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Autore: KuromiAkira    08/09/2016    1 recensioni
Aprì gli occhi all'improvviso, senza che nulla, apparentemente, avesse disturbato il suo riposo.
Si mosse appena, il suo sguardo incontrò subito la stoffa candida e leggera di un pigiama; il suo corpo, prima intorpidito dal sonno, percepì improvvisamente il peso e il calore umano, mentre l'assoluto silenzio in cui pensava di essere immerso era in realtà disturbato da un quieto respirare.
Resosi conto finalmente di dove si trovasse, Horikawa si mise seduto nel tentativo di capire anche come ci fosse arrivato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Horikawa Kunihiro, Izuminokami Kanesada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi all'improvviso, senza che nulla, apparentemente, avesse disturbato il suo riposo.
Si mosse appena, il suo sguardo incontrò subito la stoffa candida e leggera di un pigiama; il suo corpo, prima intorpidito dal sonno, percepì improvvisamente il peso e il calore umano, mentre l'assoluto silenzio in cui pensava di essere immerso era in realtà disturbato da un quieto respirare.
Resosi conto finalmente di dove si trovasse, Horikawa si mise seduto nel tentativo di capire anche come ci fosse arrivato. Il braccio di Izuminokami Kanesada, che stava dormendo abbracciato a lui, gli cadde sulle gambe senza turbare minimamente il sonno dell'uchigatana, e Kunihiro sorrise sollevato, afferrandolo con cura e spostandolo.
Si guardò attorno, osservando la sua camera. Aveva la sensazione di aver sognato qualcosa, qualcosa ormai svanito dalla sua mente, ma che gli aveva lasciato dell'inquietudine dentro. Si sentiva esausto, il suo corpo doleva, ma era più la tensione muscolare lasciata dallo stress che dolore causato da uno sforzo fisico.
Cercò di fare mente locale e si tocco una tempia, nell'inconscia convinzione che potesse aiutarlo a ricordare.
Era stato sul campo di battaglia, la sera prima. Era stato mandato a Edo, insieme agli altri suoi compagni che, come lui, erano stati al servizio della Shinsengumi -e con cui ovviamente lavorava meglio- e Urashima Koutetsu. Era il capitano e ricordava di aver dato delle disposizioni in vista dell'imminente scontro. Ma cos'era accaduto dopo? Non ricordava assolutamente di aver combattuto.
L'ultimo ricordo nitido che riusciva a riportare alla mente era acqua. Un'anomala quantità d'acqua, arrivata da chissà dove, aveva improvvisamente invaso le strade della città e, vedendosi le gambe inglobate dal liquido torbido, tanto scuro da dare l'impressione che potesse portare nel mondo degli inferi, aveva perso la testa.
Era un tipo che cercava di mantenere sempre la calma: abituato a lavorare assieme a persone (e spade) troppo istintive e irresponsabili. Gli veniva quasi naturale cercare ogni volta di prendere le redini della situazione, riflettere e placare lo spirito indomito di chi gli stava attorno, ormai quell'atteggiamento era parte di lui.
Ma con l'acqua aveva un pessimo rapporto: era stato per secoli in fondo all'oceano. L'oscurità più totale e un silenzio schiacciante erano stati gli unici suoi compagni per un interminabile periodo.
All'epoca non aveva un corpo umano, non provava sentimenti o sensazioni. Ma ora, pur essendo ormai libero da quella immensa prigione, al solo ripensarci provava paura. Un terrore assoluto, che gli paralizzava il corpo e gli mozzava il respiro.
Preso dal panico, il suo cervello era andato in black out e dopo quel momento non riusciva più a rimembrare nulla.
Horikawa abbasso il braccio, una fitta gli trafisse il gomito da quanto il suo corpo si era fatto teso al solo ricordare cos'era successo. Deglutì, respirò profondamente bisognoso di aria, e come sempre cercò di dominarsi.
- Devo essere svenuto - ragionò poi a bassa voce. - Che figuraccia... - concluse poi con un sorriso amareggiato.
