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Autore: Phoenix12    10/09/2016    2 recensioni
Piccole flash-fic basate su: "3 volte in cui Magnus vide Alec piangere e 1 in cui gli asciugò le lacrime"
Le storie saranno sia AU che basate sui libri.
Spero vi piacciano, buona lettura^^
Genere: Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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1.

AU!party

Magnus adorava partecipare alle feste, perdersi nel caos delle persone che si scatenavano sulla pista al suono della musica assordante, ma così piacevole per lui.
Tutto scompariva sulla pista, ogni preoccupazione, ogni timore o fantasma del passato, rimanevano solo la musica e i corpi ammassati della gente che ballava.
Ma quella sera scoprì che era possibile trovare qualcuno in lacrime anche lì, in quel concentrato di inibizione e spensieratezza.
Un ragazzo, seduto su un divanetto in un luogo abbastanza appartato della discoteca, piangeva con la fronte appoggiata alla spalla di una ragazza che gli accarezzava dolcemente i folti capelli neri.
Magnus cercò di avvicinarsi per osservare meglio la scena, c’era qualcosa che lo attirava in quel ragazzo, qualcosa che non sapeva spiegarsi ma che lo stava portando ad avvicinarsi.
“Che devo fare Izzy? Cos’altro devo fare?” chiedeva il ragazzo.
La ragazza lo guardò tristemente “Non lo so Alec, proprio no lo so.” sussurrò baciandogli i capelli.
E per la prima volta nella sua vita Magnus stette male per delle lacrime versate non sue.



2.

AU!school

 Magnus amava l’intervallo, l’unico momento della giornata in cui riusciva a liberarsi dei professori.
Ma ancora di più Magnus amava trovare pretesti per uscire dalla classe durante le lezioni.
Proprio come aveva appena fatto.
I corridoi erano deserti e l’unico suono che si sentiva erano i brusii nelle varie aule.
Magnus entrò in bagno, lì il silenzio avrebbe dovuto regnare sovrano se non fosse stato per dei deboli singhiozzi.
Magnus identificò la fonte di quel pianto in un ragazzo -l’unico oltre a lui nel bagno- seduto con la schiena appoggiata al muro e con le braccia che circondavano le ginocchia stratte al petto.
Non era la prima volta che vedeva quel ragazzo, si vestiva sempre con colori scuri e felpe larghe, stava sempre con una ragazza mora che gli assomigliava molto -la sorella probabilmente- e un biondino con un’autostima e un ego grandi come il mondo.
Osservava spesso quel ragazzo, c’era qualcosa in lui che attirava incredibilmente.
Forse era quell’aria un po’ misteriosa che si portava dietro o quegli stupendi occhioni azzurri.
Magnus l’aveva osservato abbastanza da scoprirne che era più piccolo di lui di due anni e che si chiamava Alexander, Alec per tutti.
“Tutto ok?” gli chiese con voce incerta, come se fosse già certo in una risposta negativa.
Il ragazzo alzò di scatto la testa e lo guardò con quegli occhioni come il cielo di primavera rossi e gonfi di pianto, pieni di lacrime.
Erano leggermente spalancati, spauriti, come se si aspettasse una brutta conseguenza per essere stato visto in lacrime.
Magnus lo guardò con uno sguardo rassicurante, cercando di consolarlo in qualche modo, perché proprio no, non riusciva a vedere quegli occhi così lucidi di pianto e paura.
Allungò una mano verso di lui ma quello si scostò, guardandolo con un misto di timore e diffidenza.
“Si, tutto ok.” bisbigliò asciugandosi le lacrime con la manica della felpa nera.
A Magnus sembrò un cucciolo spaurito che aveva solo bisogno di un abbraccio e un po’ di conforto.
Poi, senza dire una parola, si era alzato ed era uscito dal bagno nel modo più naturale possibile, ma Magnus notò la sua fretta di fuggire dal suo sguardo.
Rimasto solo Magnus si chiese perché sentisse una morsa stringergli lo stomaco.



3.

