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Autore: xhimmelx    08/09/2016    4 recensioni
Khloe ci prova a combattere contro i fantasmi del passato, ma sa che provare non basta. E allora si lascia sconfiggere da questi, più meschini e prepotenti di lei, cadendo quasi ogni notte in un abisso di rancore.
Cameron, invece, si ritiene più forte di tutti quei pensieri che le riempiono la testa ed è con sicurezza che le promette di aiutarla.
Una sicurezza che Khloe sembra odiare ma a cui, in fondo, è costretta ad aggrapparsi.
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FF SU CAMERON DALLAS.
ATTENZIONE: IL RATING DELLA STORIA POTREBBE CAMBIARE.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cameron Dallas, Nash Grier, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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With or Without you.


 
Capitolo 1.
 
 
 
Ti ho visto andare via sotto i miei stessi occhi, tu te ne andavi e io non potevo fare più niente per impedirlo. Perché, cazzo, sembrava che io e te ci volessimo ancora bene, sembrava proprio che io per te fossi importante. Ero dell'idea che io e te ci saremmo bastati e non ci saremmo stancati mai; io, te e nessun altro. Poi è arrivata lei e non so, pian piano io sono sparita. Me ne sono accorta troppo tardi che lei era man mano diventata più importante di me, o forse lo è stata sin dall'inizio, ma cosa posso farci? Perché io, porca puttana, ci piango ancora quando ti penso. E ti penso davvero spesso, forse tutte le sere, quando mi ritrovo sola in camera. Dicevi sempre che la nostra amicizia sarebbe stata al primo posto, mai rimpiazzata, ed ora eccoci qua, tu che hai occhi e tempo solo per lei e io che dico che non rincorro più nessuno. In fin dei conti è vero, io la voglia di rincorrerti e chiederti di tornare non ce l'ho più, perché in passato ti ho dato tutta me stessa, ci ho messo troppo di me nel nostro rapporto, e vedere adesso a che punto siamo finiti mi fa venire quella matta voglia di mandarti al diavolo. E vorrei farlo, lo sai? Ma non ci riesco, cazzo, non ci riesco perché la forza di perderti per sempre non ce l'ho, perché in cuor mio preferisco questa dannata situazione di silenzio, per poi magari ritrovarci un giorno, anziché non averti mai più. Diamine, quanto sono codarda. Mi sto solo facendo del male a desiderare di averti ancora qua, mentre tu cosa hai fatto? Sei partito, te ne sei andato senza dire niente. Perché io per te non esisto più, vero?
Anche oggi, come tante altre notti, sono sola in camera e ti sto pensando. Penso al male che, forse inconsapevolmente, mi hai provocato e mi stai provocando. Dici che è per colpa sua se noi non possiamo più stare insieme, ma dici anche che per lei ne vale la pena, buttando al vento sei anni di amicizia che io ancora tengo dentro. Spero solo che un giorno tu riapra gli occhi e ti renda conto che a causa di quella ragazza hai perso un'amica come me che ti ha voluto bene come MAI nessun altro ha fatto, perché tu per me eri tutto. Eri la mia via di uscita dai problemi, eri la mia risata, eri la mia giornata e la mia serata, eri il mio migliore amico mentre adesso sembriamo due estranei. Se non ho te non ho più nessuno. Gli amici ce li ho, è vero, ma nessuno prenderà mai il tuo posto. E poi come farei a fidarmi di nuovo di qualcun altro? Come farei ad affidare tutto il mio cuore ad un altro ragazzo che non sei tu? No, i veri amici non si rimpiazzano. Questa è un po’ la cosa che tu hai fatto con me, ma io non cadrò così in basso. Ti porterò con me a tua insaputa, qualsiasi cosa io faccia. 

Forse un giorno deciderai che sì, per me varrebbe la pena anche mandarla al diavolo, ma io non ti aspetto. Io non ti rincorro, perché mi sono stancata.
 
