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Autore: Billy_Bones    02/09/2016    1 recensioni
Sussulta. Sudore. Stringe l’amaca sudicia in un pugno.
Il pallido albeggiare dall’osteriggio gli dice che è passata un’ora.
Si asciuga il viso con il palmo della mano.
Gli strilli dei gabbiani gli perforano i timpani: Nassau è vicina.
Come sempre, nei sogni i più piccoli dettagli di casa Hamilton sono al loro posto.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Billy Bones, James Flint, Thomas Hamilton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Ma incaponirsi in un lutto ostinato è atteggiamento d’empia testardaggine, 
un non virile modo di soffrire, un segnale di volontà restia a sottostare ai voleri del cielo.
 Perché dovremmo consumarci il cuore in tanta pervicace ostinazione
per cosa che sappiamo che è così, e che è così per tutti, come ogni altra sensibile esperienza?
Diamine!
Questa è colpa contro il cielo, contro chi è morto, contro la natura, ma soprattutto contro la ragione,
cui la morte dei padri è tema usuale, e che sempre nel tempo ha proclamato, dal primo morto all’ultimo di oggi:
“Così dev’essere, e così sia!”.

 
 
Alle cinque il porto è affollato di marinai tanto quanto di gabbiani. Le pedane di legno marcio si piegano sotto la pioggia di passi affrettati e si rischiarano con la freschezza del sole basso e opaco sui pescherecci, come se la luce bianca le lavasse dai rifiuti e dallo sterco.

Gli passano tutti davanti senza vederlo. Di fronte a lui, un giovane robusto chino su assi di legno batte chiodo e martello per farne una cassa. L’alba può far poco per rischiarire quella pelle scottata dai raggi del sole di mezzogiorno.

“E’ lui.”

Silver tiene le braccia conserte. Lui piega il viso e alza un sopracciglio, come a chiedergli conferma. Silver lo fissa dritto negli occhi.

“E’ lui quello che ti ucciderà.”

“E allora perché non vai tu a finirlo?” Tira fuori un pugnale dalla cintura e glielo porge. Il giovane intanto ha finito di montare la cassa e ci sta riponendo scorte di Rum. Mi ucciderà. Non ha ancora alzato gli occhi nemmeno una volta, né sul porto, né sul mare, né sull’alba. Silver sghignazza e i suoi ricci sghignazzano con lui. Rimane a braccia conserte.

“Prima di tutto, non sei il mio Capitano. Secondo, la tua ciurma non reagirebbe bene se gli dicessi che non sei riuscito ad ammazzare un ragazzino. Coraggio, ti ho visto fare di peggio.”

“Tu non hai visto niente.” Borbotta lui, ma rimette il pugnale nella cintura. Gli informatori di Silver non possono essersi sbagliati. Mi ucciderà.

Hai detto che vorrà prendere il mio posto. Che vorrà prendere il mio nome. Il mio nome.

Fa un passo avanti sulla pedana, e taglia la strada ad una signora con il volto coperto dal cappello; le loro spalle si urtano e lui le evita una goffa caduta. Lei squittisce, si volta, e gli sorride con gli occhi.  

“Ci vediamo dopo, James.” Gli fa una carezza alla guancia, e cammina via.

In quella finestra di cinque secondi, il giovane si è alzato e ora un ufficiale gli sta parlando. Il giovane è di spalle; l’ufficiale ha due baffi neri pettinati sopra la fessura stretta della bocca. I muscoli sulla sua faccia sono tutti tesi e ogni tanto qualcosa trema. Gli è chiaro che vorrebbe sfuggire da quella conversazione. Il giovane cambia peso da un piede all’altro. Il suo stivale destro ha uno squarcio verticale che gli arriva fino al tallone nudo. Hai detto che mi ucciderà.

“Mi scusi, signore, ma di che cosa le dispiace?” Sente dire dal ragazzo. La voce gli è familiare. Una nuvola spalmata all’orizzonte lancia ombra sulla pedana. Gli sembra che sia appena scattata una leva; una nave è appena salpata, la leggerezza del mattino ha ceduto a una tempesta in arrivo. Infatti la campana di una chiesa suona sei rintocchi. Il giovane è ammutolito. Lui è pietrificato.

