A
Cinzia e Carolina, ancora <3
( e come regalo di compleanno a Cinzia anche se in anticipo :/ )
Vi voglio bene!
Fandom: Final
Fantasy XIII
Pairing:
Hope/Lightning
Personaggi:
Lightning Farron, Hope Estheim, Un po’ tutti, Rika ( nuovo
personaggio )
Tipologia: One
Shot ( 3469 parole )
Genere: Sentimentale,
Malinconico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà
di Square-Enix che
ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata
scritta a scopo di lucro
e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final
Fantasy XIII", appartengono solo a me.
1°
Argomento: Momenti della Giornata
1. Alba
The
Passing of Days
Capitolo
1
“I
won’t abandon you,
I won’t.”
L’estate era
finita lasciando il posto ad un
autunno piovoso.
Il
suo ventesimo compleanno passò e arrivò
l’inverno. Nessuna notizia.
Per
un po’ aveva continuato a chiamare Serah nella speranza che
sapesse qualcosa,
che Lightning l’avesse contattata. Niente. Non sapevano dove
si trovasse né se
stesse bene. Lei aveva deciso di non farsi trovare e la cosa le stava
riuscendo
magnificamente bene. Il ragazzo si ritrovò quasi ad odiarla.
Poteva accettare
che lei scappasse da lui, che volesse tagliarlo fuori dalla sua vita,
ma perché
mettere in mezzo anche sua sorella e Snow? Loro si meritavano di sapere
almeno
che fosse viva, ovunque si trovasse, non c’era alcun motivo
per farli
preoccupare in quel modo.
Poi,
semplicemente, smise di chiamare.
Non
accadde da un giorno all’altro, fu una cosa graduale, ma ad
un certo punto Hope
non li chiamò più. Dava la colpa al poco tempo a
disposizione, al troppo
studio, alle ricerche e al nuovo lavoro che lo teneva occupato fino a
tarda
notte. La realtà era che aveva paura, era un vigliacco. E se
avesse chiamato e
Serah gli avesse dato brutte notizie? O peggio, se Lightning non si
fosse
ancora fatta viva? Non avrebbe potuto sopportarlo, sarebbe finito con
l’odiarla
ancora di più e dopotutto era certo che se le fosse successo
qualcosa la stessa
Serah l’avrebbe avvertito immediatamente. Forse anche lei
aveva capito che era
meglio andare avanti nonostante tutto.
E
così, senza che se ne accorgesse, erano passati altri due
anni.
Hope
sospirò al suo riflesso nel vetro della finestra.
Sull’orizzonte il sole stava
tramontando dietro ad alcune nuvole scure tingendo il cielo di un cupo
color
arancio. Per l’ennesima volta avrebbe passato la notte in
quella stanza chino
sul suo computer e sui suoi appunti. Erano quattro giorni che non
rientrava a
casa e l’ultima volta era stata solo per un paio
d’ore, giusto il tempo per una
doccia e farsi rimproverare dal padre del fatto che non si facesse
più vedere.
Forse poteva prendere in considerazione l’idea di stabilirsi
definitivamente in
quell’ufficio.
Si
voltò e guardò la sua scrivania che nonostante
tutto riusciva a mantenere
discretamente ordinata.
Non
aveva affatto voglia di rimettersi al lavoro ma, dopotutto, non aveva
nessun
altro posto dove andare o qualcos’altro da fare.
Un
lieve bussare interruppe i suoi pensieri. La porta si aprì
ed entrò una ragazza
dai biondi capelli corti, una cartelletta fra le braccia. Gli sorrise
facendo
un cenno del capo.
- Hai intenzione
di startene qui anche
stanotte? -
Il
ragazzo alzò le spalle. - Sono i dati che aspettavamo? -
Lei
inclinò il capo da un lato. - Rispondi alle domande con
altre domande? -
Hope
restò in silenzio per un momento. - A volte…
allora, sono i dati? -
La
ragazza guardò la cartellina. - No, mi spiace sono solo
alcuni miei appunti. I
risultati che aspettiamo arriveranno solo domattina. Sicuro di non
voler
tornare a casa? Dovresti riposare. -
- Non importa. -
Lei
lo accompagnò con lo sguardo mentre andava a sedersi alla
scrivania. Seguì un
breve momento di silenzio.
