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Autore: flashmary97    06/09/2016    4 recensioni
“It’s a long story …”
Disse Henry guardando Jo fissa negli occhi. Mentre pronunciava quelle parole un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto. Stringeva spaventato quella foto a lui tanto cara e in quel momento così scomoda, eppure nel proferire quelle parole lo aveva colto uno strano sollievo, come se in realtà aspettasse un’occasione del genere ormai da molto tempo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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“It’s a long story …”

Disse Henry guardando Jo fissa negli occhi. Mentre pronunciava quelle parole un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto. Stringeva spaventato quella foto a lui tanto cara e in quel momento così scomoda, eppure nel proferire quelle parole lo aveva colto uno strano sollievo, come se in realtà aspettasse un’occasione del genere ormai da molto tempo. Tremante per l’agitazione, fece cenno alla partner di entrare, invitandola ad accomodarsi su una poltrona. Lei, in silenzio e scossa quanto lui, seguì il cenno della mano e, senza distogliere gli occhi da quell’uomo che sperava finalmente di conoscere, lasciò che Abe la accompagnasse a sedersi.

Henry, in piedi davanti a lei, iniziò a giocherellare nervosamente con la sciarpa. Fece un passo avanti aprendo la bocca per iniziare a raccontare, poi si trattenne e tornò indietro scuotendo la testa. Cominciò a camminare per la stanza in cerca di qualcosa che lo salvasse da quella difficile situazione. Prese un vassoio su cui era elegantemente posizionato un antico servizio da tè inglese.
- Vuoi del tè? – chiese, porgendolo alla collega.
- Henry … - esclamarono Abe e Jo, sospirando con una nota di rimprovero.
- Intanto, ti impedisco di utilizzare quel nobile servizio. Se vuoi del tè, vado a prepararlo con il nostro da cucina. Tu rimani qui. Se non sbaglio stavi per iniziare a raccontare qualcosa … - lo rimproverò suo figlio mentre usciva dalla stanza fissandolo negli occhi e minacciandolo con un dito, come se in realtà il padre fosse lui.
Henry , come un bambino, alzò gli occhi al cielo prima di tornare a posarli sull’ospite, di cui per qualche secondo si era dimenticato. Per un attimo si scrutarono, poi Jo ruppe il silenzio.
-Ti prego, fidati di me, sai di poterlo fare … -
Henry, sospirando, afferrò una sedia anche per lui. Si accomodò, per poi rialzarsi bruscamente prima di iniziare a parlare.
-Tu … tu mi crederai pazzo. È così assurdo quello che sto per dirti. Non so da dove cominciare … Ci sono così tante cose da dire … ma non ci crederai … -
-Provaci. Dammi una possibilità … Perché non inizi proprio dalla foto? È strano … l’ho trovata proprio vicino al tuo orologio e quest’uomo nell’immagine non puoi che essere tu. Peccato che una foto del genere debba avere come minimo sessanta o settant’anni! –
-Bene iniziamo da lì allora … Hai ragione, quell’uomo sono io. E quella donna … quella … -
Fece un lungo respiro per bloccare le lacrime che stavano per riempirgli gli occhi.
- Quella donna è Abigail! – concluse Jo guardando il dolore che si era dipinto sul volto di Henry al solo pensiero. Si alzò e gli mise dolcemente le mani sul viso, scrutando i suoi occhi lucidi. Lui annuì, lasciando che una lacrima gli rigasse la guancia.
-Come è possibile Henry? Sei identico ad ora in quella foto, eppure sembra che tu non veda quella donna da quasi un secolo. Cosa è successo? Quando l’avete scattata?-
A quelle domande si scostò dalla detective scuotendo la testa.
-No, no … non è possibile iniziare a spiegarti da qui.-
Lei lo osservò con aria interrogativa, lasciando trasparire un velo di arrabbiatura. Se voleva dirle qualcosa era il caso che si decidesse, la sua pazienza si stava esaurendo.