Città delle Anime Perdute

C’era qualcosa che cercava di bloccare Magnus, qualcosa che non era né la ferita ancora fresca sul suo fianco né il buio.
Un qualcosa che si trovava all’altezza del petto, qualcosa che gli stritolava il cuore in una morsa gelida e che allo stesso tempo gli stringeva la bocca dello stomaco.
Ma le sue gambe non volevano saperne di fermarsi, continuava a camminare per quel tunnel buio allontanandosi sempre di più da lui.
Non poteva permettersi di cedere, di fermarsi, non poteva permettersi di tornare indietro e stringerlo tra le braccia.
Udiva le sue suppliche senza sentirle veramente.
Per un attimo si era girato, appena prima di sparire dalla debole luce della stregaluce, giusto per riuscire a catturare con la coda dell’occhio un Alec accovacciato a terra, in preda al pianto che lo supplicava di non andarsene, di dargli una seconda possibilità.
Magnus gliene avrebbe date altre mille di possibilità e una vocina nella sua testa gli ricordava che la colpa non era solo del ragazzo alle sue spalle, ma soprattutto di Camille, e in piccola parte anche sua.
Ma Magnus la mise a tacere.
Lui non poteva permettersi di tornare indietro.
L’unica cosa che avrebbe voluto fare era voltarsi, stringere il suo piccolo Alexander tra le braccia, asciugargli le lacrime, baciarlo e sussurrargli sulle labbra che lo amava.
Eccome se lo amava, Magnus dubitava che avrebbe smesso di amarlo anche per i secoli a venire.
Ma era proprio quello il punto.
La mancanza di fiducia lui non poteva sopportarla e forse non poteva neanche sopportare la sua immortalità, non poteva sopportare che un giorno Alec se ne sarebbe andato per sempre, senza possibilità di poterlo riavere lì, accanto a sé.
Si fermò dopo un tempo indefinito, non sapeva neanche dove era arrivato.
Sapeva solo di essere lontano, molto lontano, da Alec. Troppo lontano.
Intorno a lui c’era solo il buio e il silenzio. Un nulla troppo freddo per poterlo scaldare.
Un buio così diverso dalla luce della stregaluce che avevano tenuto insieme in mano poco prima, così diverso dai colori che aveva emanato.
Un silenzio così diverso dal respiro di Alec, così diverso dai loro sospiri che si erano uniti quando si erano baciati.
Un freddo così diverso da quello del calore della pelle di Alec, così diverso dal calore delle loro dita intrecciate.
Un dolore troppo intenso per essere ignorato.



4.

Post Città del Fuoco Celeste

A svegliare Magnus non furono né i raggi del sole né i miagoli di Presidente Miao, tanto meno il desiderio di poter osservare il suo angelo mentre dormiva.
Si svegliò perché quando nel sonno allungò un braccio per raggiungere suddetto angelo dormiente, trovò il nulla.
Si mise a sedere di scatto guardandosi attorno cercandolo.
Vide un debole bagliore di luce provenire da sotto la porta del bagno, si alzò avvicinandosi alla porta, aveva già la mano posata sulla maniglia quando un singhiozzo strozzato lo fece gelare sul posto.
Avvicinò un orecchio al legno della porta per sentire meglio, distinse vari singhiozzi, alcun più trattenuti di altri, e un nome sussurrato con insistenza. Max.
Lo stregone si maledì mentalmente.
Era quel giorno. L’anniversario della morte di Max.
Poteva anche essere passato un anno dalla fine della guerra, ma alcune ferite non si rimarginavano.
E la morte del fratellino aveva segnato Alec nel profondo, aveva lasciato una ferita nel cuore del cacciatore che non aveva mai spesso di dolergli.
“Mi dispiace Max, mi dispiace.” lo sentì sussurrare.
Abbassò la maniglia e lentamente aprì la porta, entrando.
Lo trovò a terra, rannicchiato su se stesso, mentre piangeva e invocava il nome del fratellino morto in guerra.
Mai come in quel momento gli sembrò più piccolo e indifeso, vulnerabile, così diverso dal guerriero che era dovuto diventare.
“Alexander..” disse avvicinandosi e accovacciandosi di fianco a lui, gli scostò leggermente i capelli dagli occhi e gli alzò il mento con due dita “Ehi..” gli accarezzò una guancia umida di lacrime.
“Magnus.. io non..”
“Shsh..va tutto bene, tranquillo.” Magnus fermò qualsiasi cosa stesse per dire continuando ad accarezzargli una guancia.
Fece scivolare un bracco sotto le sue ginocchia mentre l’altro gli avvolgeva un fianco, prendendolo in braccio.
Lo distese delicatamente tra le lenzuola del letto sdraiandosi al suo fianco.
Il ragazzo più piccolo si accovacciò contrò di lui stringendogli la maglia del pigiama in due pugni come se avesse paura che anche lui se ne andasse.
Magnus lo strinse a sé con un braccio mentre l’altro gli accarezzava i capelli e il viso.
Gli baciò teneramente le guance leggermente arrossate, le labbra morbide, le ciglia umide, gli asciugò le lacrime che gli scorrevano impietose giù dagli occhi.
Lo tenne stretto a sé come se ne andasse della sua vita mentre l’altro affondava il viso nel suo petto.
Pian piano le lacrime diminuirono fino a scomparire.
Magnus vide come il sonno ebbe la meglio sul dolore del ragazzo mentre le palpebre lentamente si abbassavano.
Sorrise senza felicità osservando i suoi occhi gonfi e le scie che le lacrime avevano lasciato sulla pelle liscia delle guance.
Lo sentì mugolare qualcosa nel sonno “Ma..” gli accarezzò la schiena con movimenti circolari per cercare di farlo calmare “Magnus..”
La ferita nel cuore del suo cacciatore era ben lungi dallo smettere di sanguinare, ma insieme l’avrebbero risanata.
“Ci sono Alexander, per te ci sarò sempre.”

 

 

 

 

   
 
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