    «Damien...» Il modo in cui l'altro mormora il suo nome è la cosa più eccitante che Scott abbia mai sentito. E, per Damien, avere Michael interamente nudo e disteso sotto di lui, a sua completa disposizione, è come essere davanti ad un fottuto buffet e non sapere da che parte iniziare. Obbligandosi a frenarsi, per tenere fede alla promessa che si è fatto poco prima, l'americano applica sul corpo dell'altro tutta l'esperienza che possiede in fatto di preliminari. Lo esplora, lo accarezza, stimola i suoi punti più sensibili fino a portarlo sul confine pericoloso tra piacere e dolore; e mette un trasporto decisamente inusuale nei baci, sorprendendosi per primo del proprio impeto. Fottere Michael gli sta piacendo molto più di quanto avesse mai potuto immaginare - e, per un attimo, ha come l'impressione che la cosa gli stia sfuggendo di mano. Ma è troppo coinvolto da ciò che sta facendo per curarsene davvero, troppo preso a premere baciare mordere afferrare stringere annusare assaggiare prendere; e, ogni volta che riesce a provocare una reazione nel corpo sotto di lui, Damien cerca di replicarla e spingersi oltre, scoprire come funzionano la testa e il cuore di Michael Stonebridge – i meccanismi del suo piacere.
    La loro reciproca vicinanza è solida e reale, calore corporeo e massa e peso e profumo naturale e respiro e battito cardiaco. E mani, che si vogliono e si reclamano. Con le mani, Michael lo cerca, lo scopre, e ricambia i suoi baci, gli slaccia la cintura e Scott si disfa in fretta dei propri pantaloni, ma addosso ha ancora i maledetti slip. Assapora ancora per un po' il gusto lontano del whisky nella bocca dell'inglese, premendo il proprio bacino contro il suo: e tutto il corpo di Mike si agita in uno spasmo, in risposta allo sfregamento.
Deciso a terminare ciò che l'alcol ha iniziato, Damien si allunga a cercare qualcosa in un cassetto ma non trova niente: dovrà arrangiarsi, ma non vuole fargli male. La sua mano torna quindi tra le gambe dell'amico, e un ginocchio le divarica quanto basta per permettergli di approfondire il tocco. Michael lo guarda, ha gli occhi appannati dalla sbornia e tutta una serie di piccoli segni rossi – sulle guance, sull'angolo della bocca, lungo la mandibola, sul mento, sul collo e sulle clavicole, sul petto, attorno ai capezzoli e sull'addome... Sono la firma che Damien gli ha marchiato addosso con intenzione, per dimostrargli una volta per tutte che lui è suo, solo suo. Dopo tanti anni di missione assieme, dopo tutte le volte in cui hanno rischiato di morire assieme e si sono salvati il culo a vicenda, Scott sente di avere tutto il diritto di reclamare Stonebridge come sua esclusiva proprietà.

    Sei mio. Per tutte le pallottole che abbiamo preso, per tutte quelle che ti ho estratto – per tutte quelle che mi hai estratto. Per le ferite di coltello e i cazzotti e per tutte quelle volte che abbiamo saltato senza sapere se, dove e come saremmo atterrati. Per tutti quei brevissimi istanti in cui ti ho perso di vista, dietro un angolo o in una nube di fumo o nel fragore di una granata, e mi sono sentito perso e ho urlato il tuo nome e sono corso a cercarti per coprirti le spalle. Per tutte quelle volte che abbiamo dovuto pisciare nella stessa bottiglia nel fottuto deserto e abbiamo dormito schiena contro schiena nei posti più angusti e sporchi e inospitali e disgustosi del mondo - e solo la tua presenza me li faceva sembrare più sopportabili, quei posti. Per quando abbiamo dovuto masticare quello schifoso integratore di potassio aromatizzato all'arancia perché non avevamo nient'altro per sopravvivere. Per tutte quelle volte in cui ho sentito la terra sparirmi da sotto i piedi e non riuscivo a dormire e tutto quello che desideravo eri tu – prenderti, abbracciarti, aprire il sacco pelo o sollevare la coperta e infilarmi lì sotto con te, perché la verità è che tu sei l'unica cosa al mondo che riesce davvero a farmi sentire tranquillo. Per tutte quelle volte che mi hai lanciato un caricatore in più per assicurarti che me la sarei cavata, e per tutte quelle volte in cui ti ho dato il mio C4 per non farti accerchiare. Per tutte quelle volte che abbiamo corso per salvarci a vicenda, e riso pensando che fosse arrivata la fine... Per quell'unica volta in cui ti ho visto vulnerabile, drogato e mezzo nudo e coperto di sangue dopo che quei bastardi di trafficanti di organi avevano cercato di farti a pezzi; e in quel momento, lo sai?, in quel momento, quando non mi hai riconosciuto subito e ho dovuto abbracciarti forte per tenerti in piedi e ti ho visto fragile, mi è crollato il mondo addosso e ho capito che senza di te io non sono niente. Sei sempre stato tu quello forte, quello davvero duro; io sono il coglione che sopravvive a tentativi, lo sai, lo hai visto bene quando sei venuto a scovarmi in Malesia, a Kuala Lumpur dove sopravvivevo combattendo per pochi soldi in luridi scantinati del cazzo. Sei tu quello forte, Mikey, anche quando sei a pezzi. E per questo, per quello che sei e per quello che siamo quando siamo insieme – per la persona che divento quando sono con te e che mi piace essere, - tu... Tu. Sei. Mio. E forse sto pensando queste cose perché ho bevuto troppo, ma sai...? Io ti voglio adesso e so che ti vorrò anche domani quando sarò lucido, così come ti ho voluto per un sacco di tempo in questi anni, senza mai trovare il coraggio di dirtelo... Tu sei mio, Mikey. Nessun altro può averti, perché tu sei solo mio.

