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Autore: sedcetta    08/09/2016    1 recensioni
"C'era una luna enorme e stranamente bassa all'orizzonte, quella notte di luglio in cui Maddalena Serafico di Vincisguerra scomparve." Questo è l'inizio di un giallo in cui sono coinvolti un sacerdote impiccione, un maresciallo, un appuntato imbranato, una donna scomparsa, una valigia che arriva dall'Australia, due giornalisti, una donna gelosa, un intero e sonnacchioso paese toscano dedito al pettegolezzo, l'apparente montatura di un caso. E poi c'è anche il telecomando di un auto che non ne vuole sapere di funzionare, corse folli tra curve e tornanti, un magistrato fuori di sé e l'ombra di un ricatto. Tutto osservato - e raccontato - attraverso l'occhio indiscreto della finestrella della canonica, che tutto vede e tutto sente. Con tante benedizioni, amen!
Genere: Commedia, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una luna enorme e stranamente bassa all'orizzonte, quella notte di luglio in cui Maddalena Serafico di Vincisguerra scomparve. Il parroco, Don Giulio, che aveva di suo il sonno leggero, si avvide che qualcosa stava accadendo al di là della piazza. Era dirimpettaio dell'austero e signorile palazzo da sempre, e poteva spiare senza scomodarsi dalla finestrella del bagno della canonica, impropriamente definita, a parer suo, "lo sguardo vigile di Dio". Chiacchiere di paese. Figuriamoci se lui aveva tempo di impicciarsi degli affari terreni degli altri, con tutte le sue incombenze quotidiane. Eppure, chissà perché, i devoti si recavano sempre con fare circospetto al confessionale, certi che ciò che avrebbero taciuto sarebbe in qualche modo stato svelato.    
Quella notte, nell'ora più prossima all'alba in verità, Don Giulio si apprestava al rito delle abluzioni mattutine, quando un rumore stridulo, come di freni bisognosi di cure, lo spinse a sbirciare dai vetri della suddetta finestrella. Un camion enorme sostava sul marciapiede opposto al sagrato della Chiesa, ma non pareva ci fosse nessuno al posto di guida. Incuriosito il parroco provò a sporgersi per vedere meglio, incurante delle braghe calate che gli legavano le gambe impedendo i movimenti. 
Nulla, nessun movimento e nessun altro rumore. Dopo cinque minuti buoni cominciò a sentir fresco sulle natiche esposte, nonostante la calura di quel mese estivo, e si decise a sedersi sul water. La sua concentrazione fu nuovamente disturbata da un altro rumore, più cupo stavolta, una sorta di borbottio seguito da uno schiocco. Don Giulio si affrettò nuovamente alla finestra, trascinando i piedi e rischiando di inciampare nella cintura dei calzoni, ma al suo arrivo tutto era ormai finito. Il camion non c'era più e le luci di palazzo Vincisguerra erano spente. A pensarci bene non erano accese neanche prima. "Questo è davvero un mistero. Cosa è venuto a fare qui, in piena notte, un camion così grande? E sopratutto quale commissione è riuscito a compiere il suo occupante così in fretta? E dove? Di certo non dalla signora Maddalena, ché se avesse aperto in piena notte me ne sarei accorto." Don Giulio decise che avrebbe indagato, subito. Magari si trattava di un semplice autotrasportatore di passaggio che si era fermato per fare un necessario bisogno, oppure aveva avuto un guasto improvviso. Quello stridore dei freni...      


Alla messa delle otto c'erano più fedeli del solito. L'aria fresca del mattino invitava ad uscire, e la penombra della Chiesa offriva un sicuro riparo dalla canicola delle ore più centrali del giorno. Don Giulio si schiarì la voce: - Nel nome del Padre, del Figlio...- Il borbottio dei convenuti concluse l'incipit della Santa Messa e la funzione ebbe inizio. Non c'erano chierichetti a quell'ora del mattino, e il sacerdote dovette arrangiarsi da solo. "Farò un'omelia breve. Parlerò loro dei rischi che si nascondono dietro i pettegolezzi e me la sbrigherò in mezz'ora. Fa troppo caldo oggi, di certo vorranno andare tutti al lago." La stagione turistica era appena cominciata e ancora non erano arrivati tutti i villeggianti. Le seconde case venivano aperte solo nei fine settimana, giusto per prendere un po' di luce e aria, come i materassi dopo un lungo inverno. La domenica però non c'era verso: se c'era il sole si scendeva al lago.
- Cari fratelli e care sorelle, oggi vorrei parlarvi del malcostume diffuso del pettegolezzo. - Un brusio sommesso accolse le parole di Don Giulio. Dal fondo della navata laterale qualcuno tossì, qualcun altro si mosse a disagio. Veronica Castrozzi alzò la mano. Stupito, il prete le fece cenno, invitandola a parlare. Certo non s'era mai visto in Chiesa che un fedele chiedesse la parola, come a scuola, ma Don Giulio era stato colto di sorpresa, e non ci pensò due volte.
- Non per spettegolare, appunto, ma qualcuno sa nulla del camion che all'alba si è fermato davanti a palazzo Vincisguerra?
- Mah, forse qualcuno di passaggio con una necessità impellente? - Il sacerdote era giunto a quella conclusione dopo ore di congetture.
- E perché si è fermato proprio lì? C'entra nulla col fatto che la signora Maddalena ancora non si è vista? - Veronica Castrozzi era titolare del bar in piazza e ogni mattina serviva il caffè e un cornetto integrale alla signora in questione.      
Era un'abitudine ormai consolidata negli anni e, a meno che Maddalena non partisse per la città a sbrigare i suoi affari, non mancava un appuntamento. Ci si poteva rimettere l'orologio per quanto era puntuale! Quella mattina però la signora non si era vista e le imposte del palazzo, a ben guardare, erano ancora chiuse.
- Ma no, non credo che le due cose siano collegate. Suvvia cari fratelli e sorelle. Di certo sarà come vi ho detto. E Maddalena sarà uscita presto stamattina, per ragioni che a noi non interessano. - A queste parole Don Giulio si fece il segno della croce e i fedeli risposero "Amen".


Alle nove in punto erano tutti fuori, sul sagrato, e inevitabilmente gli sguardi, furtivi o diretti, andarono all'ingresso di palazzo Vincisguerra.       
- E se fosse partita ieri sera? Non avevi detto che doveva tornare in città per quella faccenda del notaio? Veronica, non c'era una questione di eredità con quel cugino in Australia? - La signora Liliana Tramacere era la proprietaria della merceria, luogo d'incontro prediletto di tutte le comari. Si faceva vanto di sapere tutto di tutti e, in quella particolare circostanza, proprio non ci stava a non essere al corrente. Ma in fondo era domenica e il suo negozio era chiuso, quindi doveva farsene una ragione e accontentarsi di notizie di seconda mano.  
- So che doveva venire in Italia per l'estate. Bel tipo quel Leonardo! È partito vent'anni fa, dopo aver fatto morire di crepacuore quella povera donna di sua madre. Te la ricordi Giovanna Vincisguerra? Come impastava la sfoglia lei... e dire che di persone di servizio ne aveva! Ma lei niente, fino alla morte a impastare. E quel degenerato di suo figlio che si è giocato tutto il patrimonio. E ora vorrebbe mettere le mani sui soldi ereditati dalla cugina... Sarà mica stato lui stanotte? - La domanda, con tutto ciò che sottintendeva, rimase nell'aria calda di metà mattina, sospesa, come il vapore in attesa di un refolo di vento a sospingerlo via. E il refolo di vento arrivò. Trascinò con sé brandelli di frasi, di parole, e si fermò nei pressi di un altro crocchio di persone. Luisa Latella guardava in malo modo in direzione delle due amiche commercianti. Lei era impiegata alla posta e si riteneva superiore, di livello sociale e di cultura. E poi non si sarebbe avvicinata a Veronica neppure sotto tortura. Ancora non le aveva perdonato lo sgarbo di averle rubato il fidanzato, ai tempi della scuola. Mario se l'era sposata, quella sciacquetta vistosa, e lei aveva dovuto accontentarsi di Guido, dal quale aveva avuto due figli, la raccomandazione per il lavoro statale e qualche chilo di troppo intorno ai fianchi. "E lei invece guardala, sempre un figurino, nonostante le brioche e i cappuccini che ingurgita ogni giorno! Non c'è giustizia a questo mondo." Luisa riuscì a carpire alcune parole dette dalle due signore poco distanti. - Tu che dici moglie mia? Cosa sarà accaduto a Maddalena? - La donna guardò il marito con aria di sufficienza, come lo guardava ogni volta che lui le faceva qualche domanda da lei ritenuta retorica. - È tornato Leonardo dall'Australia stanotte, non lo sapevi? E hanno certamente discusso per i soldi. - Parlò ad alta voce, in modo che i vicini sentissero. Bisognava che fosse chiaro da subito: lei era la custode di tutte le notizie, lei e non quelle due pettegole. Marta Antoniotti prese sotto braccio il marito Giacomo e strattonò la figlia Serena perché la seguisse. Si diresse a passo di marcia verso l'ingresso di palazzo Vincisguerra. Aveva sentito abbastanza. Se Leonardo era lì lei doveva incontrarlo. Avevano un conto in sospeso da oltre vent'anni.
