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Autore: Miss Mistery    10/09/2016    0 recensioni
Ci sono tre cose che odio in questo mondo:
1. I bugiardi.
2. I romanzi rosa.
3. La matematica.
Ma c'è una cosa che odio più di tutte queste tre cose messe insieme: i ragazzi.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sento qualcosa camminarmi sulla pancia.Qualcosa di piccolo e leggero che mi fa una lieve pressione dove si posa. Sorrido ancora mezza addormentata e con una mano cerco la mia gatta, Achab, e le accarezzo il folto pelo nero. Ormai mi sono abituata a questa sveglia mattutina e non sobbalzo più dalla paura come facevo una volta. 

Apro lentamente gli occhi e mi ritrovo a fissare quelle verde smeraldo brillanti di lei. Sorrido ancora e le bacio il nasino, lei fa una smorfia buffa e, scuotendo la testa a destra e a sinistra, salta giù dal letto e esce dalla porta semi socchiusa. 

Metto giù i piedi e rabbrividisco al contatto con il freddo marmo del pavimento mentre con le punta delle dita cerco di trovare le pantofole. C'è un silenzio totale nella casa e capisco che mia madre non deve essere ancora tornata da lavoro oppure è già andata via dopo essere tornata sta notte. Prendo il cellulare che segna le 6:57 su uno sfondo verde e come sempre, niente notifiche Facebook e niente messaggi su Whatsapp. Sto ancora fissando il cellulare quando sento la porta scricchiolare e vedo riapparire Achab sull'uscio della camera che mi fissa con quei suoi occhietti vitrei e miagola lentamente. 

"Si si, ho capito. Adesso ti do da mangiare" le dico sospirando mentre quella soddisfatta della risposta va via di nuovo , probabilmente in cucina ad attendere il pasto. 

Trascinandomi a fatica riesco a raggiungere la cucina e prendo da uno scaffale le bustine di carne assortita per darlo alla gatta e poi preparo qualcosa per me. 

La macchinetta del caffé rimane ancora rotta anche se, presa da un momento di speranza illusoria, cerco di accederla. 

"Che palle" sospiro ancora. 

Mi bevo un bicchiere di succo all'arancia e mangio due biscotti al cioccolato prima di lavarmi i denti. 

Il bagno è una specie di ripostiglio con il minimo indispensabile: un box doccia così piccolo che anche se volessi non potrei sedermici, un water di quelli vecchi con la cordicella che pende dall'alto di una specie di scatola di marmo piena d'acqua, un bidet messo in uno spazio strettissimo tra il box doccia e il water che per usare bisogna fare acrobazie e un lavandino alto e stretto con sopra uno scaffale a cui è integrato uno specchio, tra l'altro screpolato su un lato. Insomma, un bagno da vere principesse. 

Il resto della casa di certo non è da meno; la cucina  e il salotto sono tutti e due nella stessa stanza e non fanno di certo un bel effetto come in quelle grandi case spaziose dove buttano giù il muro apposta per metterle in contatto, perché va di moda. L'unica stanza da letto è quella che uso io e sono ancora scettica su come diavolo il letto, la scrivania e l'armadio ci siano entrati in quella specie di sgabuzzino. Mia madre dorme sull'orribile divano color cachi su cui di tanto in tanto Achab si lima le unghie. Abbiamo la tv, un vecchio modello a scatola grigio che però funziona ancora ed anche questo è un miracolo. 

Non so se la cosa si sia capita ma lo dico per ogni evenienza: sono povera. Oddio, non quel tipo di povera che non hai casa e stai in mezzo alla strada a raccogliere spazzatura con un carrello rotto di un qualche supermercato, ma quel tipo che non puoi comprare tutto quello che vuoi, qualche volta ti devi accontentare di pasta con sugo e basta per settimane ed è sconsigliato uscire con gli amici per una pizza o un gelato. Quel tipo di povero. 

La cosa buffa è che non mi lamento. Non sono mai stata una persona particolarmente bisognosa di cose, mi accontento di quello che c'è; anche perché non posso fare altrimenti. 

Prendo lo spazzolino da denti e lo guardo con amarezza, ha tutte le setole piegate sui lati anziché dritte; credo che sia ora di comprarne uno nuovo. Metto il dentifricio e comincio a muovere su e giù lo spazzolino in bocca. Dopo aver finito mi guardo allo specchio e come sempre non mi piace quello che vedo. Viso ovale, naso un po' all'insù , labbra gonfie e screpolate, orribili iridi azzurro-grigi incorniciate da ciglia all'ingiù che mi danno un'espressione di perenne noia. Come se la natura fosse stata particolarmente cattiva nel giorno in cui mi ha creata, ho anche dei cappelli lisci come spaghetti di un anonimo colore marrone chiaro divisi da una riga a metà sulla testa che, ancora spettinati, mi conferiscono un'aria tutt'altro che da "ragazza".

