Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    13/09/2016    13 recensioni
La vita di una regina è spesso tante cose ma non sempre è sinonimo di divertimento. Dopo l'ennesima festa costretta ad essere composta e regale, di certo un piccolo desiderio inespresso non potrà mai essere esaudito... o sì?
(Jelsa)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Ciclo delle Stagioni'
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Ballo d'Inverno
 
   Finalmente l’ultimo ospite se n’era andato, i suonatori si erano ritirati e la servitù aveva concluso le sue mansioni: cadendo inesorabilmente in quella successiva, la giornata era finita.
La regina sfilò delicatamente il diadema dai capelli e lo posò su uno dei grandi tavoli, ora sparecchiati, che circondavano l’intera sala da ballo e si sedette esausta su una delle sedie.
Fu con un sospiro di sollievo che si liberò delle scarpe opprimenti, la festa per il Solstizio d’Inverno era stata un successo, gli ospiti avevano mangiato felici e ballato gioiosi. Anna era stata una principessa a dir poco magnifica, la sua sola presenza era riuscita a rendere l’ambiente più allegro, aveva parlato – e straparlato – più o meno con tutti.  Kristoff, dal canto suo, la seguiva imbarazzato: era incredibile come l’uomo ancora non si fosse abituato alla vita di corte, nonostante fossero passati anni continuava ad essere a disagio in quel contesto ma, sebbene la sua voglia di essere altrove fosse quasi palpabile, lui le stava accanto e lo faceva per amore.
Elsa li aveva congedati con calore, declinando con gentilezza la loro offerta di aiuto nel coordinare le operazioni di pulizia, sapeva per certo che morivano dalla voglia di raggiungere la loro adorata figlia, già a nanna da un po’: trattenerli sarebbe stato quanto mai crudele.
   Un mugolio di piacere le uscì dalle labbra quando, tolta l’ultima forcina dell’acconciatura, i capelli le scesero liberi e morbidi sulle spalle. A volte le sarebbe piaciuto essere soltanto una principessa spensierata e amata da tutti ma quella era Anna non lei, lei era la regina. Oh sì era anche lei adorata dai suoi sudditi e in loro compagnia poteva anche permettersi di lasciarsi andare un po’ ma non quando per ospiti aveva rappresentanti e dignitari di altri paesi, lì non le era concessa questa libertà: doveva stare composta, seria, dire in continuazione “Grazie per essere venuti a trovarci”, “E’ un onore avervi qui”, “Avremo tempo di parlare di questo, ora pensate a godervi il banchetto” e altre innumerevoli, monotone frasi di circostanza.
Essere una regina era tutto, tranne che divertimento. Ripensò alla serata di sua sorella, a suo marito, a sua figlia, alla fantastica famiglia che formavano… una minuscola punta d’invidia si insinuò nei suoi pensieri, stizzita roteò una mano facendo apparire un luminoso cristallo di ghiaccio «Non fare la stupida, Elsa…» si rimproverò ad alta voce, mentre la sua magia scompariva velocemente così come era stata creata, posò le mani sulle ginocchia inarcando la schiena indolenzita e si alzò, forse era il caso di andare a riposare.
   Un leggero alito di vento gelido la accarezzò nell’atto di raccogliere le proprie scarpe, inarcando un sopracciglio dubbiosa si voltò e, con stupore, constatò che la finestra del balcone era aperta. Non che il freddo per lei fosse un problema, sia chiaro, ma tutte le imposte avrebbero dovuto essere chiuse da un po’.
A piedi nudi, s’incamminò decisa ma, richiamata dall’aria frizzante della notte , anziché richiudere i vetri si ritrovò sull’enorme terrazza ad ammirare il cielo sereno con la luna e le sue stelle.
«Ad una regina non dovrebbe essere concesso di andarsene via da una festa senza aver fatto almeno un ballo»
Elsa trasalì, istintivamente guardinga si voltò verso quella voce colpevole di aver celato così bene la sua presenza. Nella penombra poté notare che c’era effettivamente qualcuno seduto sul cornicione, lì dove si fondeva col muro: riusciva a vedere la schiena appoggiata, una delle due gambe piegata e l’altra, libera di dondolare nel vuoto, mostrava un piede candido guizzare avanti e indietro incurante del freddo.