Per fortuna, in quel momento arrivò Abe. Diede una rassicurante pacca sulla spalla al padre e rimise Jo a sedere per servirle il tè, concedendo a Henry qualche attimo per riflettere.
Di certo non poteva esordire con la questione dell’immortalità, senza alcuna spiegazione o prova, e sicuramente non aveva alcuna intenzione di uccidersi davanti all’amica. Doveva trovare un modo alternativo per dimostrare inequivocabilmente la sua condizione. Fissava il cucchiaino girare nella tazza di tè. Continuava a mescolare ma non aveva ancora messo lo zucchero. Quando se ne rese conto alzò la testa per cercare la zuccheriera ma il suo sguardo si fermò prima di trovarla. I suoi occhi avevano incrociato la risposta che stava inseguendo. Fissava Abe ma la sua attenzione era in realtà rivolta all’oggetto alle sue spalle: riposta nuovamente nella sua teca di vetro, un luccichio della vecchia pistola aveva attratto Henry.
Sul suo volto si dipinse la classica espressione soddisfatta e le sue labbra abbozzarono un sorriso compiaciuto, seguite dall’illuminarsi delle due pupille scure. Ora sapeva cosa fare. Si alzò di scatto urtando il tavolino, tanto da rovesciare buona parte del contenuto della sua tazza. Velocemente si diresse verso il telefono sotto lo sguardo sconcertato degli altri due.

-Lucas … Vieni al negozio, ho bisogno del tuo aiuto. Ah … e preparati a una grande scoperta. La più grande della tua vita direi … -
Terminata la telefonata fece un occhiolino ad Abe che aveva corrugato la fronte davanti alla scena. Giunti a questo punto della storia, tanto valeva coinvolgere anche Lucas nella rivelazione. Sarebbe risultato fondamentale. In fondo anche lui meritava delle spiegazioni. Inoltre, forse non sarebbe stato male per Jo avere qualcuno con cui condividere lo shock di ciò che stava per svelarle.

Qualche minuto dopo il ragazzo arrivò al negozio di antiquariato, un po’ spaventato da quella chiamata improvvisa, ma decisamente eccitato ed emozionato. Jo era sempre più confusa.
- Grazie di essere venuto Lucas. Devo chiederti un immenso favore: esegui tutto ciò che ti chiedo, senza fare domande. Pian piano ti si chiarirà tutto-
Lucas annuì e si mise a sedere accanto a Jo. Abe ancora non aveva capito quale folle idea fosse guizzata nell’arcaica mente di Henry. Solo quando quest’ultimo iniziò a parlare comprese cosa intendeva fare, allora sorrise sollevato.

- Jo … Dopo uno dei nostri primi casi mi chiedesti delle spiegazioni a proposito della cicatrice che ho sul petto. Tentai di parlartene ma fummo interrotti proprio dal ragazzone al tuo fianco che ora, invece, ci aiuterà. Se devo parlarti di me, forse è buona cosa iniziare dalla prima verità che mi hai direttamente richiesto. Verità che, in effetti, nient’altro è che l’inizio.-

Mentre parlava tolse la giacca e il panciotto. Poi posò la sciarpa su una sedia e sbottonò la camicia, rivelando l’antica ferita.
- Vedi questa cicatrice Lucas? Ho bisogno che tu la analizzi … Devi dire ad alta voce tutto quello che riesci a capire di questa ferita. Non preoccuparti di quanto possano sembrarti assurde le tue osservazioni. Fidati di te stesso, sei un bravo medico. -
Sorpreso da quella richiesta e lusingato dall’ultima affermazione, il giovane si avvicinò al petto del collega per analizzarne la cicatrice.
- Bhe, ferita d’arma da fuoco, innanzitutto. Senza ombra di dubbio –
- Sì, gli hanno sparato … Giusto? – Disse Jo, cercando una conferma nello sguardo di Abe che annuì.
- Perfetto Lucas, continua. – Gli intimò Henry.
- Arma da fuoco, dicevamo … ma non è stata una comune pistola, la ferita è troppo frastagliata e imprecisa per essere opera della milizia moderna. Deve essere stata un’arma antica, a giudicare dal calibro potrebbe essere … - Lucas alzò lo sguardo sperando di trovare ciò che stava cercando.
-Quella! Una pistola come quella! Esattamente! – esclamò correndo verso la teca di vetro. – Ti dispiace se la prendo in prestito un attimo, Abe? –
-Nulla affatto! – rispose quello. Rimosse l’arnese dalla sua vetrina e lo porse al medico.
Lucas si avvicinò con la pistola al petto dell’amico. Per alcuni secondi esaminò in silenzio entrambi, spostando lo sguardo prima sulla pistola, poi sulla cicatrice.
-Non è stata semplicemente una pistola simile a questa. È stata una pistola esattamente di questo tipo!- Esclamò il ragazzo esaltato. Poi si fermò per un istante …
- Ma questa è la pistola che abbiamo ritrovato qualche mese fa. Era immersa nell’oceano e quella ferita non è per niente recente … Deve essercene un’altra in circolazione … - Spiegò Lucas rivolgendo un’occhiata interrogativa ad Abe. Il vecchio scosse la testa.
- Mi spiace Lucas, ma quella pistola è unica nel suo genere-
Un velo di delusione calò sul volto di Lucas, ma Henry intervenne.
-Non preoccuparti di questo, chiariremo la questione in seguito. Continua … -
Jo seguiva in silenzio la spiegazione. Quella situazione era paradossale, eppure qualcosa le diceva che ciò che stava per essere rivelato era realmente la verità.
-Poniamo che questa sia realmente l’arma utilizzata … puoi alzarti, Henry, per favore?-
L’uomo eseguì quanto gli era stato richiesto mentre l’amico iniziò a sorridere soddisfatto.
- Dovete perdonarmi, era da secoli che sognavo di interpretare io la parte dell’aggressore e lasciare ad Henry le vesti della vittima … -
Tornò serio.
-In base alla poca potenza e precisione di un’arma del genere, per infliggere quella ferita la distanza avrebbe dovuto essere circa questa, con una angolazione pressappoco così … -
Puntò la pistola contro l’amico. Poi, camminando, disegnò con il dito la traiettoria del presunto proiettile.
-In questo modo il colpo sarebbe arrivato esattamente sul tuo petto e … -

