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Autore: FALLEN99    10/09/2016    0 recensioni
Fino a che punto può spingersi la passione prima di diventare oscura?
Questo Amalia Jones, appena trasferitasi dalla splendente California in un paesino ai piedi di Dublino, ancora non lo sa. Appena però incontra gli occhi funesti di Alek Bás inizia ad averne una vaga idea. La passione ti strappa la ragione e ti getta nella pazzia, ed Amalia lo sperimenterà a caro prezzo.
“Come un ago sulla bilancia, il tuo potere è in grado di favorire la luce o le tenebre. Sta solo a te decidere. Se sceglierai il bene, potrai salvare il mondo. In caso contrario, distruggerlo”
**
– Riesci sempre a metterti nei guai.– le sussurrò all’orecchio.
– Ti sbagli– gli rispose Amalia, diventando concorrente nella tacita sfida dei loro sguardi
- Cosa te lo fa credere?
-Perchè sei tu che mi metti nei guai. Tu, TU sei i miei guai
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IMPORTANTE:
Scusante per l'assenza di questo ultimo (e lunghissimo) periodo. Diciamo che è non è stato un periodo molto profiquo per la scrittura e che mi sono dedicato completamente ad altre cose, trascurandola totalmente. Eppure eccomi qui, preso dall'ispirazione ancora una volta.
Questa storia mi sta molto a cuore e spero vogliate perdonarmi :) 
Il capitolo introduce un nuovo personaggio, di cui finora si era solo parlato. Spero sia di vostro gradimento.
lasciate pure i vostri commenti, sono tutti bene accetti
buona lettura






Capitolo 12


Seduta sulla poltrona, le braccia che pendevano stancamente dai braccioli e le gambe appoggiate al tavolino di cristallo davanti a lei, Amalia osservava assonnata lo schermo della televisione.
Quella sera la stanchezza accumulata nell’ultimo periodo sembrava essersi riversata su di lei tutta insieme, privando il suo corpo della capacità di portare attenzione a qualsiasi cosa che non fossero le immagini che si stavano susseguendo sulla Tv.
“Strani fenomeni atmosferici stanno sconvolgendo la California. Tornado improvvisi e piogge scroscianti sono ormai all’ordine del giorno a Los Angeles, ed il freddo costringe i suoi abitanti a non uscire di casa se non per cose strettamente necessarie. Osservate queste immagini; la foga con cui i vortici d’aria si avventano sul mare è così tanta che ha fatto precipitare i cavi dell’alta tensione.  I crolli di edifici, inoltre, causati dal tempo, hanno provocato alcune vittime” la voce preoccupata con cui la giornalista parlava terrorizzò Amalia. Di solito, infatti, quando i giornalisti riportavano notizie tragiche, la loro voce risultava atona, ed Amalia pensò che la gravità della situazione a Los Angeles doveva essere così intensa da far dimenticare alla giornalista di assumere il solito tono apatico.
Un brivido le scavò rapido la carne, ricordandole che la nonna viveva proprio nella meta di quei disastri atmosferici.
Quando le immagini dei tornado riempirono lo schermo, Amalia ebbe un sussulto. La violenza con cui l’aria spazzava via tutto era sconcertante, tanto che la lasciò senza fiato.
Doveva assolutamente chiamare sua nonna e sapere come stava, seppur questo la avrebbe costato alzarsi dalla sedia e sollevare la cornetta, vincendo la stanchezza.
Spense con un movimento brusco la televisione, alzandosi in piedi e dirigendosi verso il telefono. Portò la cornetta all’orecchio e digitò sul tastierino il numero di casa della nonna, che dopo così tanti anni ricordava a memoria. Il telefono squillò diverse volte a vuoto, così Amalia provò a ricomporre la sequenza numerica. Il risultato, tuttavia, non cambiò di una virgola, facendo pervadere Amalia da una brutta sensazione che le serrò lo stomaco. L’ansia che cresceva ad ogni squillo mentre la ragazza stringeva spasmodicamente il filo dell’apparecchio, cercando invano di sfogare la tensione accumulata. Emilie era tutto tranne quello che poteva dirsi una vecchietta ferma nei suoi anni e imbranata. Seppure la sua avanzata età, la donna usava perfettamente qualsiasi tipo di apparecchio elettronico e badava a se stessa in modo del tutto autosufficiente, non facendo mai venire ad Eureka e Maxus il dubbio di assumere una badante affinché si occupasse di lei. Inoltre, era sempre solita portarsi dietro il telefono cellulare, a cui venivano segnalate le chiamate perse su quello di casa. Per questo Amalia cominciò ad agitarsi, sapendo che la donna si faceva trovare reperibile in ogni occasione, persino anche quando si trovava nelle più strane situazioni come in vasca da bagno oppure in bicicletta.