- Estheim, serve
che rimanga anche io? -
chiese infine la ragazza titubante mentre afferrava alcuni fogli dal
tavolo e
li confrontava con i suoi. Hope scosse la testa senza guardarla.
- No Alyssa, va
pure a riposarti, grazie. -
La
giovane annuì finendo di scrivere qualcosa su un foglio, poi
si concesse un
momento per guardarlo prima di uscire dall’ufficio in
silenzio. Un po’ le
dispiaceva lasciarlo completamente da solo, ma sapeva che si sarebbe
beccata
una sfuriata se fosse rimasta a non far niente.
Passarono
le ore ed Hope non si accorse dell’arrivo della notte
né dei suoi colleghi che
via a via se n’erano andati lasciandolo solo. Si sentiva
stanco mentre digitava
al computer dati su dati che dopo un po’ perdevano quasi di
significato ed era
quasi tentato di andarsene davvero a casa quando un sussurro lontano
gli arrivò
alle orecchie.
Si
voltò preso alla sprovvista ed ebbe quasi un mancamento
quando la vide.
Se
ne stava immobile a pochi passi da lui, lo sguardo distante,
inespressiva. Hope
la fissò incredulo.
Quando
era arrivata?
Deglutì,
la gola improvvisamente secca, avrebbe voluto chiamarla ma era
paralizzato.
Lei
lo osservò per un tempo interminabile poi, senza dire una
parola, si voltò
allontanandosi lentamente. Hope voleva gridare, voleva dirle di
fermarsi ma una
forza invisibile continuava a tenerlo inchiodato a quella scrivania,
muto.
Improvvisamente riuscì a liberarsi, si alzò e
corse verso di lei, ma era già
lontana e sembrava irraggiungibile.
Allungò
una mano per cercare di afferrarla.
Il
beep della segreteria lo svegliò di colpo. Tirò
su la testa e si guardò attorno
stranito, il sole faceva di nuovo capolino oltre l’orizzonte.
Cos’era successo?
Un
sogno, certo, non poteva essere altrimenti.
Sospirò
e, mentre si passava una mano sugli occhi stanchi, spinse il tasto per
ascoltare il messaggio.
Non
avrebbe mai immaginato che proprio quello potesse essere il giorno in
cui il
passato tornava a bussare alla sua porta.
*~*~*~*~*
Essere nuovamente in quel
luogo lo rendeva
nervoso.
Da
quando era arrivato non aveva fatto altro che starsene seduto in un
angolo a
guardare freneticamente fuori dalla finestra, in attesa. Si sentiva
quasi
paranoico ma non poteva fare a meno di pensare a lei. Ancora pochi
minuti e
l’avrebbe rivista.
“Hope,
sono io. Non è facile per me
perciò sarò breve e diretta. E’ tornata
a casa.”
Serah
gli era sembrata quasi turbata in quel messaggio telefonico, forse era
dato dal
fatto che l’ultima chiamata risaliva a molti mesi prima.
Effettivamente si
trovava al centro tra due fuochi.
“Ho
organizzato una festa di
bentornato. Capisco che sarà difficile ma sarebbe davvero
importante se tu
venissi. So che vuoi vederla e… sono sicura che anche lei
voglia incontrarti.
Per favore pensaci bene e vieni.”
Quando
era arrivato e lei gli aveva aperto la porta era quasi scoppiata a
piangere.
Aveva sorriso attraverso occhi lucidi e poi lo aveva abbracciato
ringraziandolo
per essersi presentato. E lui si era sentito tremendamente in colpa
mentre
rispondeva all’abbraccio. Nonostante tutto Serah era una
parte importante della
sua vita, lei e Snow erano la sua famiglia. Si era arrabbiato con
Lightning per
essere sparita e poi lui si era comportato allo stesso modo. Ma
all’epoca
vederli, gli procurava solo rancore e tristezza e loro
l’avevano capito. Quietamente,
l’avevano lasciato solo nelle sue decisioni perché
sapevano che insistere
avrebbe peggiorato le cose.
E
forse avevano avuto ragione, forse adesso poteva lasciarsi tutto alle
spalle e
andare avanti. Tutto dipendeva da Lightning.
- Tieni, ti ho
portato qualcosa da bere. -
Il
ragazzo spostò lo sguardo dalla finestra che dava sulla
spiaggia di Nuova
Bodhum alla ragazza che si stava sedendo al suo fianco.