    Damien chiude gli occhi, intreccia le proprie mani con quelle di Mike e le porta sul cuscino, continuando a baciarlo e a pensare troppo. È eccitato come mai si è sentito in vita sua, eppure anche un altro tipo di sensazione gli si addensa dentro, più profonda e stratificata. Ha un bisogno urgente di infilarsi dentro Mike, di premere fino in fondo il proprio corpo contro il suo, di sentirsi unito con lui nel modo più drastico e totale in cui possono unirsi due esseri umani. Ne ha bisogno. Ha un disperato, lancinante bisogno di Michael.
    È sempre stato così, dopotutto.

***

    Al risveglio c'è caldo. C'è il sole cocente e ostinato della mattina mediorientale che batte attraverso le persiane, e il calore intenso di due corpi vicini e allacciati. Ci sono profumi conosciuti mescolati all'aroma salato del sesso, all'essenza pungente di piante straniere portata dal vento, all'odore familiare e buono di Michael e all'impronta di tabacco e fumo di Damien; il tutto accompagnato da un lieve sottofondo di sudore e dal penetrante sentore di detersivo a buon mercato delle lenzuola.
    Ci sono anche un'emicrania spaventosa, la confusione e qualche istante di spaesamento, quando Damien apre gli occhi e si rende conto che la testa gli gira così forte, ma così forte, che il brutto disegno geometrico della carta da parati sembra tremolare.
    E poi c'è Michael. Un respiro vicino al suo, un lento alzarsi e abbassarsi dell'addome, un battito quieto e regolare. Damien si sveglia con un braccio di traverso sul suo petto liscio e solido, una mano adagiata sulla sua spalla e la testa posata sul cuscino accanto alla sua. L'americano soffoca uno sbadiglio, realizzando di avergli dormito addosso per tutto ciò che restava della notte. Un braccio di Michael, quello parzialmente intrappolato sotto il suo corpo, è piegato attorno alle sue spalle; e Scott percepisce chiaramente il peso e il tepore della mano di Stonebridge che riposa tra le sue scapole, come se l'inglese volesse tenerselo addosso e impedirgli di scappare fuori dal letto prima dell'alba. Scott sbatte le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco il profilo dell'uomo sdraiato nel suo stesso letto. Uomo che ancora dorme, pacifico e tranquillo, con un'espressione serena che Damien non gli ha visto in faccia per fin troppo tempo, e che invece gli sta stupendamente bene addosso.
    Si chiede se sia il caso di muoversi, Scott, oppure di lasciare che la pace si prolunghi ancora per un po'. Michael potrebbe non essere così tranquillo, quando si sveglierà, pensa l'americano. Anzi, a dire il vero è molto probabile che perderà la calma e andrà in crisi e dovranno discutere di quello che è successo, e--
    Già, ma che è successo? Scott ricorda solo frammenti; il resto, be'... Ci pensano gli odori e la posizione e i segni sul corpo di Michael, a dirglielo. Ci sono stati calore e forza e gemiti, e qualche livido nuovo, circolare, impresso dai polpastrelli. E poi... E poi l'espressione deliziosamente tesa di Mike, al culmine, in parte dolore e in parte piacere e in parte... Paura. Consapevolezza di non avere più il controllo. Di essere scoperto e sensibile, perso in un territorio senza coordinate, senza altro punto di riferimento all'infuori del ritmo dettato dall'uomo sopra di lui.
    Damien sorride sornionamente, al ricordo. E così, ci è riuscito. È riuscito a smontare l'armatura di pietra di Michael Stoneface. Ha! Ed è stata l'esperienza più eccitante e soddisfacente e piacevole della sua vita. Scott non avrebbe mai pensato di riuscire davvero a renderlo così vulnerabile, e disporre di lui e del suo corpo e del suo piacere con tanta facilità. Ma, superato il dolore iniziale, Michael si era lasciato prendere prigioniero senza opporre resistenza; e Damien aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per ricambiare la sua fiducia, per dimostrargli che poteva lasciarsi andare senza temere nulla. Erano venuti a pochi istanti l'uno dall'altro – il primo era stato Michael; e poi Damien non aveva resistito, sentendolo gemere forte e guardandolo così corrucciato e preso alla sprovvista, mentre si agitava e spasmava sotto e tutt'intorno a lui, stringendolo più forte dentro di sé fino a fargli vedere le stelline dietro agli occhi. Era stato fottutamente, fottutamente, fottutamente forte. Intenso.
