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Autore: papaverirossicomecuore    07/09/2016    1 recensioni
[Kal ho naa ho]
Mi ricordai della prima volta che lo vidi, si era messo in mezzo alla strada del quartiere a ballare e a cantare con i ragazzi e i bambini della zona, fino a quando non uscii alla finestra urlando come una pazza perché io volevo silenzio, solo allora lo vidi, ne rimasi incantata e pure lui si fermò a guardarmi, le prime parole che mi rivolse furono: “Ciao quattrocchi” mi arrabbiai tantissimo, lo odiavo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mancanza di cuori
Ero seduta accanto a lui su quel letto d’ ospedale, lui disteso.
Aveva un camice bianco con le maniche lunghe, forse anche troppo, la sua carnagione scura non era più di quel color cappuccino, ormai era di un olivastro mal sano, sotto gli occhi chiusi aveva delle occhiaie marcate e violacee.
Guardavo il suo volto che fino a pochi giorni fa trasmetteva esuberanza, i suoi capelli neri come l’ onice tutti arruffati.  Spostai lo sguardo sulle sue grosse mani distese vicino al corpo che giorni prima mi avevano stretta in un abbraccio forte e caloroso, io piangevo e lui pure, lo capii perché il nostro petto sobbalzava cercando di cacciare giù le lacrime e i singhiozzi, ma non c’era verso,così ci abbandonammo entrambi al pianto quel giorno era il mio matrimonio e capimmo entrambi che il destino non ci voleva insieme.
Continuavo a guardare le sue mani, le sue nocche, le sue dita affusolate, avevo l’ impulso di prenderle e avvicinarle al mio volto bagnato dalle lacrime e baciarle, ma non lo feci.
Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla destra, la strinsi: “Naina, andiamo a casa, lasciamolo riposare” era mio marito, Rohit, ci eravamo sposati due settimane fa, stavamo per andare in luna di miele quando la madre di Aman chiamò dicendoci che lui aveva avuto un infarto e che adesso stava male; raggiungemmo immediatamente l’ ospedale senza pensarci due volte, non avevo il minimo ricordo del tragitto.
 Quando lo vidi mi misi a piangere, l’ allegria che vedevo ogni giorno sul suo volto era sparita e aveva lasciato posto ad un volto invecchiato e stanco, sembrava che Aman avesse cinquant’ anni quando lo vidi disteso su quel letto d’ ospedale, benché lui ne avesse solo trenta.
“No Rohit, voglio stare qui, vai pure” dissi a bassa voce per cercare di non svegliare Aman.
“Ma tesoro, devi riposarti anche tu, è da giorni che non vieni a casa a dormire, guardati …”  disse in tono amorevole, ma io non volevo andarmene, ad Aman rimaneva poco tempo, non potevo lasciarlo da solo, l’ avevo già abbandonato una volta.
Rohit insisteva, ma io gli dissi di andarsene e di lasciarmi qui, alla fine cedette e se ne andò.
Rimasi lì immobile a guardarlo per tutto il tempo, e iniziai a vagare nella mente facendo venire a galla tutti i ricordi.
Mi ricordai della prima volta che lo vidi, si era messo in mezzo alla strada del quartiere a ballare e a cantare con i ragazzi e i bambini della zona, fino a quando non uscii alla finestra urlando come una pazza perché io volevo silenzio, solo allora lo vidi, ne rimasi incantata e pure lui si fermò a guardarmi, le prime parole che mi rivolse furono: “Ciao quattrocchi” mi arrabbiai tantissimo, lo odiavo.
 Quella stessa sera si autoinvitò a casa mia a mangiare, ficcava il naso ovunque e quando mi alteravo lui andava a nascondersi dietro mia madre e le diceva: “Ma è nata così o lo è diventata col tempo” poi io facevo per ribattere e lui continuava: “Ci è proprio nata così” e tutti si mettevano a ridere mentre io me ne andavo via con il fumo che fuoriusciva dalle orecchie.
