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Autore: Solounaltrarosarossa    05/09/2016    0 recensioni
Al Ministro, ci vediamo sulla Luna.
[...] C’era una volta un ragazzo. Più che un ragazzo era un bambino, sperduto in un paesino che a lui sembrava immenso. Questo bambino era davvero speciale, tanto da non saperlo. Vi chiederete allora perché io non vi dica il suo nome. Non lo so. Quel bambino, semplicemente lo aveva dimenticato, come ci si dimentica di comprare il latte tornando a casa o forse un nome non lo aveva mai avuto. Si diceva che fosse orfano ma lui non lo sapeva, lui non conosceva niente. Era giunto non si sa come in quel piccolo paesino, senza un nome come lui e non aveva niente, neanche sé stesso. Aveva con sé solo il suo destino, anche questo senza un nome e una promessa fatta a chissà chi, chissà quando e chissà perché “ci vediamo sulla Luna” ma lui, la Luna non sapeva cosa fosse. [...]
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre correva, si chiese ancora una volta perché mai non potesse essere uno di quegli eroi che trionfano sempre, che non vengono mai sconfitti perché loro sono il bene, ed è il bene che trionfa. Lei era uno dei cattivi, uno di quelli che nelle storie vengono sconfitti in partenza da qualcuno più carismatico e forte. Aveva appena perso. Aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava col siero, ma era troppo concentrata sul piano per capire che cosa fosse. Gli occhi della madre. Quando li aveva visti aveva capito tutto. Aveva cercato di salvarla. Lei, la figlia che aveva conosciuto meno di tutti, quella che a mala pena ricordava il suo viso. Eppure, prima di morire lo aveva visto chiaramente: le aveva sorriso. Come in quel vago ricordo, prima che portassero via la zia Aurora .“Vivi” le aveva detto la zia. “Non posso, mi dispiace” avrebbe ora risposto. Ricordò la sensazione di carta nella sua mano, poco prima che tutto accadesse. Non era solo una sensazione, non era adrenalina, non era coraggio, non era paura. Era, beh, carta. Un bigliettino e una scheda di memoria. Corri. Porta con te questo, contiene i ricordi di Marco. Troverai il modo di restituirglieli. Ti voglio bene, e mi dispiace. Se lo vedrò, dopo che mi avranno giustiziata, se ci sarà qualcosa, dirò al papà che lo ami anche tu. Non poteva piangere. Non ne aveva il tempo. Aveva una speranza, poteva salvarsi, grazie alla madre, forse avrebbe potuto farcela. Corse alla porta. La aprì. Il ragazzo non si mosse. «Marco! Corri, vieni via!»
«Chi… chi è Marco?»
«Tu! Sei tu! Ora vieni!»
«Perché?»
«Perché sto cercando di salvarti, razza di idiota!»
«Chi mi dice che tutto questo sia vero? Che non sia una specie di test?»
«Io… sono tua sorella, e puoi anche non credermi, ma devi correre, dobbiamo scappare da qui… ti prego… pensa, ti deve essere rimasta almeno un’ombra di me!»
«Non ricordo più niente! Neanche il mio nome!»
«E se ti dicessi che hai in testa una promessa, una strana e senza senso, a proposito di un appuntamento in un posto che non hai mai visto, che non esiste? Una promessa che hai fatto ad una persona di cui non ricordi né il nome né il viso. Se ti dicessi “ci vediamo sulla Luna”, quel che ti ho scritto nel biglietto? So che sei confuso, ma ora devi venire con me! Dobbiamo scappare!»
«Come… come fai a saperlo?»
«Perché questo ti è già successo! Ora vieni! Non c’è più tempo!»
L’emergenza cominciò a suonare. Tutto accadde in pochi secondi. I passi dei soldati echeggiarono sempre più forti, lungo il corridoio. Non dovevano essere in molti, ma per dei bambini erano più che sufficienti. Eppure delle due persone in quella stanza, nessuna era un bambino. Ad entrambi era stato impedito tempo prima. Memoria cancellata o no, nessuno dei due ricordava di esserlo mai stato. Tic. «Corri!» un ragazzo cominciò a correre a perdifiato, non sapendo neanche perché. Passò vicino ad una ragazza. Tac. Lo sguardo della ragazza si rivolse in direzione del rumore di passi. La ragazza diede qualcosa al ragazzo. «Difendila.» Il ragazzo non aveva idea di cosa fosse, non aveva idea di cosa stesse accadendo. Non aveva memoria. Non sapeva niente. Sapeva solo di dover correre. E corse. Tic. Arrivò in fondo al corridoio. Non aveva più fiato in corpo, ma non importava. Doveva scappare. Tac. Salì su uno strano marchingegno, non sapeva perché proprio su quello, ma sapeva che era la cosa giusta. Una voce gridò dietro di lui. Non poteva partire. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo senza di lei, anche se non aveva idea del perché. Tic. Il ragazzo aveva paura, non sapeva cosa dovesse fare, era terrorizzato, congelato. Non riusciva a muoversi, a differenza dell’orologio. Tac. La porta si aprì. Entrarono dei capelli rossi. Lei correva. “Ce la farà” si disse. Tic. Degli uomini continuavano ad inseguirla, lo sapeva. «Vai senza di me!» gli urlò la ragazza.
«Non voglio.»
La ragazza continuò a correre. Tac. “È sempre più vicina. Ce la farà. Può farcela, deve farcela.”
«Perché?» gli urlò ancora.
«Non lo so.» non lo sapeva per davvero. Tic. La ragazza ce l’aveva quasi fatta. Stava salendo sulla nave. I soldati entrarono, le spararono qualcosa. Non era un colpo di pistola, no. Era azzurro. Era bellissimo. Era spaventoso.
