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Autore: niinfea    11/09/2016    2 recensioni
[633 parole.]
» nothing haunts us like the things we don’t say.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'frammenti'
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i n c a s t r i
 
e hai delle bellissime mani
che non stringerò mai


 
04.00 - 04.17 pm.
 

Sono le quattro del pomeriggio e ho pensato che la penna rossa sul foglio bianco stona parecchio, un po' come il blu sul nero, come il sole e la pioggia, come un accenno di mascara su questi occhi stanchi e come le tue mani così terribilmente vicine alle mie, ma così lontane. Sono le quattro del pomeriggio e ho pensato che di matematica proprio non ne ho voglia e che se me lo chiedessero non saprei come descrivere la mia giornata, ché forse c'è stato troppo sole o forse il cielo si è annuvolato, o forse è solo la mia mente che mi gioca questi brutti scherzi in questo periodo dell'anno.
Ho pensato che chi scrive sugli incastri perfetti tra le dita di due persone non sa più cosa inventarsi e che gli scrittori hanno bisogno di una via di uscita e che chi legge ha bisogno di credere in qualcosa e che le tue mani sono troppo morbide per incastrarsi perfettamente con le mie troppo spigolose. Ho pensato che le nostre mani non si incastreranno mai alla perfezione – o non si incastreranno mai – e che le tue continueranno ad essere costantemente gelide anche d'estate e che le mie guance prenderanno sempre colore quando ti incrocio per caso nelle stazioni o sui marciapiedi. Ho pensato che gli spazi che ci separano forse sono troppo vuoti o sono troppo pieni e che stamattina ho cercato i tuoi occhi in quelli delle altre persone e che il sorriso che mi hai rivolto prima di andartene un po' le mie mani le ha fatte tremare e forse me lo sognerò stanotte prima di addormentarmi ed arriverò ad odiarlo. Ho pensato che forse penso troppo e che la testa mi sta scoppiando e che tu hai dimenticato tutto così in fretta che mi chiedo come sia possibile un cambiamento così repentino e radicale in una persona nell'arco di soli due mesi.
Ma forse sono io che continuo a dare troppa importanza a piccoli ed insignificanti gesti, a sorrisi troppo larghi, a mani che si sfiorano e a vicinanze di corpi così impossibili. E continuo a dare la colpa alle occhiaie e alle dita intorpidite alle sette di mattina, a quei capelli scompigliati, a quelle risate troppo rumorose, alle cose che non ti ho detto e alle mie attese troppo lunghe.
Sono le quattro e diciassette del pomeriggio e ho pensato che la penna rossa sul foglio bianco non stona poi così tanto e che la mia camicia preferita è a scacchi blu e nera – hai detto che ti piace, ma addosso a me, o da sola? - che il sole con la pioggia dà vita a un arcobaleno e che un po' di mascara su questi occhi troppo spenti sta anche bene. E che la tua mano così vicina eppure così lontana dalla mia forse ha un senso e che quegli spazi fra le nostre dita non sono fatti per incastrarsi e forse va bene così, sai. Ché mi accontenterò di quegli occhi marroni e sorridenti che non cercherò in quelli delle altre persone e sarò felice di quei sorrisi storti e buffi che mi piace credere siano riservati solo a me e di quella giacca che alcune mattine ancora sfiora la mia spalla. E forse le nostre dita non sono fatte per incastrarsi, ma ti giuro, ti giuro, che quelle tue stesse dita ancora le ricordo tra i miei capelli e sotto il mio mento e che quella carezza distratta sul mio polso ancora mi provoca un formicolio al solo pensiero.

Ma tu? Tu, invece, ci credi negli incastri?
Ricordi quelle tue mani gelide sulle mie?

Quelle dita che mai si sono incrociate e quelle parole che mai sono state pronunciate?



 

   
 
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