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Autore: Alemortalsweet    03/09/2016    0 recensioni
Come sarebbe se la nostra vita cambiasse profondamente, così profondamente da far sprofondare persino il proprio io nelle ombre? Un essere che fino a poco prima era alcun dubbio il tuo vero essere?
-Ma tu…Qual è il tuo nome?- Bridget lo fissava piena di curiosità, sperando che quello sguardo verde luminoso fosse privo di tradimento.
-Mi chiamo Oscar- Il ragazzo fece una pausa – Ho smesso di invecchiare cento anni fa-.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una cupa giornata di ottobre, nuvole grigie coprivano quasi tutto il cielo e i pochi raggi di sole rimasti annunciavano il crepuscolo.
Si era alzato il vento, e i capelli biondi di Bridget si scompigliarono formando tanti fili dorati che segnavano il suo passaggio: era in bici e stava attraversando Central Park.
 A quell’ora era ancora affollato, tra gente che portava a spasso il cane a fine giornata e bambini che saltavano e si rotolavano in mucchi di foglie rosse e gialle sotto lo sguardo attento dei loro genitori.
Tutto sembrava andare secondo la quotidianità, poi all’improvviso tra delle sterpaglie comparve un gatto: era di colore bianco con macchie marroni, ed era diverso dai gatti randagi che la ragazza incontrava di solito.
Ultimamente si vedeva passare davanti molti gatti neri e mai di nessun altro colore: sempre neri con gli occhi verdi, come quelli che le streghe portano con loro durante la notte di Halloween .
Bridget non era superstiziosa, non si lasciava impressionare, e continuava sempre a camminare sulla propria via quando ciò accadeva.
Superò velocemente il gattino, facendo resistenza all’impulso di fermarsi ad accarezzarlo, e pedalò più rapidamente.
Posato un occhio sul suo orologio da polso si era accorta che erano già le sette e mezza di sera e sua madre odiava i ritardi dal tempo di rientro stabilito: diceva sempre che era pericoloso sostare la sera a Central Park.
Le parlava sempre di ogni genere di pericolo e violenza che la sera e la notte portavano in quel luogo, ma lei stava rifiutando di crederci perché ormai aveva quasi diciassette anni ed era grande abbastanza da fare a meno della sua ossessiva protezione.
Quello stesso pomeriggio, la ragazza era stata ad una festa a casa di una sua amica, come accadeva quasi ogni settimana, e casa sua era oltre il parco, quindi era obbligata a fare quel tragitto.
Uscì dalla vegetazione e rapida scese dalla bici mentre attraversava la strada correndo, guardando dritto di fronte a se.
Le ruote della bici non incontrarono ostacoli durante e la strada, e portarono la ragazza velocemente a casa.
Bridget abitava sola con sua madre in una villetta a schiera che tra tutte le altre spiccava grazie a un tettuccio rosso e i muri di pietra marrone.
Scese dalla biciletta e con la mano sinistra spinse il cancello di ferro, leggermente socchiuso come sempre, ed entrò a parcheggiare la bicicletta sotto il portico.
Stava per aprire la porta di casa quando sentì un rantolo provenire da dietro di lei: sembrava un miagolio sommesso, come se un gattino stesse soffrendo, così si voltò e lo vide.
Apparso quasi come per magia, dietro il cancello c’era un gatto nero come la pece che si rotolava sull’asfalto della strada, e aveva una zampetta sanguinante.
Era come se la stesse chiamando, come se stesse sussurrando il suo nome, e non appena lei lo raggiunse il miagolio si affievolì –Piccolo, cosa ti hanno fatto?-  Non sembrava tanto vecchio, avrebbe potuto avere massimo tre anni di vita .
Bridget lo afferrò delicatamente sotto la pancia e lo strinse tra le sue braccia mentre lo portava dentro casa –Non temere, tra poco starai meglio- .
 
Come era prevedibile, quel giorno era uno dei rari al mese, in cui sua madre non era seduta sul divano ad aspettare che arrivasse, nemmeno davanti ai fornelli a preparare la cena, ma era al piano di sopra.
Da quando Bridget era venuta al mondo, ogni notte di luna piena la signora si chiudeva a chiave nella sua stanza, e restava lì dentro ore e ore canticchiando e pronunciando delle parole in una lingua sconosciuta: avevano qualcosa di oscuro e minaccioso.
Non le permetteva mai di metterci piede, ma moltissimi anni prima, quella volta che aveva sbirciato casualmente al suo interno aveva visto uno strano disegno su una parete: una stella a cinque punte circoscritta in un cerchio.
La madre se ne accorse, la cacciò dalla stanza e si avvicinò minacciosamente a lei premendo una mano sulla sua fronte, e all’improvviso la piccola dimenticò tutto ciò che aveva visto…
 
