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Autore: Mandorlina    03/09/2016    2 recensioni
[Pre-Hunger Games| Finnick/Johanna| 2.829 parole]
« Non ti crea problemi il fatto che non sia di Capital, vero? Ci vediamo fra un’ora nella tua stanza, fatti ... trovare pronto. Non ne parlerò con nessuno, tranquillo. »
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Finnick Odair, Johanna Mason
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Finnick/Johanna

 

E la passione, poi, è una fuga, in cui il ritrovarsi ha solo

il significato di una solitudine raddoppiata.

– Robert Musil

 

Pretendin’ to sleep

 

« Oh, Finnick, sono così triste. Tu sei l’unico che mi capisce, » singhiozza Dahlia, « mi mancherai così tanto in questi giorni. Sei così dolce e buono con me, e io ... io – »

« Ehi, ehi, non piangere. Mi mancherai anche tu, piccola, » dice, asciugandole le lacrime. « E qualsiasi cosa di cui tu voglia parlare, io sono qui. Appena tornerai dal tour dei Distretti, io sarò qui ad aspettarti; però non voglio vederti piangere, intesi? »

Allunga le mani verso il suo viso, sorridendole dolcemente. La luce morbida del pomeriggio illumina la finestra e filtra tra le tapparelle serrate. Dahlia sta seduta sul letto con tutti i suoi vestiti intorno, accanto all’unico ragazzo che – si dice – potrà mai amare davvero. « Sei molto più bella quando sorridi, » le dice lui. Solleva lentamente la sua sottoveste e la aiuta a rindossarla; « Questo abito è meraviglioso » commenta, accennando poi al vestito verde adagiato sulla sedia.

Come tutte le ragazze di Capital City che ricevono un complimento del genere, Dahlia arrossisce.

« Oh. Oh, grazie, » dice, « mio marito non è – non ... è mai stato così gentile con me. Grazie per tutto quello che – »

« Di niente, piccola, » la interrompe lui, baciandole la guancia. « Te lo meriti. »

Dahlia finisce di vestirsi, e con uno sguardo timido lo saluta. Finnick pensa a lei, e a tutte quelle che come lei sono passate per il suo letto negli ultimi giorni: dolci, carine e sposate. Totalmente ignare di cosa sia il vero dolore.

Si è affezionato a loro, in ogni caso; alle storie della giovane, timida Dahlia, ai segreti di Eve, alle risate di Myra, a tutte loro a cui basta un bacio, una carezza, una bella parola sui loro capelli o sui loro vestiti.

Finnick è insensatamente innamorato di tutte quelle donne che, giorno per giorno, nella semi-oscurità della sua stanza, gli regalano pezzo per pezzo le loro vite a Capital City; e dai loro occhi vede le feste, i pettegolezzi, i tradimenti, gli assassinii, i dettagli sul Presidente e sulla nuova edizione dei Giochi. Una volta è addirittura stato con la moglie di uno Stratega. Si chiamava Stephanie.

Con un pizzico di rammarico, Finnick pensa che non sono bastati tutti i suoi segreti a salvare i tributi di cui era stato mentore.

Per altri versi, invece, le odia. Quelle donne di cui non sa niente se non il nome, che gemono promesse tra le lenzuola, vicine a lui (troppo vicine); quei corpi caldi e morbidi che lo disgustano invece di eccitarlo. Non pensa ad Annie, mentre sta con loro. Anche se la cosa renderebbe tutto più semplice, si è autoimposto di non pensare a lei – quasi rischiasse di sporcare la sua idea, e di tradirla davvero. Ci vediamo presto; grazie di tutto. Dahlia <3, legge, strofinando i polpastrelli sulla superficie liscia e profumata del biglietto. Dev’essere arrossita, nello scriverlo; riflette. Dev’essere –

« Bene. Ho lasciato un messaggio di segreteria che spero tu possa sentire appena avrai finito con la tua ragazza, » accenna una voce ironica, che improvvisamente esplode dal ricevitore, « ho voglia di vederti. Ho saputo che ti fai pagare in segreti, sai? Forse ho qualcosa che ti potrebbe interessare. »

Finnick sbarra gli occhi, avvicinandosi al ricevitore. La registrazione ha reso roca la sua voce, ma dopo tutto ... – dopo tutto quello che hanno passato – gli è impossibile non riconoscerla.

« Non ti crea problemi il fatto che non sia di Capital, vero? Ci vediamo fra un’ora nella tua stanza, fatti ... trovare pronto. Non ne parlerò con nessuno, tranquillo. »

*

Quando Finnick si sveglia, qualcuno ha tirato su la tapparella di qualche centimetro. Una striscia di luce illumina il parquet della sua stanza. Ha un vago mal di testa, e la fastidiosa sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante.