Si bloccò terrorizzato. Tornò sui suoi passi. Si rimise in posizione e ridisegnò nuovamente la traiettoria, finendo con l’indice dritto sulla cicatrice di Henry. Rimase immobile a guardare la sua mano che puntava dritta al cuore dell’amico. Come aveva fatto a non accorgersene prima. Parlava da un’ora e non aveva visto ciò che era più evidente. Forse perché era impossibile. Si lasciò cadere sulla poltrona.

Jo, confusa, si alzò violentemente. Voleva una spiegazione. Tutti lì dentro, ormai, sembravano aver capito ciò di cui lei era all’oscuro.
- Lucas? Parla. Cosa hai capito? Per quale motivo ti sei fermato? Finisci quel che stavi dicendo. –
Lui rispose nervosamente.
- Jo, ma non capisci? Che fosse quella la pistola, o una qualsiasi altra, per lasciare un segno del genere il proiettile avrebbe dovuto arrivare con questa angolazione, così: dritto nel petto-
Rimise, ancora una volta, il dito sullo sfregio di Henry.
-Da una cosa del genere non scampi. Jo, il colpo ha trapassato il cuore. Non ci sono alternative possibili. Questo colpo ha ucciso Henry. È folle, lo so. Non me ne ero accorto perché è impossibile, non lo avevo neppure considerato, ma questa è la cicatrice di un colpo mortale. Nemmeno un intervento immediato avrebbe potuto salvarlo. Questo è uno dei modi più veloci e sicuri per morire.-

La detective disorientata rivolse lo sguardo ad Henry. Lui colse l’occasione e iniziò a raccontare, stavolta per davvero.
- È una lunga storia … ebbene sì, lunga perché ho duecento anni. Duecentotrentaquattro, se vogliamo essere precisi. Potrebbe suonarvi poco plausibile, anzi, probabilmente non mi crederete. Ma ve la racconterò comunque, perché, oltretutto, di tempo ne ho parecchio. Ho vissuto una vita piena, ho amato alla follia, mi hanno spezzato il cuore, ho combattuto guerre e ho visto più morte di quanto avrei voluto. Nella mia lunga vita sono andato incontro a molte fini diverse, ma l’inizio è soltanto uno. Tutto è cominciato duecento anni fa: ecco, quella notte è successo qualcosa, una trasformazione. Provo ancora amore, piacere, dolore. La mia vita è come la vostra. Eccetto per una piccola differenza: non finisce mai. Sono immortale -

Sebbene la conclusione potesse sembrar chiara, poste la foto e la spiegazione di Lucas, quell’affermazione sembrò troppo assurda. Jo, innervosita, si diresse verso la porta. Di stranezze ne aveva sentite e sopportante tante, ma questo era toppo. Gli occhi di Henry, fino al quel momento rimasti orgogliosi della sua idea, si riempirono di paura. Abe la fermò ponendole una mano sulla spalla. Lucas alzò la testa che teneva fra le mani per fissarla negli occhi.
-Hai ragione Jo, è assurdo. Sono incredulo quanto te, ma effettivamente ha tutto senso. Ogni stranezza di quest’uomo assume una sua ragionevolezza in funzione di questa affermazione, e sono certo di quanto ho affermato prima a proposito della cicatrice. È una osservazione elementare, di quelle che si fanno al primo anno di medicina.-

