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Autore: jacksmannequin    07/09/2016    1 recensioni
[Pete/Patrick] [Brendon/Ryan] [Eventual OT3] [Noir, 50s] [Traduzione]
Sembrava un caso semplice per Patrick Stump. Rintracciare Ryan Ross, musicista di Las Vegas in fuga in California, e farlo riunire con i suoi amici preoccupati. Ma, come ogni investigatore privato dovrebbe sapere, non esistono casi semplici. Dalla città degli angeli a Sin City e ritorno, Patrick scopre che le luci accecanti rendono solo le ombre più buie, e risolvere questo caso non sarà una passeggiata al parco.
Tutto ciò senza Pete Wentz. Cliente. Informatore. Guai avvolti in charm e tatuaggi. Può aiutarlo a risolvere il caso, o lo distrarrà abbastanza da farli uccidere entrambi? Scopritelo in 'The Cat's Miaow'.
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Attenzione: questa storia non è mia, ma una traduzione dell'originale di Pennyplainknits di Archive Of Our Own.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cobra Starship, Fall Out Boy, Panic at the Disco, The Academy Is
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Mi sedetti ad un tavolo nella tavola calda di Bert il giorno successivo e rimasi ad ascoltare Joe lamentarsi dell'ora a cui lo avevo tirato fuori dal letto finché la sua tazza di caffè non venne riempita. Bert in persona stava facendo a pezzi carne tritata sulla griglia e mi rivolse un cenno stentato, capelli già appiattiti dal calore del fuoco. Il prezzo da pagare era tentare di ignorare le sue operazioni di scherma, ma nessuno faceva delle omelette migliori delle sue.

Addolcito dal caffè, le proteste di Joe si placarono.

«Sei preoccupato», dissi in una pausa della conversazione, «parlerò con Hurley, ho pensato che volessi aggiungere la tua.»

«Preoccupato, sì», rispose cupamente. «Hank ha passato la giornata che avrebbe dovuto usare per continuare le riprese a mettersi in unione spirituale con le stelle.»

«È fuori dalla crew?»

«Hanno già abbastanza da fare senza di lui, ma se ho un minimo di intuito questo è l'ultimo film che farà con loro. Tutto quello sforzo sprecato.»

Passai a Joe la lista che avevo compilato. «Altro da aggiungere, prima che gliela dia?»

Joe la lesse brevemente, seguendo le frasi che si susseguivano con rapidi movimenti degli occhi. Prese una penna dalla tasca della giacca e scrisse qualche frase. «Hank», mi spiegò. «Altri due attori si sono presi una pausa per la stanchezza, o così dicono.»

«Credevo che 'stanchezza' significasse 'gravidanza'», replicai.

«Significa 'non vogliamo dirvi tutta la storia, quindi speriamo che voi non chiediate nulla'», si intromise Bert. Appoggiò la mia omelette sul tavolo. Non avevo mai fatto un ordine in vita mia lì, eppure non ne ero mai rimasto deluso. Joe prese i suoi pancakes con un cenno.

«Questo è tutto», concluse.

Volevo chiedere a Bert se avesse sentito qualcosa, ma non conosceva Joe, quindi non avrebbe parlato. Il detective Hurley apparse dal nulla e si infilò accanto a noi, diminuendo ulteriormente le possibilità di far cantare Bert, con un odore simile a quello di qualcuno che ha passato troppo tempo in bar pieni di fumatori.

«Scelta interessante, Stump», mi salutò, chiaramente riferendosi al luogo. Scosse la testa all'offerta di caffè e si versò un bicchiere d'acqua.

«Abbiamo tutti delle preferenze», replicai. «Detective, Joseph Trohman. È un agente, ma non si faccia scoraggiare dalla cosa.»

Joe arricciò il naso, rivolgendomi uno sguardo poco amichevole, ma si limitò a stringere la mano di Hurley. «Joe.»

«Andy.» Diede il suo ordine alla cameriera e si voltò verso di me. «Aveva detto di avere qualcosa per me, Stump.»

«È così. Ho chiesto a Joe perché è stato lui ad avermelo fatto notare.»

Passai il foglio con gli appunti di Joe a Hurley. Nell'attesa che dicesse qualcosa, rivolsi nuovamente la mia attenzione alle uova.

«È tutto incentrato sugli studios», disse Joe.

