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Autore: Elis_06    11/09/2016    5 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia primissima fanfiction. Spero che vi piaccia.
Ho pensato di raccontare dei momenti mai avvenuti durante il film, ma che per me possono spiegare alcune cose che accadono durante il lungometraggio.
Questa fic descrive alcuni di questi momenti, dapprima dal punto di vista di Judy, poi secondo quello di Nick, vissuti prima dell'incontro dei due protagonisti nella grande Zootropolis.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Buona lettura!
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bonnie Hopps, Finnick, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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It hurts

 

Fa male.

Il dolore della ferita che ho sul muso, testimone di ciò che è accaduto oggi, mi corrode la pelle e il pelo, macchiato di quel colore scarlatto che caratterizza il sangue.

Tocco continuamente il punto in cui quella volpe mi ha graffiata, con quei suoi artigli da predatore, per accertarmi che non ne esca più. No, niente sangue. Solo dolore.

Gideon Grey non mi ha lasciato scelta: non fare niente era sbagliato. LUI era sbagliato. Se l'era presa con quella pecorella perché non voleva soddisfare il suo sporco volere, io ho solo fatto la cosa giusta, credo. Mi sento un po' delusa dal fatto di non aver reagito più duramente. Anche se sono stata io a rimetterci una bella cicatrice che mi resterà per sempre, a memoria di questo giorno, è stato bello poter contare solo sulle mie forze per combattere quel bulletto. Ho capito che posso fare da sola, non ho bisogno degli altri per combattere il crimine.

È sbagliato, penso. Sia il fatto di voler essere l'unica protagonista, sia il fatto di sentirmi delusa quando invece quest'avventura è stata un completo successo. Certo, ora ho male alla guancia e sento che potrei piangere da un momento all'altro, anche se non capisco bene perché, ma ne è valsa la pena. Credo. Non lo so, sono confusa: da quando l'affetto degli altri deve essere ottenuto con fatica, fisica e psicologica?

Beh, d'altronde dovrò farci l'abitudine: se voglio diventare un vero poliziotto, devo imparare a convivere col dolore, a soffrire in silenzio, ad essere forte come non lo sono stata oggi. Così la gente mi vorrà bene. O almeno spero.

Se oggi fossi stata più forte, più scaltra, sarei riuscita a non tirare quel calcio a Gideon e lui non si sarebbe vendicato ghermendomi come invece ha fatto. E ancora mi fa male solo a pensarci.

-Tesoro, andrà tutto bene. Ora calmati e riposati- la mamma mi sta medicando con un panno vecchio e dell'alcol, massaggia tremolante, ma con cura la ferita, come se avesse paura che potrei spezzarmi dal male come un ramo secco colpito dal vento. Sa che sto soffrendo, glielo leggo negli occhi. Sa che in questo momento sono debole e sa che non voglio farmi vedere in questo stato. In effetti ha ragione: sono già un ramo caduto, dentro di me. E se c'è una cosa che odio, è vedere i rami caduti. O fatti cadere.

-Ancora sento i suoi artigli lambirmi la pelle senza pietà, sento la paura che mi fa tremare il naso senza un motivo, mamma. Stupidamente sto immaginando se fossimo stati ancora nel periodo in cui i predatori erano pericolosi che cosa mi avrebbe fatto, fino a che punto quel predatore si sarebbe spinto. Lo ha detto lui stesso: rimarrà per sempre un predatore. Ed io una preda. Una docile, sciocca preda che non riesce a dimenticare. E come posso dimenticare, mamma? Come potrò non ricordarmi di questo momento anche tra quindici anni?- sto per piangere, lo sento, sento gli occhi caricarsi di lacrime che inevitabilmente trovano un modo per andarsene.

Non mi è mai piaciuto piangere: se piangi, mostri le tue debolezze agli altri e se agli altri fai pena, loro ti consolano con parole dolci e tenere carezze, dicendo che non è colpa tua, di non preoccuparti e cose così.

Eppure, sebbene odi alla follia singhiozzare come una bambina, mi sfogo abbracciata alla mamma e lei mi sussurra di stare tranquilla, perché domani sarebbe andato tutto bene. Ecco, proprio quello che non volevo sentire. Invece di sguardi comprensivi, vorrei vedere espressioni dure che mi rimproverano dicendo di non essere una femminuccia e di continuare a provare, provare, provare, finché non avrò raggiunto il mio obbiettivo e allora sì che potrò singhiozzare, ma di gioia. Intanto però, continuo a mugolare conto la maglia della mamma.

