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Autore: Yumeji    11/09/2016    0 recensioni
Qualcuno li ha rapiti. Qualcuno li controlla.
E' un gioco a tempo: fino al suo scadere, nessuno deve morire; Allora avrete vinto.
Rispettate le regole o sarete puniti.
Vivete a vostro rischio, morite per la mia gloria.

Accettate la sfida?
Nb: Spoiler su alcuni avvenimenti che susseguono l'ultima serie di Durarara!
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izaya Orihara, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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NB: >>Attenzione<< questa ff contiene Spoiler di alcuni fatti che seguono la fine dell'ultima serie di Drrr!



Un forte rumore giunse all'improvviso dalla sala ricevimenti, bloccando a metà Shizuo nell'atto di ruotare la chiave nella toppa, la quale rimase invece ferma nel mezzo del suo giro, incapace di spalancare loro la soglia. Tutto il gruppo parve sussultare a quel suono stridente - simile ad una cascata di cristalli che finivano con il frantumarsi a terra, o allo scoppio di un tuono -, la tensione si era fatta pressante sulle loro spalle e infondo alla gola, tanto che a Mikado sfuggì un singhiozzio da panico (o forse la sua era solo sorpresa?).  
Senza rifletterci Shizuo corse verso la sala, abbandonando la misteriosa porta e tutti i segreti che dietro ad essa si celavano, lasciandone però lì la chiave, a beneficio di chiunque volesse prenderla, quasi che una simile possibilità non gli fosse minimamente passata per la mente.
Un senso di disagio e paura avvolse la stanza e il resto dei presenti che, come fossero un unico individuo, oppure perché incapaci di ragionare lucidamente essendo stati colti alla sprovvista, si apprestarono a seguire Heiwajima. Solo uno tra loro si attardò. Una balzana idea in mente per tirare un brutto tiro tanto per scuotere un po' le acque, solo per il proprio divertimento.
Rapido Shizuo fu il primo a raggiungere l'entrata della sala, il cuore che pompava veloce nel petto e nei timpani. Ovviamente, come gli altri, era stato colto di sorpresa da quei suoni e, seppur il suo volto non tradisse alcun senso di stupore, persino lui aveva avuto un singulto di spavento nel udirli, che rapidamente si era però tramutato in un'espressione di rabbia e frustrazione. Aveva subito riconosciuto il rumore di stoviglie infrante e di tavoli ribaltati, fin troppo familiare gli era il tintinnio stridente dalle posate gettate brutalmente a terra (poiché solitamente era lui stesso a provocare un tale fracasso).
Con sorpresa trovò la sala ricevimenti avvolta da una pesante penombra. Le luci si erano fatte soffuse, i lampadari che pendevano dal soffitto, e che poco prima l'avevano fatta risplendere a giorno in una quasi incantata luce dorata, ora erano spenti, e solo qualche lampada a muro rischiariva debolmente l'ambiente. A causa dell'ampiezza della camera, e dalla scarsa illuminazione, a malapena si distinguevano i contorni dei tavoli, semplici sagome scure su uno sfondo del medesimo colore.  
Con attenzione e i sensi in allerta Shizuo entrò, un sentore di pericolo aveva acceso un campanello d'allarme nella sua testa, irrigidendogli i muscoli e serrandogli la mascella in una smorfia tirata. Gli bastò un passo per avvertire da subito lo scricchiolio dei vetri rotti sotto le suole. Pezzi di ceramica candida, appartenuta a piatti finemente decorati, misti a frammenti di bicchieri, ero sparsi ovunque sul pavimento. Come gli era stato facile immaginare, della piramide di calici di cristallo non rimaneva nulla, il suono stridente, simile all'infrangersi di una vetrata, doveva essere stato provocato dal suo crollo, gli suggerì l'intuito, mentre l'olfatto ne studiava l'aria.  
C'era puzza di vino, ed essendo un ex-barman, ne sapeva qualcosa a riguardo. Un liquore deciso, secco, dall'alta gradazione alcolica. Non ne riconosceva la qualità, ma aveva già visto da qualche parte una bottiglia che poteva avere un contenuto molto simile. Era nell'armadietto degli alcolici nel salottino elegante del secondo piano. Una leggera vocina gli ricordò che tecnicamente quell'armadietto avrebbe dovuto essere chiuso e che quindi qualcuno, in segreto, doveva aver trovato un modo per aprirlo o, peggio, ne aveva sempre posseduto la chiave senza informare nessun altro.  