Era giunto il momento del chiarimento. 
- Ma che fai, donna! - l'apostrofò il marito, ignaro di tutto.
- Taci tu! - E questo la diceva lunga su chi portasse realmente i pantaloni in casa loro.   
Giunta davanti al portone del palazzo signorile, Marta prese a percuotere violentemente il batacchio di ottone. 
- Leonardo Vincisguerra esci, tanto lo so che ci sei! - Nulla. Silenzio assoluto. Lentamente i fedeli si avvicinarono anch'essi. La più vicina era Luisa: lei doveva sapere per prima, ne andava della sua dignità.
- Che succede? - Sussurrò alle sue spalle Veronica. Quando gli avvenimenti incombono si superano anche le inimicizie ancestrali.       
- Ancora niente. Ma pare che Marta lo abbia visto di sfuggita all'alba. 
- Ne sei certa?     
- Beh, pare che lui sia qui per lei, per una faccenda in sospeso, "quella" faccenda, che devono chiarire. Veronica annuì in segno di comprensione. Tutti sapevano quello che Leonardo aveva fatto...
- Sì ma, arrivare così, in piena notte...     
- Questione di fusi orari. Sssstttt, forse arriva qualcuno!    
Marta percosse il batacchio un'ultima volta, sotto lo sguardo sconcertato del povero Giacomo. Aveva sentito un rumore, come un cigolio, provenire da dietro il portone. Un altro cigolio, stavolta più forte e seguito da un colpo violento, fece alzare la testa a tutti i presenti. Gli scuri di una finestra lasciati aperti avevano risposto a un refolo di vento, ecco spiegato il rumore.        
Don Giulio scelse quel momento per uscire sul sagrato e, accorgendosi di quanto stava accadendo, decise di prendere in mano la situazione.        
- Ma, cari fratelli e sorelle, proprio non avete altro da fare? Non fa troppo caldo per stazionare qui? Suvvia, portate i bimbi giù al lago e fatevi tutti un bel bagno, chissà che non vi si rinfreschino anche le idee.        
Tra un borbottio e una protesta accennata, il capannello si sciolse e ognuno tornò alle proprie faccende domenicali. Solo Luisa si attardò un attimo di più. Aveva visto spuntare, dalla fessura sotto il portone, una busta che non riconosceva. Si vedeva bene il francobollo e il timbro, e non era quello del suo ufficio! Si avvicinò all'orecchio di Don Giulio.       
- Fossi in lei avviserei il Maresciallo Calì, così, per sicurezza. Qui sotto c'è un mistero - e indicò la lettera - e qualcuno dovrà pur indagare. Ora non solo è scomparsa Maddalena, pure suo cugino Leonardo!
Il sacerdote la guardò allontanarsi, tutta impettita, e cominciò a meditare sul da farsi. Un pensiero gli arrovellava la mente: quando e come Leonardo Vincisguerra era entrato in quella storia?
Il Maresciallo Carmelo Calì stava armeggiando con la portiera della sua Mini decappottabile davanti all'ingresso della caserma. L'aveva acquistata da poco, unico sfizio che si era concesso dopo anni di duro lavoro nell'Arma, e ancora non riusciva a raccapezzarsi sull'utilizzo del telecomando. Continuava a utilizzare le chiavi e, per un ignoto e perverso meccanismo, ogni volta che provava a rientrare in auto questa si bloccava con le sicure per bambini. "Ma porca miseria, avessi figli!" Certo l'occasione c'era stata. Ripensava ancora con struggente desiderio alle curve sinuose e agli occhi di brace di Caterina, la bella figlia del notaio che gli aveva rubato il cuore quando ancora viveva a Caltagirone. Ma allora era un giovanotto spiantato e non poteva offrire nulla alla bella ereditiera. Per questo un giorno decise di arruolarsi. Partì con ancora negli occhi l'immagine del volto di lei coperto di lacrime.
- Tornerò presto e ti sposerò, non temere. - Un anno dopo seppe da amici comuni che Caterina era convolata a nozze col figlio del farmacista, e così naufragò il suo sogno d'amore. E ancora non si era ripreso.      
Don Giulio lo trovò quindi intento a fantasticare sulle sue disavventure amorose mentre, con estrema cura, assestava un calcio poderoso al paraurti anteriore della malcapitata vettura.
- Lele, fortuna che è di gomma, altrimenti avresti fatto un bel danno! 
- Buongiorno Don Giulio. Eh, queste scatole moderne. Non ne vuole sapere di aprirsi, porcaccio di un demonio. Con rispetto parlando, ovviamente!
Il parroco si avvicinò al maresciallo per vedere se potesse essere di qualche aiuto, ma dovette desistere. Lui non aveva neppure la patente...
- Eppure non capisco. Secondo le istruzioni faccio tutto nel modo giusto, ma continuano a inserirsi queste sicure. Mi toccherà indagare...       
Carmelo Calì, detto Lele, scrollò le braccia in segno di resa. Più tardi avrebbe incaricato il giovane appuntato Salemi che di certo avrebbe risolto la questione.
- Beh, mi tocca rinunciare al lago stamattina. Lei piuttosto, come mai questa visita?      
Don Giulio prese il maresciallo per un braccio e lo trascinò verso l'androne ombreggiato della caserma.
- Vieni, togliamoci da qui che fa caldo. A proposito di indagini, ti vorrei parlare di un fatto strano. - La voce del parroco si era ridotta a un bisbiglio, tanto che il maresciallo dovette mettere la mano a coppa intorno all'orecchio per sentire.
- Che succede? - I fatti strani del paese erano certo affar suo, anche se, a dire il vero, non è che accadesse poi molto da quelle parti...      
- Pare che Maddalena Vincisguerra e suo cugino Leonardo siano scomparsi. Forse c'entra la m...
- C'entra la cosa?
- Benedetto ragazzo non farmelo dire, e dai! La m... Hai capito no?     
- La m... Ohhh! La mafia? - Il maresciallo Calì aveva una voce tonante, abituato com'era a dare ordini, e proprio non gli riuscì di parlare sottovoce. Per questo l'appuntato Salemi lo sentì, nonostante fosse chiuso nel suo alloggio due piani più in alto, intento a una conversazione via Skype con la sua fidanzata che lo attendeva al lago.
- Ssssttt! Ma vuoi che tutti sappiano? Che già questo è un covo di pettegoli. Non si scherza con la mafia!       
- Ha ragione Don Giulio. Bisogna agire con discrezione. Venga, andiamo nel mio ufficio così potrà raccontarmi ogni dettaglio.    
L'appuntato Salemi fu svelto a ritrarre la testa dalla tromba della scale da cui si era affacciato. Non voleva si sapesse della sua presenza. - Amore, ti devo lasciare. Finalmente pare ci sia un'indagine importante. Due morti per mafia, capisci? Vado, ti racconto tutto stasera.        
E chiuse la comunicazione.  
Carmelo Calì era una persona che badava al sodo e, soprattutto, non amava perdersi in inutili convenevoli. Sospinse Don Giulio nel suo ufficio senza troppe cerimonie e chiuse la porta alle loro spalle. - Bene, adesso mi racconti tutto dal principio, e veda di non omettere nulla. - Aprì l'applicazione Notes del suo immancabile iPhone e cominciò a scrivere. Lui non amava i pezzi di carta, perché la sua calligrafia era indecifrabile e perché, sistematicamente, li perdeva. Don Giulio cominciò a raccontare e ben presto Carmelo Calì si fece un'immagine precisa della situazione. C'era un autotreno giunto in piena notte e subito ripartito, c'era Maddalena Vincisguerra, anzi non c'era visto che di lei non si avevano notizie, c'era un cugino lontano della scomparsa, forse rientrato e forse scomparso anch'egli e c'era una busta misteriosa. - Dunque le sue sono solo ipotesi, Don Giulio.
- Ipotesi corroborate dai fatti però. Io, per esempio, di Leonardo non sapevo nulla, ma è un fatto che sia scomparso.  
- Ma qualcuno l'ha visto?      
- Questo non lo so, ma poco importa visto che di lui non c'è più traccia, giusto?   
- Macché giusto, Don Giulio! Io vorrei sapere se qualcuno l'ha visto prima della presunta sparizione. - La faccenda cominciava a ingarbugliarsi.