Mai avrebbe potuto sopportare se fosse accaduto qualcosa all’amata nonna, l’unica figura, oltre a quella dei suoi genitori, che rappresentava per lei un punto fisso e su cui sapeva di poter sempre contare, qualsiasi cosa fosse accaduta.
Già cominciava a immaginarsi la figura minuta di Emilie riversa a terra sotto le macerie provocate da un tornado quando, dall’altra parte del globo, la donna rispose. –Pronto?
Ad Amalia sembrò che il sangue avesse ripreso a scorrerle di nuovo nelle vene. –Nonna, tutto bene? – chiese, quasi aggredendola con la sua voce concitata.
–Tesoro, faccio io a te la stessa domanda! Hai una voce così tesa che si potrebbe affettare – le rispose Emilie, preoccupata per la nipote almeno quanto Amalia ella lo era per lei.
La ragazza sorrise, constatando che se la nonna rispondeva con così tanta spontaneità significava che era tutto in ordine.
–Si, è che non rispondevi più
–Incanto, è passato nemmeno mezzo minuto da quando il telefono ha iniziato a suonare fino a che ho risposto. Non è che stai diventando paranoica come tua madre? – azzardò Emilie, suscitando sul viso di Amalia il consueto sorriso che le veniva quando la nonna parlava della maniacale abitudine della madre ad essere sempre perfetta e avere tutto sotto controllo.
–Non mi sembra proprio il caso che ti preoccupi, anzi, qui quella preoccupata dovrei essere io, che non ti fai sentire da almeno tre settimane! – continuò, mentre il suo tono assumeva un tono lievemente più grave.
Amalia rifletté su quell’affermazione e riconobbe che nelle ultime settimane era stata così assorbita tra la scuola e le nuove conoscenze da aver trascurato le solite chiamate alla nonna, che le permettevano di sfogarsi e sentirla sempre vicina.
Si morse la lingua nel constatare che alle parole ‘nuove conoscenze’ il viso provocatorio di Alek le era apparso nella mente. Lui era decisamente da mettere nel gruppo di conoscenze che oltre a nuove, erano da descriversi irritanti. E assillanti. E idiote. E inquietanti. E affascinanti…
Stupida! Si schernì a quel solo pensiero. Sulle più di mille pagine del vocabolario di lingua inglese che aveva nella libreria di suo padre avrebbe potuto trovare milioni di aggettivi che gli si addicevano senza utilizzare quello.
–Incanto, ci sei ancora?– la voce di Emilie la riportò alla realtà e tolse il sorriso sarcastico di Alek Bàs dalla sua testa.
–Sì nonna, scusa, ero sovrappensiero
–Allora? Sto aspettando una motivazione per le tue mancate chiamate. Sai benissimo che non voglio essere assillante con te, che secondo il nostro patto sei tu che mi devi chiamare dato che sai che voglio ti senta libera di sentirmi solo quando lo desideri. Ma dal passare a chiamarmi un giorno si e uno no, al non farlo per un periodo di tempo così lungo! Sei sicura vada tutto bene?
Amalia ascoltò attentamente le parole della nonna e, in simultanea, fu come se tutto ciò che aveva vissuto in quell’ultimo mese e mezzo le fluisse dalle labbra senza che potesse controllarlo. Raccontò alla nonna della scuola, della bella compagna che aveva trovato in Catherine, del tempo irlandese che poco le andava giù, del rapporto di alti e bassi coi suoi genitori, del gentile e al contempo enigmatico professor Harrison…insomma di ogni cosa. Ogni cosa tranne gli occhi smeraldo il Alek e i suoi incubi.
Parlò per più di un’ora, non facendo caso alla lancetta laccata dell’orologio della cucina che ormai segnava le dieci e mezzo di sera. Sapeva, purtroppo, che se avesse aperto il capitolo sul ragazzo il tempo che avrebbe dovuto spendere per descrivere la situazione si sarebbe dilatato a dismisura.
–Sono proprio contenta che ti sia aperta, percepisco da come ne parli che ti stai poco a poco adattando al nuovo ambiente. Ho sempre detto a Maxus e a tua madre che sei una ragazza forte e che il trasloco non ti avrebbe turbata più tanto. Vedrai che d’ora in poi tutto comincerà a diventare normale e tra poco ti chiederai se non hai sempre vissuto lì! – la rassicurò, cercando di considerare ogni lato positivo dal racconto di Amalia, evitando accuratamente di parlare di quanto sentisse una mancanza viscerale nei suoi confronti e di quanto le mancasse averla sempre intorno nelle lunghe passeggiate che facevano di fronte all’oceano.