Torna indietro; stavolta si avvicina a Silver per assicurarsi che solo lui possa sentirlo.

“Non posso farlo adesso… non sono un mostro.”

“Giuro che- quando non vuoi fare qualcosa, l’universo si muove per fabbricarti la giustificazione perfetta per non fare quella cosa.” Silver gesticola tra le loro facce per sottolineare il suo sarcasmo. ‘Fare qualcosa’ diventano due mani parallele con le dita dritte e attaccate le une alle altre; l’universo che si muove sembra una sfera di creta che Silver modella con il calore dei polpastrelli.

“La tua retorica sta perdendo colpi.”

Silver sembra offeso. Si pulisce la giacca buttando briciole invisibili giù dalla pedana.

 
“Sono la tua coscienza. Non ho bisogno della retorica.”
 

 
 /


Il mare li culla nella nave come una madre nevrotica. Sente oggetti rovesciarsi ovunque, ma quando illumina il pavimento per osservare i danni, non trova nulla. L’acqua crea bollicine tra i listoni di legno quando ci metti il piede sopra. Fiamme tremolanti a far luce. Tamburi. Fiamme che si agitano spasmodiche.

Sale sul ponte. Nemmeno Silver è rimasto sveglio per tenerlo d’occhio. Stavolta non verrà interrotto.
Hai detto che mi ucciderà.

Billy lo sta aspettando, appoggiato al boccaporto. Non sa che lo stai per fare. Sta aspettando qualcosa, guarda lontano dove la schiuma dei cavalloni non può raggiungerli e la luce dei fulmini è troppo lontana per illuminargli la faccia. I suoi vestiti sono zuppi. Il suo stivale destro ha uno squarcio verticale fino al tallone.

La turbolenza sul ponte è più forte. Lui si deve appendere al cordame. Billy sembra non sentire gli scossoni. E’ un tutt’uno con la nave, con il suo rullio, con il libro angoscioso che si chiude con la sua morte.

“Se non dormi, non avrai la forza di dare gli ordini agli uomini, al mattino.” Un lampo trasforma la notte in giorno per un istante. La schiena di Billy è uno scoglio nero nel folgore.

“Non saprei, tu te la cavi benissimo."

 Il tuono non si sente se non diversi secondi dopo, quando Billy si volta verso di lui. Il suo corpo è roccia. Volto pietra. Occhi acqua. James deve alzare un braccio per ripararsi dall’onda che scavalca il ponte e si abbatte ai suoi piedi, e l’acqua gli scende dal collo alle ginocchia e lo spoglia così. Billy sorride.

“Non è la tempesta ad angustiarmi. Ma i suoi lamenti.” Stringe la fiancata. “Il pensiero che da un momento all’altro il pavimento potrebbe crollarci da sotto i piedi, e tutto questo verrebbe inghiottito da una creatura che ha sempre fame.”

“Fortuna che non dici mai quello che pensi, Billy. Faresti scappare metà della ciurma sulle scialuppe verso casa.”

“Io sono già a casa.” Ai suoi occhi, nessun assassinio potrebbe celarsi. Gli passa un braccio attorno alle spalle. Billy deve piegare le ginocchia per permetterglielo.

“Anch’io.”

La carne è tenera come un cuscino, e l’impugnatura del coltello vi riposa come una nuca assonnata. La roccia si è aperta in due davanti a colui che l’ha creata. Billy si appoggia sia al boccaporto sia a Flint. La nave trema.

“Capitano…” Dalle dita sgorga un fiume scuro.

“Non c’era alternativa.” Anche le sue gambe, tremano. “Mi avresti ucciso.” Lo stivale scucito si impregna di sangue. Dai listoni di legno escono bollicine rosse. Per la prima volta Flint sente la paranoia nella sua voce come una signora che lui non conosce. Non ti avrebbe fatto niente. Guarda cosa hai fatto.

“Non è come pensi.” Gli occhi liquidi contengono un’urgenza che Flint non capisce. Cosa ho fatto.

“Capitano.” Billy solleva una mano insanguinata. Una mano che ha ficcato sotto la camicia di Flint. Cosa ho fatto.

Ora è Billy a tenerlo in piedi. Flint prende fiato a piccole dosi. Il suo petto sussulta. E’ l’età. E’ così che dev’essersene andato.  