- Lele ascolta, io so solo ciò che ti ho detto. So che c'è una questione di eredità in mezzo e so che i due non andavano proprio d'amore e d'accordo. D'altronde basta chiedere al Notaio Santini che di certo potrà confermarti tutto. Poi c'è la faccenda della busta. Non pare strano anche a te che un messaggio sia recapitato in questo modo, un po' come i "pizzini" dei boss? Un camion che si ferma in piena notte per pochi minuti, una donna che scompare e una busta anonima. Credo che dovresti andare a vedere, tu ne hai l'autorità. - Di questa filippica l'appuntato Salemi, appostato nei pressi, aveva colto con chiarezza solo qualche parola, tra cui "pizzini" e "anonima". Si affrettò quindi a richiamare la sua fidanzata. - Sto arrivando, non muoverti. Ci sono grosse novità ma non posso parlarne al telefono, non è sicuro. -
Mentre Salemi inforcava la moto e si precipitava a rotta di collo verso il lago, Carmelo Calì rifletteva sulle notizie ricevute tamburellando le dita sullo schermo dell'iPhone. Doveva decidere se ci fosse o meno un caso su cui indagare. Era giustamente dubbioso. Scomodare un magistrato di domenica, in estate per giunta, era una responsabilità che ancora non si sentiva di prendersi.
- E va bene. Andiamo a vedere questa busta, tanto ormai la mia gita al lago è definitivamente naufragata.
Chiuse a chiave l'ufficio e uscì, preceduto dal parroco che già sbuffava per il caldo. Per scrupolo il Maresciallo schiacciò il pulsante del telecomando dell'auto e, con suo grande disappunto, l'auto si aprì. "Ma allora tu vuoi giocare! E vedremo chi la vince..." Guardò la Mini decappottabile con sguardo di sfida e si avviò verso la piazza.
Marta Antoniotti non aveva accolto di buon grado l'invito di Don Giulio a sgomberare la piazza. Ma che ne sapeva lui dei Vincisguerra! Lei sì che aveva il diritto di stare davanti a quel palazzo, anzi, avrebbe dovuto starci dentro! Per questo parcheggiò marito e figlia a casa e uscì di nuovo, con la scusa di una commissione inderogabile.
- Voi andate al lago, tanto Michela ci sta già aspettando. Io vi raggiungo tra pochissimo. - Michela. La sua figlia maggiore cominciava a darle qualche preoccupazione. Non troppe in verità, perché si era fidanzata con l'appuntato Salemi e questo la tranquillizzava, ma la sera prima non era rientrata in casa o, se l'aveva fatto, probabilmente era già l'alba. Con chi era stata? Marta aveva trovato solo un biglietto sul tavolo della cucina in cui sua figlia informava la famiglia che si sarebbero visti al lago "al solito posto". Vai a capire quale... La donna, presa da questi pensieri, arrivò in pochi minuti davanti a palazzo Vincisguerra. Dapprima girò intorno all'edificio, più per esser certa che non ci fosse nessuno in circolazione che per cercare tracce. Poi si avvicinò nuovamente al portone e prestò l'orecchio per catturare eventuali segni di vita. Nulla.      
- Leonardo... - sussurrò dentro il buco della serratura - Leonardo, ci sei? - Neppure il soffio del vento rispose al suo appello. Si stropicciò le mani indecisa sul da farsi e, in quel momento, vide la busta sporgere da sotto il battente. Provò a sbirciare, torcendo il collo nelle più svariate angolazioni, finché non decise di tirarne fuori un altro pezzetto con la punta della scarpa. Niente, la busta pareva incollata al legno. Pazienza, avrebbe usato le mani. Si chinò, ne agguantò un lembo con due dita, e tirò delicatamente. Il suono improvviso di un clacson la fece sobbalzare, e fu così che si ritrovò la missiva tra le mani. "E adesso che faccio?" Marta provò a infilarla nuovamente sotto il portone ma niente, non voleva saperne di tornare al suo posto, e si stava facendo tardi, qualcuno avrebbe potuto vederla. Si rassegnò a infilare la busta nella borsa tanto, ne era quasi certa, nessuno prima di lei l'aveva vista. Diede un'ultima occhiata intorno, e pure in alto, verso le finestre con le persiane chiuse. "Sono tutti fuori casa, bene." E si allontanò a passo veloce. Non appena ebbe voltato l'angolo, dal lato opposto spuntarono Don Giulio e il Maresciallo Calì, tutti presi da una animata discussione.   
- Glielo ripeto Don Giulio, interpellerò il Magistrato solo se mi renderò conto che esiste un caso.
- Va bene! Ma lo sappiamo come vanno certe cose, giusto? A non tener conto degli indizi si rischia spesso che ci capiti il morto. Per una volta proviamo a prevenire, no? - Il Maresciallo guardò il prete scuotendo la testa.
- Lei ha visto troppi film gialli... Comunque eccoci qui. Allora? Dov'è la famosa busta?  
Don Giulio si chinò verso la base del portone di palazzo Vincisguerra, tastò con le dita tutto il bordo, e si rialzò sconcertato. - Ma, è scomparsa!
- Sicuro che ci fosse qualcosa? Sa, magari ha visto male, un effetto della luce...      
- Ma che dici Lele! Ci vedo benissimo! E poi non l'ho vista solo io. Aspetta, potrebbe essere entrata tutta dentro! Ma certo... Bisogna entrare. - E senza aspettare una risposta dal Maresciallo, cominciò a prendere a spallate il battente di quercia massiccia.   
Bastarono tre colpi ben assestati per aprire il portone. Don Giulio e il Maresciallo Calì furono accolti dal buio appena stemperato dalla luce dell’ingresso e da un profumo forte e soffocante di incenso.
- Pare di essere in Chiesa. – Sussurrò Lele.
- Non essere blasfemo! – Lo redarguì il prete, sempre sussurrando.     
- E perché parli a bassa voce? – Lo incalzò il Maresciallo.
- Oh, basta adesso! Cerchiamo questa busta.
La sfera luminosa della torcia elettrica illuminò le pareti adorne di quadri di ogni foggia e dimensione. Artisti più o meno noti erano lì rappresentati con opere di indubbio gusto, che avrebbero fatto la gioia di qualunque museo.
- Chissà quanto valgono…     
- Lele, lascia perdere i quadri. Qui la busta non c’è.
- Te l’ho detto che forse l’avevi immaginata.    
- Ancora questa storia! Senti, ci sarà un motivo se è scomparsa, e sta a noi scoprirlo. Ma visto che ci siamo perché non diamo un’occhiata in giro? Non c’è dubbio che in questo palazzo non ci sia nessuno…
La torcia del Maresciallo Calì illuminò il troumeau settecentesco posto tra le due colonne di marmo che incorniciavano un enorme e prezioso arazzo. C’era un foglio piegato là sopra, e stonava in tutto quell’ordine come una foglia secca su un vialetto appena ripulito.        
- Forse è quello il foglio che hai visto?    
- Non era un foglio, era una busta. Ma… e se qualcuno l’avesse presa e l’avesse aperta? – Don Giulio si guardò intorno con fare circospetto – E se questo qualcuno ci avesse preceduto…? Se fosse ancora qui dentro?
Il Maresciallo Calì afferrò il foglio e se lo mise in tasca, estrasse la pistola d’ordinanza che portava sempre con sé, anche quando era in borghese, e fece cenno al prete di tacere. In fondo poteva avere ragione. – Sssttt…! Zitto, e stai dietro di me. Ora vedremo chi c’è qui dentro.      
I due uomini cominciarono ad addentrarsi nei meandri della casa, Lele davanti e Don Giulio subito dietro di lui. Con estrema circospezione il primo si affacciava in ogni stanza e il secondo gli guardava le spalle, e fu dopo infinite sequenze come quella – il palazzo era davvero molto grande – che si ritrovarono al punto di partenza, davanti al portone, con un nulla di fatto.   
- Non c’è proprio nessuno qui dentro, e pare che la signora non vi abbia neppure dormito stanotte. Il letto è a posto, la cucina è in ordine, niente vestiti in giro, nulla fuori posto, almeno per quel che possiamo giudicare. Lei c’era mai stato qui Don Giulio?
- Forse una volta o due, ma non saprei dire se manchi qualcosa. Però, ora che ci penso, c’è una persona che potrebbe certamente aiutarci, e so anche dove trovarla. Dobbiamo andare al lago!
- Al lago? – L’idea di andarci per servizio e non per piacere indispettiva un po’ il Maresciallo Calì, che subito ricordò la sua Mini decappottabile capricciosa.
- Prima però passiamo di nuovo dall’ufficio, così leggiamo con calma questo biglietto famoso… Anzi, prima di ogni cosa chiamo Salemi, che c’è bisogno di riparare questo portone.    
Compose il numero dell’appuntato e il telefono squillò a lungo, invano.       
- Non c’è mai quando lo cerchi…   
- Sarà al lago, con la fidanzata. Sono giovani.
“Certo, loro sono giovani. E io ormai non ho speranze…” Carmelo Calì si incupì. Poteva essere con la bella Caterina, in spiaggia, a godersi il sole e il mare della sua terra, anziché impelagato in quella assurda situazione con un prete troppo fantasioso. Il cellulare sussultò nella tasca.
- Maresciallo comandi. Sono Salemi. Mi scusi ma ero in moto e non potevo rispondere.
