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Autore: iamsemiautomatic    12/09/2016    5 recensioni
Tamura, cittadina fittizia vicino Edimburgo, Scozia, 2016. Da circa tre anni almeno dodici persone vengono trovate morte in condizioni e cause diverse, solo un elemento in comune: un marchio sul torace, simile ad un tatuaggio. Come se non bastasse, vengono ritrovati cadaveri cui manca il cervello e il cuore. Nessun indagato, nessuna pista, la polizia locale cerca senza sosta l'assassino, ma commette un errore: cerca un essere umano.
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Salve a tutti, questa è la mia prima storia su EFP, e soprattutto, la prima dopo due anni in cui non scrivevo più, quindi speriamo bene! Mh, che dire, sono ben accette le critiche, purché non siano insulti, so che posso migliorare, quindi vi chiedo di aiutarmi! Buona lettura :)
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Prologo

 

Era un soleggiato pomeriggio di fine luglio quando Alexander Walker, diciotto anni, morì. Stava camminando sul ciglio della strada, poco trafficata in quel periodo, mentre tornava dalla casa della sua fidanzata, Cassandra. Stava ascoltando tranquillamente la musica a tutto volume, tirando di tanto in tanto dei calci ai sassi facendoli ruzzolare giù dalla collina ai lati dell'asfalto. Proprio calciando uno di questi il ragazzo era inciampato, cadendo in mezzo all'erba e sbattendo la testa contro un masso. Un colpo fatale, dietro la nuca, che fece scorrere il suo sangue, lentamente, fino al piccolo ruscello , proprio dietro di lui, che gli bagnava la mano con cui stringeva il cellulare. Alexander era frastornato, lo sguardo vitreo era rivolto al cielo, il rumore delle macchine e del mondo in generale si affievoliva sempre di più.

Alexander Walker aveva appena finito la scuola secondaria e si sarebbe trasferito, di lì a poche settimane, a Edimburgo per studiare all'Università, facoltà di medicina. Bellissimo, volto angelico e carriera scolastica perfetta, era sempre desideroso di stare al centro dell'attenzione, tanto da sentirsi quasi male quando qualcuno, al liceo, non lo salutava.

Paradossale, morire così, da solo, senza che nessuno lo avesse notato.

Ma, in realtà, quando, la morte non è plateale?

Una lacrima gli scese dal viso, un rantolo uscì dalla bocca aperta leggermente.

Mancava poco, lo sentiva.

Stava per finire tutto.

Un'ombra oscurò il sole caldo che carezzava il suo viso, ma non era la sua vista che si stava annebbiando.

Mosse gli occhi verso la sua destra ed emise un altro rantolo, ma se avesse potuto, avrebbe cominciato ad urlare.

Un essere deforme e bianco, nudo, stava accanto a lui e ansimava. Non aveva il naso, la bocca priva di labbra mostrava i denti lunghi e aguzzi, bagnati dalla saliva che scendeva copiosamente dalla lingua a penzoloni, che si muoveva ad intermittenza come se stesse per assaggiare qualcosa di gustoso. Gli occhi... beh, non c'erano: mancavano i bulbi oculari. Le braccia erano lunghissime e lentamente si posavano a terra, facendo assumere a quella cosa la posizione di un gorilla. Emetteva dei versi strani, come se stesse soffrendo.

O come se avesse fame.

Fissandolo, si avvicinò quasi istericamente, fino a che non si trovò praticamente attaccato al viso del ragazzo, la cui vita stava sempre più abbandonando il suo corpo. Il diciottenne era spaventato, ma il suo cuore non batteva all'impazzata, come avrebbe dovuto fare in quella situazione.

La creatura muoveva il viso freneticamente avvicinandosi sempre di più con aria famelica, ma ormai Alexander non sentiva più paura.

Anzi, non sentiva più nulla.

Mentre il sangue scorreva verso il ruscello, così la vita del diciottenne si allontanava da lui.

Chiuse gli occhi, in attesa di morire del tutto. Proprio quando sembrava che tutto fosse finito, sentì un dolore lancinante alla testa e al petto e, con sua sorpresa, riuscì ad urlare.

Era un soleggiato pomeriggio di fine luglio quando Alexander Walker, diciotto anni, mentre camminava per tornare a casa, cadde dal ciglio della strada e sbatté la testa contro un masso svenendo per qualche minuto. Riprendendosi si massaggiò la nuca e si sedette, rintronato. Sbuffando, poi, si alzò e tentò di asciugare con la felpa il cellulare bagnato.

-Ma tu guarda che idiota- disse, per poi tornare sulla via di casa. Prima, però, gettò un'occhiata verso il ruscello, dove scorreva un liquido rosso, come un filo di lana. Avvicinandosi, vide che proveniva dal corpo di un topo bianco piuttosto grosso a sinistra del masso dove aveva sbattuto poco prima. Notando che l'animale aveva una una fila di denti più lunghi e aguzzi di quelli che in genere avevano i topi, e vedendo che non aveva gli occhi, emise un verso di disgusto e disprezzo, per poi voltarsi andarsene.

Andava tutto come previsto.

 

 

 

N.d.A: Salve! Questo prologo è un po' corto, purtroppo le introduzioni non sono il mio forte, comunque i prossimi capitoli saranno più lunghi. Mh, che dire, l'idea della storia mi è venuta da un sogno (ehm... sì, faccio sogni molto particolari) che ho fatto circa due anni fa. Ho sempre voluto scriverci qualcosa sopra per la particolarità ma solo ora mi è venuta l'idea. Purtroppo, causa la mia inattività sono un po' arrugginita, quindi potrei non brillare nella scrittura. Proprio per questo, potrei non aggiornare spesso, anche a causa università, ma spero almeno di pubblicare almeno una volta ogni due settimane.. bene, ora vi lascio, grazie per essere passati!

 

   
 
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