“Non ti preoccupare. Sei a casa.” La sua schiena si appoggia alla gamba piegata di Billy. Gli tiene la testa sollevata come ad un neonato.

“Piangerai per me?”

La sua vista si oscura.

“Sei a casa.”

Sì, ma piangerai?
 

/


La testa gli penzola fuori dall’amaca, la fronte puntata contro il pavimento di betulla.
Uno stiramento del collo lo sveglia; spasmo, equilibrio.
I flutti sono là fuori che schiaffano e salutano e danno il buongiorno.
Inspira.

Sente la testa piena di sangue. Gli occhi fissano tutt’attorno quella realtà materiale che stava cominciando a mancargli; la candela, il quadro appeso al muro, l’uomo vitruviano spalmato sulla sua pancia. Flint solleva il De Architectura. La camicia è intatta, eppure la nausea brucia alla bocca dello stomaco. Ora sa per certo che sensazione si provi ad essere pugnalati.
La sua attenzione ritorna al libro.

La carta è sottile tra i polpastrelli, ingiallita, consunta. Mille dita hanno sfogliato quei triangoli di carta, ora impregnati di sale.

Niente più opus caementium prima di dormire, James, gli sussurra Thomas nell’orecchio.

Il regalo per il suo dodicesimo compleanno.

Una figura di carpentiere umile con larghe spalle e un sorriso povero gli appare nella memoria dopo molto tempo. Morto lontano da casa. I polmoni gli si riempiono di calce, di angoscia, e poi una felicità e una nostalgia immense.

Si prende la testa fra le mani. L’amaca trema e oscilla. Un rantolo animale gli riempie la gola. Un uomo che piange solo, in mare.
E un uomo che muore solo, in mare.


Il sole sorge sulla linea azzurra dell’orizzonte. James scarica scatole di rum dalla nave al porto. Un ufficiale col cappello gli si avvicina.

Il giovane McGraw?

Sì, signore, è con me che parla. James, signore. Lei chi è?

Il Capitano della Little Fortune, giovanotto.

Ah, ben tornato, Capitano. Suppongo che il viaggio di ritorno sia stato liscio come il mare, oggidì?

Giovanotto… James.

Capitano?

James, mi dispiace, figliolo.

Mi scusi, signore, ma di che cosa le dispiace?

James… tuo padre è morto. Si è ammalato il giorno dopo che siamo salpati. Questi sono gli averi che portava con sé. Credo che questo doveva essere un regalo per te. Il tuo compleanno è vicino, James?








Note:
1. La citazione iniziale proviene dall’Amleto, il discorso che Re Claudio fa ad Amleto in cui spiega che ogni uomo ad un certo punto nella vita perde il proprio padre; e piangere eccessivamente è segno di stoltezza. In questo caso, invece, il pianto finale di Flint è il suo unico pianto per il padre.
2. Non sono sicura questo capitolo sia riuscito bene nell’intento, dato che esso stesso era piuttosto confusionario (LOL). Il punto è che:
- all’inizio del sogno, Flint vede se stesso da giovane. Sente di essere un pericolo per se stesso (sensi di colpa docet) e quindi di doversi uccidere, ma non ha cuore perché gli hanno appena dato notizia che il padre è morto.
- Nella seconda parte del sogno, identifica Billy con il se stesso giovane. Quindi, quando va per ucciderlo, non fa altro che pugnalarsi da solo, perché il vero pericolo per se stesso è sempre stato lui, la sua paranoia, e nessun altro. Questo gli dà l’occasione di morire, come padre di se stesso, nelle braccia di se stesso, cioè Billy. CONTORTO, LO SO.
- Questo evento forte e spaventoso lo fa destare, e lo fa rendere conto che non ha mai pianto per il padre. Emotion ensues. E si rompe definitivamente.
3. Il padre era carpentiere, quindi ho supporto che plausibilmente avrebbe potuto regalargli il libro di Vitruvio sull’architettura, e mestieri annessi. Flint ha sognato tutto questo casino perché prima di andare a dormire ha letto questo libro d’infanzia e ha connesso i puntini della sua vita fino a quel punto.
Spero che vi abbia interessato e spero che non sia stato troppo stancante da seguire. Commenti sono ben accetti! Alla prossima!  

 
   
 
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