- Sì certo, certo. Salemi, mi dispiace rovinarti la giornata ma c’è bisogno che mi trovi un fabbro. Deve richiudere il portone di palazzo Vincisguerra. L’abbiamo sfondato e non può restare così. È pericoloso, qualche malintenzionato potrebbe approfittarne… 
Complice la linea disturbata e le urla dei bambini che giocavano in spiaggia, Salemi capì giusto l’essenziale di quella telefonata: qualcuno aveva sfondato il portone di palazzo Vincisguerra e c’era un pericolo incombente.  
- Michela! - L'appuntato Salemi corse verso la fidanzata affondando malamente le scarpe nella sabbia soffice. Rotolò caracollando ai suoi piedi con l'ultimo balzo. - Amore, ma che ti prende? - Esclamò la ragazza.    
- Mi dispiace ma devo tornare in paese. È per quella faccenda di cui ti accennavo al telefono, capisci? - E le strizzò l'occhio. No, Michela non capiva. L'unica cosa che le importava era che la loro bella giornata in spiaggia poteva considerarsi conclusa. Mise il broncio e gli voltò le spalle. Non era giusto...  
Marta Antoniotti arrivò giusto in quel momento e scrollò le spalle nel vedere la scena. Quella figlia doveva imparare al più presto quando è l'ora di smettere di fare capricci. Individuò il marito e la figlia minore, poco discosti, e si avvicinò a loro.
- Tutto a posto? - Le chiese il marito. - Tutto a posto. - Rispose lei, e fine delle domande. L'aveva educato bene il suo uomo!
In riva al lago, proprio davanti a Michela e al suo moroso, si erano accampati tre tipi mai visti prima. "Turisti." Pensò Marta. Capitava spesso di vederli la domenica. Si fermavano perlopiù la mattina, poi se ne andavano in giro per i borghi costieri, a fare foto e comprare le prelibatezze locali da portare a casa.   
- Devo andare Michela, scusami. Il Maresciallo è stato categorico. Qui si prospetta un'indagine mai vista prima. Hanno sfondato il portone di palazzo Vincisguerra, capisci? Ormai è certo, c'è di mezzo la mafia... Sssttt che mi fai dire... Comunque c'è pericolo, perché uno sfondamento simile può essere avvenuto solo con l'esplosivo. - Uno dei tre turisti si mise in ascolto. - Ehi, avete sentito? - Chiese ai suoi compagni di gita. - Qui sta accadendo qualcosa di grosso... Ve l'avevo detto che valeva la pena venire! - Tirò fuori il suo smartphone e digitò un messaggio a qualcuno.
- Ma di che parli?- Il tizio guardò l'amico e scosse il capo. - Voi restate qui a guardare le natiche della fauna femminile locale, io intanto mi assicuro uno scoop! - Si alzò, intenzionato a interpellare il giovane che prima aveva parlato, ma Salemi si era già allontanato correndo. Il tizio decise di seguirlo. Si rivestì in tutta fretta, prese le chiavi della moto, e si pose all'inseguimento.
Il Maresciallo Calì aveva appena chiuso alle sue spalle la porta dell'ufficio e si era accomodato alla scrivania quando il suo telefono emise un beep di avvertimento. - Non rispondi? - chiese Don Giulio che era entrato con lui. - Non ora. Questi sono i soliti messaggi push delle agenzie di stampa. Devo smetterla di cliccare sempre su ogni cosa...- Tirò fuori dalla tasca il foglietto trovato a palazzo Vincisguerra e lo stirò per bene sul ripiano della  scrivania. - Dunque, vediamo un po' cosa abbiamo. - Sul foglio c'era solo un rigo vergato in tutta fretta. La grafia era a tratti incomprensibile, ma con un po' di sforzo riuscirono a leggere. " Ore 6, avv, 753, sparita. "       
- Secondo te che vuol dire? Pare un appuntamento! - Il Maresciallo Calì prese a martoriarsi i ciuffi della barbetta tra le dita. - Alle 6 del mattino? Non ti pare uno strano orario per un incontro? E poi con chi?-  
Il telefono di Carmelo prese a squillare insistentemente. - E che palle! Mi scusi Don Giulio... - Il prete gli fece cenno di rispondere, non avevano tempo da perdere.     
- Calì, mi sente? - La voce del magistrato Lelli si udì distintamente anche oltre l'auricolare del telefono. "E adesso che succede?" - Mi dica dottore, la sento benissimo! 
- Bene, perché ora mi deve spiegare come mai devo sapere certe cose dalla stampa!       
- Ma, quali cose? - Calì era sbigottito.     
- Non le legge le agenzie? Calì, pretendo un rapporto immediato qui nel mio ufficio. Alzi il culo e mi raggiunga! - E mise giù.        
- Io davvero non capisco.      
- Lele, te lo dico io. Qualcuno gli ha raccontato tutto.
Il Maresciallo, sempre più sconcertato, lesse le notizie automatiche del suo cellulare e trovò l'agenzia che gli interessava. "Esplosione nel centro storico. Si sospetta un avvertimento mafioso." - Ma che cazzo...! Mi scusi ancora, ma qui sta scoppiando un bel casino... -  
Il giornalista aveva inseguito Salemi fino all'ingresso della caserma, lo aveva visto entrare e poi uscire, quasi subito, seguito da altre due persone, una delle quali pareva senz'altro un prete. Li vide prendere direzioni diverse, il primo a piedi, verso il centro, gli altri due, dopo un primo momento di esitazione - almeno questo pareva da lontano - salirono su una Mini decappottabile e partirono verso la provinciale. Decise di seguire loro. L'istinto del cronista gli disse che quella era la scelta giusta.  

Al lago Michela era in fibrillazione. Camminava su e giù sulla riva, gli occhi costantemente incollati al cellulare. - Si può sapere che hai? - Marta era ancora concentrata sulle sue azioni di quella mattina, e solo in quel momento si era accorta dell'inquietudine di sua figlia. - Mamma, sono preoccupata. Non so se posso dirti...       
- Sono tua madre, a me puoi dire tutto. Problemi di cuore? - Michela si avvicinò con fare circospetto.
- Sssttt... Pare che sia successo qualcosa di grosso a Palazzo Vincisguerra. Un'esplosione, forse la mafia. Speriamo solo che non ci sia scappato il morto...
Marta sentì bruciare nella borsa la busta che aveva trafugato. "Oh mio Dio! Non avrò mica sottratto una prova?"   
Lo scambio di battute, seppur a mezza voce, non sfuggì ai due cosiddetti turisti che stazionavano nei pressi. Fu subito chiaro cosa intendesse poco prima il loro collega e, stavolta, non avevano alcuna intenzione di lasciar perdere. Digitarono frettolosamente qualcosa sugli smartphone, scattarono alcune fotografie e si diressero velocemente verso il parcheggio.     

Il Maresciallo Calì premeva sull'acceleratore. "Cosa mi è sfuggito?" si chiedeva, sempre più preoccupato man mano che si avvicinava alla Procura.
- Dai Lele, stai tranquillo. Te lo leggo in faccia a cosa stai pensando. - Don Giulio cercava di tranquillizzare l'amico, ma in fondo era preoccupato anche lui. Qualcosa stava accadendo e loro due non avevano avuto ancora il tempo di fare mente locale.     
- Va bene. Analizziamo i fatti. Cosa abbiamo noi? Una donna forse scomparsa, una lettera forse mai esistita e un biglietto con un messaggio in codice. Quale esplosione, quale mafia? - Il Maresciallo stava urlando...   
- Non so che dire. Ma vedrai che si tratta solo di una montatura giornalistica.       
- Aspettiamo di sentire Salemi. Non può essere accaduto tutto dopo che ci siamo allontanati dal palazzo. E poi avremmo sentito l'esplosione!
Con uno stridore di gomme Calì frenò davanti agli uffici della Procura. Scese dell'auto imprecando contro il telecomando che, ancora una volta, non voleva saperne di fare il suo lavoro.
- Hai con te il biglietto?        
- Ce l'ho.   
- E gli appunti? - Il Maresciallo si frugò in tasca.
- Sono qui. - In quel momento squillò il cellulare. Di nuovo il Magistrato.    
- Maresciallo! Si può sapere dove s'è cacciato?
- Eccomi, dottore. Sono qui...
- E allora si sbrighi! Io intanto ho chiamato il RIS! - E riattaccò. 
- IL RIS?! - esclamarono i due all'unisono.       
Il giornalista si era fermato poco distante dai due uomini ed era riuscito a sentire distintamente l'esclamazione di Calì. "Qui occorre andarci cauti," pensò "se c'è di mezzo il RIS si tratterà certo di roba grossa." Inviò un messaggio in redazione e si mise in attesa di nuovi sviluppi. Avrebbe bloccato il Maresciallo all’uscita e lo avrebbe intervistato in esclusiva.  

Mentre Calì e Don Giulio salivano di corsa le scale per raggiungere l’ufficio del Giudice, Salemi osservava sconcertato il portone di Palazzo Vincisguerra. "Oh cavolo! Qui non c'è stata alcuna esplosione. Ma allora..." Aveva chiamato un fabbro, come ordinatogli dal suo superiore, ma nulla gli impediva, nel frattempo, di indagare un po' per conto proprio.   
