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Autore: dishorder    07/09/2016    0 recensioni
Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita,
una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita
cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.





Dovrei tirarti la tua roba in faccia e mandarti via, dovrei riempirti di botte. Dovrei fare tante cose ma non faccio niente.
Mi sono sempre ripromessa che se mai qualcuno a cui voglio bene mi avesse tradita non lo avrei perdonato, ci sarei stata male, ma non avrei mai dato una seconda possibilità. E giuro ci sto provando. Ma con te è tutto diverso, non ci riesco. Non ce la faccio a lasciarti indietro, a mandarti via, né dalla mia mente né da me.
Mi hai delusa, mi hai rotta, distrutta . Mi hai reso niente con qualcosa che vale tutto e adesso ho la mente che rischia di scoppiare.
Sento le mie urla lontane; il rumore di qualcosa che si frantuma rimbomba nella mia testa, non capisco se sia il mio cuore oppure la tazza che fino a qualche minuto prima era sul comodino accanto al letto. Le lacrime cadono senza rendermene conto facendomi male, mi rigano il viso come lame. E tu sei davanti a me che cerchi di darmi una spiegazione inesistente, ti giustifichi dicendo che non eri consapevole di ciò che stavi facendo, mi chiedi scusa per la milionesima volta. Ma non ti credo, non puoi non esserne stato consapevole. Non puoi .
E la testa mi gira, sento di star per svenire ma continuo a piangere e ad urlare. Butto fuori tutte quelle parole che mi sono rimaste incastrate in mezzo al petto per troppo tempo. Grido di odiarti, di andartene via, di lasciarmi in pace, di non meritarmi tutto questo. E tu continui a negare, anche davanti all’evidenza neghi e mi chiedo come tu possa fare. Mi hai vista in faccia? Mi hai guardata almeno una volta? So cosa hai fatto, lo so io e lo sai anche tu, eppure continui a dire che non è colpa tua. E se odio le persone che tradiscono, detesto quelle che mentono. Quindi ti prego di stare zitto, di andartene, di smettere di dire bugie, di dirmi la verità. Mi reggo al muro perché non ho più le forze.
Mi hai annientata.
Cerchi di affermarmi con le braccia e io con le poche forze che mi sono rimaste ti allontano da me. Non riesco a guardarti o a toccarti senza pensare che quel corpo sia stato marchiato da qualcun altro. Qualcuno che non è me. E ho voglia di vomitare, di picchiarti, di sparire.
Hai promesso così tante volte che non avresti mai fatto una cosa del genere, che non mi avresti mai fatto un male così grande. Ed io ti ho creduto, sbagliando. Conoscevi le mie paure, sapevi cosa potevo sopportare e cosa invece mi avrebbe fatto crollare. Ma te ne sei fregato e adesso io a cosa mi aggrappo?
Ho quasi finito la voce - me stessa - e sto per cedere, non reggerò per molto.
Mi preghi di calmarmi, di crederti, di smettere di piangere. Mi dici che questo non è il modo per risolvere questa situazione e mi chiedo se c’è davvero un modo per poterlo fare. Ho la mente appannata e vorrei scappare da tutto questo. Vorrei svegliarmi e vedere che è stato solo un incubo, doloroso e distruttivo. Ma non lo è e io non riesco a perdonarti ma neppure a lasciarti andare e questo peso che sento sotto il petto non mi permette di respirare.
Continuo ad urlare ma la voce è finita e adesso dalla bocca escono solo mezze parole senza un filo logico. La gola brucia e pure gli occhi e ho le tue parole che continuano a tormentarmi la testa.
Cerco di trovare la forza per calmarmi e provare a guardarti in faccia, a darti un’altra possibilità anche se non dovrei. É così difficile prendere una decisione che può sconvolgere totalmente la propria vita.
Quando trovo il coraggio di guardarti tu lo stai già facendo, mi guardi con quello sguardo che le persone fanno quando sanno di aver sbagliato. E tu lo sai.
Mi preghi di lasciarti parlare e lo faccio, non ho più le forze per protestare. Mi siedo sul letto senza smettere di guardarti e aspetto. Aspetto qualcosa che so mi farà stare peggio. Cominci a parlare, smetti di negare e ti prendi le tue responsabilità. Mi dici che sono alcune settimane che non stai bene, non sai più chi sei e cosa vuoi. Mi racconti di aver passato notti insonni, passate a pensare, cercando di rispondere a domande a cui però non sei ancora riuscito a dare risposte. Continui dicendo che sai di aver sbagliato e che i sensi di colpa ti stanno a poco a poco divorando dentro. Vorresti in qualche modo rimediare al casino che sai di aver causato sia alla nostra relazione sia a me stessa. E continui a chiedere scusa ogni volta con una sfumatura diversa; passi dal pregare all’urlare in un battito di ciglia. Ed io vorrei perdonarti, vorrei riuscire ad accettare le tue scuse e provare ad andare avanti, a ricominciare da capo ma, anche se mi è difficile, non ci riesco. Quindi senza dire niente mi alzo dal letto e mi dirigo verso il nostro armadio, prendo le mie cose e le infilo dentro una borsa, mi muovo nella stanza sotto il tuo sguardo distrutto facendo attenzione a non cadere tra i pezzi di vetro (di noi) che sono per terra. Con un filo di voce ti sento dire di non farlo, di restare, di provare a perdonarti e sai che lo farei se non fossi fatta così male, se non fossi così complicata. Ma lo sono e lo sai anche tu.
Dopo aver preso tutte le mie cose mi infilo le scarpe ed esco dalla stanza senza guardarti, arrivo davanti al portone, mi metto il cappotto e prima di uscire sussurro un qualcosa che potrebbe sembrare un ‘mi dispiace’ - anche se non ne sono sicura nemmeno io (lo è) - e lascio cadere sul piccolo tavolo accanto all’attaccapanni le chiavi di quell’appartamento che d’ora in avanti sarà più vuoto e spoglio e in cui - purtroppo - non tornerò più.




  
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