Ma al momento non era questo il suo primo pensiero e si ripromise di rifletterci dopo, anzi, di discuterci con gli altri, poiché non era abbastanza sveglio da trovare una risposta a simili quesiti da solo.  
Non poté però far a meno di pensare che, un atteggiamento simile, nascondere informazioni e/o oggetti importanti per tenerseli per sé, come asso nella manica, era un atteggiamento tipico di quella sporca pulce.  
Se solo non fosse stato bloccato quella sedia a rotelle, probabilmente, Shizuo non si sarebbe fatto remore ad accusarlo, chiamando a gran voce il suo nome pronto a massacrarlo con una qualsiasi arma impropria avesse a disposizione.  
Se non lo avessero convinto del contrario, sarebbe stato ancora certo che la pulce li stesse giocando per l'ennesima volta. Ma gli era stato dimostrato che l'informatore non fingeva la sua disabilita e, a saperlo, qualcosa del suo atteggiamento era cambiato.  
Non poteva dire che non fosse disagio il suo. Era sempre stato preparato ad affrontare una pulce bastarda ed attaccabrighe, capace di sfidarlo e combatterlo sul suo stesso piano. Un Izaya che, invece, non era in grado di fronteggiarlo e, anzi, pareva persino temerlo era qualcosa di spiazzante. Non era minimamente pronto ad accettarlo. Non voleva accettarlo.
Per questo non era piombato nella sala urlando a squarcia gola, chiamandolo con quel tono rabbioso e velenoso che precedeva la sua perdita di controllo. Il segnale con cui davano sempre inizio alla loro sfida ad acchiapparello. Pur sapendo che non vi erano altri in quella sala, se non la pulce, non se la sentiva di dire quel nome. Avvertiva qualcosa di sbagliato nel pronunciarlo, quasi la persona che sapeva gli avrebbe risposto non fosse quella che si aspettava.
Avanzando a tentoni nella semi oscurità,  Shizuo attese che i suoi occhi si abituassero alla scarsa luce e, dopo aver urtato un paio di tavoli, inciampandovi praticamente sopra, causando la rottura del probabilmente ultimo bicchiere ancora integro della sala, finalmente cominciò ad orientarsi.
L' assetto della stanza era cambiato molto da quando vi era entrato non più di venti minuti prima, le due file di tavoli che si trovano ordinatamente sistemati ed apparecchiati lungo le pareti, ora erano per la maggior parte rovesciati verso l'interno, in un disastroso effetto domino che pareva essere partito dal centro della sala, dove prima stava la piramide di calici. Uno dei pesanti lampadari stile art nouve - con i manici in ottone che curvavano simili a volute e colmo di decorazioni a foglia d'edera -, era precipitato, schiantandosi al suolo, causando il frastuono che avevano udito e la reazione a catena che aveva portato ad una simile devastazione.  
Uno degli anelli da cui il lampadario era sostenuto, attaccato al soffitto, pareva essere stato scalfito da qualcosa e, una volta indebolito, la forza di gravità aveva fatto il resto.
Per un istante Shizuo pensò che sotto vi potesse essere finito qualcuno, e l'immagine della pulce spiaccicata al suolo fece inorridire dal disgusto la sua mente, provocandogli una serie di brividi lungo la spina dorsale. Ma era unicamente una fantasia, a parte qualche resto di vino rosso, non vedeva altre tracce allarmanti che si potessero confondere con il sangue. In più era certo fosse stata la mano dell'informatore a far cadere il lampadario.  Riconosceva le sue capacità nel lancio dei coltelli e la sua mira incredibile.  
- Shizuo!.. M-ma cosa successo qui!? - la voce allarmata di Shinra lo raggiunse alle spalle, poco distante, e con il suo arrivo, la luce che nella stanza era venuta a mancare, tornò improvvisamente. - Shizuo? - insistette a chiamarlo il medico senza licenza, il biondo che imprecava a mezza voce trovandosi d'improvviso accecato. Si era abituato all'oscurità e ora gli occhi gli bruciavano, la retina che si riempiva di una serie di luci ad intermittenza simili a lucciole.  