Inviò un messaggio a Michela, per tranquillizzarla, ma non ricevette alcuna risposta. "Strano," pensò, "credevo mi avrebbe subissato di domande.". Il giovane appuntato non poteva certo immaginare cosa, nel frattempo, stava accadendo in riva al lago.       

Intanto Calì e il prete erano giunti a destinazione. Bussarono alla porta del Giudice Lelli e, senza attendere risposta, entrarono.   
- Signor Giudice, buongiorno! Prima di ogni altra cosa la prego, per favore, fermi il RIS!  Aveva parlato tutto d'un fiato Calì, infischiandosene di qualsiasi regola o protocollo.     
- Anzitutto si sieda, Maresciallo. Poi mi dica chi è il prelato che l'accompagna...   
- Ma non c'è tempo! Fermi il RIS la scongiuro!
- Calì! - tuonò Lelli - Non sta a lei dare ordini qui! E poi ormai è troppo tardi, saranno già arrivati sul posto. - Il Maresciallo si accasciò affranto sulla sedia.
- Oh, beh, allora. Lui è Don Giulio, il sacerdote che mi ha prospettato il caso stamattina. Solo che, al momento, non credo ci sia alcun caso su cui indagare...    
Carmelo Calì raccontò al Magistrato tutti i dettagli di cui era a conoscenza, cioè quasi nulla, e di come tutto si basasse su supposizioni. - Quello che non capisco è come gli eventi abbiano assunto proporzioni così gigantesche. In fondo è solo scomparsa una donna, forse, e magari saranno pure fatti suoi! - Calì scrollò la testa desolato e poi guardò il Magistrato con occhi speranzosi.
- Se posso permettermi, - intervenne Don Giulio, - a questo punto bisogna andare a fondo della faccenda, così almeno si metterà a tacere la stampa. La signora Maddalena è realmente scomparsa, così come la busta misteriosa. Io mi preoccuperei di questo...      
Il Giudice li guardò entrambi con rassegnazione.
- Che pasticcio! Insomma cosa abbiamo? Mi faccia vedere quel biglietto di cui mi ha parlato, Calì.       
Lo guardò in controluce, lo spiegò per bene sul tavolo e lo lesse.
- Secondo voi che vuol dire? 
- Forse un appuntamento con l'avvocato?        
- E il numero? E cosa sarebbe sparito?    
- La combinazione di una cassetta di sicurezza? Il contenuto scomparso?    
- Ci sono! - esclamò Don Giulio, - Forse non si tratta di due "v". È scritto in corsivo, vedete? Forse è una "m", e in questo caso potrebbe essere il numero di un volo e l'orario di arrivo! Magari è sparita una valigia!    
- E noi stiamo facendo tutto questo casino per una valigia scomparsa? - tuonò Lelli.      
- Dipende dal contenuto.     
- Preziosi di contrabbando? Droga?        
- Tutto è possibile a questo punto. - Calì era sovrappensiero.     
- Cosa ha in mente Maresciallo?    
- Direi che forse il RIS serve. Dobbiamo cercare una busta, una donna e un nesso tra tutti questi elementi. Don Giulio, avrò bisogno del suo aiuto!   
- Il mio? Cosa? Come? 
- Dobbiamo radunare tutti quelli che stamattina erano in Chiesa!       
- Calì, ma cosa ha in mente? 
- La terrò informato, signor Giudice. Ora dobbiamo correre in paese, ci scusi.
Calì e Don Giulio si precipitarono fuori dalla Procura come furie. Il giornalista fu colto di sorpresa e non riuscì a fermarli, quindi fu costretto a porsi nuovamente all’inseguimento. Calì ingranò la seconda, poi la terza, fece guizzare la sua Mini tra le curve e i tornanti e infine la lanciò sul rettilineo a tutta velocità. – Che ti prende Lele? – urlò Don Giulio per farsi sentire sopra il ruggito del motore. Si teneva con entrambe le mani aggrappato alla cintura di sicurezza. – Io spero solo che lei si renda conto del casino nel quale mi ha messo Don, con rispetto parlando ovviamente. – Il Maresciallo era sempre più convinto che quella giornata sarebbe potuta andare diversamente se il prete si fosse fatto i fatti suoi e non avesse alimentato le sacche creative di riserva di cui erano ben dotati i paesani. – Mi spiace che tu la pensi così, ma ti assicuro che non ti avrei disturbato se tutta la faccenda non fosse stata sospetta e se Luisa Latella non si fosse accorta della busta! – Don Giulio puntava i piedi come per aiutare l’auto a frenare.    
- Luisa Latella l’impiegata delle poste? Ho capito tutto, qui c’è sotto un bel pettegolezzo tra comari…
- Ma no, Lele, ragiona. Maddalena Serafico di Vincisguerra è davvero scomparsa. Quando una persona, per una vita intera, segue certe abitudini, non è normale  che le cambi così all’improvviso. Sai, sono convinto che dietro le chiacchiere di paese ci sia sempre un fondo di concretezza. La faccenda del cugino è altrettanto vera. Non so cosa sia accaduto tra lui e Marta Antoniotti, ma qualcosa c’è stato. E se la Latella dice che una busta è sospetta, puoi star certo che dice il vero. Lei sarebbe capace di riconoscere ogni plico e missiva che passa dal suo ufficio, anche dopo anni. – Mentre i due ragionavano ad alta voce di tutta la faccenda, passarono sfrecciando dal centro del paese in direzione del lago, seguiti a breve distanza dal giornalista in moto. Davanti a Palazzo Vincisguerra intanto si stava consumando un piccolo dramma. Salemi aveva da poco congedato il fabbro quando era giunto il furgone del RIS. Tre poliziotti investigativi lo avevano allontanato dal luogo dell’indagine e avevano preso a fare i loro rilievi. Bardati di tute bianche, guanti, calzari telati e valigette misteriose, i tre uomini si muovevano dentro e fuori il palazzo come astronauti su un pianeta alieno. Fu per questo che l’appuntato, quando vide passare la Mini del Maresciallo a tutta velocità, fu indeciso sul da farsi. “Qui la faccenda è più grave di quanto pensassi. Meglio restare nei paraggi a disposizione.”
Calì e Don Giulio non persero tempo in inutili convenevoli. Il prete scese in spiaggia e, individuate Luisa Latella e Marta Antoniotti, le avvicinò e le invitò a seguirlo. Il Maresciallo telefonò a Salemi e gli ordinò di aspettarlo in ufficio. Il RIS avrebbe fatto i suoi rilievi e avrebbe riferito al Magistrato, ma lui era quasi certo che non avrebbero trovato nulla. – Ah! Salemi! Portaci qualcosa da mangiare che qui rischiamo di tirar tardi. –
Alle tredici l’ufficio del Maresciallo era piuttosto affollato. Marta e Luisa sedevano una accanto all’altra, in evidente imbarazzo. I rispettivi mariti avevano voluto seguirle, non c’era stato verso di dissuaderli. Anche la giovane Michela si era aggiunta alla comitiva; in fondo erano coinvolti sua madre e il suo fidanzato in quella faccenda! Salemi si affaccendava intorno, portando bibite fresche e viveri, accendendo e spegnendo l’aria condizionata e lanciando occhiate di velluto alla sua bella. Fuori dalla Caserma si era radunata una piccola folla di curiosi e, tra loro, tre giornalisti armati di macchina fotografica e smartphone, attendevano gli sviluppi della vicenda.        
- Allora, chi ha visto la signora Maddalena ieri?  Le due donne si guardarono interdette.
- Non saprei Maresciallo. In realtà nessuna di noi due l’ha vista. Probabilmente l’ha vista la Castrozzi, al bar, ieri mattina. Almeno questo ha lasciato intendere stamattina, fuori dalla chiesa.  Marta aveva parlato con voce accorata e preoccupata. Prima o poi, lo sapeva, la faccenda della busta sarebbe saltata fuori, e pure quella di Leonardo. Che figura…! Avrebbe dovuto parlarne davanti a tutti. – Sì, Maresciallo, chieda alla cara Veronica, che lei sa sicuramente tutto! – C’era forse del sarcasmo nelle parole di Luisa Latella?
- Signora Luisa, qui è lei che deve raccontare della busta sotto il portone e dell’idea che Leonardo Vincisguerra sia scomparso. Mi pare che sia stata proprio lei a parlarne a Don Giulio. O sbaglio?        
- No, non sbaglia, e io non mento. La busta è sotto il portone.    
- No, non c’è più, è scomparsa. – Intervenne Don Giulio.
- Qualcuno l’ha rubata! – esclamò Luisa.