Da quando era stato recuperato dal suo nuovo padrone e aveva ottenuto un'anima e un corpo, Kunihiro aveva sempre cercato di non pensare al passato. Certo, ogni tanto la mente andava ai tempi andati, era inevitabile, ma questo non l'aveva ma distolto dai suoi obbiettivi.
Non si era mai reso conto di quanto quegli anni passati in fondo all'oceano l'avessero traumatizzato: imbattersi in mari, laghi o fiumi, se osservati a debita distanza, non gli causava che dei tremiti che riusciva sempre a dominare o dissimulare. Non credeva di arrivare al punto di impanicarsi alla vista dell'acqua che lo sommergeva.
In qualche modo si sentiva deluso. Deluso da se stesso, dal suo mancato autocontrollo.
Era il capitano della squadra e non era stato in grado di gestire la situazione.
Si vergognava di se stesso.
Si strinse le braccia e volse lo sguardo verso il pavimento. Fu in quel momento che fece caso alla luce del sole. Osservò la porta scorrevole che dava all'esterno e improvvisamente capì che era ormai tarda mattina.
- Oh no! È tardi! - esclamò, sollevandosi con l'intenzione di svegliare Izuminokami, dimenticandosi dei propri turbamenti in favore del suo compito di assistente.
L'azione fu bloccata proprio dalla mano dell'uchigatana che, senza preavviso, afferrò il braccio della wakizashi.
- Fai troppo rumore - borbottò Kanesada con gli occhi ancora chiusi e la voce assonnata.
- Kane-san! - proruppe l'altro, sussultando sorpreso. Per un attimo si sentì dispiaciuto di averlo svegliato, ma subito dopo si ricordò della sua effettiva intenzione di farlo alzare. - È tardi... abbiamo dormito troppo! - balbettò agitato.
A quel punto Izuminokami aprì un occhio e lo fissò - Calmati. Il padrone ha deciso che oggi sei in pausa - lo informò serio.
Horikawa fece per ribattere, ma comprendendo il motivo di quella decisione, la voce gli morì in gola. - Capisco...- sussurrò dopo un po'.
Pensò di chiedergli della missione del giorno prima, ma non ne ebbe il coraggio.
Izuminokami gli lasciò il braccio e attese che l'altro si ristendesse, ma ciò non accadde.
Kunihiro, pur ancora giù di morale, gli rivolse uno sguardo ansioso. - Ma tu devi alzarti! Preparo subito le tue cose e poi vado a... - ma non riuscì a concludere la frase circa le sue intenzioni: l'uchigatana, sbuffando, gli cinse la vita con entrambe le braccia, e se lo buttò addosso.
- Quanto chiasso che fai - si lamentò pigramente, girandosi di nuovo di lato in una posizione più comoda per entrambi e stringendo a sé il suo auto-proclamato assistente con la ferma intenzione di non fargli abbandonare il futon. - Oggi devi solo risposarti. Ordine del padrone - disse perentorio, ma con un tono basso, dolce. Horikawa non era abituato a sentire la voce dell'altro in quel modo, e per qualche motivo si sentì a disagio. - E ho chiesto il permesso di rimanere con te oggi. Quindi non hai proprio nulla da fare. Chiudi gli occhi e torna a dormire - concluse l'uchigatana con un sospiro di soddisfazione.
La wakizashi sollevò appena lo sguardo, come disorientato di fronte alla prospettiva di stare a letto senza occuparsi delle sue solite faccende. Izuminokami gli mise una mano sulla nuca e lo avvicinò di più a sé con fare protettivo. - Hai bisogno di riprenderti - mormorò, fissando davanti a sé. - C'è stata un inondazione, ieri. Per poco non siamo stati spazzati via dalle onde - spiegò un po' incerto, carezzandogli la testa. Poi gli prese il volto con entrambe le mani e lo allontanò per fissarlo dritto negli occhi. Horikawa sentì il cuore perdere un battito quando vide lo sguardo afflitto di Kanesada. Cos'è era successo il giorno prima? L'aveva fatto preoccupare così tanto? - Dev'essere stata un'esperienza orribile per te. Non ti avevo mai visto così spaventato - confessò l'uchigatana.