Spero che mi dica qualcosa, una piccola critica, qualche consiglio sgarbato su come essere più coraggiosa, ed invece mi prende la testa tra le mani, mi costringe a guardarla e dice, a bassa voce: -Judy Hopps- inizia, scandendo per bene ogni parola -tu sei la coniglietta sognatrice più testarda, ingenua e ottusa che io abbia mai visto.

-Grazie, mamma...- so di aver detto di aver bisogno di commenti negativi, ma forse non è del tutto vero.

-Fammi finire. Dicevo, sei piena di, come possiamo dire...“difetti”. MA, tutti questi aspetti di te ti rendono tenace e fiduciosa e incredibilmente forte. So che il tuo sogno è diventare poliziotto e devo dire che ero davvero contraria a questa tua scelta, come del resto tuo padre...-

Poi mi prende le mani e improvvisamente abbassa lo sguardo, come se avesse paura di me: -Però, alla luce di ciò che è successo oggi, credo che tu abbia DAVVERO lo spirito di chi ha voglia di rendere il mondo un posto migliore, e non una carota alla volta. Sappi che sono ancora dubbiosa della tua decisione, ma solo perché ho paura di ciò che ti potrebbe succedere a Zootropolis con tutte quelle volpi, se diventassi davvero un agente di polizia. Ho paura che possano fare del male a te, cucciola mia. Tuttavia, accetterò qualsiasi tua decisione e ti sosterrò sempre.

Le sorrido e la ringrazio, nonostante non sia ancora del tutto tranquilla. Lei mi bacia appena sopra il naso e mi rimbocca le coperte, per poi spegnere la luce ed andare a salutare gli altri miei fratellini. Crollo in un sonno agitato e il mio ultimo pensiero prima di cadere tra le braccia di Morfeo, riguarda le ultime parole della mamma. Credo che abbia ragione, ma la mia testardaggine dubita ancora di quei complimenti.

Oggi non sono stata forte, ma domani è un altro giorno. Un giorno migliore, un giorno in cui questa piccola e testarda preda cambierà il suo destino. Ho deciso quale sarà il mio obbiettivo: proteggere tutte le piccole prede come me che non si sanno proteggere da sole, per non permettere più a nessuno di ferire altri animali come è successo oggi.

Sorrido appena e mi assopisco sognando il domani più bello di sempre.

 

QUINDICI ANNI DOPO...

 

Ancora non riesco a credere che mi abbiano accettata all'Accademia di Polizia di Zootropolis: sembra tutto un sogno. Un fantastico e strabiliante sogno.

Non riesco ancora a capire come una coniglietta come me sia riuscita a superare almeno la selezione.

Eppure, eccoci qua.

Io aiuto la mamma a preparare tavola per il grande pranzo di oggi, a cui parteciperanno anche i nonni ed i miei innumerevoli zii con i loro innumerevoli figli. Come se normalmente non fossimo già abbastanza conigli in un'unica tavola. Comunque, a me non dispiace la compagnia dei miei parenti, soprattutto in un momento come questo.

-Judy?- i miei due fratelli gemelli più piccoli, Daniel e Grace, mi tirano la camicia mentre sto tagliando le carote per la mia famosa “Zuppa alla Judy” ed io mi abbasso alla loro altezza per ascoltare la sua domanda.

-Sì, cari? Cosa c'è?- chiedo gentilmente: con 275 fratelli diventi praticamente una mamma per loro. E loro diventano i tuoi figli. Quasi.

-Ma adesso che andrai a fare la scuola per poliziotti, andrai via di casa?- chiede Daniel con voce affannata: il piccolo è asmatico e anche se è molto attento a non fare movimenti troppo stancanti per lui, è comunque costantemente in pericolo di vita. Da quando è nato, mi sono presa cura di lui quando mamma e papà non c'erano e penso di essere la sorella a cui lui è più legato. Certo, escludendo Grace.

-Beh, suppongo di sì, ma è normale: anche voi, quando sarete dei bei coniglietti grandi e forti, andrete via di casa per inseguire i vostri sogni- dico mentre solletico un po' la pancia di Grace e accarezzo la testa di Daniel.

Lei ridacchia divertita, ma poi torna subito triste e con il broncio. Daniel allora le mette una zampetta sulla spalla e si scambiano uno sguardo rassegnato e preoccupato.

-Va tutto bene?