La ragazza riuscì  a salire. Ce l’aveva fatta. «Parti! Presto!» gli urlò ancora. Il ragazzo si accorse solo in quel momento della cartella verde che la ragazza aveva in mano.
E lui partì, incerto sul da farsi, eppur sapendo quale pulsante dovesse premere, come se lo avesse imparato precedentemente e poi messo da parte.
«Ce l’abbiamo fatta!» gridò il ragazzo mentre la nave decollava.
«No, non è vero. Solo tu.» disse la ragazza mentre osservava quel che le avevano sparato. Ora era solamente un contenitore vuoto.
«Che cosa…?»
«Il siero. Di solito si usa con una macchina, affinché i ricordi possano essere conservati ma funziona anche in questo modo. Ho poco tempo.»
«No! Non puoi farlo!»
«Non è che abbia scelta…»
«Possiamo cercare aiuto!»
«Stai andando sulla Terra; anche con questa navicella ci vorranno un giorno o due: io non ho neanche un’ora.»
«Cosa pensi che io possa fare!? Io… io non ho idea di quale sia il mio nome, non so…»
«Marco! Il tuo nome è Marco! Sei mio fratello, e sei un Lunari. Molto tempo fa la Terra capì che di lì a un paio di secoli il pianeta sarebbe diventato invivibile, e mentre si tormentavano per trovarvi un rimedio, un giorno si presentò alla base della NASA uno scienziato, con un progetto per colonizzare la Luna. Tuttavia era solo un progetto, un esperimento, troppo rischioso, e soprattutto troppo costoso. Cinque generazioni, una piccola porzione di Luna. Lo scienziato propose questo. Dopo la quinta generazione avrebbe lasciato ordini affinché tutta la Luna venisse resa agibile agli umani. Lo scienziato si offrì di andare lui stesso insieme alla sua famiglia per controllare l’esperimento. E affinché nessuno volesse tornare indietro, lui e la sua famiglia sarebbero stati gli unici a ricordare. Aveva infatti sviluppato un siero non solo per cancellare la memoria, ma uno anche per trattenere i ricordi in modo permanente, affinché venissero tramandati alle altre generazioni. Il governo approvò, ma aveva bisogno di una garanzia. Così fecero rendere allo scienziato il siero per la cancellazione della memoria mortale per chi avesse preso il siero per trattenere e tramandare i ricordi, e diedero l’ordine di somministrarlo anche a chi avesse generato con un membro di quella famiglia, perché i loro figli avessero i ricordi delle generazioni precedenti. Lo scienziato pretese di avere una garanzia a sua volta, per le emergenze, e fece costruire una navicella, non rintracciabile dal governo, che è quella sulla quale stiamo viaggiando. Così l’esperimento partì. Lo scienziato prese il cognome Lunari. Per le prime tre generazioni fu un completo successo, ma alla quarta, quella di nostro padre, i Lunari scoprirono quel che i capi di stato volevano fare, e si rifiutarono di proseguire con l’esperimento.»
«Cosa… cosa volevano fare?»
«Volevano… sì, certo, volevano… non… non lo so….» la ragazza crollò a terra. Il ragazzo corse verso di lei, ignorando i comandi della nave, e lo spettacolo di stelle che cominciava ad aprirsi intorno a loro «Il siero… ha cominciato… questo… ci mette poco tempo ad agire… sto dimenticando tutto poco a poco… ti farò domande strane, ma poi diventerò innocua…il mio cuore… dimenticherà come battere. Ho salvato la cartella verde… lì ci sono informazioni importanti… quel che ti ho dato prima, quando stavamo scappando… sono i tuoi ricordi…»
«Cosa dovrei fare, come posso riaverli?»
«Io… non lo so… non lo ricordo…»
«Devi ricordare! Non puoi dimenticare tutto!»
«Io… cosa mi sta succedendo…?»
«Non puoi andartene così! Non so neanche il tuo nome!»
«Camilla! Mi chiamo Camilla, questo lo ricordo… anche se non ne sono sicura. Mio padre si chiamava Bruno…è morto. Mia madre si chiamava Alice… è morta. Avevo due fratelli… Marco e Luca… non so dove siano…»
«Io! Marco sono io! Lo hai detto tu!»
«Gli somigli molto, in effetti… ma lui, lui è più piccolo… e ha i capelli come i miei…»
«Quanti… quanti anni hai?»
«Quattro, non lo vedi?»
«No! Ne hai di più!»
«Che cosa… la… la mia testa…»
«Ti prego! Non andartene!» le disse, tenendola sempre più stretta.
«Io… cosa… dove sono?»
«No! No! Dovevamo vederci sulla Luna, ricordi?»
«Io… no… tu chi sei…?»
«Sono tuo fratello! Marco!»
«Ho… ho un fratello?»
«Sì! Sono io! Sono qui! Mi hai salvato! Devi ricordare!»
«Cosa… devo… devo andare in un posto… si chiama “Luna”, sai dove sia?»
«Ora lo so fin troppo bene.»
«Puoi… puoi portarmi lì…? È per qualcosa… qualcosa di importante… anche se non so… non so esattamente perché... io… aiutami…»
«Non puoi sparire così! No!»
«Io… non…»
«Parlami! Stai con me!»
«Co…sa… mi sta…»
«Ti prego…» ma non ricevette più risposta. Mai più, da una ragazza che detestava rispondere alle domande, e che aveva finito l’inchiostro per scrivere ancora pagine della propria vita, lasciando da sole le stelle a brillare e a raccontare storie che oramai più nessuno avrebbe ascoltato.
   
 
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