    Cazzo.
    E così, hanno condiviso anche l'ultima cosa che restava. Damien ha avuto l'unica parte di Michael che ancora non aveva conosciuto: il suo piacere – il suo viso trasformato dall'orgasmo, il suo corpo muscoloso e asciutto attraversato dalle scariche, la sua voce che chiamava il suo nome in quel modo, così implorante, così urgente, così... Sporco, e perfetto.
    Damien sarebbe pronto a rifarlo anche subito. Trascorrere così tutti i venti giorni di riposo che hanno ricevuto dal comando. Restare chiuso dentro quella stanza del cazzo, restare su quel letto sfatto e scopare con Michael senza sosta, una botta dietro l'altra, farselo in tutte le posizioni senza pause, fino a non avere più la forza di reggersi in piedi – fino a morire di sete e di stenti e a venire così forte da farsi scoppiare il cervello, cazzo.
    Ma molto probabilmente, però, questa è stata la prima e l'ultima volta. Damien conosce Michael troppo bene per farsi illusioni. Quando si sveglierà, quando ricorderà e si renderà conto di ciò che hanno fatto... Perderà la testa. E dovranno trovare un modo di far quadrare le cose, un modo di razionalizzare quello che è successo... Forse, fingere che non sia mai accaduto.
    Meglio godersi ciò che resta, finché si può. La calma, la distesa stanchezza, la vicinanza e la serenità... Il profilo e la stretta assonnata di Michael, la condivisione intima e profonda che Damien ha sempre desiderato avere con lui senza mai riuscire a trovare il modo di esprimersi. Il sesso e l'affetto. Due cose che Damien Scott non ha mai sperimentato, nella sua vita, se non separatamente – e il primo sempre più spesso del secondo. Solo stanotte, per la prima volta, è riuscito ad averli entrambi... Una combinazione che può creare dipendenza. E ora, infatti, mentre si stiracchia restando quasi immobile, l'americano non sa se sarà in grado di rinunciarvi.
    Lo vuole. Soltanto adesso ne è pienamente consapevole.
Anche ora che l'effetto dell'alcol sta svanendo, Damien lo vuole. Michael, Mikey, il suo partner, il suo amico, la sua ombra, il suo appoggio, la sua forza. L'unica persona al mondo per cui morirebbe.
    Respira a fondo il suo profumo, Scott. Memorizza il ritmo del suo respiro e il colore della sua pelle nuda, si incide nella testa il disordine insolito dei suoi capelli cortissimi e il confortevole intreccio di gambe e di braccia in cui si sono stretti. Cerca di imprimersi nella mente questo momento di perfezione che da semplice desiderio astratto è finalmente riuscito a concretizzarsi; e sospira di rammarico pensando che, quando dovranno parlarne, tutto questo forse finirà.
    Peccato.


×~×~×

♪♫♯ Note

Il titolo di questa raccolta è tratto da una bella canzone di Jack Savoretti, intitolata "Back where I belong". Il verso intero recita così:
It`s only me and you / To tangle it takes two,
che tradotto significa:
Siamo solo io e te / Bisogna essere in due per intrecciarsi,
che è un concetto molto semplice, ma mi è piaciuto e l'ho trovato piuttosto calzante per questa coppia. A loro basta essere in due per cavarsela in ogni situazione: ed è principalmente questo il motivo per cui mi hanno colpito così tanto, quando – del tutto casualmente – ho cominciato a guardare la serie. L'altra canzone citata nel testo è invece "Man enough", dei Def Leppard, ed è la prima ragione per cui ho cominciato a scrivere questa fic.
  
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