Una sera ero come sempre arrabbiata, quando lui mi prese in disparte e mi disse: “Che problema hai?” io lì per lì non capii bene cosa volesse intendere, ma lui continuò: “Perché sembra che tu ce l’ abbia con il mondo intero? Scommetto che non sei capace nemmeno di sorridere” io gli dissi che non era vero e che la doveva smettere, ma lui disse “Bene, se ne sei capace dimostralo, dai, uno, due, tre sorridi” mentre diceva quella frase poggiò le sue lunghe dita agli angoli della mia bocca e delicatamente tirava le estremità per farmi sorridere, ma io non riuscivo e solo allora capii che tutto ciò che diceva lui era vero: avevo scordato come si sorridesse. Ero così arrabbiata perché sapevo che ciò che diceva era vero, stavo per parlare quando mi zittì e mi disse: “Dovresti guardare la vita con gli occhi di qualcun altro per capirne veramente  il valore, ti renderesti conto che sei veramente fortunata; per cui adesso devi iniziare a sorridere e ad essere felice, perché chissà, forse potrebbe non esserci un domani e potresti pentirti di non aver vissuto come avresti voluto” lo guardai, capii cosa volva dire con quella frase, ma non cosa volesse intendere e prima che potessi chiederglielo era già andato via.
Mi ricordai di quando capii che ero innamorata di lui ed andai a dichiararmi, suonai a casa sua con un mazzo di rose che mi aveva dato Rohit, lui mi aprì e il cuore iniziò a battere aritmicamente, mi guardò dicendo : “No grazie, non siamo interessati alle rose” e mi chiuse la porta in faccia scherzando e poi la riaprì facendomi accomodare sul divano, mentre cercavo di trovare le parole giuste per dirgli cosa provavo, vidi una foto di lui con una donna bellissima con l’ hennè alle mani e un sari da sposa, gli chiesi chi fosse e lui mi rispose che era sua moglie, disse anche che avevano litigato un po’ di tempo fa e lei era venuta in America e lui l’ aveva seguita per cercare di riappacificarsi. Quando me lo disse rimasi impietrita, non ascoltai nulla di tutto ciò di quello che disse, mi alzai dal divano e mi diressi verso la porta e uscii senza ascoltarlo mentre mi diceva di fermarmi per cena. Rifiutai freddamente cercando di trattenere le lacrime e senza voltarmi verso di lui, appena uscita gettai quelle rose rosse maledette sul marciapiede bagnato dalla pioggia.
Corsi sotto l’ acquazzone senza fermarmi, il petto mi stava per scoppiare e il cuore ormai a pezzi faceva male.
I giorni seguenti non riuscii nemmeno a guardarlo in faccia.
Le settimane passavano e presto il freddo inverno cedette il posto alla primavera, ma il mio cuore a pezzi non fiorì come fecero i fiori, molto spesso lo sentivo far male, soprattutto quando vedevo Aman passare davanti a casa mia.
Durante quel periodo cercai di avvicinarmi a Rohit, lui iniziò a comportarsi in modo strano e io iniziai a provare qualcosa più di un’ amicizia per lui, solo dopo un po’ scoprii che era un piano di Aman per cercare di rimediare al danno che aveva fatto, in parte ci era riuscito, ma sentivo che il mio cuore avrebbe ripreso a battere solo per lui, ma convinsi me stessa che avrei potuto dare a Rohit una chance.
Così fu e ben presto Rohit mi chiese di sposarlo e io accettai.
Finalmente sembrava che la mia vita stesse andando per il verso giusto, che tutto stesse andando per il meglio, ma purtroppo dietro l’ angolo c’era un altro duro colpo.