Mi guardo per qualche altro secondo e poi alzo le spalle: non mi importa. Non mi importa di come appaio ormai da un sacco di tempo. Io sono così e non ci posso fare un bel niente. 

Uscita dal bagno guardo l'orologio sulla parete che segna le 7: 25. Sobbalzo per la sorpresa e mi precipito alla velocità della luce in camera mia.Mi metto i jeans e la T-shirt che ho indossato anche ieri e, preso al volo lo zaino, mi precipito fuori dalla porta dopo aver lasciato sul frigo un post-it che riporta il seguente messaggio: " Non mi aspettare per pranzo...né per cena, torno tardi perché ho il turno a lavoro." 

L'autobus lo prendo appena in tempo ma come sempre è così pieno che vengo immediatamente schiacciata contro il vetro della porta e non ho altra scelta se non fissare la schiena di un energumeno che mi sta proprio davanti e mi schiaccia come una sardina con il suo peso.

Dieci minuti dopo vengo letteralmente sbattuta fuori dall'autobus insieme ad un'altra manciata di ragazzi e ragazze e mi sembra quasi di vedere le persone rimaste sull'autobus tirare un sospiro di sollievo poiché sono finalmente più liberi di muoversi...e respirare normalmente.

Non faccio in tempo a riprendermi dallo stordimento che vengo travolta da una valanga di cappelli biondi e profumo di limone. Sorrido sapendo già chi è.

"Fai veramente schifo!" mi grida la mia migliore amica staccandosi dall'abbraccio.

"Wow. Grazie per questo meraviglioso buongiorno" dico sarcastica squadrandola.

E' come sempre perfetta. Indossa un vestito nero lungo fino alle caviglie con dei motivi bianchi sul colletto e sulla vita. I piedi sono avvolti in un paio di espadrillas nere e alcune ciocche dei cappelli biondi sciolti sono trattenute dietro la testa da una spilla con un motivo floreale. Ha i soliti occhiali da sole alla Jonh Lennon che le stanno da dio e gli orecchini piumati che le ho regalato lo scorso natale.

"E' l'ultima giorno di scuola. L'ULTIMO GIORNO DI SCUOLA." grida attirando l'attenzione di non pochi passanti, ma mi viene subito da pensare che piuttosto che il suo discutibile tono di voce sia proprio lei, il suo modo così sicuro di essere, il suo modo così "wow" di vestire, ad attirare l'attenzione. Vedo qualche ragazzo della nostra scuola fissarla mentre si dirige verso l'edificio. Alzo gli occhi al cielo e li guardo in modo truce , ma visto che non ne sono capace ottengo solo l'effetto di farmi guardare come se fossi un qualche piccolo insetto insignificante che ronza intorno ad un fiore troppo bello; e in effetti è così che qualche volta mi sento. 

Mi giro nuovamente verso di lei: "Veronica, so che giorno dell'anno è."

"Non mi sembra proprio! Ti sembra questo il modo di vestire?" mi aggredisce ancora, questa volta con voce un po' più bassa.

" Cosa c'è che non va nei miei vestiti?" dico guardandomi i pantaloni di jeans lunghi e consunti e la T-Shirt nera con scritta bianca.

Lei alza gli occhi al cielo, mi squadra dalla testa ai piedi, sospira, chiude gli occhi e so già perfettamente quello che sta per dire infatti mentre lei lo dice lo ripeto in contemporanea nella mia testa.

"Non hai sex appeal." mi sussurra quasi all'orecchio e io scoppio a ridere.

Lei mi guarda come se mi stessi prendendo gioco di un malato terminale e io la lascio lì dirigendomi verso l'edificio del liceo davanti al quale si stanno radunando tutti gli alunni in attesa di entrare.

"Io non ci vedo davvero niente di divertente!" esclama seguendomi.

"A me i vestiti vanno benissimo così" le rispondo impassibile.

"Insomma, Nora! Non troverai mai un ragazzo in questo modo" dice in modo non curante ma poi si blocca subito e so già che sa quello che le sto per dire.