Quando era entrato non aveva neppure provato a cercare un interruttore, ora si sentiva uno sciocco per non averlo fatto.  
Perché non ci aveva pensato subito? Semplice, perché era stato distratto dal puzzo dell'alcool che pareva essere stato sparso un po' ovunque, dal pavimento trai cocci rotti, ai tavoli, le tende.
- Oh, no...- un sentore di gelo attraversò Shizuo mentre il suo sguardo si spalancava, colto da un improvvisa rivelazione, nelle orecchie il sottile fischio provocato dalla messa in funzione del vecchio impianto elettrico.
- Merda! – esclamò, sta volta a voce più alta, schioccando stizzito la lingua.
 
Le fiamme si propagarono alla svelta, partendo dai fili elettrici rimasti scoperti a causa della caduta del lampadario, sopra ai quali qualcuno si era premurato di versarci una buona dose d'alcool.  
Per un momento Shinra ebbe una stretta allo stomaco nel vedere uno dei suoi pochi amici investito in pieno da un'esplosione di fiamme che, seppur circoscritta in uno spazio non superiore ai sei metri, e non raggiungesse quindi l'intera superficie della sala dei ricevimenti (solo meta di essa), avrebbe potuto uccidere, o danneggiare mortalmente, una persona qualunque. Fortunatamente per loro, Shizuo Heiwajima non era affatto una persona normale. E il fuoco, che avrebbe potuto divorare le carni di un uomo comune, provocandogli ustioni di secondo o addirittura di primo grado sul 70% del corpo, lo danneggiò minimamente. In tutta tranquillità, seppur visibilmente seccato, Shizuo se ne uscì dalla sala sulle proprie gambe, con unicamente i vestiti vaporizzati e qualche escoriazione sul corpo -  provocata da alcune schegge di vetro volanti.
Un'altra fortuna fu che nessun altro era ancora entrato nella sala dopo l'arrivo del biondo. Shinra era stato il primo a seguirlo, e come prima cosa aveva provveduto a far scattare ingenuamente quella sorta di trabocchetto che qualcuno aveva escogitato.
"Qui pare esserci lo zampino di un lupo" si trova sorridere l'occhialuto, il viso gelato in quell'espressione mentre il riflesso dell'esplosione gli riempiva le lenti degli occhiali e gli bruciava le sopracciglia. Le fiamme lo avevano tramutato in pietra, bloccandogli le gambe e lasciandolo immobile sul posto simile ad uno stoccafisso o ad un palo della luce. Qualcosa gli diceva che non poteva non essere stato che Izaya ad escogitare un simile piano ai danni dell'Heiwajima, e seppur fosse lieto che Shizuo ne fosse uscito indenne, per quanto praticamente privo di indumenti, sapere che il corvino avesse tentato di ucciderlo, come era suo vizio fare, in qualche modo, lo rincuorava. Ovviamente non stava facendo sul serio, dedusse, o la catastrofe sarebbe stata ben peggiore di quella che gli si palesava di fronte. Non dava il meglio di sé, ma si limitava a punzecchiarlo. Tipico di Izaya. Allora aveva solo finto sino a quel momento, recitando la parte del vinto orgoglioso, arreso alla sconfitta, simile ad una belva ferita mortalmente o ad un nobile decaduto - pronto per la ghigliottina.
- Kyaaaah! Foto, foto, foto!! - la voce esaltata di Erika che, assieme agli altri del gruppo, era giunta per assistere appena in tempo all'esplosione, cominciò a farsi udire estasiata in mezzo alla confusione generale.
Un adone nudo dal fisico statuario e scolpito era appena spuntato dalle fiamme come una qualche divinità apocalittica, e quel pezzo di marcantonio non era altri che Shizuo Heiwajima!  