Stavamo facendo spese per il fidanzamento, quando incontrai la moglie di Aman e le chiesi come andasse e lei mi disse che stava comperando un anello per il loro anniversario di matrimonio, quando le chiesi se anche Aman fosse qui lei mi disse di no, che era con suo marito, iniziai a non capire, dopo pochi istanti si avvicinò a lei un uomo indiano alto; salutò me e Rohit e disse che Aman era un loro amico e che grazie a lui si erano conosciuti, riteneva che Aman fosse fortunato ad avere degli amici come noi in questi ultimi giorni della sua vita. Sua moglie cercò di azzittirlo, ma lui continuò dicendo che Priya (sua moglie) era la dottoressa di Aman, aveva un problema al cuore ed aveva bisogno assolutamente di un donatore, ma purtroppo non riuscivano a trovarlo.
Aman stava per morire.
Aman stava per lasciarmi.
Sentii le mie ginocchia quasi cedere, ma mi appoggiai a Rohit per non cadere, avevo una confusione nella mia mente, tutti i momenti trascorsi con Aman mi apparvero in un ordine confuso, ma subito dopo capii: anche Aman mi amava. Ogni cosa che aveva fatto da quando ci eravamo conosciuti ad oggi erano simboli del suo amore nei miei confronti; come il gesto di rinunciare a me per non farmi soffrire e avvicinarmi a Rohit per non lasciarmi sola in quel mio dolore che presto si sarebbe ritrasformato in odio verso il mondo, come prima che arrivasse Aman.
Quel giorno corsi piangendo verso il mio posto preferito, dove mi sentivo più a casa, quel posto dava sull’ oceano Atlantico, ma ciò che separava me e l’ azzurro più intenso era una ringhiera di metallo; quando giunsi lì trovai lui, tutto sudato, aveva una faccia stanca e sembrava piangesse; la presunta moglie di Aman doveva averlo avvertito di ciò che ci era stato riferito.
Ci guardammo da lontano, io con gli occhi rossi dal pianto e lui con gli occhi pieni di lacrime e un cuore che stava per abbandonarlo.
Lui si staccò piano dalla ringhiera e si mise dritto, aprì le braccia e io gli corsi in contro, lo abbracciai, lo strinsi a me più che potevo, misi una mano sul suo cuore e lo guardai piangendo.
Affondai la mia faccia nel suo petto mentre lui continuava a stringermi, lo sentivo singhiozzare a volte, gli dissi: “Anche tu mi ami, perché stai facendo questo, perché mi abbandoni” e lui rispose: “No Naina, io non ti amo, Rohit ti ama, io no” volevo rispondergli che nessuno al mondo mi avrebbe amata come mi stava amando lui, ma non lo feci, un po’ perché le lacrime avevano sostituito le parole, ma soprattutto perché volevo sentire questo momento fin dentro l’ anima, volevo sentire ancora per un po’ il suo piccolo cuore battere in modo irregolare, volevo sentire il suo respiro sfiorarmi i capelli dall’ alto, avrei voluto sentirlo sempre qui e non lasciarlo più.
I miei ricordi vennero interrotti da un suo piccolo movimento, la sua mano stava stringendo la mia, era debole, lo sentivo dalla stretta. Aprì gli occhi e mi guardò e anche io feci la stessa cosa cercando di non piangere, le sue labbra si arricciarono in un sorriso, quanto avrei voluto baciarlo in quel momento, quando avrei voluto sfiorare le sue labbra per sentire ancora di più il suo amore, ma purtroppo non potevo, ormai ero una donna sposata.
Presi la mano con cui stava stringendo la mia, la baciai e la misi sul mio volto e poi sul mio cuore, la tenni lì per fargli capire che il suo cuore non era l’ unico che stava andando a pezzi, non era l’ unico che stava cedendo; c’ era anche il mio.