« Allora, Finnick Odair? » chiede una voce da qualche parte della stanza; « Com’è andare a letto con tutta la capitale? »

Johanna è sempre stata così, si dice. Crudele e sarcastica sul suo trono irraggiungibile. Non puoi farmi male, sembrava voler dire. Nessuno può, perché non c’è più nessuno che io ami. Guardava tutti dall’alto in basso col suo perenne sorriso ironico, coi suoi occhi che dicevano: su, feriscimi. Guardami sanguinare. Poi, con una strana, triste soddisfazione, contemplava la gente perdersi nel dolore; un dolore con cui lei aveva imparato a convivere, fino a renderlo parte di sé.

Come una brutta cicatrice che tentiamo di nascondere, pensa Finnick. Che da tempo ha smesso di bruciare, ma che è ancora lì, odiosa, in qualche luogo sperduto del tuo corpo, a ricordarti i giorni in cui era una ferita aperta. Pensa anche che un giorno qualcuno spoglierà Johanna Mason, e vedendo quella cicatrice avrebbe visto le sue lacrime, e tutto quello che negli anni aveva seppellito sotto chili e chili di sarcasmo e cattiveria.

« Come dormire assaliti dagli incubi, » offre,« per poi svegliarsi e rendersi conto di essere in una stanza d’albergo anonima a Capital City. È un buon paragone, ed è una cosa che dovresti sapere. »

La vede emergere dal buio nel suo ridicolo abito da festa, le sopracciglia arcuate in un’espressione divertita, le gambe bianche lunghissime e flessuose che scivolano fuori dallo spacco. Una striscia di eye-liner sbavata le percorre la parte destra del viso. « Già, » acconsente. « Per questo sono venuta qui, a trovare te. Com’è che dicono? A portare un fardello in due si fa meno fatica? Sì, era una cosa del genere. » Ridacchia, prendendo posto accanto a Finnick. Sfrega le gambe sulla federa morbida del letto.

« Uh. Queste lenzuola hanno un buon profumo, » considera, « merito di ... » – si allunga le coperte fino ad afferrare il biglietto dimenticato sul cuscino – « ... Dahlia? »

« Sposata con un ministro. Due figli, sette e tre anni. Suo marito complotta contro il presidente. E’ spesso fuori per lavoro, e lei si sente sola, » risponde lui automaticamente.

« E per questo viene da te. »

« E per questo viene da me, » conferma. « Come tutte le altre. Qui a Capital sono parecchio eccentrici persino riguardo il sesso: hanno idee strane su cosa mi piaccia. Di tanto in tanto alcune tentano di sorprendermi in modi assurdi. »

Johanna solleva le sopracciglia in un’espressione maliziosa. « E che cosa ti piace davvero? » chiede, piantando lo sguardo in quello di Finnick. Lui sorride e scuote piano la testa.

« Va bene, so che non mi risponderai. Ma ho una curiosità: come fai a sapere tutte queste cose? Sono questi, i segreti? »

« Questi ed altri. Capital City non è altro che una regnatela di sangue, complotti e appetiti sessuali mascherata a festa. Credo che stiano molto male, sai? » accenna con tono pacato, « dev’essere sfiancante, intendo. Conciarsi a quel modo per poi venire a piangere nel mio letto. »

« Oh - oh, come siamo cinici. Scommetto che le tue ragazze ti trovino molto ... »  – allunga una gamba sopra le sue, e prende a giocare con una ciocca dei suoi capelli – « interessante. Anche io ti trovo interessante. Anche il presidente Snow ti trova interessante. E anche Annie, anche se credo che per lei sia molto più dolce e ingenuo. Il mondo intero è interessato a Finnick Odair! » esclama. « Al contrario di quelli come me, la gente come te interessa sempre. »

Finnick si perde per qualche istante nel contemplare i lineamenti delicati di Johanna vagamente illuminati dall’ultimo sole del giorno. Sulla pelle della sua guancia luccicano ancora un po’ di brillantini.