Afferrò il bicchiere ma
non bevve il contenuto, si sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
- Va tutto bene? -
Hope
la guardò annuendo appena. - Non proprio. -
Lei
inclinò la testa, i lunghi capelli scuri si mossero sulle
sue spalle. - Sei
sicuro che sia stata una buona idea far venire anche me? Forse sarebbe
stato
meglio rimanessi a casa, dopotutto non faccio parte del vostro gruppo
e… -
Lui
sorrise appena. - Non ce l’avrei fatta da solo, ho bisogno
del tuo sostegno
Rika. -
La
ragazza rispose al sorriso annuendo. - Va bene. -
Hope
spostò lo sguardo sui presenti, la casa di Snow e Serah
sembrava più piccola di
come la ricordasse ma forse dipendeva dalla presenza di quasi tutto il
gruppo
al completo. Non si sarebbe mai abituato all’assenza di Fang
e Vanille,
nonostante fossero ormai passati così tanti anni sentiva
molto la loro
mancanza. Ma sapeva anche che, in qualche modo, loro erano
lì presenti.
Sazh
non sembrava particolarmente invecchiato ma con Dajh al suo fianco si
capiva
quanto tempo fosse passato. Adesso aveva all’incirca la sua
età di allora e,
guardandolo, provò un sentimento nostalgico.
Snow
era rimasto praticamente lo stesso, nemmeno la paternità lo
aveva cambiato.
Notò poi la piccola Claire che giocava allegra sulle
ginocchia del padre,
sempre più simile alla zia da cui aveva ereditato il nome.
C’erano tutti, anche
i componenti del NORA e sorrise guardandoli, per un istante si
sentì felice di
aver partecipato.
Poi
qualcuno urlò che la festeggiata stava arrivando e allora
ogni suo buon
proposito di restarsene calmo e tranquillo andò
giù per la finestra. Abbassò lo
sguardo sulle proprie mani intrecciate mentre sentiva che il cuore
accellerava
i battiti.
Era
cambiata?
Come
avrebbe reagito nel vederlo?
Sentì
appena la mano di Rika posarsi sulle sue, incoraggiante, mentre nello
stesso
istante Serah apriva la porta e assieme al gruppo annunciava la
sorpresa alla
sorella. Seguì un breve attimo di silenzio durante il quale
Hope rimase
immobile, pietrificato. Poi sentì la sua voce.
Era
come la ricordava, leggermente sospirata e con un tono vagamente
sorpreso.
Non
riuscì più a trattenersi e, finalmente,
alzò lo sguardo nella sua direzione.
Doveva vederla, doveva assicurarsi che fosse davvero lì.
Proprio in quel
momento anche lei volgeva gli occhi percorrendo la stanza e tutti i
presenti.
Il loro azzurro si fermò su di lui, indugiando sui suoi
occhi un po’ troppo a
lungo. Il tempo sembrò fermarsi, nella stanza non
c’era più nessuno insieme a
loro. Hope non seppe definire i sentimenti che provava, nostalgia,
gioia… forse
non provava più niente. Gli sembrava soltanto di aver
finalmente ritrovato
qualcosa che aveva perduto e che aveva a lungo cercato. Non riusciva a
scorgere
niente dentro gli occhi azzurri di lei, cosa stava provando?
Lo
odiava?
Si
sentiva come lui?
Ma
prima che lui potesse anche solo dare forma a questi pensieri il
momento finì e
lei si tirò indietro, sottraendosi dal suo sguardo.
Lightning non aveva mai
amato le feste ma
soprattutto odiava le sorprese.
E
questo sua sorella lo sapeva fin troppo bene, non poteva certo
esserselo
dimenticato, eppure eccola lì ad una festa di bentornato
organizzata alle sue
spalle. Era appena rientrata a casa, avrebbe solo voluto starsene
tranquilla
per qualche giorno. Ma la cosa che più odiava di tutta
quella situazione,
escludendo lo stare a stretto contatto con Snow e compagnia, era che
Serah
aveva permesso che partecipasse proprio la persona che non aveva
affatto voglia
di incontrare, non subito. Non con tutta quella gente che la osservava
e
studiava ogni sua mossa.
Era
già abbastanza difficile per lei riuscire a gestire delle
relazioni sociali, se
poi tutti si mettevano a giudicarla e a dirle cosa secondo loro sarebbe
meglio
fare - come se potessero anche solo capire quello che aveva passato e
che
passava tutt’ora - la situazione non poteva certo migliorare.