Horikawa comprese che era stato lo stesso Izuminokami a chiedere al padrone di poter rimanere con lui, per non lasciarlo solo. Lo conosceva bene, sicuramente si sentiva in colpa per non essere riuscito a fare nulla per lui. Non ricordava cosa fosse successo, ma era sicuramente la prima volta che Kane-san lo vedeva in quello stato. Non avrebbe mai voluto mostrarsi così miserabile di fronte a lui.
Si chiese per un attimo come avesse reagito Izuminokami, nel vederlo in quel modo.
Si guardarono negli occhi per lunghi istanti, durante i quali la wakizashi cercò delle risposte.
Risposte crudeli, forse, perché lo sguardo dell'altro parlava per lui: la sorpresa nel vedere il compagno di mille battaglie, qualcuno sempre composto anche nelle situazioni più critiche, schiacciato dal terrore; la paura del saperlo indifeso, sopraffatto da un dolore che non poteva lenire, e la consapevolezza di dover agire in fretta, di proteggerlo prima che il suo animo si spezzasse... tutto questo era racchiuso dentro l'azzurro ora oscurato da nubi temporalesche.
Gli fecero venire in mente la pioggia. Pioggia che cadeva implacabile nei cuori di entrambi. Acqua, quindi, di nuovo. Aveva permesso al suo passato di turbare anche Kane-san.
L'uchigatana corrucciò le sopracciglia, di fronte a quel silenzio. Strinse appena le mani, delicatamente, senza fargli male.
- Rimango qui con te oggi; quindi rilassati, va bene? - gli disse, perché era l'unica cosa che poteva effettivamente fare in quel momento.
La wakizashi fece per annuire, ma era come se il suo corpo, in quell'istante, fosse paralizzato, pesante. Quella pesantezza che ricordava nell'oceano. Aprì la bocca per inalare con necessità altra aria, e improvvisamente scoppiò a piangere come mai aveva fatto prima di quel momento.
Izuminokami lo strinse subito a sé.
- Mi dispiace - balbettò Kunihiro tra i singhiozzi, la voce roca e impastata.
- Non devi... - bisbigliò Kanesada carezzandogli la schiena, tremando appena.
Nell'accorgersene, Horikawa si sentì ancora più in colpa. Kane-san era il più emotivo tra i due, che sforzo stava facendo per mantenere la calma?! Mantenerla per lui, per non agitarlo più di quanto già non fosse? Perché gli stava facendo questo? Come aveva osato affliggerlo in quel modo?
- Anche se ora ho un corpo umano, io sono pur sempre una spada. Il mio ruolo è affrontare i nemici del mio padrone e abbatterli. Se non riesco nemmeno a dominare le mie paure e i miei sentimenti non posso combattere! - gemette afferrando la stoffa bianca del pigiama dell'altro, tirandola forte. - Che utilità posso avere se mi faccio sopraffare da una cosa del genere? -
- Kunihiro... - lo chiamò piano l'uchigatana, nel vano tentativo di attirare la sua attenzione.
- Ho fallito e ho fatto preoccupare tutti... ho fatto preoccupare te! - sentenziò la wakizashi, cercando di sciogliere l'abbraccio senza però trovare il coraggio di guardare Kanesada. Sentiva di non poter stare lì con lui. Non lo meritava... - Se il mio animo è così debole non sono degno di essere il tuo assistente! -
- Kunihiro! - scattò improvvisamente Izuminokami, stringendolo convulsamente per trattenerlo.
Lo spinse con la schiena contro il materasso del futon, e lo guardò dall'alto.
- Stupido! Questo succede perché tu ti tieni sempre tutto dentro! - esclamò nervoso, osservandolo quasi con rabbia. Quello sfogo lasciò Horikawa talmente sbigottito da rimanere imbambolato a guardarlo, mentre lacrime silenziose percorrevano il breve tratto dei suoi zigomi per poi finire assorbiti dalla stoffa del cuscino.