Hurley alzò lo sguardo. I suoi occhi sembravano stanchi, e dava l'impressione di non essersi fatto la barba. Notte complicata, a quanto sembrava.

«Contrariamente a ciò che voi ragazzi superficiali pensate, Hollywood non è il centro dell'universo. Questa faccenda non riguarda solo gli studios.»

«In base a cosa lo dice?» chiesi.

«Non lo so con precisione», ammise. La cameriera gli appoggiò davanti un piatto di porridge, e Joe gli passò lo sciroppo dall'altra parte del tavolo. «Qualcos'altro fuori dal comune?»

Gli raccontai tutta la storia dei sindacati. Joe si introdusse nella conversazione. «La Monumental ha iniziato a produrre un film questa settimana. Tutta la crew non era in città la settimana scorsa; una squadra completamente nuova. Questo sì che è inusuale. Ho sentito che le riprese di Levine sono state interrotte per tre giorni perché i costruttori avevano affermato di non essere riusciti a finire in tempo.»

«Industria in crisi?» chiese Hurley. Sembrava scettico.

«È iniziato tutto insieme ai problemi con la droga», dissi, «ed io non credo nelle coincidenze.»

Finii il mio caffè e attesi una risposta.

«Se le due cose sono collegate», disse lentamente, «lasci che se ne occupi la polizia. Sappiamo cosa stiamo facendo.»

«Mi ha chiesto di farle sapere se avessi sentito qualcosa. L'ho fatto, e ora mi state dicendo di lasciar perdere. Ha intenzione di fare qualcosa?» dissi, irritato. Mi aspetto di essere preso sul serio, ed avevo una spiacevole sensazione di essere stato preso in giro.

«Ci stiamo lavorando.» Ebbe la grazia di sembrare un po' mortificato. «Grazie per l'informazione, la aggiungerò a ciò che già sappiamo. Ora, se volete scusarmi, ho appena finito il mio turno e sono impaziente di fare amicizia con il mio cuscino.»

Si diresse verso la porta, lasciandoci a guardarlo andarsene.

«Quindi è finita così?» mi chiese Joe.

«A meno che tu non abbia voglia di pagarmi per ignorare altri casi e concentrarmi su questo, sì. Ha tutto ciò che sappiamo e più aiuti di me.»

Bert si avvicinò per riempirmi la tazza.

«Ha qualcosa a che fare con il nuovo spacciatore cittadino?» chiese.

«Ci stavi ascoltando?» gli chiese Joe.

«So leggere le labbra.»

«Hai sentito nulla riguardo della... merce?» chiesi con prudenza.

«Sai che è qualcosa che tendo ad evitare oggigiorno», rispose, toccandosi il braccio come se fosse stato un riflesso condizionato.

«Qualcos'altro fra i tuoi altri interessi che potrebbe aiutare?» Si limitò a fissare Joe con insistenza, finché quest'ultimo non sbuffò e si andò a sedere vicino alla cassa. Bert riempì la tazza inutilizzata di Hurley e se la portò alle labbra.

«Il tuo amico agente. È preoccupato per i sindacati.»

«Roba nuova», dissi. «Possibilmente marcia.»

Annuì con un verso di assenso. «È ciò che pensavo. Passavo parecchio tempo nei loro uffici, a vedermi con qualcuno riguardo qualcosa che dovevano trasferire. E ho visto qualcuno che ho riconosciuto. Spostava strumenti, tutto concentrato a non allontanarsi dalla retta via.»

«E?» lo spinsi a continuare.

«L'ultima volta che l'ho visto è stato a Salt Lake City, a rompere teste per chiunque pagasse la ricompensa del momento. Ora, magari ha cambiato i suoi soliti posti, tipo me.» Fece un gesto verso il locale.

«O magari qualcuno sta pagando quella ricompensa del momento.»

«Come hai detto tu», Bert si alzò, «non credo nelle coincidenze.»

«Grazie, ti devo un favore.»

«Puoi ricambiare evitando di portare sbirri nel mio locale.»

***

Passai il resto della giornata a fare commissioni. Depositai tutti gli assegni in banca e stetti fin troppo tempo in fila all'ufficio postale a spedire fatture. Presi uno dei sandwich di Suarez per pranzo e riuscii a nasconderlo al bibliotecario mentre controllavo certificati di matrimoni e nascite. Sbrigai tutte le pratiche che avevo sulla scrivania con le finestre aperte, ascoltando i suoni provenienti dalla strada. Una volta tornato a casa, chiusi le tende e suonai il pianoforte finché non sentii i vicini battere contro il muro.