- Sì, va bene, non ricominciamo con le congetture fantasiose. Certo il contenuto di quel plico potrebbe essere importante per le indagini…    
Marta, con la testa china a fissare la borsa che aveva in grembo, sussurrò: - Ce l’ho io. La busta… l’ho presa io…  
- Ma, dannazione signora Marta! Come… cosa… Calì non sapeva bene come comportarsi. Di certo non poteva trattare la donna come una criminale, ma non poteva neppure lasciar correre. La donna, in lacrime, raccontò come era venuta in possesso della busta, si scusò, singhiozzò, in un crescendo drammatico e parossistico, tanto che sia la figlia che il marito accorsero a consolarla. Infine si decise a tirar fuori il plico in questione e a raccontare la sua storia con Leonardo Vincisguerra. Calì ascoltò, attonito ma comprensivo, il racconto di un amore contrastato a causa di diverse condizioni sociali, e si sentì solidale con Marta. Seppe della fuga in Australia del giovane, tanti anni prima, fuga necessaria perché aveva giocato gli ultimi risparmi di sua madre in una bisca clandestina, aveva perso tutto e rischiava di essere ammazzato per i debiti con certa gente poco raccomandabile. – Capisce, è fuggito di notte, ma aveva promesso che lo avrei raggiunto. E invece non si è più fatto vivo… Dovevo sapere, dovevo avere un chiarimento con lui.  
- Per questo è tornata indietro, sperava si facesse vedere una volta andata via tutta quella gente.        
- Sì…
- E invece nulla. In compenso ha trovato la busta… beh, ora me la dia.
Otto teste si chinarono sulla scrivania per scrutare il contenuto della missiva misteriosa. Il Maresciallo estrasse un cartoncino bianco, vergato con una grafia elegante.
L’aspetto al Lounge Bar, ore 7,00. Porti tutto.
- Lele, è evidente che qualcosa non va, ne sarai persuaso.
- Sì, Don Giulio. Forse è il caso che si vada in aeroporto…
Per una volta la Mini di Carmelo Calì si aprì immediatamente. Il Maresciallo e Don Giulio partirono sgommando inseguiti, a loro insaputa, da tre motociclisti.   
- Ricapitoliamo Don. Abbiamo una donna scomparsa e due biglietti, di cui uno sicuramente scritto di suo pugno. Forse, e si tratta di un forse grande quanto una casa, il secondo biglietto è stato lasciato da qualcuno che stanotte è arrivato a bordo di un autotreno. Maddalena lo ha letto ed è corsa fuori, facendolo cadere.   
- Sì. Per questo l’autotreno si è fermato pochissimo, e di questo sono testimone io.        
- Probabilmente la signora si è recata in aeroporto, almeno spero che sia così. Ma d’altronde cos’altro potrebbe essere quella sigla con quel numero scritti sul biglietto che abbiamo trovato a casa sua? 
Calì si grattò la testa pensieroso e, per un attimo, perse il controllo dell’auto e sbandò. Dietro di lui il primo motociclista inseguitore rischiò di andargli addosso e frenò bruscamente. La frenata provocò un’ulteriore sbandata, stavolta degli altri due motociclisti all’inseguimento, che uscirono fuori strada, per fortuna senza gravi conseguenze. Il Maresciallo e Don Giulio non si accorsero di nulla.     
- Sì Don Giulio, potrebbe essere così. Ma che c’entra il cugino Leonardo?     
- Non lo so. Credo che questa storia sia proprio frutto dell’immaginazione di Luisa e di Marta. Però… non è detto. In fondo il volo di cui si parlava potrebbe venire dall’Australia.        
La Mini imboccò l’autostrada e Calì si pentì di non aver preso l’auto di ordinanza con le sirene. Con la sua era costretto a rispettare i limiti di velocità.
Giunsero in aeroporto che era primo pomeriggio. Il caldo era ancora più asfissiante, se possibile. Calì parcheggiò nello spazio riservato alle autorità e mostrò il tesserino agli agenti nei pressi. – C’è un’indagine in corso. L’auto resta qui! – disse, e si allontanò col prete.
Il giornalista motociclista, l’unico superstite, riuscì a vederli appena in tempo, prima che scomparissero dietro le porte automatiche degli “Arrivi Internazionali”. “ E adesso come li ritrovo?” si domandò mentre infilava la moto in divieto di sosta.      
Al banco informazioni una signorina gentile si mostrò molto sollecita nel rispondere alle domande del Maresciallo. Non le era mai capitato di collaborare a un’indagine, e poi quel carabiniere aveva un certo non so che…  
- Certo Maresciallo, come ha detto che si chiama? Glielo confermo, il volo è arrivato stamattina da Sidney.  
- Calì, mi chiamo Carmelo Calì. - precisò il Maresciallo arrossendo – E potrebbe indicarmi la zona di ritiro bagagli?       
- Ma certo! – rispose con un sorriso la zelante signorina – Anzi, l’accompagno io! Carla, vieni qui a sostituirmi che io accompagno il Commissario per un’indagine!  
- Maresciallo, signorina, Maresciallo.      
- Certo, certo, mi segua!       
Il terzetto varcò il passaggio destinato al personale di servizio e si addentrò tra i nastri trasportatori, seguito a vista dal giornalista che non poté fare altro che fermarsi davanti alle porte automatiche. Rimase lì perché in fondo era un ottimo punto strategico. Ogni volta che queste si aprivano per far uscire i passeggeri riusciva a sbirciare all’interno.     
All’altezza del nastro numero 6 c’erano depositate diverse valigie, apparentemente abbandonate.
- E queste?
- Oh Capitano, capita spesso che le valigie arrivino in ritardo, e magari i proprietari ne hanno già denunciato la scomparsa. Noi le lasciamo accanto al nastro di provenienza finché qualcuno non le ritira, altrimenti vanno al deposito.        
- Ho detto Maresciallo, signorina, Maresciallo. E dove si trova questo deposito?   
- Vi ci porto subito. Ma lei mi chiami Caterina, la prego.   
“Caterina?” Il cuore di Calì ebbe un sobbalzo. Guardò meglio la ragazza e sospirò. Troppo giovane, non era per lui. – Dai Lele, che in amore l’età non conta. – gli sussurrò all’orecchio Don Giulio. Carmelo fece spallucce e si diresse deciso in direzione del deposito.   
- Mmmm… che strano. – Caterina provò ad aprire la porta, inutilmente. – Non dovrebbe essere chiuso. Qui c’è sempre qualcuno!
Mentre Caterina chiamava con la radio di servizio il suo superiore, Carmelo si fece più sospettoso. “Il deposito è chiuso. Chissà da quando è così… Qui la faccenda mi puzza.” 
- Il supervisore dice di controllare più avanti, nel gabbiotto del personale. Probabilmente l’addetto è lì dentro in pausa.
Tutti e tre in fila fecero i pochi passi che li separavano dalla porta successiva, ma anche quella era chiusa. Stanco di tutte quelle stranezze, Calì prese la rincorsa e, con una poderosa spallata, buttò giù il battente. Nella penombra si accorse di un paio di gambe che spuntavano da dietro una scrivania. Un uomo, legato e imbavagliato e in evidente stato confusionale, era steso sul pavimento.    
- Oddio, Luigi! – Caterina corse in aiuto del poveretto.      
- Ferma, non lo tocchi! Potrebbero esserci impronte o indizi importanti! Don Giulio, chiami Salemi e gli dica di mandare qui la scientifica. Anche il RIS, se sono ancora lì. Alla fine credo proprio che un caso lo abbiamo.     
Con l’ausilio di un paio di guanti, Carmelo liberò l’uomo e ascoltò con attenzione il suo racconto confuso.        
Quel mattino, verso le 6 e 30, aveva da poco preso servizio quando una donna, in evidente stato di agitazione, era andata da lui al deposito bagagli affermando che era scomparsa una valigia. Lui le aveva detto che, probabilmente, sarebbe ricomparsa a breve, magari viaggiava con un volo successivo, ma lei si era fatta prendere da un attacco isterico ed era scappata via.       
- Maddalena Vincisguerra! – Esclamarono all’unisono Calì e Don Giulio.      
Dopo circa un’ora, mentre stava riordinando gli scaffali del deposito, l’uomo era stato sorpreso alle spalle e, da quel momento, aveva perso i sensi e non ricordava più nulla.   
- Dobbiamo aprire quel deposito! – Esclamò Calì. – Lei Caterina resti qui in attesa della scientifica e, mi raccomando, non tocchi nulla. Don Giulio, lei mi segua. – Estrasse la pistola d’ordinanza e, con estrema circospezione, si avvicinò al deposito.     
Con un calcio sfondò la porta e varcò la soglia con la guardia alzata. Don Giulio lo seguiva da presso, per nulla timoroso. Dalla parte opposta si aprirono le porte automatiche e una piccola folla di curiosi, compreso il giornalista, si accorsero che qualcosa di importante stava per avvenire.       
- Carabinieri! – urlò Carmelo, ed entrò. Un rumore improvviso, seguito da un grido strozzato, fece correre i due uomini in direzione di un armadio di metallo. All’interno una Maddalena Vincisguerra terrorizzata ma in splendida forma si divincolava, cercando di liberarsi dalle corde con cui era legata.        
- Donna Maddalena! – gridò Don Giulio, e aiutò la donna a uscire da quella scomoda situazione.
- Complimenti Don! Ora mi ha inquinato tutta la scena del crimine. Va bene, ora vediamo di mettere ordine in questo rompicapo. Signora Vincisguerra, mi dica cosa è successo.  
La donna lo guardò con occhi da pazza. 