Da brava fujioshi Erika sapeva che mai gli si sarebbe ripresentata davanti un'occasione tanto ghiotta. Per la prima volta aveva l'opportunità di raccogliere materiale di prima mano per le sue future fan fiction o fan art di cui Shizuo sarebbe stato protagonista. Il suo lavoro non poteva non venir incentivato e migliorato da una simile visione! In più, da sapiente e scaltra artista quale era, era consapevole che, più ci si teneva fedeli alla realtà, più le sue storie avrebbero avuto presa. E allora tutti avrebbero capito che la Shizaya era l'unica via!
Un leggero attacco di epistassi colse la otaku, la quale ignorò bellamente la cosa, troppo persa a fantasticare per notarlo. Nel suo delirio, non si accorse neppure che Anri le si era avvicinata per poterla prendere delicatamente per le spalle, così da allontanarla dalla stanza in cui il fuoco aveva cominciato pericolosamente a propagarsi. Smarrita in un mondo tutto suo, un'espressione stupidamente felice le decorava il volto e pareva quasi che uno sfondo a fiorellini la circondasse.
- Dovrebbe farsi curare... - fu il commento di Walker, cui sguardo sottile non perse neppure per secondo l'amica mentre veniva condotta via, del tutto preda di quella malsana (a sua detta), vena artistica.
"Senti da che pulpito" pensò Togusa guardandolo storto, un segno rosso sulla fronte dove si era inavvertitamente colpito nell'udire un simile commento. Era nel dubbio se dovesse ricordargli quante volte il loro "incredibile duo" avesse dato di matto, degenerando da una semplice discussione sui manga.
Al contrario, Kadota sorrise ad un simile commento, consapevole invece che Walker era semplicemente geloso di come Erika ed Anri si fossero avvicinate "in una parentesi secondaria degli avvenimenti della saga di Ikebukuro", o come lui l'aveva definita.
- Ohi, mocciosi! Piantatela di fare gli stoccafissi, fate qualcosa! - la voce alterata e giustamente furente di Akabayashi(Mizuki) ricordò a tutti dell'incendio che rischiava di devastare tutta la struttura in cui erano rinchiusi.
- Qualcuno pensi a staccare la corrente! Il quadro elettrico dovrebbe trovarsi nel sottoscala, c'è anche un estintore lì, prendetelo. Gli altri intanto si procurino delle coperte, lenzuola o anche asciugamani bagnati, dobbiamo soffocare le fiamme prima che si propaghino oltre -  fu più rapido ad impartire gli ordini e a prendere il comando Shiki, il quale sapeva come farsi obbedire alla svelta.
 
Sotto alle direttive del mafioso, il gruppo si divise. Togusa e Kasuka, che furono i primi a scattare sull'attenti, si presero l'incarico di togliere l'elettricità alla sala. Non potendo però raggiungere la scala principale, nel cui sottoscala doveva trovarsi il quadro generale, per la via più rapida (essendo la sala ricevimenti impraticabile), si trovarono costretti a prendere una lunga e tortuosa deviazione. Con l'adrenalina a mille, seppur dal volto del più giovane Heiwajima non trasparisse alcuna emozione, corsero verso la stanza degli ascensori e, nonostante le norme antincendio lo sconsigliassero caldamente, scesero con uno di essi sino al piano sottostante. Lo percorso a perdifiato per tutta la sua lunghezza, così da raggiungere la parte opposta della magione e risalire da lì, al punto esatto dove si trovava la scalinata.  
- C-certo che  stata una bella corsa - borbottò Saburo ansimante, privo di fiato ora che era arrivato a destinazione. Cercava di mostrarsi indifferente, di celare con una falsa nonchalance i suoi tentativi di normalizzare il respiro, piegato su se stesso simile ad un vecchietto con l'asma.  O per lo meno così si sentiva, nel sostenersi con le braccia tese appoggiate sulle ginocchia. A confronto Kasuka pareva appena uscito da un lungo bagno rilassante, non aveva né una goccia di sudore in viso né un capello che fosse fuori posto. In più il suo volto era rimasto splendidamente inespressivo per tutto il tempo. "QUESTO NON E' UMANO! UN AUTOMA, ECCO COS'E'" pensò Saburo costringendosi a raddrizzare la schiena, cercando di darsi un contegno schiarendosi rumorosamente la voce, occultando le vergognose boccate di ossigeno che si trovava a fare.