Passai il giorno seguente nello stesso modo. Ricerche, commissioni, controlli; leggendo i registri di polizia e i giornali. Nulla fuori dall'ordinario, finché non tornai a casa e trovai Pete Wentz seduto sulla soglia di casa mia.

«Tesoro, sei a casa», mi salutò. Si alzò in piedi e si tolse della polvere dai pantaloni. Qualunque cosa stessi per dire mi rimase bloccata in gola. «Non hai intenzione di salutarmi? Ho aspettato per tutto il pomeriggio.» Aveva la faccia di qualcuno che aveva viaggiato troppo a lungo.

«Cosa ci fai qui?» riuscii a chiedere.

«Ho un caso per te.»

«Non ho ancora ricevuto il pagamento per l'altro.» Dovevo mantenermi sul professionale. Vederlo era stato un brutto colpo. Strinsi le mani a pugno nelle mie tasche per trattenermi dal fare qualcosa di stupido. Il rumore di un clacson risuonò in lontananza, ma tutto ciò che riuscivo a sentire era Sinatra.

Pete mi sventolò in faccia una busta.

«È tutto qui», affermò. «Immagino che tu preferisca contarli in qualche altro posto che non sia sulla porta.»

Quell'ultima frase mi fece riscuotere dal mio stupore. Non volevo di certo parlarne in strada, qualunque fosse stata la ragione dell'improvvisa ricomparsa di Pete. Mi seguì all'interno. Appoggiai il cappello e la giacca all'appendiabiti. Non disse una parola, lasciando che il silenzio si propagasse fra di noi. Lo guardai, in piedi nell'entrata. Le sue ferite stavano sparendo, proprio come le mie. Teneva ancora la busta in mano. Mi tolsi la cravatta; lo sfregare della seta contro il cotone della camicia era fin troppo udibile nella stanza. La ridussi ad una palla e me la misi in tasca.

«Li conterò ora», dissi, tendendogli la mano. Pete non si mosse, perciò mi avvicinai a lui e afferrai la busta. Prima che la situazione potesse sfociare in un litigio poco decoroso, appoggiò una mano sulla mia nuca. Sentii il suo fiato colpirmi il viso. Ero pronto ad un contatto fra le nostre labbra, ma si limitò ad appoggiare la fronte sulla mia. Dopo quella che sembrò un'eternità, disse: «Mi sei mancato.»

Non potevo mentirgli, ma non sapevo cosa sarebbe successo se avessi detto la verità, perciò non risposi. Credevo di aver memorizzato qualunque cosa lo riguardasse, ma avevo dimenticato quella scintilla di arguzia che caratterizzava i suoi occhi marroni e il calore delle sue mani. Sembrò riprendere a respirare all'improvviso non appena fece un passo indietro, liberandomi e porgendomi la busta. Fui felice di avere qualcosa con cui tenermi le mani occupate, così da non doverle usare con lui.

«È tutto lì.»

Contai il tutto rapidamente. C'era tutto e anche di più. Rimisi tutto nella busta.

«Mi hai pagato in più», dissi, «a meno che non la consideri indennità di rischio.»

Sorrise a quello che era uno scherzo malriuscito.

«Come ho detto, ho un altro lavoro per te. Pagamento anticipato.» L'ultima parola terminò con un colpo di tosse, facendomi realizzare che non avevo idea di quanto tempo avesse passato seduto sotto il sole cocente.

«Vieni», gli dissi, «ti offro da bere.»

Mi seguì in cucina, dove gli porsi un bicchiere d'acqua. Me ne versai uno a mia volta, appoggiandolo nel lavandino dopo averlo bevuto.

«Di solito vedo i miei clienti nel mio ufficio», dissi, cercando di riportare le cose dove sarebbero dovute essere.

«Ma io non sono un cliente.»

Rimasi a guardare l'acqua scendere dal rubinetto.

«Lo so», mormorai. «È più semplice ritenerti tale.»

«Quindi ho qualche effetto su di te.»

Mi costrinsi a guardarlo. Invece del sorriso compiaciuto che mi aspettavo, trovai solo contentezza.