–Sento, però, che c’è qualcosa di cui ancora non mi hai raccontato. – asserì Emilie, che troppo bene conosceva Amalia per non capire che le stava nascondendo qualcosa. E quel qualcosa era proprio ciò su cui voleva essere informata.
Un groppo si formò in gola ad Amalia, rendendole difficile deglutire. Dannazione, come fa a sapere sempre tutto?
–No, niente, perché?– disse, pronunciando le parole con tutta la sicurezza e disinvoltura di cui era capace.
Emilie rincarò la dose. – Non venire a mentire proprio a me, Incanto
Il tono con cui la donna pronunciò il soprannome con cui da sempre chiamava Amalia inquietò la ragazza. Di solito quella parola era detta in modo dolce, soave e non con quella durezza.
Si fece forza – davvero nonna, non so di cosa parli...
Emilie sbuffò. – Va bene che sono anziana, ma mi ricordo ancora come è avere diciassette anni. È un ragazzo, non è vero?
Amalia trasalì. Tentò di negare ma non trovava né la forza per dissuadere la nonna del fatto che non ci fosse altro, né per inventare una palla in modo da sviare il discorso.
Restò così senza parole, priva della minima idea di come proseguire la conversazione e farle riprendere il giusto binario.
–Come pensavo...dimmi, come si chiama?
–Alek – disse Amalia senza nemmeno pensarci e maledicendosi non appena si accorse dell’errore che aveva commesso.
–E poi?– insistette la donna.
A questo punto tanto valeva giocare a carte scoperte. –Sono perseguitata da strani incubi
A questo punto accadde qualcosa che mai Amalia avesse pensato potesse succedere: anche la nonna non disse nulla. Era la prima volta che Emilie taceva da quanto Amalia la conosceva – diciassette anni, e non erano di certo pochi. Aveva sempre qualcosa da dire, persino nelle situazioni più spinose dove vi era il buon costume di tacere. Se c’era una cosa che Amalia mai aveva associato alla nonna, quella era di certo il silenzio.
La ragazza sentì il respiro della nonna farsi più rapido dall’altro lato della cornetta e giurò di averla anche udita deglutire.
Passarono attimi che sembrarono eterni, in cui restò del tutto spiazzata mentre silenzio gravava come una coperta di catrame.
–Scusa Amalia, hanno suonato alla porta. Deve essere il postino, mi dovevano recapitare un oggetto piuttosto importante che ho ordinato su ebay la scorsa settimana. È un sacco che lo aspetto. Ti richiamo io appena posso. – disse quelle parole così rapidamente che Amalia stentò a capirle, dovendo riportarle alla mente per capirle appieno.
Too too…la ragazza agganciò a sua volta e, non appena ebbe posato la cornetta all’apparecchio, sentì un brivido correrle rapido e gelido lungo la schiena. Si accorse che la sensazione di ansia che aveva addosso prima di aprire quella telefonata non era cambiata e la opprimeva allo stesso modo, rendendola a dir poco inquieta.
Perché Emilie si era comportata in modo così strano? Di solito era lei quella dalle reazioni poco prevedibili.
Si sedette sul tavolo della cucina e stette a pensare a quello che era appena successo. Lo trovava così irreale che per poco non pensò che fosse solo un sogno, il frutto della sua mente troppo stanca e volenterosa di riposo. Decise che aveva bisogno di una boccata d’aria e, infilatasi il piumino e le Dr Martins, uscì di casa. Non dovette nemmeno preoccuparsi di avvisare i genitori che, quella sera, erano fuori con alcuni colleghi di suo padre.
Prese a camminare lungo la via rischiarata dai lampioni, che sembravano sfidare il buio della notte con la loro flebile luce, opponendosi all’immensità di nero velluto che era la notte.
Mai come in quel momento avrebbe desiderato tuffarsi in piscina, ne sentiva proprio il bisogno. Si ripromise che il giorno dopo sarebbe assolutamente andata, nonostante fosse domenica e avesse una caterva di compiti ancora da fare.
Espirò ed il fiato le uscì in una nuvola bianca che si dissolse qualche istante più tardi. Camminò per un quarto d’ora buono prima di tornare in casa e aprire il frigo, constatando che le era passata la fame.
Andò quindi a letto, tentando in tutti i modi di non pensare a quell’insolita serata. Tuttavia, prima che riuscisse a prendere sonno, un’inquietante particolare le balenò in testa.
Sua nonna non aveva mai avuto alcun citofono. 
   
 
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