Non era certo
così che aveva immaginato il suo rientro a casa.
- Credi che
riuscirai a rivolgergli la parola
entro la fine della giornata? -
- Non sono affari
tuoi Snow, lasciami in
pace. -
L’uomo
si sistemò sulla poltrona accanto a lei stiracchiandosi.
- Sai, questa
è casa mia perciò sì, sono
anche affari miei. -
Lightning
decise d’ignorarlo sperando che se ne andasse.
- Non essere
così arrabbiata, se Serah l’ha
chiamato è stato non solo per te o per lui. Ma anche per
noi. - continuò
abbassando la voce. - Sai, da quando sei andata via non si è
fatto vedere molto
da queste parti. Era parecchio che non lo vedevamo. -
Lei
si voltò a guardarlo stupita da
quell’atteggiamento diretto.
Stava
forse dicendo che era colpa sua?
- Sì,
credo sia stato a causa tua. - disse
lui rispondendo ai suoi pensieri. - E’ come se ci avessi
privato non solo della
tua presenza ma anche della sua, la nostra famiglia è
rimasta separata per
questo. Non voglio che succeda più. -
La
donna alzò le spalle. - Forse aveva altro da fare. - disse
volgendo veloce uno
sguardo al ragazzo seduto dall’altra parte della stanza.
Snow
la seguì con gli occhi e vide Hope intendo a chiacchierare
con la ragazza dai
capelli scuri.
- Si, la persona
che vedi è Rika la sua
ragazza. E’ quasi un anno che si frequentano.
Perciò no, non è stata colpa di quella
ragazza… -
Lightning
ebbe un fremito ma riuscì a reprimere l’improvviso
sentimento di sconforto che
le era piombato addosso. Non poteva certo dire di essere sorpresa, era
una cosa
a cui si era preparata.
- Sis, lui ci sta
provando. E’ venuto qui
oggi… il prossimo passo sta a te. -
L’uomo
si alzò compiaciuto del suo discorso. - Oppure vuoi evitarlo
per sempre? Io non
credo, giusto? -
Si
voltò per lanciarle un’ultima occhiata. Un lieve
rossore le colorava il viso e
quella fu la prova di aver centrato il bersaglio. Ogni tanto riusciva
anche lui
ad essere un bravo fratello maggiore.
Era passata
un’altra ora e non si erano
rivolti nemmeno una parola.
Se
ne stavano distanti e non facevano altro che cercarsi con lo sguardo
per poi
voltarsi dalla parte opposta non appena i loro occhi
s’incontravano o si
accorgevano che qualcuno li stava osservando. Serah iniziava a non
sopportare
più quella tensione, sapeva che era meglio non
intromettersi, sua sorella era
già abbastanza arrabbiata con lei, eppure non poteva proprio
lasciare che le
cose rimanessero così. Doveva fare qualcosa, assolutamente.
Così,
mentre accarezzava la guancia della figlia addormentata nella sua
stanza, le
venne l’idea. Forse dopo le avrebbero fatto una sfuriata ma
non importava,
quella situazione andava sistemata. In qualche modo sarebbe riuscita a
farli
parlare.
Uscì
dalla camera e si preparò mentalmente ad attuare la sua
idea. Arrivò nel salone
e si accorse che quasi tutti si erano spostati all’esterno,
sulla spiaggia.
Snow era sulla porta che la stava aspettando.
- Dorme? - chiese
riferito ovviamente alla
bambina.
Serah
prese un bel respiro e parlò sottovoce. - Reggimi il gioco,
ok? -
Dopodiché
fece qualche passo avanti, gli occhi improvvisamente impauriti.
- Claire!?
Qualcuno ha visto Claire? -
Snow
la fissò sconvolto ma non disse una parola mentre Lebreau si
avvicinava
all’amica chiedendole cosa stesse succedendo.
- Non è
più nella sua stanza, credo sia
scappata di nuovo. -
A
queste parole Lightning accorse veloce dalla sorella. - Sei sicura che
non sia
in casa? -
A
Serah fece male il cuore a vederla così inquieta,
improvvisamente era tornata
ad essere un soldato. - Si. Ogni tanto si allontana, non è
la prima volta che
succede. -
Hope,
che stava passeggiando non lontano con Rika, udì le urla
della ragazza e corse
da loro preoccupato capendo immediatamente la situazione.