« Dovresti essere più morbida, » dice, sollevando l’angolo della bocca in una sorta di sorriso, « sai, no, alla gente di Capital interessano le persone con cui si può giocare. Loro amano divertirsi. Tu sei un po’ troppo aggressiva per i loro standard. » Sente le labbra di Johanna premere sul suo collo e riprende a parlare: « E’ una delle prima cose che hanno tenuto a farmi sapere. Chi abita nella capitale è fragile come un bel soprammobile di vetro intarsiato. Bisogna maneggiarlo con cura e con dolcezza. »

« Uhmpf. Noi dei Distretti non siamo fatti per i capricci di Capital, » replica lei, assestandogli un morso nella pelle sensibile appena sotto l’orecchio, « non mi pare che ci trattassero con cura, durante i Giochi. Ma ... è questo che gli piace di noi, vero? Credono di poterci portare in giro come cani ammaestrati, » scandisce, « senza immaginare che – »

Un gemito di Finnick la interrompe. È ancora semi svestito, lui, con una giovane donna arrabbiata sulle gambe che lo bacia e lo rimprovera insieme. « Uh, » ridacchia, «  dovrei dare lezione alle tue belle di Capital. Vuoi che continui? »

Tenta di farlo suonare casuale, mentre fa scorrere una mano sulla sua coscia. Finnick vorrebbe risponderle di sì, ma a questo punto il pensiero di Annie lo colpisce forte e chiaro come un fulmine e si tira indietro.

« N-no, » tentenna, « non è ... il caso. Mi stavi dicendo? »

Johanna lo spinge indietro sul letto, tenendogli le mani premute appena sotto le spalle; « ti dicevo, » riprende, « che non hanno idea di quanto noi influiamo sulle loro vite. Non sarebbero niente, se non fosse per la nostra semplice esistenza. Capital non sarebbe niente senza i Distretti. Snow non sarebbe nessuno senza me, te ... e tutti gli altri. »

Finnick sente quanto Johanna tenti di creare un ‘noi’ che la salvi dal resto del mondo crudele e ingiusto che la circonda, un letto sicuro come un porto su cui distendersi, accanto a qualcuno che silenziosamente la comprenda e la ami. Sente che nonostante tutto sia spezzata – come lui, più di lui forse – e nella sua lingua orgogliosa e violenta preghi perché qualcuno la aggiusti. Si volta verso di lei e la stringe fra le braccia.
Come quando erano stati vincitori, prima lui e poi lei, e poi mentori di tributi che non avrebbero potuto salvare, lui venticinque e lei ventisei anni – la stretta di mano prima di ogni nuova Edizione, l’abbraccio sincero dopo la fine di ognuna ... a modo suo, Finnick crede di amare Johanna. L’unica donna al mondo con cui a Capital può permettersi di tenere la porta aperta, avere incubi, parlare fino a che le lacrime lo soffochino e il sonno lo trascini via.

Adesso lei è completamente sdraiata su di lui, e con una sorta di piacevole sfarfallio allo stomaco, sentono i battiti accelerati dei loro cuori. Johanna è calda e piacevole e Finnick la rovescia sotto di lui.

« Sei stata a una festa? » le chiede, accennando all’abito elegante. Johanna fa una piccola smorfia. « Una cosa del genere. Mi hanno chiesto cosa ne pensassi dei party esclusivi a Capital, e se mi stessi divertendo. »

« E tu? »

« Gli ho sputato nel bicchiere per rispondere a entrambe le domande. Era un tizio coi capelli viola e verdi, piuttosto grasso. È rimasto sconcertato. »

Finnick le appoggia le mani sulla schiena, e si alza a sedere lentamente. Johanna è seduta a cavalcioni su di lui e gli sta rivolgendo un’occhiata spavalda.

« Ecco cosa intendevo, » ridacchia, « non sei molto accomodante. »

« Non nei confronti di un verme viola, » rettifica lei, « ma per te ... » lo bacia gentilmente sulla mascella, « ... potrei esserlo. » Quello che succede dopo è caldo e lento, e stranamente gentile.

Un attimo prima che il sonno li colga, Johanna si alza dal letto e chiude a chiave la porta.

*

Quando Finnick si sveglia – dopo l’ennesimo incubo – ringrazia di non aver urlato. Impiega qualche istante a capire dove si trovi, ma un solo attimo per accorgersi di Johanna. Se ne sta in un angolo del letto, voltata di spalle, i capelli neri sparsi sul cuscino. Forse si erano addormentati abbracciati, ma Finnick non ricorda; quello che sa è che Johanna si è spostata, come a voler dire che non ha bisogno di lui, e al contempo non voglia disturbarlo nell’intimità del suo letto.

Si chiede se anche lei abbia avuto gli incubi; si chiede quante volte anche lei si sia svegliata sola, persa, senza nessuno da cui andare. Ma lui ha Annie, in fondo. Ha Mags e tutti suoi familiari e tutti suoi amici. Ma Johanna? Chi la salva quando gli incubi la divorano? Quando si sveglia e crede ancora di essere nell’arena: chi c’è per lei?