– Anzitutto giovanotto, mi aiuti a stare in piedi che ho i crampi! E poi sbrighiamoci, non c’è tempo da perdere, che mio cugino rischia la vita…
“Allora c’entrava il cugino Leonardo…” – Signora, non si preoccupi, ora ci penseremo noi. Lei mi dica solo cosa è successo.
Maddalena Vincisguerra raccontò una vicenda che aveva risvolti anche grotteschi.  Aveva ricevuto una telefonata il giorno prima, che l’avvisava di una valigia proveniente dall’Australia e che era scomparsa. L’uomo al telefono le aveva detto che era stata imbarcata per errore su un altro volo e che sarebbe arrivata quella mattina alle 6. Lei sarebbe dovuta andare a ritirarla, portarla a casa, e poi qualcuno sarebbe passato a prenderla. La valigia la spediva suo cugino, a quanto pareva, e lei era l’unica cui l’avrebbero consegnata. Lì per lì la cosa non le era sembrata strana. Capitava spesso che Leonardo le spedisse cose dall’Australia, oggetti d’arte, gingilli semi preziosi; ma stavolta si insospettì. Chi era l’uomo al telefono? Per questa ragione chiamò suo cugino, senza alcun successo. Provò a tutti i recapiti possibili, ma niente. Presa dall’ansia stava per interpellare le autorità quando l’uomo misterioso la chiamò di nuovo. “Non faccia sciocchezze, signora, e si limiti a eseguire quanto le ho detto. Altrimenti qualcuno si farà male…”      
- Capisce Maresciallo? Sono certa che “loro” hanno in mano Leonardo. Quello scellerato si è fatto molti nemici qui in Italia, prima di fuggire. Storie di debiti… Non potevo non collaborare! – Maddalena raccontò poi che, durante la notte, qualcuno era passato per lasciarle un messaggio con le istruzioni per un incontro. “La consegnerai a loro direttamente.” Le aveva detto il tizio, ed era andato via subito.  
- Quindi avevamo ragione Lele! L’autotreno, il biglietto sotto la porta…       
- Ssssttt! Continui signora, la prego.       
La donna raccontò che, una volta giunta in aeroporto e esplicate le pratiche per il ritiro bagagli, era andata al nastro e aveva atteso invano l’arrivo della valigia. Disperata si era recata al deposito bagagli, perché non sapeva cosa fare. Ma intanto il tempo correva e doveva andare all’appuntamento al Lobby Bar. Due uomini dall’aspetto poco rassicurante l’attendevano e non vollero sapere ragioni: quella valigia doveva saltare fuori, altrimenti Leonardo avrebbe fatto una brutta fine.   
- E dov’è suo cugino, gliel’hanno detto? 
- No! Niente!      
- E potrebbe riconoscere i due individui se li vedesse?       
- Ma certo che potrei, per chi mi ha preso?      
- Facciamo fare un identikit Lele? – Don Giulio si fregava le mani per l’eccitazione.        
- Appena arriva la scientifica. Signorina Caterina! – chiamò affacciandosi dal deposito, - può occuparsi di questa signora?   
La ragazza accorse e lo guardò con occhi sognanti. – Ci penso io, Colonnello, non si preoccupi.
- Maresciallo, ho detto Maresciallo!
Nell’ufficio della Polizia aeroportuale si soffocava. Il condizionatore era rotto e il ventilatore vecchio e rumoroso smuoveva solo aria calda. E poi c’era davvero molta gente stipata lì dentro, gente che respirava e sudava.
Calì se ne stava in disparte, appoggiato al davanzale della finestra, nella speranza di ricevere un po’ di refrigerio. Don Giulio lo raggiunse facendosi largo tra le persone.       
- Ecco Lele, ti ho portato un panino e una bibita fresca. – Gli porse l’involto e la lattina di limonata e si girò verso i presenti. Maddalena Serafico di Vincisguerra sedeva ad una capo della scrivania, a testa china sul foglio che il disegnatore della scientifica le aveva dato, e scuoteva la testa chiedendo correzioni qui e là.      
Contemporaneamente un ufficiale le faceva guardare foto segnaletiche di improbabili figuri. Vicino alla porta il povero addetto al deposito bagagli si era accasciato su una sedia lasciandosi andare alle cure di un paramedico e della giovane Caterina che gli faceva vento con una cartellina. Dietro di lei un altro ufficiale di polizia attendeva per interrogarlo.     
- Don Giulio, comincio a pensare che qualcosa di questa faccenda ci sfugga. Qualcosa di molto chiaro, evidente, ma che proprio per questo abbiamo trascurato.       
- Dici Lele? E cosa? A me sembra che alcuni fatti siano molto chiari. Almeno ciò che è accaduto qui.
- Sì, certo. Ma chi c’è dietro questa faccenda? Ancora non sappiamo cosa contenesse la valigia perduta, semmai esista questa valigia. Chi l’ha spedita? Siamo sicuri che si tratti di Leonardo Vincisguerra? A chi era destinata? E chi ce l’ha adesso? Troppe domande senza risposta. E… una incongruenza.    
Il Maresciallo Calì si precipitò fuori dall’ufficio e telefonò a Salemi. Don Giulio, che lo seguiva da presso come un cucciolo fedele, non riuscì a sentire nulla della veloce telefonata, se non le ultime parole: “… e avvisa il Magistrato. Ah! Salemi, mi raccomando, bocca cucita! Con tutti!”
- Che succede Lele? A me puoi dirlo?      
- Venga con me e capirà. – Poi Calì si rivolse ai presenti. – Signori, io mi devo allontanare per verificare alcune cose. Sono certo che penserete voi a riaccompagnare la signora Maddalena e a riferire al Procuratore. Ci aggiorniamo domani nel suo ufficio.       
La giovane Caterina lo guardò con occhi adoranti. “Che uomo volitivo, che sicurezza, che forza!”


Carmelo tornò al nastro trasportatore numero 6 e si mise a controllare le valigie accatastate e dimenticate. Ognuna di esse aveva un cartellino che indicava il volo di provenienza. - Se la valigia è partita dall’Australia con il volo successivo a quello previsto, forse… forse non è ancora arrivata… Forse la persona che aveva telefonato non si riferiva alle 6 del mattino, ma alle 18… - Espresse questo suo pensiero a voce alta per ricevere una conferma da Don Giulio sulle sue supposizioni, poi corse in direzione del tabellone degli arrivi.        
- Sì, Lele, è possibile. Ma perché dare un appuntamento a Maddalena alle 7.00? Chi l’ha avvisata conosceva bene l’orario giusto! 
- Perché chi le ha dato l’appuntamento si trovava in Italia, mentre chi ha telefonato era in Australia! Ecco perché! Questo è un enorme pasticcio architettato da incompetenti, glielo dico io! Eccolo lì! Lo vede? – Carmelo stava indicando sul tabellone il volo AM753 – ore 18.00 – Atterrato. Guardò il suo orologio da polso, che segnava le 18,20, e corse di nuovo ai nastri trasportatori. – Sono certo che da un momento all’altro vedremo la famosa valigia!    
I passeggeri in arrivo da Sidney si disposero intorno al numero 6 non appena questo prese a girare e, uno alla volta, raccolsero il proprio bagaglio e si diressero verso l’uscita. Ogni volta che le porte automatiche si aprivano una folla di curiosi, tra cui un esausto giornalista, sporgeva la testa per sbirciare. Avevano visto arrivare il RIS e le gazzelle della Polizia, quindi qualcosa di grosso stava accadendo lì dentro…    
Quando anche l’ultimo passeggero fu uscito, sul nastro erano rimaste due valigie: una piccola e rigida, una più grande e, all’apparenza, molto pesante. Calì e Don Giulio attesero una decina di minuti e tirarono giù i due bagagli dal nastro che continuava a girare. Un signore di origine indiana arrivò di corsa e strappò dalle loro mani la valigia più grande, biascicando qualcosa in un inglese stravagante. – Bene, dovrebbe essere questa dunque. – Carmelo sollevò il bagaglio più piccolo, prese l’etichetta e, con enorme soddisfazione, lesse la data d’imbarco: due giorni prima.   
- Che le avevo detto Don? A volte le cose sono così semplici che sfuggono alla logica.    
- Avevi ragione… e adesso? Che facciamo?       
- Adesso torniamo in ufficio da me. Con la valigia. Se Salemi ha fatto ciò che gli ho chiesto avremo gente ad aspettarci. 
I due uomini uscirono velocemente dall’area bagagli, così velocemente che il giornalista quasi rischiò di perderli. Corse quindi alla sua moto per rimettersi all’inseguimento, ma la moto non c’era. La vigilessa lì nei pressi fu ben lieta di informarlo che “il mezzo era stato rimosso perché in divieto di sosta. Poteva trovarlo al deposito e pagare la multa, visto che c’era!”
Alla Caserma dei Carabinieri non c’era mai stata tanta folla di domenica. Il Magistrato era rimasto in auto ad attendere Calì, per approfittare dell’aria condizionata, ma in ogni caso aveva cominciato a sbuffare. – Appuntato Salemi! – urlò affacciandosi dal finestrino, - ci sono notizie?