- Ci penso io a questo Heiwajima - disse appoggiando una mano sul vetro sottile e trasparente dello sportello del quadrante, si stava costringendo a tenere un'aria decisa, sicura, e forse un tantino arrogante. Voleva far capire alla grande stella della tv che, seppur non avesse avuto né un ruolo di primaria importanza, né un lavoro stabile, non gli era certo di meno. Per amor del proprio orgoglio, doveva rendergli chiaro il concetto che, nonostante fosse Kasuka Heiwajima, l'attore del momento, personaggio di successo e dal grande talento, nonché strapagato, non se sentiva affatto messo in soggezione. Per quanto, invece, lui fosse ricordato come "l'amico di Kadota che guida il furgoncino/utilitaria".  
- Tu pensa pure a cercare l'estintore - si sposto i capelli dalla fronte imitando un atteggiamento che, nella sua mente, avrebbe dovuto risultare elegante e risoluto, ma finì con l'essere solo impacciato ed artefatto. E se qualcun altro avrebbe riso per il suo strano comportamento, l'espressione inalterata di Kasuka lo mise più a disagio di quanto avrebbe fatto se fosse scoppiato a ridergli in faccia. Quell'assenza di reazioni cominciava ad irritarlo.
- Bene - fu l'unico commento del più giovane Heiwajima, lo sguardo che subito andava all'angolo della parete, a due metri da loro, dove faceva bella mostra di se l'estintore, in tutto il suo rosso fulgore. - Trovato - aggiunse in tono monocorde, indicando l'oggetto che Togusa, per quanto palese, non aveva minimamente notato. Il castano imprecò tra se e se per la sua incapacità di fare una mezza figura decente, soprattutto avendo davanti una celebrità.
- Vo-volevo essere sicuro che un simile momento di crisi non avesse messo fuori uso le tue capacità d'osservazione – balbettò cercando di salvare la faccia, sapendo quanto con ciò, invece, si stesse praticamente scavando la fossa da solo. Sentiva le proprie unghie stridere contro la superfice liscia e piana degli specchi.
- Capito - a Kasuka non pareva importarne un granché delle motivazioni dell'altro, quell'eterna espressione eterea, tra l'annoiato e l'impassibile ancora sul viso.  
"Se non avessi visto i suoi film o le serie televisive in cui ha un ruolo crederei che abbia una paralisi facciale" pensava intanto Saburo, avvertendo l'irritazione montargli - non sapeva neppure lui per quale motivo, forse solo per nascondere l'imbarazzo che provava per la propria magra figura.  
- E sono certo che lei, signor Togusa, abbia già pensato ad un metodo per aprire quel lucchetto -
Il tono formale e rispettoso con cui il ragazzo gli si rivolse non fece che renderglielo ancora più antipatico, si stava forse prendendo gioco di lui con quel "lei" e quel "signore"? Quanto più giovane di lui poteva essere? Non c'era poi così tanta differenza d’età tra lui e Shizuo. O almeno così ricordava... Ma non era il momento di pensarci! Piuttosto, di che accidenti di lucchetto stava parlando?
Solo quando Togusa si decise ad osservare con più attenzione il quadro elettrico finalmente capì cosa l'altro indicasse. C'era un vistoso e pesante lucchetto a serrarne lo sportello, la cui chiave era ben visibile, attraverso la finestrella in plexiglas, all'interno del suddetto impianto, in mezzo a una serie di cavi ed interruttori. Pareva osservarli con una nota beffeggiante, quasi fosse stata la chiave stessa a giocarli.  
Con l'ansia che gli prendeva la gola e le mani tremanti, Saburo si afferrò con forza allo sportello e tirò, tirò nella speranza di far saltare quel dannato impedimento, o tutto lo sportello con lui, ma entrambi rimasero fermi dov'erano, ben saldi ai loro posti. L'unica cosa che ottenne fu di scuotere il lucchetto, producendo solo un irritante fracasso che andava a sottolineare la sua incapacità di trovare una soluzione.  
- Così non va bene - si sentì sbiancare, avvertendo panico e frustrazione crescere in egual modo in lui, "ma quale sadico ha pensato ad una simile bastardata?"