Quella notte Finnick ha sognato Dahlia, che nel suo vestito verde moriva nell’arena, ha sognato i fantasmi che ormai non hanno più volto né nome – di tutti quelli che sono morti durante i 64esimi Hunger Games. Il presidente Snow gli offriva un calice e lui ci sputava dentro. Da lontano aveva sentito Johanna ridere, e Annie urlare.

Lentamente si sporge verso il comodino e preme il pulsante per accendere la sveglia. I numeri fluorescenti segnano le due e quarantuno del mattino. Finnick si volta nel letto.

« Stai bene? » la voce di Johanna gli arriva incerta, ma stranamente pulita. L’oscurità morbida della notte a Capital City si riflette nei suoi occhi nerissimi. Stringe le labbra in una smorfia. « Incubi, scommetto, » dice. « Succede spesso anche a me. »

« Da quanto sei sveglia? »

« Da un po’. Non è quello che facciamo sempre? ... » s’interrompe, il tempo di una risata secca e amara; « fingere di dormire, intendo. È una cosa che valutavo con Haymitch Abernathy, il mentore del 12: noi sopravvissuti fingiamo di dormire quando nessuno ci vede. L’alternativa sono gli incubi, di solito. »

Le labbra di Finnick si aprono in un sorriso caldo. « L’alternativa è dormire con qualcuno, di solito. »

Johanna, nel suo angolo freddo del letto, pensa di capire cosa lo renda tanto seducente agli occhi delle donne della capitale. Solo che lei non ha un marito da cui fuggire, o un’unghia spezzata per cui farsi consolare; « Per piacere, » sbuffa, « a furia di commentare bomboniere di Capital City ti sei scordato che io non sono Dahlia, Dalila o come diamine si chiami. La prossima volta farò in modo di scoprire dove alloggi Brutus. »

« La prossima volta volta potresti provare a dormire. Sai che abbiamo gli stessi incubi, Johanna. Non devi giustificarti con me, » le dice.

« Non mi giustificherei con te in nessun caso, Finnick. Più che altro sei tu a doverti giustificare con Annie. »

E solo quando vede il suo sguardo ferito, capisce di essersi spinta troppo oltre. Perché va bene distruggersi, va bene pregare, va bene pretendere di amarsi per poi fingere di dormire – ma questo è troppo per entrambi.

« ... sì, » mormora lui, schiarendosi la voce. « Credo proprio che tu abbia ragione. » Nel silenzio intimo di quella stanza, col profumo di Dahlia ancora sul letto insieme al ricordo del corpo di Johanna impresso tra le lenzuola, Finnick si alza e infila un paio di vecchi pantaloni azzurri. Dietro di loro, la finestra mostra le luci di Capital City e tutto il suo illusorio splendore. Il calore umano del corpo sottile di Johanna è l’unica realtà in quell’universo di bugie.

« Dove vai? », gli chiede.

« A prendere un po’ d’aria. »

Guarda gli occhi di Johanna farsi confusi, e lentamente pensa: perdonami, Annie, perché lei non è una delle ragazze di Capital City. La vede alzarsi senza alcun pudore, nuda e candida col suo solito sorriso; « Torna a letto, bello, » mormora, « è meglio se me ne vada io. Ci vediamo domani per le interviste. »

Prima ancora che lei possa solo pensare di riprendersi il suo abito da festa, Finnick le afferra il polso e gentilmente le fa cenno di risedersi. « Resta, » le dice, « vado solo a prendere un po’ d’acqua. Tu intanto cerca di dormire, d’accordo? »

Alla fine, alla fine di tutto, capita che in certe notti come quella tentino di aggiustarsi a vicenda – quando il buio porta gli incubi, ma anche un buon nascondiglio per chi vuole fuggire. Finnick sa che non sistemerà mai Johanna, sa che chiunque al mondo tenterà di riuscirci finirà per tagliarsi con i pezzi infranti della sua anima, ma sa anche che le vuole bene, e quello va oltre ogni limite, oltre ogni paura.

« Buonanotte, Finnick, » gli dice. Quando lui torna, lei se n’è andata. Quasi aveva pensato di trovarla dormire, rannicchiata come prima nell’angolo sinistro del suo letto, ma ... no, va bene così. Meglio così, pensa.

Sospirando, si stende di nuovo sul suo letto: allunga una mano nel punto morbido ancora caldo dove Johanna era stata e le sue dita afferrano un biglietto. Con il battito cardiaco insensatamente accelerato, lo tira fuori dalle lenzuola.

Ci vediamo presto; grazie di tutto – manca la firma, e Finnick passa il dito sull’estremità strappata dove prima era scritto ‘Dahlia <3’.

  
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