-No che non va tutto bene, Judy! Tu domani non ci sarai più qui a giocare con noi e a raccontarci le storie che ci piacciono tanto e a cucinarci le tue zuppe. Abbiamo paura che da domani cambierà tutto perché non ti vedremo più, ed io, NOI, non vogliamo non vederti più. Non ci basta telefonarti ogni sera: e se poi ti dimentichi?- Grace si è sempre dimostrata la più matura dei due, sebbene abbia solo sette anni, e con quest'ultima frase i suoi occhi si sgranano preoccupati ed inizia a singhiozzare come solo un cucciolo saprebbe fare, in un modo che ti fa sentire in colpa e che di istinto, ti spinge a consolarlo e a piangere con lui. Daniel si avvicina di più a lei e la abbraccia, lasciando scivolare lacrime calde dagli occhi color nocciola.

-Oh, piccoli, ma non potrei mai dimenticarmi né di voi né di mamma e papà né di nessun altro! Mi mancherete tantissimo, TUTTI voi birbanti mi mancherete tantissimo, ma questo non significa che domani ci diremo addio. Vi chiamerò tutte le sere e vi verrò a trovare appena mi sarà concesso di uscire dall'Accademia. E ovviamente tornerò qui anche per gli altri vostri fratelli e sorelle.

-Anche per Leonard?- Leonard è stato il fratellino più problematico che abbia mai avuto e mi ha tirato spesso brutti scherzi. Ma, ripeto, mi mancheranno tutti i miei birbantelli, quindi...

-Anche per Leonard. Ora, perché non andate a giocare? Porta male disturbare una cuoca mentre cucina...

-Non è vero, bugiarda!- grida di rimando Daniel.

-Coniglietto acuto.

-Non so cosa significa, non vale!- e mi fa la linguaccia. Rispondo con una linguaccia anch'io e osservo lui e la sua gemella mentre saltellano contenti verso il giardino con tutti i loro fratelli, per raccontare loro della conversazione che abbiamo avuto.

Non riesco a trattenere una lacrima perché, con la loro ingenuità, i cuccioli riescono a farci riscoprire il bambino dentro di noi. Ed io ADORAVO essere una bambina. Anche con quasi 300 fratellini.

 

 

Il pranzo trascorre tranquillamente e in allegria; racconto un po' ai nonni e agli zii del mio sogno di diventare poliziotta e scopro che (per fortuna) sono meno scettici verso la mia decisione. Ed anche verso le volpi.

La mamma e il papà ora non parlano mai con le volpi, specialmente con Gideon Grey, che mi pare abbia aperto una pasticceria o una cosa del genere...buon per lui, anche se con il caratteraccio “acido” che aveva, mi stupisco che possa vendere dolci.

Presto arriva la sera e i miei fratellini mi chiedono di metterli a dormire uno ad uno. Io, seppure già stessi pregustando il piacere di lasciarmi avvolgere dalle coperte del mio letto profumate di carote, accetto volentieri l'incarico e passa una buona ora prima che riesca a finire il mio compito.

Mi trascino verso la cucina per bere un po' di latte caldo e incontro papà che mi sorride per poi andare anche lui a dormire.

Strano, mi aspettavo che mi dicesse qualcosa, come oggi hanno fatto un po' tutti, invece se né andato senza dirmi niente, solo col sorriso sul muso. Magari è stanco anche lui, dopotutto.

Sprofondo nel materasso e mi assopisco serena, ripensando alla fortuna che ho nell'avere una famiglia così fantastica.

Già, sono davvero fortunata.

 

QUALCHE MESE PIÙ TARDI...

 

Ci siamo. Dopo diversi mesi passati in quella maledetta Accademia che mi ha fatto sudare molto più di sette camicie, finalmente sto per realizzare il mio sogno: essere un agente della Polizia di Zootropolis. E mi hanno addirittura affidato al Dipartimento di Downtown, il più importante.

Ho appena salutato tutti i miei fratellini e i miei genitori mi stanno facendo le solite raccomandazioni sui predatori e mi hanno detto di prendere tantissimi anti-volpe, ma porterò con me solo il repellente per tranquillizzarli: sono addirittura più segnati di me dall'avvenimento di quindici anni fa.

In fondo io l'avevo detto: mi sarei ricordata di quella giornata per sempre. È così, ma ora so che devo ragionare prima di agire e che l'errore di quel giorno è stato mio, ma grazie all'addestramento appena concluso, riuscirò certamente a migliorarmi.