La donna sospirò, decisa a cedere a quell’assurdità. Si rimise a sedere e invitò Henry a continuare.
-Lucas non solo è arrivato alla conclusione che speravo notasse, ha visto molto di più, quella è davvero la pistola che mi ha causato questa cicatrice. La mia prima morte … Duecento anni fa, sull’Imperatrice d’Africa … L’unica di cui porto il segno. Da quella notte, ogni volta che muoio rinasco nel fiume più  vicino e la mia età e condizione fisica sono bloccate a quella notte: 7 Aprile 1785. Non sono più invecchiato di un giorno … -
-Ecco perché eri così imbarazzato quando ti dissi che solo un idiota avrebbe potuto farsi colpire da quella pistola … - Aggiunse Lucas ridacchiando.

Jo, ancora incredula, non riusciva a schiodare gli occhi da quell’uomo, così vero nella sua follia. Sempre di più iniziava a credere a quella storia, ripensando a tutto ciò che di lui non era mai riuscita a capire. La sua saggezza e il suo intuito che sembravano provenire da una esperienza secolare, i racconti e le descrizioni di vecchi fatti e luoghi narrati con la precisione di chi li ha vissuti, quel fare gentleman disperso da tempo, quell’avversione e totale ignoranza rivolta a tutto quanto ci fosse di nuovo e tecnologico, la perfetta conoscenza della morte …

-Lucas, vieni che ti mostro una cosa – lo chiamò Abe, per permettere agli altri due di rimanere soli.

Quando furono usciti dalla stanza, Henry si mise a sedere accanto a Jo e le strinse le mani.
- Guardami. Guardami negli occhi, ti prego. Devi credermi. Guardami negli occhi. Sto mentendo? Sono forse pazzo? Guardami e dimmi se ti sembrano questi gli occhi di un pazzo … –

Jo affondò il suo sguardo nelle pupille di Henry. Non stava mentendo, non era pazzo. Erano gli occhi di un vecchio. Ora che li osservava bene, poteva scoprire in essi ognuno dei duecento anni che avevano vissuto. Si può forse non invecchiare e non morire mai, ma quello che viviamo resta indelebilmente impresso in noi. Spesso uno sguardo dice molto di più di mille parole, se sappiamo avere la pazienza di osservare.
Henry, invece, era troppo teso per capire cosa stesse passando in quel momento nella mente di Jo. Strizzò le palpebre inumidite.
- Jo, ti supplico, non voglio morire davanti a te per dimostrarti … - Lei lo zittì con un dito sulla bocca.
- Quante cose, quante cose hanno visto questi poveri occhi? Quante volte hanno osservato il buio della morte prima di riaprirsi ed accorgersi che nulla era cambiato, che nessun dolore se n’era andato? –
Henry, sorpreso da quelle parole, abbracciò la donna che gli stava di fronte. Aveva davvero creduto alla sua storia, poteva dirle tutto, raccontarle ogni cosa, ogni gioia, ogni sofferenza, ogni scoperta.

Jo riprese la foto da cui tutto era partito.
- Quindi questa è davvero così vecchia … Sembrate una bellissima famiglia. E questo bambino? È vostro figlio? Tuo e di Abigail? –
- Sì. Lo trovammo abbandonato durante la guerra, scampato ad un lager, mi ci affezionai. Fu in quella occasione che conobbi Abigail. Scoprì il mio segreto solo in seguito, ma nel peggiore dei modi. Eppure non fece mai resistenza, nemmeno per un attimo. Era un angelo, il mio angelo. –
Jo rimase ancora qualche secondo ad osservare la fotografia.
- Il bambino … se ora fosse vivo, avrebbe circa … -
- Settant’anni – concluse Abe, ritornato nella sala.
La detective lo fissò. Scrutandolo intravide il numero tatuato sul braccio.
- Ma certo! Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di più di un negozio a legarvi. Abe è tuo figlio … -
Concluse Jo  - E quindi sua madre … -
-Sua madre è Abigail … - completò lui.
-L’infermiera … La vecchia signora … ecco perché ne eri ossessionato, ecco perché non riuscivi a guardarne i resti … Era Abigail -
-Ora capisco- aggiunse Lucas  -Mi sembrava fossero osservazioni troppo semplici per sfuggire ad un Henry totalmente lucido, quelle a proposito della morte di quella donna-