Vi era una crudeltà profonda intrinseca in un simile gesto, un conto era nascondere la chiave in un qualche luogo celato agli occhi, un altro era palesarla davanti a loro, quasi a gridargli "sono qui, sono qui". La soluzione al problema era proprio lì, ad un soffio, eppure irraggiungibile per quando si tentasse di allungare le mani per afferrarla.
Togusa aveva una mezza idea, o almeno un'intuizione su chi avesse potuto pensare ad una tale tiro mancino, ma sul momento lo tenne per se, per quanto certo che tutto fosse stato orchestrato da lui sin dal primo momento.
- è inutile - sbuffò dopo l’ennesimo tentativo di sradicare il lucchetto, una mano ad arruffarsi i capelli a lato della testa, spostandone i lunghi ciuffi castani dagli occhi. Se solo avesse avuto qualcosa, anche una forcina, con cui scassinarla. "Se Erika non fosse partita per il suo mondo da fujioshi potrebbe facilmente pensarci lei. Magari Walker può creare qualcosa con cui farla saltare in ari... -"no, non è una buona idea far creare una bomba incendiaria ad un piromane che si trova in un edificio che già rischia di andare a fuoco" sudava freddo anche solo per il fatto di aver potuto pensare ad un idea simile. Gridava: "pericoloso" anche a 243 chilometri di distanza. Eppure non riusciva ad evitarsi quel senso di frustrazione indolente e di inettitudine, accompagnata dalla convinzione che "gli altri" del suo gruppo, i suoi amici insomma, in un caso simile avrebbero tirato fuori una delle loro idee strampalate a risolvere la situazione. – è irremovibile - sbuffò ancora chino a studiare il lucchetto, lo sguardo fattosi sottile ed attento, quasi sperasse che quello si aprisse ad una semplice occhiata. "No, era Walker quello che tentava di sviluppare poteri Esp" - Dobbiamo trovare un modo per...-
- La prego di spostarsi, signor Togusa - Kasuka lo interruppe bruscamente, facendolo sussultare. Non era cambiato nulla nel tono di voce del più piccolo Heiwajima, monotono ed inespressivo, eppure Saburo ne percepì in qualche modo l'urgenza. Spinto da un perspicace istinto di sopravvivenza si gettò immediatamente di lato, così da non occupare lo spazio di fronte al quadro elettrico, appena in tempo per evitare che la pesante base dell'estintore lo colpisse sul retro del cranio.
Senza troppi complimenti Kasuka, capendo che ci stavano mettendo troppo a risolvere l'inghippo, aveva staccato l'estintore dal muro, decidendo di usarlo, in maniera non del tutto ortodossa, come fosse un ariete. Bastò un colpo, assestato con una leggera rincorsa, perché la finestrella in plexiglass si frantumasse in tante piccole schegge di plastica, che schizzarono ovunque simili ad una ventata di grandine.  
Istintivamente, Saburo si era coperto la faccia con un braccio, temendo di poterne essere ferito, ma una simile preoccupazione non pareva aver minimante toccato Kasuka, il quale, agendo di slancio, non aveva preso alcuna precauzione. Un graffio sottile comincia sanguinargli poco al di sopra dell'occhio destro, vicino al sopracciglio, il punto dove la scheggia l'aveva colpito.
- M-ma che pensavi di fare!? – sbottò di colpo Saburo, saltando in piedi ancora mezzo sconvolto, il cuore che gli martellava in gola e una strizza allo stomaco che gli causava una pesante nausea. Non era neppure sicuro di come ci fosse finito a terra.
- Ho risolto il problema... - fu la laconica risposta dell'altro, il quale l'osservava impassibile, seppur il sangue avesse preso a colargli copioso dalla ferita, finendogli nell'occhio. Teneva ancora l'estintore tra le braccia, e pareva decisamente pesante, Saburo quasi si stupiva che fosse riuscito a maneggiarlo in quel modo, poi si ricordò di chi fosse fratello.  
- Avresti potuto distruggere il quadro elettrico! O peggio, causare un altro incendio! Non sai che questi aggeggi sono delicati!? - lo ammonì, la paura ancora in corpo, e la voce che gli tremava leggermente. Se si contava quanto vecchia paresse essere la casa e che qualcuno sembrasse aver piazzato dei trabocchetti in giro per ucciderli tutti, i timori di Saburo non erano poi così assurdi. - Da chi cavolo hai imparato ad agire in maniera tanto avventata?! - e, di nuovo, si dovette ricordare di chi fosse il fratello. Allora, alla fine, a parte la bella faccia avevano altro in comune.