"Ci sono tre cose che odio a questo mondo" inizio "1. I bugiardi.2. I romanzi rosa.3. La matematica. Ma c'è una cosa che odio più di tutte queste tre cose messe insieme: i ragazzi." 

"D'accordo d'accordo" si arrende alzando le mani al cielo " Però dovresti almeno avere un po' di orgoglio femminile, per amor di dio" riesce a dirmi prima di essere travolta da un gruppetto di ragazze e ragazzi che la salutano tutti sorridenti. Lei ricambia i loro saluti e si mettono a parlare animatamente. In quel gruppetto ci sono ragazzi e ragazze anche di classi più grandi di noi ma le parlano in modo tranquillo, come se fosse normale. 

Mi allontano con nonchalance. Odio quando succede così. Odio quando parliamo e lei viene all'improvviso portata via da qualche ragazzo che la vuole rimorchiare o qualche ragazza che vuole essere sua amica. Odio il fatto che lei sia così perfetta in tutto: studio, vita, carattere, amicizie, bellezza, charme. Odio il fatto che abbia quel potere unico e speciale che io non avrò mai: attirare le persone intorno a se. Odio provare questo sentimento per la mia migliore amica, odio provare gelosia per la mia migliore amica, ma non posso farci niente. E' per questo che cerco di fregarmene di tutto, così non sentirò più quel mostro divorarmi da dentro quando la vedrò così rilassata e a suo aggio in mezzo a tutta quella gente che la adora. 

La campanella suona e una folla si riversa nell'atrio dell'istituto. Il consiglio scolastico aveva deciso di fare l'assemblea l'ultimo giorno, il che significa che per cinque ore non facciamo assolutamente niente. Nelle prime tre ore ci sono delle attività organizzate e io scelgo di vedere il film; una qualche brodaglia in bianco e nero su un banchiere fallito e poi nelle ultime due ore facciamo Assemblea D'istituto in palestra. Io e Veronica, insieme al resto della classe, ci sediamo per terra vicino a una delle porte da calcio e ci appoggiamo ai pali morbidi rivestiti di un materiale simil spugna. Iniziano a suonare l'orchestra e qualche gruppetto di studenti che invece di studiare si dilettano come boy-band. Poi si passa al coro che di coro sembra avere solo il nome visto che le sue componenti sono stonate come campane arrugginite. Si parla di qualcosa riguardante i maturandi, poi il giornalino, qualche altra menata tecnica sulla scuola e infine, come per dimostrare che il Liceo Classico non è tutto 'Greco, Latino, studio e libri", due ragazzi del quinto anno, che a quanto pare nel tempo libero si dilettano come DJ, improvvisano una discoteca e ovviamente la mia cara migliore amica si butta fra le prime a ballare in mezzo alla palestra. Odio anche questo lato di lei; si butta, fa ciò che le va di fare incurante di quello che gli altri pensano. Io non ci riesco. Rimango  incollata a terra come se qualcuno ci avesse spalmato della vinavil e non mi muovo nemmeno quando, ormai con quasi tutta la scuola in mezzo alla palestra, qualche mio compagno viene a chiedermi di unirmi alla mischia. 

Con mio grande sollievo e il rammarico di tutti gli altri, la campanella suona e i più furbi prendono al volo gli zaini e si precipitano come ossessi verso le uscite nell'intento di evitare il solito "bagno" da parte degli studenti o di finire, in un modo o in un'altro, a galleggiare nella fontana che sta in mezzo alla piazza di fronte a scuola. 

 Io cerco di fare lo stesso ma qualcuno mi trattiene per il braccio. Vedo gli occhi marrone chiaro di Veronica fissarmi con rimprovero. Faccio un lunghissimo sospiro con cui, se credessi alle superstiziose credenze popolari, ho buttato via circa quaranta anni della mia felicità. 

"Dove credi di andare?" mi dice lei dopo avermi trascinato in un angolo della palestra per evitare di essere travolte dalla mischia. 

Vedo i primi delle file già fuori nel cortile interno che escono dall'uscita posteriore, hanno un viso trionfante e si stanno dando delle pacche sulle spalle perché sono riusciti sicuramente , in questo modo, di evitare il bagno. Io invece sono bloccata ancora qui e mi preparo già psicologicamente ad essere buttata nella fontana da qualche cretino delle altre scuole, come era successo l'anno scorso....e l'anno prima ancora. 

"Mi stai ascoltando!" mi grida Veronica facendomi girare a forza la testa verso di lei.