- Sai dove
può essere andata? - chiese ancora
Lightning già pronta a partire.
- Forse lo so io.
- intervenne Hope. Erano le
prime parole che le rivolgeva e le aveva dette senza pensare. -
Seguimi. -
Si
voltò in fretta e, senza nemmeno assicurarsi che lei gli
fosse dietro, si
allontanò dal gruppo. Lightning non rispose, ma lo
seguì. Era troppo
preoccupata per la bambina per pensare anche a lui.
Quando
si furono allontanati tutti i presenti rimasti si voltarono verso la
ragazza
che, nel frattempo, aveva iniziato a sorridere.
- Scusatemi, ma
gli serviva una spinta e non
mi è venuto in mente altro. -
Snow
le diede una pacca sulla testa. - Non farmi mai più
preoccupare in questa
maniera. - poi si voltò entrando in casa, probabilmente ad
assicurarsi che la
figlia fosse davvero nel suo letto.
- Sei tremenda
Serah, non oso immaginare come
reagiranno quando lo scopriranno. -
Lebreau
aveva ragione, gliel’avrebbero fatta pagare.
Ma nel frattempo dovevano prima vedersela fra di loro.
*~*~*~*~*
Stavano camminando da
ormai parecchi minuti,
in silenzio.
Nessuno
dei due osava parlare, continuavano a vagare nei dintorni della
cittadina. Poi,
inaspettatamente fu lei la prima a parlare.
- Dove stiamo
andando? -
Hope
si sorprese quando sentì la sua voce dopo tanto silenzio.
Non era cambiata.
- Claire ha la
brutta abitudine di andarsene
in giro per i promontori di Nuova Bodhum. Forse è qui
intorno. -
Calò
nuovamente il silenzio. Il tempo sembrava dilatarsi e i secondi non
passare
mai.
Lightning
aveva notato che, sebbene sembrasse gentile, nel tono della voce del
ragazzo
c’era anche qualcos’altro. Astio forse.
Non
poteva certo biasimarlo, non si era comportata bene con lui e non gli
aveva
detto tutta la verità.
Giunsero
in cima ad una collina e, guardando il paesaggio, Lightning si rese
conto di
dove si trovassero. Anni prima era scappata a nascondersi proprio
lì, il giorno
del suo compleanno. Ripensò
con
nostalgia a quel giorno, a quando lui le aveva fatto
quell’improvvisata
cercandola, chiedendosi se le cose si sarebbero mai sistemate fra loro.
Era
colpa sua, lo sapeva, eppure non sapeva proprio come porvi rimedio.
Dopo
diversi minuti Hope si sedette sul prato, proprio vicino allo
strapiombo, in
silenzio.
-
Perché ti sei seduto? Dobbiamo cercare
Claire, lo hai dimenticato? -
Non
voleva essere così scontrosa ma era difficile cancellare i
vecchi
atteggiamenti.
- Claire sta
benissimo, starà dormendo beata
nel suo letto. -
Lightning
sgranò gli occhi e Hope, notando il suo silenzio,
proseguì.
- Non ti sembra
strano che Serah abbia
mandato solo noi a cercarla? Credimi, quando quella bambina scappa tua
sorella
inizia a cercarla ovunque, non starebbe mai così tranquilla.
-
- Ma
perché allora mettere su quella scenata?
-
Il
ragazzo la guardò. - Per costringerci a parlare, mi pare
ovvio. -
La
donna si diede della stupida, come poteva non aver capito niente?
Sospirò.
- Ha esagerato. -
- Forse, ma sta
funzionando. Finalmente ti
sei decisa a parlarmi. -
Lei
si sentì punta sul vivo. - Guarda che anche tu mi stavi
evitando. -
- Puoi biasimarmi?
-
No,
non poteva. E lui lo sapeva, aveva tutte le ragioni per essere
arrabbiato con
lei. La donna si sedette al suo fianco, né troppo lontana e
né troppo vicina. La giusta
distanza per due persone che non
hanno niente da dirsi pensò Hope.
- Cosa vuoi che ti
dica? - disse lei
all’improvviso, lo sguardo fisso ad osservare la piccola
città illuminata
sottostante.