- Mi dispiace - si formò una leggera ruga tra le sopracciglia di Kasuka (quasi impercettibile per essere aggrottata, ma abbastanza visibile perché Togusa la notasse), nello sguardo un velo di confusione e di rammarico, tipico di chi comprende in ritardo di aver commesso un errore.
- N... non serve c-che ti scusi... - sentì immediatamente freddare i bollenti spiriti Saburo, avvertendo invece salire l'imbarazzo. Quella era la prima reazione che riusciva ad ottenere da lui. In qualche modo se ne sentiva appagato, quasi avesse conseguito una vittoria, ma dall'altra parte era a disagio, poiché stava pur sempre ricevendo delle scuse da una star a livello nazionale. In più, seppur uomo, doveva riconoscere che la bellezza di Kasuka, infondo, un poco in soggezione lo metteva.  
E automaticamente, assieme all'imbarazzo, cominci a sentirsi in colpa per essere esploso in quella maniera. Forse aveva esagerato?  
Ah, che brutti effetti poteva avere su di lui un bel faccino... No! Si era ripromesso di non farsi fregare più a quel modo da un celebrità. E poi Lui usciva pure non l'adorabile Ruri-chan!  
E questo per un fan delle Idol era imperdonabile!
Togusa sbuffò, passandosi stancamente una mano trai capelli. No, decisamente non stava gestendo al meglio quella situazione.
 
Shizuo si tappò la bocca, cercando di evitarsi di rigettare il fegato sul pavimento, un raschio in gola che gli segava la laringe ad ogni colpo di tosse, il sapore di sangue nella bocca mescolato al retrogusto di fumo. Si sentiva sudare e pizzicare la pelle, appoggiato con le braccia contro al muro, solo una tovaglia bianca a coprirgli le vergogne, una delle poche che non stesse venendo usata per soffocare le fiamme o fosse stata bruciata da esse. Shizuo tossì convulsamente, sentendosi soffocare nella sua stessa saliva nel tentativo di trattenersi. Per quanto all'apparenza sembrasse essere uscito incolume dall'esplosione, aveva comunque respirato un certo quantitativo di fumo, che ora il suo corpo tentava di rigettare senza però riuscirci. Nessuno pareva accorgersi del suo malessere, troppo presi a sedare l'incendio per notarlo, neppure Shinra prestava attenzione all'amico, nonostante avesse dovuto essere il primo a verificarne lo stato di salute, essendo un medico (per quanto privo di licenza).
-Heiwajima, si sente bene? – a notarlo fu Mikado, quel moccioso che secondo Shizuo aveva l'aspetto di un coniglietto timido ed innocente ma capace di nascondere una pistola nella manica della giacca. In qualche modo gli ricordava qualcuno di sua conoscenza ma, fortunatamente per lui, non si era ancora attirato il suo odio. Forse era ancora in tempo per essere recuperato, si era detto un paio di volte, quando aveva appena abbandonato i Dollars, ma non era né suo padre, né un suo amico. La cosa non lo riguardava minimamente e non si interessava di lui al punto da volersi far coinvolgere, non più di quanto, con la sua color band senza colore, fosse già accaduto.
- Si sto bene... – mentì Shizuo soffocando un colpo di tosse che si tramutò in un raschio in gola,
- Non è che è rimasto intossicato dal fumo?- insistette il liceale con aria sinceramente preoccupate, per quanto Heiwajima sospettasse che, in realtà, una tale situazione sul reale, lo eccitasse più di quanto non desse a vedere. Probabilmente faticava a trattenere il sorriso che gli nasceva spontaneamente a fior di labbra, doveva starsi divertendo un mondo, mentre tutti loro, invece, erano frustrati e impauriti dalla prospettiva di essere stati sequestrati e rinchiusi in quel luogo sconosciuto. A rifletterci dubitava che loro due sarebbero mai potuti andare d'accordo, soprattutto se avesse cominciato a conoscerlo un po' meglio. Certe similitudini che condivideva con QUEL individuo ne mettevano a rischio l'incolumità in suo presenza.