◊◊◊
 
Mi sveglio ripensando al casino di ieri sera, facendomi immediatamente aumentare il mal di testa. Non so da dove sia arrivata, di preciso, l’idea di rileggere le vecchie note del mio diario per fare un tuffo nel passato, fatto sta che tutto ciò che tempo fa ho scritto su quelle pagine, oramai stropicciate e consumate dalle lacrime, è quello che in realtà avrei voluto sputare in faccia a Grayson, unica e sola causa del mio malessere.
Tante volte, in questi lunghissimi due anni, mi sono ripetuta che non ne vale la pena, non per una persona che si ricorda il tuo nome solo nel momento dell'estremo bisogno, ma altrettante volte mi sono resa conto che io, senza di lui, non ci so stare. O meglio, a stare senza di lui mi ci sono ormai abituata, per questo mi limito a rimpiangere il passato. Sempre, specialmente la notte, quando mi ritrovo sola con tutti i miei fantasmi e nessuno sembra essere all'altezza di potermi consolare. Tante volte ho cercato di non pensare più a quanto stavamo bene insieme, sapendo che quella sensazione di stabilità non potrebbe mai più tornare. Ma non è da me mollare, non è da me lasciar andare ciò che è "vecchio" e gettarlo nell'oblio. È questo, sicuramente, il mio più grande difetto.
Al solo pensarci, il mal di testa mi è salito alle stelle, perciò decido che sia meglio alzarmi e prepararmi subito un'aspirina dall'effetto immediato. Dieci minuti più tardi, già lavata e vestita, sto fortunatamente meglio. È questa la parte della giornata che preferisco, il mattino: quando tutto sembra essere al suo posto e niente è così cupo da poterti abbattere. Basta camminare a testa alta, con gli occhi rivolti verso il sole, e trovi una soluzione a tutto.
Persino la folla che riempie la metro, non lasciandomi alcun posto a sedere, pare essere insignificante ai miei occhi. Anzi, vedere così tanta gente alle otto di sabato mattina mi mette quasi di buon umore. I miei pensieri mutano leggermente quando mi accorgo di essere schiacciata come una sardina, circondata da un minimo di quattro persone tutte rigorosamente alte, molto più di me. Una di queste, probabilmente ignara della mia presenza, mi finisce addosso urtandomi col suo braccio. Sento un lieve dolore alla spalla, perciò decido di voltarmi e, adesso di fronte a me, trovo un ragazzo confuso e mortificato.
-Sta più attento.-  Gli consiglio infatti, non volendo tuttavia risultare acida o nervosa. Come ho già detto, alla luce del sole riesco a sfoggiare la migliore parte di me.
-Scusa, non ti avevo vista.-   Ribatte prontamente lui, abbassando lo sguardo a causa della mia piccola statura. Poi mi rivolge un piccolissimo sorriso, come se questo possa bastare a farmi cessare il dolore alla spalla.
Mi dico sia meglio lasciar perdere, sentendo un attimo dopo il mio telefono vibrare nella tasca dei jeans. Lo prendo svelta e, non appena leggo il nome di Violet sullo schermo, rispondo immediatamente alla telefonata.
-Hey Khloe, passo da casa tua fra dieci minuti per uscire, va bene?-   Mi propone quest'ultima tutto d'un fiato, non lasciandomi neanche il tempo di salutarla.
-Ciao anche a te!-   Esclamo quindi con tono ironico, ridendo finalmente per la prima volta oggi.   -E comunque, sto andando al bar, devo lavorare.-  Le ricordo poi, ottenendo in cambio una risposta delusa.
Stacco la chiamata poco dopo, notando di essere quasi arrivata a destinazione ma, prima ancora che le porte possano aprirsi, il veicolo frena ancora una volta in modo brusco e lo stesso ragazzo di prima sbatte, di nuovo, contro di me.
Questa volta è lui il primo a farsi avanti.   -Giuro che non lo sto facendo di proposito.-  Scherza appunto, passandosi una mano fra i capelli in segno di imbarazzo.
-Ti credo, non preoccuparti.-   Rido quindi, per poi dargli le spalle e scendere dalla metro.
Il traffico, oggi, è eccessivo, ma questo non mi impedisce di arrivare a lavoro in tempo: alle otto e trenta in punto mi ritrovo davanti al Kings Road Cafe, uno dei locali più popolari di Beverly Hills, così da aprire con le chiavi consegnatemi la sera precedente. Ripensando al modo in cui ho ottenuto un posto qui, sul mio viso spunta un altro sorriso di puro divertimento.
Ero disperatamente alla ricerca di un lavoretto estivo, non potendomi permettere nulla di più a causa del liceo. Ero già stata rifiutata da ben dieci negozi, essendo ritenuta ogni volta priva di esperienza e "troppo occupata con la scuola". Dopo tutte quelle porte sbattute in faccia, mi ero quasi arresa all'idea di trascorrere ancora un'altra estate a spesa dei miei genitori. "Che peccato". Per questo mi ero recata a Beverly Hills, là dove anche solo camminando lungo i marciapiedi pullulanti ti sembra di vivere in un sogno. Avevo sempre amato quell'atmosfera lì, fatta per chi non ha il tempo di essere triste. Ero entrata, senza neanche accorgermene, al Kings Road Cafe, e mi ero automaticamente seduta ad uno dei pochissimi tavoli liberi. Rimasi lì per più di un'ora, a godermi quel magnifico cappuccino circondata da gente di tutti i tipi, quando all'improvviso un rumore assordante catturò la mia attenzione. Un cameriere, forse il più giovane, aveva fatto cadere il vassoio dalle sue mani e, con esso, il resto delle tazze colme di bevande.
-Tu!-   Lo richiamò severamente quello che doveva essere il suo datore, puntandogli intanto il dito contro.  -Sei licenziato!-   Gli comunicò poi, senza un minimo di pietà.
Il biondino, decisamente incazzato, si levò il grembiule e qualche minuto dopo abbandonò definitivamente il locale.
-Cazzo, è domenica e questo posto sputa gente dappertutto! Odio i nuovi arrivati.-   Sentii la donna lamentarsi ancora a lungo, in preda all'ira e alla confusione dovuta all'immensa fila che pian piano si affollava alla cassa.
Fu in quel momento che l'idea balenò nella mia mente, portandomi ad immaginarmi dietro al bancone del Kings Road Cafe. Mi dissi che sì, sarebbe stato decisamente difficile lavorare con un datore del genere, ma quella era pur sempre Beverly Hills. Ed io ero pur sempre disperata e in cerca di soldi. Con una botta di coraggio, mi alzai quindi dal mio tavolino e mi diressi verso il bancone, sentendomi dire più volte di rispettare la fila. Ma me ne infischiai ed arrivai a destinazione, trovandomi di fronte alla donna dai capelli rossi.
-Potrei darvi una mano.-   Proposi dunque, con uno sguardo ricco di speranza. La donna mi guardò con fare indeciso, desiderando palesemente una spiegazione migliore.   -Sto cercando lavoro e... Ho visto che avete bisogno di qualcuno.-  
I suoi occhi verdi mi squadrarono dalla testa ai piedi, come se questo bastasse a capire qualcosa di me. Ad ogni modo, pochi secondo dopo, forse a causa dell'eccessiva confusione, ottenni il posto. O, perlomeno, una possibilità.
-È un'eccezione! E questa è solo una prova, non ti pagherò.-   Aveva detto la “Signora Flores”.
Ed ora eccomi qui, cameriera al Kings Road da poco più di nove mesi, il che è un vero traguardo considerando l’attitudine parecchio “difficile” del mio datore. Tornando alla realtà, comunque, sistemo le mie cose nel piccolo stanzino dietro al bancone prima ancora che anche Nate, il mio collega, possa arrivare, ma, posando la mia borsa e cercando al suo interno il pettine che porto sempre con me, mi accorgo che qualcosa non va.
La mia agenda è sparita.
 