Salemi accorse subito scuotendo la testa. – Niente, il telefono è muto. Credo si sia scaricata la batteria, perché non è abitudine del Maresciallo sparire così. – Salemi tornò al fresco dentro l’androne, dove l’aspettava Michela, che subito lo prese per mano e lo trascinò dietro il portone.     
- Allora? Mi vuoi dire cosa sta succedendo?     
- Non posso amore mio. Ti ho già detto troppo ed è successo un bel casino. 
- Forse. O forse no. Se non fosse stato per noi questa faccenda non si sarebbe risolta.     
- E chi ha detto che è risolta? Lo vedi come fai? Non ti si può dire una parola che subito ci scrivi un romanzo!   
- Beh, c’è il Magistrato, Calì sta rientrando, ci sono quelle persone in ufficio di cui non mi vuoi parlare…
- E continuerò a non parlarne. Ti prego Michela, vai via che il Maresciallo sta arrivando… eccolo!
La Mini frenò stridendo accanto all’auto di Lelli, quasi fosse esausta anch’essa per quella corsa oltre ogni limite di velocità. – Dottore, - Carmelo si affacciò al finestrino facendo sobbalzare il Magistrato – siamo pronti. Se vuole seguirmi. Salemi! Saluta la tua fidanzata e vieni su! 
“Caspita, quell’uomo ha il radar…   “
Quando Carmelo Calì entrò in ufficio trascinando con sé la valigia, la persona che attendeva seduta sulla poltroncina sbiancò in volto, nonostante il caldo estivo.     
- Signori, se volete accomodarvi, vorrei raccontarvi una storia interessante. 
Salemi, il dottor Lelli e Don Giulio si disposero in semicerchio attorno alla scrivania, di fronte a Carmelo.
- Signora Luisa, la ringrazio per essere venuta senza indugio. Ha fatto la cosa giusta…   
La donna chinò il capo, nascondendo lo sguardo a quello degli altri.   
- Come vedete ho qui una valigia. Non l’ho ancora aperta, ma sono certo che qualcuno qui dentro sa già cosa contiene… La storia che vorrei raccontarvi invece ha a che fare con le chiacchiere, le maldicenze e anche con un tentativo di imbroglio. Tutti sanno che Leonardo Vincisguerra è andato via molti anni fa e che ha lasciato delle situazioni debitorie “irrisolte”, per così dire. Questo è un fatto, ma le chiacchiere di paese hanno di certo ingigantito la faccenda, ne sono convinto. Tra i due cugini, Maddalena e Leonardo, c’è sempre stata, in ogni caso, una corrispondenza, contatti telefonici, insomma erano in buoni rapporti. E di questo la signora Vincisguerra parlava con le sue amiche la mattina al bar, o in merceria, o all’ufficio postale… Probabilmente si sarà lamentata dei trascorsi del cugino, ma avrà anche raccontato che lui ogni tanto le spediva delle cose, anche preziose. Evidentemente, - Carmelo fissò intensamente la signora Luisa, - qualcuno che poteva, deve aver trovato il modo di contattare Leonardo spacciandosi per qualcun’altra, magari con una lettera. Deve aver pensato, questo qualcuno, che quella vecchia faccenda di debiti poteva essere sfruttata in qualche modo, con un bel ricatto per esempio…        
Camelo aprì lentamente la valigia svelandone il contenuto. Mazzette di dollari australiani, tutte impilate, erano lì pronte per essere contate. Un “ooohhh” generale si diffuse nella stanza.
- Se non fosse stato per una questione di fusi orari forse non avremmo trovato la valigia. Ora vuole raccontarci lei com’è andata, signora Luisa? L’avviso che tutto ciò che dirà sarà registrato, come testimonianza. – Quattro paia di occhi si voltarono a guardare la donna che, tra un singhiozzo e un sospiro, raccontò la sua verità.
Da tempo la sua famiglia si trovava in cattive acque e non c’era da aspettarsi molto da quell’inetto di suo marito. Per questo lei aveva pensato di dover fare qualcosa, anche di estremo. Aveva conosciuto un uomo italiano su una chat di incontri internazionali, uno che viveva in Australia, e avevano studiato la faccenda insieme. Era stato lui che aveva contattato Leonardo anonimamente una settimana prima, che lo aveva minacciato di far del male a Maddalena e che lo aveva costretto a spedire quei soldi in Italia per pagare i suoi debiti. Il povero Leonardo probabilmente si era venduto tutto in fretta e furia e aveva infilato il denaro in quella valigia che era stata spedita da Sidney due giorni prima. L’amico australiano aveva telefonato a Maddalena per farla andare in aeroporto a prendere la valigia, perché solo lei aveva la delega al ritiro. L’aveva convinta accennando ai debiti del cugino, al fatto che con quella consegna si sarebbe risolto tutto e che, se non avesse ubbidito, Leonardo avrebbe passato un bel guaio. L’Australiano, che seguiva il viaggio della valigia dall’altra parte del mondo, aveva saputo che il bagaglio si trovava nel volo successivo, e si era premurato di avvisare Maddalena, ma non aveva specificato se l’arrivo fosse previsto per le 6 del mattino o del pomeriggio. La stessa Luisa, avvisata a sua volta via chat degli sviluppi, non aveva capito. Per questo aveva dato appuntamento a Maddalena per le 7.00 al Lobby Bar, e lo aveva scritto in quel biglietto, e le era anche costato caro assoldare l’autista dell’autotreno e i due tizi dell’aeroporto. Poi, per una crisi di coscienza, quella mattina aveva parlato di Leonardo e del biglietto a Don Giulio. – E adesso, - continuò scossa dai singhiozzi, - sono una donna finita. La mia famiglia è distrutta. Non potrò più guardare in faccia le mie amiche, la gente. Maresciallo, dice che mi licenzieranno?        
I quattro uomini presenti si guardarono sbigottiti.
- Luisa, - disse Don Giulio, - quello che hai commesso è un reato.       
- Esatto signora, - intervenne Lelli, - c’è l’arresto…
- L’arresto??? – Il grido proruppe strozzato dalla gola della donna. – Ma mica è morto nessuno! E poi, poi non ho fatto niente io, non avete prove, niente!    
- Luisa, lei ha confessato tutto. Abbiamo la registrazione. Ma vedrà, saranno clementi, lei non ha precedenti…
Calì si avvicinò alla donna e la aiutò, con garbo, ad alzarsi.
– Salemi!   
- Comandi Maresciallo!
- Prendi in custodia la signora e portala nell’altra stanza. Qui c’è un rapporto da preparare.
In cielo la palla incandescente del sole stava ormai cedendo il passo alla luna, ancora molto bassa all’orizzonte. Calì e Don Giulio sostavano davanti al cancello della Caserma, appoggiati alle colonnine di sostegno, a godersi lo spettacolo. Il Magistrato era appena andato via, seguito da Salemi che si trascinava dietro una recalcitrante Michela, ancora avida di notizie. La signora Luisa era a colloquio col marito e con l’avvocato: aveva molte cose da spiegare…        
- Certo, chi l’avrebbe mai detto Lele. Una donna così tranquilla, per bene… Se non fosse stato per quello scrupolo di coscienza che le è venuto!      
- Chissà cosa ha detto lei stamattina durante la messa, Don Giulio! Sono certo che l’ha fatta sentire in colpa. In fondo è una persona per bene che, per un momento, ha perduto la retta via.
- Come no! Una pecorella smarrita. Ma dai, Lele, la signora ha soltanto visto qualche telefilm americano di troppo. E pensava di aver architettato il reato perfetto. Piuttosto, tu sì che hai una bella testa. Complimenti per le intuizioni! Ora però tornerei in canonica, che si è fatto tardi. Ti fermi a mangiare qualcosa da me?   
- E perché no? Andiamo in auto, che ne dice? – Carmelo armeggiò col telecomando, ma la sua Mini riprese a fare i capricci. – Ma porc…! Ehm, con rispetto parlando Don Giulio, che ne dice se andiamo a piedi?
Davanti alla Chiesa i lampioni illuminavano una piazza quasi deserta. Quasi, perché Maddalena Serafico di Vincisguerra arrivò in qual momento e scese dalla sua auto. Dietro di lei parcheggiò una Mini decappottabile, del tutto identica a quella del Maresciallo Calì. Ne fuoriuscì una giovane ragazza bruna, ancora in divisa, che si guardò intorno come se fosse in cerca di qualcuno.   
– Dove devo andare adesso signora?       
- Ma, Lele, quella non è Caterina? – Don Giulio diede di gomito al Maresciallo. – E ha la macchina uguale alla tua!     
La ragazza lo sentì, si voltò e li vide e la sua faccia si allargò in un sorriso luminoso.       
– Comandante!   
- Don, le auguro una buona serata. Devo farmi spiegare come funziona quel telecomando… Maresciallo, Caterina, Maresciallo! Se viene con me le faccio capire…
 
FINE



 
 
 
 
 
 
        



 
   
 
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