- Con tutte le sigarette che consumo sarebbe piuttosto ironico se fosse davvero così... – rise senza allegria alla sua supposizione, sudori freddi gli bagnavano la fronte, si sentiva accaldato per quando sulle braccia gli fosse venuta la pelle d'oca. Appoggio la fronte contro il braccio con cui si sosteneva alla parete, cominciava a trovar difficile pensare coerentemente. Al punto che era arrivato a chiedersi: "ma dov'è quella stramaledetta pulce quando ho bisogno di sfogarmi su qualcuno?"; già dimentico delle condizioni in cui versasse Izaya, vinto dal senso d'irritazione datogli da quel malessere. Se fosse stato sicuro di reggersi sulle proprie gambe avrebbe gettato lui stesso qualche altro tavolo all'aria, tanto per sfogarsi, anche se forse il suo atteggiamento avrebbe potuto peggiorare la situazione in cui già si trovavano.
- Heiwajima..!- si allarmò Mikado quando, infine, il biondo si accasciò per terra in stato confusionale, incapace di rispondere ai suoi numerosi richiami, le pupille dilatate e acquose, incapace di mettere a fuoco. Cominciò ad esserci confusione attorno a lui, ma tutti parevano ombre indistinte, avvertiva tutto come se percepisse il mondo  
- ... zuo? Shizuo!- la voce di Shinra lo raggiunse come se venisse da molto lontano, il suo stato di  semi incoscienza non gli faceva neppure percepire le mani del medico su di lui, a scuoterlo per le spalle, nel tentativo di renderlo vigile.
 
- Dobbiamo portarlo fuori di qui, subito – ordinò l'occhialuto, corso subito da lui quando l'amico si era accasciato contro la parete. Per quanto non sembrasse, aveva tenuto l'amico sottocchio, anche se da lontano, temendo per l'appunto una simile reazione. L'intossicazione per ossido di carbonio era pericolosa, i globuli rossi non erano più in grado di trasportare ossigeno al cervello e al resto del corpo, il soggetto cominciava a soffocare e, se non si interveniva tempestivamente, ciò poteva portarlo alla morte. - Mikado, dammi una mano, veloce – intimò al ragazzo, l'unico nelle vicinanze che potesse aiutarlo, purtroppo, nessuno dei due era famoso per la propria prestanza fisica, e al momento chi poteva aiutarli era troppo impegnato a sedare le fiamme per prestargli aiuto. Si ritrovarono a trascinare il povero Shizuo, incapaci di sostenerne del tutto il peso, afferrandolo per le spalle riuscirono a sollevarlo solo parzialmente, lasciando che le sue gambe strusciassero per terra. "Speriamo solo che non perda la tovaglia" fu il pensiero di Mikado che temeva in una brutta reazione del biondo nel caso avesse scoperto di essere stato lasciato completamente nudo.
- Portiamolo nella sala lettura, lo facciamo distendere sul divanetto, vista la sua posizione, lì l'aria non dovrebbe avere residui di fumo... –
- Non c'è altro che possiamo fare per lui?..- domandò invece Mikado, faticando a sostenerne il peso, un leggero fiatone per lo sforzo. Doveva sul serio considerare la possibilità di iscriversi ad un palestra o qualcosa di simile.
- Al momento è la cosa migliore che possiamo fare... – gli rispose il medico, - Non che l'unica – chiunque li avesse trascinati lì non gli aveva concesso di portare con se alcuno strumento medico, ne medicinale. Forse quel qualcuno non voleva che esercitasse la sua professione, o aveva qualche motivo per impedirglielo. – Se fosse qualcun altro sarei preoccupato per la sua vita, ma trattandosi di Shizuo, alla fine credo che se la caverà – rivolse un sorriso a Mikado, e per un momento i suoi occhi furono nascosti da un riflesso sulle lenti degli occhiali. Sembrava non essere del tutto sincero, intuì Ryugamine, il quale nell'ultimo periodo era divenuto al quanto abile a riconoscere la menzogna nel volto degli altri. Forse Kishitani non credeva del tutto alle proprie parole. 
  
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