Abbraccio mamma e papà e salgo sul treno. L'entrata si chiude e dal vetro posso vedere papà e una delle mie sorelline ricorrere la carrozza per un ultimo saluto. Mi ci vuole un po' per capire che è Grace: è cresciuta tantissimo durante la mia assenza. E un po' mi dispiace di non esserci stata, ma soprattutto sono triste del fatto che non vedrò lei e tutti gli altri crescere ancora, come invece avrei voluto fare. Sorrido malinconica, finché un'ombra oscura rimpiazza la mia allegria con dolore soffocato dal tempo.

Appena arrivata in Accademia di Polizia, mi è giunta la terribile notizia che Daniel era stato ricoverato in ospedale per un attacco improvviso di asma molto pesante e quindi per lui molto pericoloso. Un mese dopo, esattamente il giorno prima della cerimonia di promozione al PDZ di Downtown, Daniel ci ha lasciati ed io non sono riuscita a salutare il mio piccolo fratellino prima che il Fato me lo portasse via.

Mi risveglio da quello spiacevole ricordo perché una voce giunge alle mie attente orecchie da coniglio.

-Ciao, Judy! Ti vogliamo bene!- urla Grace per farsi sentire. E in quel momento, mi sembra di vedere anche Daniel rincorrere la carrozza e sorridermi. Ricordo che al suo funerale, la mamma mi aveva portato un fogliettino scritto da lui prima che morisse. C'era scritto: “Buona fortuna Judy, rendimi orgoglioso. Realizza i tuoi sogni e guarda sempre avanti. Io sarò dietro di te e ti sosterrò sempre. Grazie, sorellina”. Sento che anche Daniel mi sta salutando ora, mentre guardo la sua piccola gemella agitare la mano nella mia direzione.

Non riesco a risponderle. Ma spero che sappia quanto io abbia apprezzato quel gesto.

Spero di riuscire a rendere il mondo un posto migliore. Per Grace. Per Daniel. Per mamma e papà. Per tutti loro.

So che non posso cambiare tutto quanto, ma almeno una piccola parte spero di modificarla. Per rendere il loro futuro e il futuro di tantissimi altri cuccioli un futuro migliore. E ce la farò.

Oh, se ce la farò, mi dico, per farmi forza.

Avrò pensato molte volte a come riuscirci, anche se ora non lo rammento. Ma se mi ricordo di qualcosa, è il fatto di non aver mai pensato di completare il mio scopo grazie all'aiuto di qualcuno.

Almeno fino a quando non incontrai lui.

 

 

 

 

Fa male.

Osservo quell'arnese, quella specie di maschera che mi hanno messo sul muso e che stringeva, stringeva, stringeva e mi bloccava la bocca, non permettendomi di parlare. Non permettendomi di urlare per chiedere aiuto. Mi strofino le zampe sul muso e singhiozzo tristemente mentre sono accovacciato contro il muro esterno della sede dei giovani scout ranger, avvolto nella mia coda, calda e soffice.

Museruola, credo che si chiami quella strana maschera. Non ne avevo mai vista una: di solito, sono i criminali a metterle, quando vengono catturati dai poliziotti. O almeno così mi ha raccontato la mamma.

Già, mamma...

Vorrei che fosse qui in questo momento, a consolarmi e coccolarmi proprio come faceva quando ero più piccolo.

Povera mamma, come farò a dirle che non potrò far parte dei giovani scout? Come farò a dirle che tutti i suoi sforzi fatti affinché riuscisse a comprarmi la divisa sono stati inutili, perché non potrò mai indossarla? Come farò a guardarla di nuovo in faccia quando mi dirà che non è orgogliosa di me perché non sono coraggioso, leale, affidabile e disponibile come i veri scout? Perché se non mi hanno accettato è perché sono una volpe, anche se non capisco che cosa questo significhi e in che modo comprometta con il mio sogno di diventare parte del branco.

-Nick! NICK!- c'è qualcuno qui vicino, che mi chiama a gran voce.

Scosto appena le mie zampette da cucciolo dagli occhi e vedo la mamma che mi corre in contro e come mi raggiunge, mi abbraccia forte forte, anche lei con gli occhi lucidi. Poi mi prende per le spalle, mi sposta e mi fissa con sguardo preoccupato ed anche un po' irritato.

-Nick! Cucciolo mio, ma dov'eri? Stai bene? Che ci fai qui fuori, al freddo per giunta? Rischierai di prenderti un raffreddore! Oh Nick, mia piccola volpe...- e mi stringe di nuovo, non dopo essersi rigirata il mio viso tra le zampe, per controllare che fosse tutto a posto.