Salì in fretta le scale e si sedette sul letto in camera sua, adagiando il micio sulle sue gambe e carezzandogli dolcemente la testa.
Il gattino girò la testa verso di lei e per la prima volta i loro sguardi si incontrarono: gli occhi azzurri della ragazza facevano contrasto con quelli verdi e luminosi dell’animale.
La sua gola fremeva ogni volta che la ragazza lo grattava dietro le orecchie, ma le fusa si interruppero quando la ragazza posò un leggero bacio sulla testa nera e morbida del gatto –Sei molto soffice per essere un randagio- Non si notavano segni di collari ricevuti in precedenza.
Rimase basita nel vedere la ferita sulla zampa posteriore che poco prima sanguinava essersi quasi rimarginata, come se, se lo fosse solo immaginata.
Bridget si alzò dal letto e si mise a rovistare in un armadio, e trovò un cuscino bianco di piccole dimensioni, poi si mise in ginocchio e da sotto il letto tirò fuori una cuccia per cani nella quale sistemò il cuscino.
-Prendilo come regalo di benvenuto- Prese in braccio il felino e lo poggiò nella cuccia –Era di Fuffy, un cagnolino di quando ero piccola- .
Lei amava gli animali, e parlava con loro tranquillamente come se fossero persone.
Il gattino taceva e rimaneva zitto ma lei credeva che in un certo senso ascoltasse.
 
Si era fatto notte e la luna piena era ben visibile fuori la finestra della sua stanza.
Come tutte le sere, prima di addormentarsi, era sdraiata beatamente sul suo letto a leggere romanzi rosa: sin da bambina aveva sempre desiderato incontrare il suo principe azzurro e poter vivere per sempre felice e contenta assieme a lui come succedeva nelle fiabe.
A volte nei suoi libri c’erano triangoli, delusioni da parte degli ex ragazzi e litigi senza fine… Non erano storie felici.
Nel frattempo il gatto nero sonnecchiava nella cuccia, non producendo alcun rumore –Hei, non ti ancora dato un nome…che ne pensi di Lucky? Sei stato fortunato a trovarmi- .
Pochi minuti dopo si addormentò anche lei, con le pagine del libro che si fondevano e formavano intriganti sogni.
 
Un fulmine squarciò la notte e subito dopo un tuono irruppe nel silenzio, svegliando di colpo Bridget che si agitò nelle lenzuola.
Era scoppiato a piovere.
Si girò e guardò nella cuccia accanto al letto –Tutto bene L…-
Era sicura di vedere Lucky ancora dormiente, ma quest’ultimo era scomparso.
Stava per chiamarlo quando vide un’ombra, una figura umana ai piedi del letto: la luce fievole che riversava la sua lampada da muro era abbastanza da permetterle la sua visione.
Poteva essere un ragazzo della sua età, se non più grande, con capelli neri spettinati che si confondevano con il buio della stanza così come i vestiti, e occhi verdi brillanti.
La ragazza si era spaventata e stava con la schiena al muro, vestita con un pigiamino di seta e delle pantofole imbottite –Chi sei e come hai fatto a entrare?-
L’altro sorrise, quasi prendendosi gioco di lei, mettendo in mostra i denti affilati –Mia cara, sei stata tu-
-Ma cosa..?- .
Non ci fu risposta a quella domanda, il giovane fece un passo in avanti e la luce riuscì a illuminare la sua fronte, che fin ora era rimasta in ombra.
Bridget sbiancò.
Sulla sua fronte c’era il segno di un bacio, di colore rosso, un rossetto rosso, il suo.
Allora capì.
-Oh…Lucky?- La sua voce tremava.
-Non sei male a baciare- D’un tratto il sorriso dalle sue labbra scomparve, si fece serio e con il palmo della mano cancellò il marchio del bacio.
Lei stava immobile e non riusciva a dire mezza parola, l’altro continuò – è così facile con le ragazze, basta un semplice gattino per farle cedere e cadere in trappola-
Le sue mani iniziarono a produrre scintille colorate –è per questo che mi hanno scelto, per il mio potere- Aveva lo sguardo basso, come se stesse parlando tra se e se.
Bridget, ancora incollata al muro, lo guardava come se avesse visto un fantasma –Tu…puoi diventare un essere umano?-
Alzò gli occhi verdi su di lei di nuovo –Sono un mutaforma…ma ora basta chiacchiere- Schioccò le dita e un vortice di colore viola apparve sul muro –Devi venire con me- Adesso il suo tono di voce era quasi un ringhio.
-Perché?- Si era spostata dal muro, ma non osava avvicinarsi a lui
-Quanti anni hai?-
-Perché ti interessa?- Replicò l’altra senza risponderli cone la voce roca
-Te lo ripeto, dimmi quanti anni hai- Poteva vedere nei suoi occhi una nota di perfidia
-N-no- La voce decisa stavolta.
-Bene- Alzò le mani al cielo e ne uscirono fiamme verdastre che incendiarono la libreria, facendo urlare Bridget.
-Diciassette! Ho quasi diciassette anni!-
Lo stregone sorrise –Ti dispiace se gli diciamo che hai diciotto anni? E ora seguimi-
-Di cosa stai parlando? Tu…che razza di mostro sei?
-Bridget seguimi, o perderai i tuoi libri per sempre!- Le fiamme acquistarono vigore, come se vi si fosse aggiunta della legna.
La ragazza fece un passo in avanti, verso il portale aperto
-Come fai a sapere il mio nome?- Ma l’altro le aveva afferrato la mano e la buttò nel vortice…che si richiuse alle loro spalle.
   
 
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