«Sai che è così.» Sapevo che gli stavo offrendo una porta spalancata, ma lo dissi comunque. Spostai lo sguardo in direzione del pavimento. «Semplicemente non credo che tu sia serio in ciò che mi suggerisci.» Mi morsi la lingua, desiderando di non aver mai aperto bocca. Guardai le scarpe di Pete muoversi verso di me.

«Vorrei scambiare due parole con chiunque sia stato a renderti così cauto», disse alla fine. Sentii il freddo della sua mano – probabilmente causato dal bicchiere d'acqua – sulla mento non appena la usò per farmi alzare lo sguardo. Premette le labbra sulla mia fronte in un bacio quasi inesistente.

«Cosa vuoi, Pete?»

«Voglio che mi ascolti, e che tu mi creda quando dico di essere serio. Possiamo andare a sederci da qualche parte?»

«Da questa parte.» Lasciai il denaro sul tavolo della cucina. Nel salone, la luce pallida del tardo pomeriggio rendeva la sua pelle quasi dorata. Si guardò intorno, ed io mi chiesi cosa avesse visto.

«Suoni il piano?» Sembrava quasi deliziato. «Non me l'avevi detto.»

«Non mi sembrava rilevante.»

«Dovresti sapere ormai che qualunque cosa ti riguardi lo è.» Prese uno spartito in mano per poi posarlo subito dopo, come se non sapesse cosa fare per tenersi occupato.

Mi sedetti sulla poltrona, in modo da farlo sedere accanto a me. A giudicare dalla sua espressione, sembrava sapere cosa stesse facendo. Si sedette sul divano e si sporse in avanti per guardarmi.

«I soldi in più sono per il caso. Spero che li accetterai. È la tua tariffa giornaliera per due settimane; posso aggiungerne altri se impiegherai più tempo. Bill ha dato il tuo biglietto a Ryan. Avresti potuto dirmelo al telefono, ma capisco perché non l'hai fatto.»

«Che significa?» Mi sarei dovuto limitare a chiedergli del caso. Si mise a giocare con un filo sporgente del divano e continuò.

«Sono qua davanti a te, a cercare di parlare di affari, ed è dura. Lo è perché potresti convincermi a mandare tutto a quel paese e portarti a letto con una sola parola.»

Mi mancò il respiro a causa della semplicità con cui l'aveva detto. Smise di armeggiare con il filo e mi toccò la mano.

«E so che se tu avessi provato la stessa cosa, non avresti voluto cadere in tentazione parlandomi. Perché l'avrei sfruttata. Ci avrei provato durante ogni secondo di quella telefonata, proprio come voglio provare ora.»

La sua voce era sommessa e profonda. Ipnotizzante. Non riuscivo a distogliere lo sguardo.

«Pete –» iniziai. Non seppi come continuare la frase.

«Cinque ore di viaggio sono tante per pensare, senza contare le settimane prima. Non sto cercando di prenderti in giro. Sono serio. Se vuoi che la smetta, puoi dirmelo. E parleremo del caso, e forse lo accetterai o forse no. Altrimenti, continuerò a tentare, e continuerò a sperare. Questo è tutto.

«Bel discorso», dissi, cercando di sdrammatizzare e fallendo miseramente.

«È tutto vero.» Sembrava che ci credesse. Che Dio mi aiuti, ma stavo iniziando a crederci anche io.

«Parlami del caso», dissi alla fine. Mi allontanai per prendere un taccuino.

«Non mi hai detto di smetterla.»

«Esatto.»

Il suo sorriso fece invidia alle luci dei teatri cinesi.

«Ryan ha ricevuto il tuo messaggio», disse, tono improvvisamente vivace. «E una volta che l'agente DeLeon è riuscito a convincere Ryan che non gli mancavano le elementari, l'ha fatto parlare.»

«Perfetto», commentai.

«E gli ha creduto, o almeno così mi ha detto Ryan. Avevi ragione. Senza prove non hanno potuto fare nulla, anche se hanno deciso di interrompere le indagini. Neumann è un pezzo troppo grosso e non riescono a trovare prove.»

«Ho visto uno degli articoli di Miss Bergman. Sembrava sicura che stesse succedendo dell'altro.»

«L'aveva detto Ryan, ricordi? Neumann sta pianificando qualcosa di più grande – Z ne ha sentito parlare, Bill anche e, quando ho iniziato ad ascoltare, anche io. Sta espandendo il suo impero e l'espansione è qui. Deve essere così.»