Henry annuì, ripensando, ancora una volta, agli ultimi attimi di vita della sua amata. Abbandonata, sola, spaventata, vulnerabile, senza di lui, proteggendo lui.
- È morta stringendo quella foto – sussurrò, guardando la punta delle sue scarpe.
- Che le è successo? – chiese Jo sollevandogli il viso.
- Devi sapere che esiste un altro immortale come me, Adam, solo che la sua lunga storia è molto più lunga della mia. Duemila anni. Era con me nei sotterranei della metropolitana. Il pugio su cui indagavamo era quello che lo uccise la prima volta. Il motociclista investito dal giudice era lui e quando Abigail lo assistette, Adam capì che conosceva un altro immortale. Fino a quel momento aveva pensato di essere solo. Lei è morta per proteggere il mio segreto. Era scomparsa, ma ci avrebbe inviato una lettera per raggiungerla in quella bellissima casa. Non poté mai spedirla. Per  più di trent’anni l’ho cercata … –
Strinse i pugni per respingere la rabbia che ancora lo coglieva nel raccontare quella storia.

- Sai, avevi ragione quando mi chiedevi di concentrarmi sui casi del presente, ma non è facile quando ogni cosa che vedi  ti ricorda un pezzo della tua vita, quando il vecchio che ritrovi steso sul tuo letto all’obitorio lo avevi curato da bambino … -
- Il re dell’Urkesh … - collegò Jo.
- Riconobbi subito la sua cicatrice, quella appendicite gliela curai io, su un treno … -
- Quello della luna di miele … -
- Esattamente. E Gloria Carlile … Fu in quel museo che chiesi ad Abigail di sposarmi … -
-Ecco perché non ci volevi entrare –
- Eppure fin lì ero riuscito a non farmi travolgere dal passato. Ma con quel caso, quello legato all’Imperatrice d’Africa,  fu davvero impossibile restare nel presente, ignorare il martellante pensiero di quella notte … Ritrovarmi tra le mani quella pistola, dopo tanto tempo … -
- Basta. Smetti di torturarti. Avrai tempo di raccontarmi tutto, anche quei casi sono ormai nel passato, non occorre che tu giustifichi ogni tua stramberia. Ora so che ogni gesto aveva un senso … Dimmi solo una cosa: quell’Adam, che fine ha fatto? Cosa è successo oggi là sotto? Sei tranquillo ora? –
- Lui voleva dimostrare una teoria. Sosteneva che l’arma che ci aveva uccisi per la prima volta sarebbe stata in grado di porre fine alla nostra immortalità. Sperava l’avrei ucciso con il pugnale, preso dalla collera per Abigail … Ci ho pensato seriamente, ma non sono un assassino, sono un dottore. Ho sfruttato le mie conoscenze per imprigionarlo nel suo stesso corpo. Lui, però, aveva deciso che voleva rovinarmi la vita, strapparmi ciò che mi permetteva di vivere, voleva rendermi come lui, eternamente morto. Ossessionato dalla morte. Aveva con se la mia pistola e mi sparò. Pensava avrebbe vinto in ogni caso: se la sua teoria fosse stata corretta mi avresti trovato morto, altrimenti sarebbe accaduto ciò di cui io avevo più paura: avresti scoperto il mio segreto nel modo peggiore, vedendomi morire … -
-Perché? Cosa accade quando muori? –
-Come ti dicevo, rinasco nel fiume più vicino … Nudo … Ma avresti assistito alla scomparsa del mio corpo e chissà cosa avresti pensato … Non avrei avuto il coraggio di tornare a cercarti, sapendo cosa avevi visto. Sarei fuggito, come tentai di fare dopo essere morto e svanito tra le braccia di Abigail. Per fortuna, quella volta, non potevo non passare da casa per salutare il mio piccolo Abraham: lei mi vide e mi fermò, mi tenne con sé.  –
Con dolcezza guardò Abe, che lo strinse a sé.

- Doveva essere una donna davvero eccezionale … Comunque abbiamo spuntato un’altra delle tue inspiegabili abitudini: i tuoi bizzarri bagnetti … - sorrise Jo.
- Ed ecco spiegata la tua conoscenza enciclopedica. Penso mi sentirò meno ignorante a fianco a te, d’ora in poi, sapendo che hai duecento anni di esperienza alle spalle. Vissuta sulla tua pelle per giunta. – aggiunse Lucas, cercando di alleggerire ulteriormente il clima. Non si poteva pretendere che quell’uomo continuasse a scavare così tanto nel suo doloroso passato. Sapevano la verità, per il momento era sufficiente.