Hope
la guardò, questa volta senza nascondersi o voltarsi
altrove. - Voglio sapere
perché. Mi va bene anche una bugia, una qualsiasi. Non te lo
chiederò più. -
Lightning
sospirò. - Lo sai il perché, te l’ho
già detto. Dovevi imparare ad andare
avanti anche senza di me. Ti stavo trattenendo e questo non andava
bene. -
Per
la prima volta, Hope riuscì quasi a capire quel che lei
stava dicendo, quello
che, malamente, aveva cercato di spiegargli anni prima quando se
n’era andata. Pensò
che forse anche lei aveva sofferto da quella separazione, forse anche
più di
lui.
- E
l’hai fatto. -
Il
ragazzo scosse la testa senza capire. - Parlo della tua ragazza. -
insistette
la donna.
- Lei è
solo… - disse
subito guardandola senza riuscire a
finire la frase.
Cosa
stava per dire? Lei è solo un inganno, una bugia che si
raccontava per
sforzarsi e far pensare che fosse andato avanti.
Lei
è solo un ripiego.
Lei
non è te…
Improvvisamente
tornò in superficie una rabbia che aveva cercato di
sopprimere.
Lei
gli
aveva detto di andare avanti, lei
gli
aveva detto di trovarsi una ragazza.
Era
stata lei ad andarsene non appena lui aveva manifestato i suoi
sentimenti. E
ora cosa voleva dire quel tono?
- E’
andato tutto come volevi, no? Anche non
dare più tue notizie per tre anni faceva parte del piano? -
Lightning
si accorse del cambio di tono nella voce del ragazzo. Di cosa stava
parlando?
- Tre anni
Lightning, tre anni! Senza sapere
se fossi viva, hai idea di come ci siamo sentiti tutti? Hai idea di
quanto
potessi essere preoccupato? -
L’accusa
le arrivò implacabile come uno schiaffo.
- Avevi promesso
che non mi avresti mai
abbandonato. Lo avevi promesso! -
Lightning
si sentì quasi mancare, era preparata a tutto ma non a
quello.
Era
vero, lo aveva promesso e invece se n’era andata. Il senso di
colpa la
schiacciò.
- Dimmi,
perché sei tornata? Perché proprio
adesso? -
Il
tono accusatorio del ragazzo non la lasciava quasi respirare, si
sentiva
confusa e atterrita dallo sguardo freddo che le lanciava.
- Mi hanno
obbligata a prendermi una licenza.
- rispose senza pensare.
Obbligata.
Non
era stata una gran risposta.
Hope
continuava a guardarla infuriato, poi nei suoi occhi passò
un lampo di
lucidità. Sembrò capire qualcosa e i suoi occhi
divennero improvvisamente
tristi, spenti.
- Tu non volevi
tornare. - disse, e questa
era un’altra accusa scaturita da un’improvvisa
comprensione. - Non saresti mai
tornata, non è vero? -
Ma
Lightning non aveva la forza di rispondere, oramai era chiaro che,
qualsiasi
possibilità ci fosse mai stata per chiarirsi, era svanita.
Di
fronte al suo silenzio Hope si sentì svuotato.
- Non hai idea di
quanto tu mi abbia deluso.
-
Si
alzò e si allontanò senza dire più una
parola mentre all’orizzonte faceva
capolino la debole luce del sole.
Note
Autrice: Eccoci qua.
Infine il sequel è giunto! Dunque che dirvi, ci
ho riflettuto tanto ( fin troppo ) e alla fine anche qui ho cambiato
mille
volte idea. Ovviamente era partito tutto in altra maniera, ma come al
solito
non mi tornava qualcosa così pensa e ripensa, alla fine
è uscita così. Al
contrario della precedente questa è una vera e propria long,
perciò i capitoli
vanno letti a capitoli e non a One Shot singole. Dire che tengo a
questa fic è
dire davvero poco, ci sto mettendo davvero tanto impegno a scriverla (
mah
vabbè ) ci sono dietro da quando ho finito l’altra
in realtà solo che sono una
polla e ho preferito aspettare prima di pubblicare che fosse almeno
quasi
finita ( sono a quota 4 capitoli e mezzo quindi ci sono quasi ) E
niente, spero
vi sia piaciuta, e che mi seguirete di nuovo.
Se aveste tempo da sprecare a lasciarmi una recensione vi lovverei
tantissimo,
ho davvero bisogno di sapere se sto pubblicando una schifezza oppure
no. Detto
ciò vi lascio, grazie ancora per essere arrivati fino a qui.
A presto!
Selhin <3