- Non dici mai niente a nessuno! Rimani tranquillo, sorridi per non dare pensieri a chi ti sta attorno e intanto tutto si accumula dentro di te! - lo rimproverò con veemenza, stringendogli le spalle. Nella sua voce non c'era davvero rabbia, bensì rammarico. - Non ne sapevo nulla, di questa storia! Fino a ieri non immaginavo minimamente una cosa del genere! È stato il padrone a raccontarmi cos'è successo dopo che ci hanno separati! A dirmi che hai passato secoli in fondo all'oceano! Perché non mi hai detto niente?! - domandò con voce acuta, rotta, gli occhi lucidi minacciavano copiose lacrime.
- Kane...san...? - fu l'unica cosa che riuscì a dire la wakizashi. Sorpreso, comprese in quel momento che Kanesada soffriva, si sentiva tradito dal suo silenzio, dalle sue remore. “Sono uno stupido” pensò quasi con rassegnazione, socchiudendo gli occhi stanchi.
Come se fosse stato in grado di leggergli nella mente, l'uchigatana si acquietò improvvisamente e si chinò per stringerlo ancora. Rimasero in silenzio qualche secondo, il cinguettio degli uccelli come unica cosa che impediva alla wakizashi di perdere contatto con la realtà e immergersi completamente nel calore dei loro corpi e dei loro respiri. Le braccia di Kanesada sembravano voler impedire alla sua anima di andarsene, trascinata dalla corrente di un oceano oscuro e soffocante che, ormai, si trovava solo nel suo cuore.
- Sei sempre tu a prenderti cura di me - notò poi Izuminokami, sospirandogli sulla tempia. - Per una volta lascia sia io a fare qualcosa per te. Sfogati, parlami delle tue esperienze, condividi con me il tuo dolore. Superiamolo insieme, come abbiamo sempre fatto con tutto il resto. Tu non sei il mio assistente, Kunihiro. Sei il mio compagno. Ricordati che sono stato forgiato dopo di te, sono stato creato per combattere al tuo fianco. -
Horikawa sentì il suo respiro mozzarsi a quelle parole. Ovviamente non se n'era scordato. Ma Izuminokami Kanesada era sempre stato così forte, elegante e maestoso, che lui, sebbene fosse il più vecchio dei due, si era sempre sentito in una posizione di subordinazione rispetto all'uchigatana.
Era il suo compagno, era vero, ma non si era mai percepito come tale. E, fino a quel momento, Kane-san non aveva mai accennato a questo, come se la situazione che si era venuta a creare, come se il comportamento fino a quel momento tenuto da entrambi gli andasse bene, dopotutto. O forse era solo lui che lo pensava? Non aveva mai avuto il coraggio di guardare davvero a fondo all'animo di Izuminokami.
Gli sfuggì un singhiozzo, e Kanesada si sollevò per controllarlo. Kunihiro premette il braccio sinistro all'altezza degli occhi, nell'inutile tentativo di nascondergli le lacrime, e gli servirono altri istanti prima di riuscire ad aprire bocca.
- S-sì, Kane-san - pigolò, le membra esauste ma scosse da spasmodici tremiti. - Mi dispiace. Mi dispiace tanto. -
In quel momento pensò che forse una pausa gli serviva davvero. Una giornata intera solo per lui, per loro, per riprendersi da tutto, per riflettere e affrontare i ricordi e le sensazioni che aveva sempre rifiutato di accettare, metabolizzarli e sfogarsi con Izuminokami. Parlagli liberamente, raccontargli tutto, chiedergli scusa di nuovo e piangere, piangere fino a non avere più forze per fare altro.
Invece lo abbracciò di sua iniziativa, nascondendo contro il petto dell'altro la faccia arrossata e gli occhi bagnati di lacrime. Non si sentiva in grado di affrontare il discorso, ma in fondo andava bene anche così. Avevano tutto il tempo per discutere, dopo.
- Stupido. Ti ho già detto che non devi scusarti - lo riprese ancora Kanesada, con la voce che sorrideva.
Horikawa lo sentì rilassarsi, cercare e trovare nuovamente una pozione adatta per il riposo di entrambi. Rimasero stretti l'uno all'altro in silenzio, fino quando non riuscì finalmente a riaddormentarsi, in un sonno più sereno, questa volta, senza incubi.
  
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