Henry si accorse del gesto degli amici e accolse la tregua.
- In effetti conservo un libretto di appunti a proposito delle mie morti- confessò Henry –informazioni dettagliatissime, ve lo assicuro-
In quel momento squillò il cellulare della detective Martinez.
- Un nuovo caso … sei pronto a sfoderare le tue conoscenze secolari dottor. Morgan? –
- Certamente, detective Martinez, posso anche farvi un elenco dei dieci modi migliori per morire se volete – esclamò Henry con il suo tono ironico.
- Credo ne faremo felicemente a meno –  concluse Abe spingendo il padre verso l’uscita del negozio.

Mentre si avviavano Henry fermò Jo per un attimo.
-Senti … c’è una cosa ancora che dovrei dirti … -
Jo si mise in ascolto. Lui fece un lungo respiro. Aveva impiegato un po’ a comprendere gli ultimi pensieri che aveva provato nella ferrovia sotterranea, ma ormai aveva capito.
-Nella metropolitana, oggi, ho pensato sarei morto seriamente. Quando ho capito che eri li ho tentato di chiamarti, ma la voce mi si strozzava in gola. Non è mai bello morire. Ho pensato che avresti potuto trovarmi lì, inerme, senza che io ti avessi spiegato nulla, senza che tu potessi sapere e capire … Poi, per fortuna sono scomparso, come sempre, prima che tu arrivassi, ma non è questo l’importante. In quei secondi ho capito che mi interessava tu mi conoscessi davvero. Per questo, devo ammettere che è stato un sollievo vedere quella foto tra le tue mani. Mi ha messo con le spalle al muro ma mi ha costretto a stare davanti a quel che era giusto fare e che, in fondo, volevo fare, speravo di poter fare.  Sebbene in una foto, anche stavolta, Abigail mi ha impedito di fuggire. –

In fondo aveva sempre sperato di poterle svelare il suo lato nascosto, di potersi liberare da quel peso che portava da quando Abigail era scomparsa, ma gli era sempre mancato il coraggio, la giusta occasione. Era sempre risultato più semplice e sicuro inventare qualche storia, qualcosa che non avrebbe creato più di tanta confusione. Ma il solo pensiero che il tempo che aveva a disposizione potesse finire, l’idea di poter morire senza averle rivelato quel segreto, gli avevano fatto capire l’importanza di quella rivelazione, di quell’atto di fiducia. A volte è questo il vantaggio dell’essere mortali: mettere in evidenza ciò che conta davvero, ciò che realmente abbiamo a cuore.

- Grazie, Henry … - sussurrò Jo.
-Grazie di cosa? – chiese lui.
- Sono una detective ricordatelo, non mi sfuggono i dettagli … durante quel primo caso avevo visto giusto. Ti sei buttato anche tu dal palazzo, per proteggermi. Mi hai salvato la vita, Henry. Quindi, grazie. E chissà cos’altro hai fatto, cos’altro ti è successo mentre noi eravamo all’oscuro di tutto…-
- Jo non devi … - lei non lo fece finire.
- Ti chiederei quante volte ci hai salvati, ci hai protetti, ti chiederei perché hai aspettato tutto questo tempo per dire la verità, soffrendo nell’ombra. Ti chiederei quante volte sei morto finora, ma in fondo, non è questo che importa … Non vivere nel passato, ma nel presente, giusto? Quel che importa è solamente che ora non morirai mai più da solo –
Si guardarono a lungo, occhi feriti che si attendevano da tempo e si guarivano a vicenda. Poi, si baciarono. Un bacio colmo di un amore vecchio di secoli, eppure così vivo nell’istante. Henry si staccò un attimo per tornare ad osservare Jo. Le spostò una ciocca di capelli dietro un orecchio.
-Nel presente, qui ed ora, mai più soli. -

NDA: Ciao a tutti. Ho visto questa stupenda serie troncata dopo una troppo breve vita e non ho potuto, come molti, non fantasticare sul momento della rivelazione. Spero sia di vostro gradimento e di non essere andata OOC con i personaggi. Ho pensato di coinvolgere Lucas nella rivelazione perchè, stando ad alcune rivelazioni trovate sul web, pare che nel caso di una seconda stagione sarebbe stato lui a conoscere per primo il segreto di Henry. Attendo ansiosi i vostri giudizi e le vostre recensioni per conoscere le vostre critiche e ciò che, invece, vi ha felicemente colpito. A presto!

-Mary <3

 
  
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