«Ci sta», dissi, prendendo appunti mentre pensavo ad alta voce. «Il mio contatto nella polizia, e il mio amico Joe. Anche loro stanno notando delle cose. Qualcosa che ha a che fare con gli studios. Qualcuno che sta tentando di farsi una nomea spacciando droga.»

Pete sorrise. «Mi piace vedere quel cervello mentre lavora.»

«Hai detto che c'era un caso. Cosa vuoi che scopra? Non posso fare altro per ripulire il nome di Ross oltre a quello che già abbiamo fatto. Gli sbirri non hanno preso provvedimenti e credo che sarà il massimo che otterrai.»

«Continua a scavare, quello è il caso», replicò. «Sii una distrazione. C'è qualcuno a Vegas che sarebbe contento di vedere gli affari di Neumann messi sotto il microscopio, tanto per dire.»

«Questo qualcuno sarebbe Mr Saporta?»

Pete annuì.«Credo sia stata un'idea di Bill, in realtà. Ryan è ancora nell'attico; penso sia più spaventato per Spencer che per se stesso. È stato Gabe a prestarmi i soldi, ma sono abbastanza sicuro che non li rivorrà indietro. Se trovassi abbastanza prove contro Neumann, qualcosa che gli sbirri non potrebbero ignorare –»

«La cosa lascerebbe Mr Saporta il pezzo più grosso della scena», conclusi al posto suo. Era elegante, bisognava concederglielo.

«E quindi Ryan si sentirebbe al sicuro», aggiunse. «Potrebbe addirittura aiutare Brendon.»

«Immagino che non sappia ancora che Ryan è in città?» chiesi. «Come l'ha presa Mr Ross?»

«Credo che Spencer stia facendo il possibile per distrarlo.»

«Questo spiega la situazione. Ma tu? Anche tu avresti potuto fare quella telefonata.»

«Volevo vederti», affermò. «Voglio sempre vederti. E poi, eravamo una buona squadra; sono qui per aiutarti.»

«Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di aiuto?»

«Due è meglio di uno. Accetterai il caso?»

Mi ero preparato senza la prospettiva del pagamento. Se qualcuno aveva intenzione di pagarmi per tranquillizzare Joe e scacciare un ratto dalla mia città, chi ero io per dire di no?

«Lo farò, anche se non capisco dove tu abbia intenzione di stare. Suppongo che Ryland abbia assolto da un pezzo il suo debito.»

«Qui», disse semplicemente, come se già sapesse che non avrei protestato.

«Qui?» Pete annuì.

«Qui. Perché non hai detto di no. E se decidi di dire di sì, voglio accertarmi di essere da queste parti.»

***

«Come sei finito a fare questo lavoro?» Voltò una pagina del registro del sindacato, alla ricerca di nomi familiari. «Non hai mai voluto cantare? E non dirmi che non sei abbastanza bravo. Sono del mestiere, certe cose le capisco.»

«Cantare e spezzare il cuore a mia madre?» gli chiesi retoricamente. L'aria in quell'ufficio era asfissiante, cosa che mi costrinse a rimboccarmi le maniche. «Non che fare l'investigatore privato sia molto più rispettabile rispetto ad un musicista.» Lanciai un'occhiata all'ufficio, chiedendomi quanto tempo ci rimanesse.

Pete continuò a scorrere l'elenco con un dito. «Sai, i soliti PI. A far perdere l'equilibrio alla gente e a spezzare cuori a destra e a manca.» Mi sorrise mentre lo diceva.

«Spezzare?» Mi appuntai i nomi delle persone a cui avrei dovuto fare qualche domanda più tardi. Sentii il tocco del piede di Pete contro il mio sotto il tavolo e alzai lo sguardo.

«Rubare, oserei dire.»

«Se mai mi dovesse succedere, avrò premura di restituirlo.»

Pete si sporse oltre la pila di libri e mi prese la mano, tenendola come avrebbe fatto un gentiluomo nel sedurre una signora.

«Tenete il mio», annunciò solennemente, «prenderò il vostro in cambio.»

Mi lasciai sfuggire una risata. «Smith aveva detto che eri un animo romantico.»

«Un giorno mi crederai.» Mi lasciò un bacio sul dorso della mano e me la restituì. Mi alzai in piedi e chiusi il libro.

«Ci sto arrivando», conclusi. Eppure, nel dirlo, mi accorsi che non suonava come una bugia.

   
 
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