A quel nuovo, caloroso contatto, finalmente posso piangere liberamente, perché solo con lei so essere me stesso: un piccolo e vulnerabile cucciolo di volpe.

-Mamma, mi dispiace ti ho delusa- comincio io guardando in basso per evitare il suo sguardo.

-Di che parli, tesoro?

-Mi hanno cacciato, dopo il mio giuramento, dicendo che non mi avrebbero mai accettato e che non mi avrebbero mai creduto perché sono una volpe.

Vedo il pelo della mamma farsi irto e la sento ringhiare appena: quando fa così significa che è DAVVERO arrabbiata.

-E mi hanno messo quella...- so che forse non dovrei gettare benzina sul fuoco, ma credo che debba sapere che mi hanno messo questa...”museruola”.

Indico il punto in cui ho lanciato l'oggetto e la mamma si avvicina per raccoglierlo, all'inizio non capendo di cosa si tratti. Ma poi più si avvicina, più vedo le sue zampe tremare e appena lo prende da terra e si rende conto di quello che ha in mano, lo stringe con forza come se lo volesse soffocare. Sembra che stia per avere un attacco isterico, ma poi si calma, infila la museruola nella borsa e si rigira verso di me con sguardo tranquillo e mi dice: -Andiamo a casa, Nick?

-Certo!- rispondo io contento, trotterellando verso la macchina parcheggiata.

-Aspetta un attimo. Devo fare una cosa, tu sali pure- fa scattare la serratura della porta ed io subito mi siedo davanti, come le vere volpi grandi. Come la vera volpe grande che vorrei essere adesso.

 

 

Passano interminabili minuti, ma poi finalmente la mamma apre la portiera della macchina e mi chiede se gentilmente le potessi cercare le chiavi dell'auto nella sua borsa. E solo allora mi accorgo che la museruola non c'è più.

-Che fine ha fatto la museruola?

-Beh, ho pensato che fosse meglio ripagare con la stessa moneta i tuoi amichetti, dopo quello che ti hanno fatto, Nick...

Mi ci vuole qualche istante per intendere il significato della frase, ma appena lo faccio, sorrido ampiamente e salto in braccio a lei, ringraziandola di cuore. Non le chiedo niente su quello che è successo: mi basta sapere che non mi faranno più male come prima.

-Però, ora che ci penso, non potrò più diventare un giovane scout. E ti avrò fatto spendere i soldi della divisa per niente- dico mogio mogio mentre torno sul mio sedile con sguardo sconfortato.

La mamma chiude per un po' gli occhi, poi mi guarda e dice: -La sai una cosa? Non importa. Quella divisa possiamo rivenderla, oppure, meglio ancora, la puoi tenere per quando i tuoi piccoli diventeranno dei fantastici scout, proprio come lo saresti tu. Ma, Nick, tu sei il più coraggioso, affidabile, leale e disponibile cucciolo che io abbia mai visto in vita mia.

-Anche senza far parte degli scout?

-Anche senza far parte degli scout, certo. Loro non riescono a vederlo, ma io sì: un giorno, tu diventerai una persona fantastica, avrai una bella famiglia e un buon lavoro. Saprai donare alle giornate un tocco di colore che solo pochi animali al mondo riescono a dare, e solo con un tuo sorriso. Fidati di me.

Io resto dubbioso, ma le sorrido comunque, perché ho apprezzato le sue parole.

E da oggi, io sarò la volpe migliore del mondo. Solo per lei.

Per la mia mamma.

 

TRE ANNI DOPO...

 

 

Osservo con occhi vuoti la lapide cui mi trovo di fronte:

Marian Wilde, 1956-1996

Deceduta per cancro ai polmoni.

Madre amatissima

Scorro con lo sguardo lungo la fotografia che la immortala in uno dei suoi momenti preferiti: la scrittura.

Il suo sorriso non è scomparso. Lei è ancora qui, a fissarmi con quei suoi occhi verde smeraldo, scintillanti di gioia, come i miei, anche se ora la gioia è l'ultimo dei sentimenti che potrei provare.

Ho 12 anni adesso, ma ancora ricordo le parole dette da lei quella sera di qualche anno fa: Nick, tu sei il più coraggioso, affidabile, leale e disponibile cucciolo che io abbia mai visto in vita mia.

Forse aveva ragione, e per tre anni sono stato il più educato e rispettoso cucciolo di volpe che si sia mai visto.