Ho completamente dimenticato che fosse lì e adesso la sto fissando con uno sguardo spaesato. Lei scuote la testa perché capisce che non ho sentito una parola di quello che ha detto. 

"Ascoltami bene. " dice piano scandendo bene tutte le sillabe, come se fossi una bambina a cui si sta insegnando a fare o non fare qualcosa. 

"Ti ascolto" le dico con un tono un po' irritato. Odio quando mi parlano come se fossi una scema. 

"Adesso noi andremo da Tally Weijl".... Oh, no...... " Tu non dirai una parola e farai tutto ciò che io voglio"..... ti prego no..... " E io, visto che è L'ULTIMO GIORNO DI SCUOLA, ti vestirò e ti farò tutto ciò che voglio"....oh, perfetto..... 

"Veronica, non credo che sia il.." non mi fa finire la frase e mi trascina fuori dalla palestra.

 Percorriamo a passo di marcia i corridoi quasi ormai vuoti della scuola; oh meglio, lei cammina veloce e io vengo trascinata contro la mia volontà verso un destino crudele che speravo di non vedere mai. 

Durante il tragitto cerco di dissuaderla da questo suo intento pazzo ma lei continua a interrompermi e a sgridarmi a proposito del fatto che non mi curo del mio aspetto, che è L'ULTIMO GIORNO DI SCUOLA e che comunque ho il lavoro fra due ore e quindi abbiamo tempo per farmi mettere qualcosa di carino e mettermi apposto i cappelli. 

Mi rassegno. Ormai so come è fatta questa ragazza. Quando decide qualcosa, niente può fermarla. 

Siamo fuori e quello che mi si presenta davanti è proprio quello che più temevo e che avevo cercato di evitare. La piazza è piena di studenti di tutte le età; gridano, corrono,ridono, vedo volare palloncini pieni d'acqua , bottigliette di plastica, qualcuno ha addirittura delle pistole ad acqua e altri sono già finiti nella fontana. Ci fermiamo un attimo sulle scale per valutare la situazione. 

Il negozio in cui dobbiamo andare è nel centro città, il centro città è proprio dall'altro lato della pizza, la piazza è piena di gente e quindi anche fare il giro non servirebbe a niente. Sto per proporre di andare a casa di Veronica, che si raggiunge prendendo una via laterale completamente opposta alla piazza, e di lasciar perdere Tally Weijl ma lei , ancora più decisa, mi afferra per la mano e mi trascina proprio in mezzo ai fuochi. Vedo davanti ai miei occhi il futuro di noi due, bagnate come pulcini sedute su una panchina con gli occhi colanti e neri. Che gioia. 

Riusciamo ad arrivare a metà piazza, ovvero proprio vicino alla fontana completamente asciutte e penso che Dio sia particolarmente in vena di miracoli oggi.  Poi il record si spezza e vedo arrivarci addosso con una velocità assurda un ragazzo senza maglietta con una di quelle pistole ad acqua. Siamo perdute, penso ormai. 

"NON CI PROVARE, ANIMALE!" le mie orecchie per un attimo perdono la facoltà uditiva. Mi giro sorpresa verso Veronica che ha gridato e la vedo guardare in cagnesco il ragazzo che, sorpreso, si era fermato a qualche metro da noi. A causa dell'urlo anche molti altri ragazzi si erano fermati e la fissavano allibiti.

"Non osare!" continua lei fissandolo ancora. Vedo il povero ragazzo che probabilmente è di un anno più grande di noi sbattere gli occhi velocemente come se il suo cervello stesse ancora elaborando la faccenda e poi con una mezza faccia scocciata andarsene via. 

"Bene" sento sussurrare la mia amica e, mentre gli altri riprendono a bagnarsi, noi in tutta tranquillità camminiamo e raggiungiamo l'altro lato completamente indenni. 

Passiamo sulle strisce pedonali e arrivate sul marciapiede ci guardiamo. Io non resisto e scoppio a ridere come una pazza e lei mi segue a ruota. 

"H-hai visto la sua faccia?!" sto letteralmente piegata in due. 

Lei fa fatica a parlare per quanto sta ridendo così annuisce vigorosamente. I passanti ci guardano come se fossimo delle pazze ed effettivamente non hanno tutti i torti. Quando smettiamo e finalmente ci ricomponiamo andiamo a passo spedito verso il centro, anche quello pullulante di persone e, con mia disgrazia e la felicità di Veronica, entriamo nel suo negozio di vestiario preferito: Tally Weijl. 

  
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