 
XHIMMELX.

Eh sì, proprio così. Per vostra sfortuna –o fortuna, se siete buoni e vi piacciono almeno un po’ le mie storie-, sono tornata, ed ho parecchie cose da dire su questa storia!
1) È la prima ff che scrivo su Cameron Dallas, ma spero di essere riuscita nel mio tentativo. Mi auguro davvero che vi piaccia perché, ad essere onesta, sono abbastanza soddisfatta del risultato.
2) Questa ff si concentra sul percorso di crescita della protagonista, Khloé, che ne ha viste tante e chi sa quante altre ne vedrà. Beh, questo misterioso Grayson di cui parla è naturalmente una persona che fa parte del suo passato ma che non riesce a cancellare al 100%, ma tranquilli: strada facendo si scopriranno più cose su di lui, nonostante non sia il protagonista.
3) I pezzi in corsivo che troverete all’inizio di alcuni capitoli sono, come avrete capito, pezzi del diario di Khloe. Ad ogni modo, dimenticando per un attimo questa ff, sono delle cose che ho scritto io tempo fa e che ho dedicato ad una persona. Quindi sì, diciamo che in Khloe c’è molto di me e questa è forse la ff che più mi appartiene.
Detto questo, spero di avervi convinti!
Alla prossima, xhimmelx.

 
   
 
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