Una volpe, però, resta pur sempre una volpe, almeno per gli altri. Nessuno ha mai pensato che potessi cambiare il mio destino, e se nessuno crede in te, perché mai dovresti farlo tu stesso?

Sento una zampetta leggermente più piccola della mia toccarmi la spalla. E dietro di me si trova il mio amico Finnik, un fennec della mia stessa età, poco più basso di me, che mi guarda con occhi compassionevoli e gentili, in contrasto rispetto a tutte le altre volte in cui mi ha guardato, sempre truce ed esasperato.

-Nick, stai bene?

-Mi chiedi se sto bene? No, per niente. Non ce la faccio a tirare avanti in questo modo. Senza di lei. Senza nessuno. A parte te ovviamente- e gli metto anch'io una zampa sulla spalla, in segno di fraternità. Dio, come lo ringrazio per essere qui con me in questo momento.

-E adesso dovrò pure combattere contro i servizi sociali affinché vada a vivere con qualcun' altro. Il problema è che...- mi si incrina la voce ed un'unica lacrima mi riga la guancia -...i-io non voglio più affezionarmi a qualcuno come mi ero affezionato a lei, capisci? Non voglio rischiare di soffrire di nuovo come sto soffrendo ora, se qualcun altro a cui voglio bene se ne andasse. E non credo di riuscire ad essere una volpe migliore, senza il suo supporto. Non so che fare...

Finnik abbassa la testa e chiude gli occhi, nella tipica espressione che assume quando pensa: -Ho un amico che lavora in polizia. Se vuoi, posso convincerlo a far credere che io e te siamo parenti, così non ci saranno problemi con i servizi sociali...

-Ma, Finnik, tu non hai una casa comunque...ci braccheranno...troveranno un modo per--

-NICK! Sono riuscito a vivere cinque anni scappando dai servizi sociali. Ce la farò benissimo a viverne altri sei così per aiutarti. E poi, ormai conosco tutte le loro tattiche e strategie: non ci troveranno mai, fidati. E una volta maggiorenni, potremo vivere così senza problemi.

-Finnik...- lo abbraccio di slancio mentre lui si scansa velocemente e si gira imbarazzato.

-EHI, vacci piano! E comunque non lo sto facendo per te, ho bisogno di un aiutante per realizzare qualche affare. Quindi smettila di perderti in smancerie e sali sul mio furgoncino.

-Grazie...-sussurro e posso vedere che con un guizzo lui stava per sorridermi, ma poi torna lo scorbutico di sempre e si avvia verso il parcheggio fuori dal cimitero.

Io do un'ultima occhiata alla lapide della mamma. Mi dispiace mamma, so che non vorresti che io sia così, ma senza di te è difficile non essere una buona volpe...Ti ricordi di ciò che è successo tre anni fa? Devo imparare ad essere più forte, devo assolutamente. Non devo mai più mostrare le mie debolezze a nessuno. E se per il mondo la volpe è solo un animale subdolo ed inaffidabile, non ha senso essere qualcosa di diverso..., penso mentre le mando un bacio.

Osservo un orizzonte non ben definito di una città che voglio imparare a conoscere come le mie tasche: Zootropolis, la mia casa. Mi avvio verso il furgoncino del mio amico, senza sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei salutato la mia povera mamma. Senza poter immaginare come la mia vita sarebbe andata avanti fino a quel momento.

Almeno fino a quando non avrei incontrato lei.

 

 

 

 

-Angolo autrice-

Ciao a tutti! Grazie per essere arrivati fino a qui, lo apprezzo molto!

Ci tenevo a dire che essendo la prima volt che pubblico qualcosa su EFP, non sapevo bene cosa mettere come generi, personaggi, contenuti della storia. Ho inserito OOC, perché secondo me i personaggi non sono ESATTAMENTE come quelli del film, li ho rappresentati a modo mio, perciò potrebbero riscontrare diverse differenze rispetto a come sono stati presentati nel film.

Inoltre, ho inserito “nuovo personaggio” per indicare i gemellini Hopps e la Sig.ra Wilde, che non compaiono nel film, o almeno non UFFICIALMENTE. Poi chissà, magari Judy aveva davvero due gemellini di nome Grace e Daniel come fratelli e la madre di Nick si chiamava davvero Marian. Ma questo credo che non lo sapremo mai...

Ordunque, grazie a tutti di cuore per aver letto la mia storia, e nel caso aveste tempo e voglia, lasciate una recensione, anche breve, per dirmi cosa ne pensate di ciò che ho scritto.

Alla prossima,

Elis

   
 
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