Mi guardò intensamente, ora il suo sorriso era scomparso e aveva lasciato spazio ad un’ espressione sofferente, prese la  mia mano, lentamente la portò alle sue labbra e baciò lentamente ogni dito, poi sempre con lentezza la portò sulla sua guancia, al tocco sentivo la sua guancia ispida per la barba che stava ricrescendo, poi spostò la mia mano sul suo cuore e lì lo sentivo battere ancora e per me la cosa era un sollievo, ma sapevo che da un momento all’ altro quel ritmo che lo teneva in vita poteva cessare e portarlo via da me.
“Naina, sei stata l’ unica donna, oltre a mia madre, che io abbia mai amato. Ogni cosa di te, in qualche modo apparteneva anche a me: ogni tua sfuriata quando non mi sopportavi, ogni tua lacrima perché le cose non andavano per il verso giusto, ma anche tutti i tuoi bellissimi sorrisi che illuminavano le mie giornate. Vederti sorridere dopo anni che non lo facevi più ha fatto rinascere anche me, sembrava che la vita avesse più senso, sembrava come essere rinati. Ogni volta che ti vedevo passare sotto casa, il mio cuore sembrava guarire e ogni volta che andavi via, tornavo quasi come prima, ma con un bellissimo ricordo in più.” Fece una breve pausa e continuò: “Amo i tuoi capelli lasciati andare al vento, ma soprattutto li amo quando li raccogli in una piccola coda perché in questo modo lasciano spazio al tuo bellissimo viso. I tuoi occhi, il tuo sorriso, ma soprattutto impazzisco per le tue fossette, cavolo se le amo, non posso farne a meno.
Dolce Naina che dai vita al mio cuore, vorrei potessi realmente guarirlo in modo che io possa guarire anche il tuo. Qualsiasi cosa succederà, voglio che tu sappia che non potrò mai dimenticarti e non lo farò perché non voglio. Tu sarai mia per sempre e io ti amerò anche oltre, fino alla morte e anche dopo essa, tu sarai solo mia.” In quell’ istante entrò Rohit, cercai di asciugare le mie lacrime, ma loro continuavano a scivolare via senza sosta, uscii dalla stanza d’ ospedale, li guardai di nascosto dietro la porta che lasciai socchiusa, sentii quel che Aman disse a Rohit: “Rohit, promettimi una cosa” “Cosa?” chiese Rohit “Che Naina in questa vita è tua, ma in ogni vita dopo di questa sarà mia, promettimelo” “Te lo prometto” disse Rohit. “Un’ altra cosa” aggiunse Aman “Non lasciare che le sue fossette svaniscano, amala come l’ avrei amata io se avessi avuto più tempo”
In quel momento l’ apparecchio accanto al suo letto iniziò a proiettare linee sempre più frequenti, in quell’ istante spostai Rohit e presi la mano di Aman: “Non abbandonarmi Aman, non adesso, per favore resta. Io ti amo Aman.” le mie lacrime cadevano tutte sulle sue mani, in una smorfia di dolore fece riuscì ad accennare un sorriso prima che la linea sulla macchina divenne piatta.
In quell’ istante, come il suo cuore aveva smesso di battere, anche il mio si era in qualche modo fermato, mi accasciai a terra e piansi e mi disperai.
Dopo quel momento non capii più nulla.
Una parte della mia felicità era andata via con lui.
Una parte del mio cuore apparteneva a lui.
Ora giacevo su quel pavimento freddo, come le sue mani che un tempo erano così calde e accoglienti, lacerata dentro e abbandonata alla disperazione, ma con la speranza che in una vita prossima avessimo potuto completare la nostra storia incompleta.

*Spazio autrice*
Ciao a tutti, sono ritornata su efp dopo tanto di quel tempo.
Questa storia è stata scritta seguendo la trama del film indiano Kal ho naa ho ( chi volesse guardarlo è disponibile anche con i sottotitoli in italiano).
Non ho avuto tempo di rileggerla, segnalatemi gli eventuali errori.
Grazie a tutti.

 
   
 
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