«Chi siete voi?» domandò dura.
Non vide bene ma fu sicura che la figura di fronte a lei avesse sorriso divertita «Ha importanza?» le chiese a sua volta.
Certo che aveva importanza, una persona non poteva semplicemente apparire sul suo balcone così e sperare di non dare alcuna spiegazione, per questo non fornì una risposta semplicemente attese con malcelata impazienza.
Questa volta il suono di una vera e propria risata si perse nell’aria della notte, la figura abbandonò la sua posizione e si alzò «Che importanza può avere un nome che, tanto, non ricorderete?»
Lo stupore per quella nuova domanda fu momentaneamente messo da parte dalla curiosità di poter finalmente mettere a fuoco la persona che aveva di fronte: era un uomo ed era effettivamente scalzo, anzi, i pantaloni marroni strappati lasciavano scoperte entrambe le caviglie, portava una camicia blu leggera, impreziosita da alcuni ricami d’argento, lasciata un pochino aperta sul petto. Anche lui, come lei, non sembrava risentire minimamente del freddo pungente che li circondava, la sua pelle era diafana, gli occhi azzurri come il ghiaccio e i capelli scintillavano argentei sotto ai raggi lunari.
«Che significa?» riuscì a chiedere infine.
«Esattamente quello che ho detto» rispose lui non perdendo la sua espressione divertita «Quello che importa è ciò che sto per chiedervi: mi fareste l’onore di concedermi questo ballo?» le propose tendendole la mano e prodigandosi in un profondo inchino.
«Ballo?» quasi balbettò lei completamente presa alla sprovvista «Non c’è neanche la musica»
Lui alzò appena lo sguardo nella sua direzione «Voi dite?»
Fu allora che la regina li sentì: i suonatori prendere posto e i violini accordarsi, stupita si girò attorno per incontrare solo il freddo della notte.
«Ebbene?» incalzò lui trasformando il suo sorriso giocoso in uno appena malizioso.
Elsa prese la mano che le veniva offerta «Sì…»
   Non appena le loro dita si sfiorarono, la musica esplose nella testa della donna e, incurante del fatto che quell’uomo misterioso fosse a tutti gli effetti uno sconosciuto, lasciò che le cingesse le spalle con un braccio e si lasciò andare, come in un sogno, iniziarono a danzare.
Due passi in avanti veloci, poi cambio di direzione lento a destra, piegò la gamba per l’ultimo tempo e incontrò la sua proprio nel punto giusto per agganciarsi. Poi toccò a lei indietreggiare: passo lungo a destra, quasi strisciato, poi a sinistra ed ora un giro su loro stessi mentre lui lasciava morbida la gamba, che non era d’appoggio, dando maggiore eleganza alla loro piroetta.
Lei mosse due passi quasi sul posto piegando le ginocchia e voltandosi, lui la aspettava senza fretta, la lasciò appoggiare sul costato e cominciò a girarle attorno finché non si fermò: i loro volti erano vicini ma nessun segno d’imbarazzo traspariva dai loro occhi, semplicemente sembravano fatti per ballare insieme. 
Lui spinse in avanti aiutandola a rimettersi in posizione eretta e, mentre su di loro cominciarono ad addensarsi nubi cariche di neve, la musica cambiò ritmo e divenne più veloce.
Cominciarono, quindi, a volteggiare rapidi poi le gambe presero ad agganciarsi l’una all’altra senza incastrarsi mai, girarono ancora e ancora finché il fiato non cominciò a diventare corto. La musica cessò d’un tratto, trovandoli quasi avvinghiati, con la gamba di lei piegata sul fianco di lui sorretta dalla sua mano sotto al ginocchio. La pelle dell’uomo risultava ghiacciata contro la sua nuda e rovente, in quella posizione lo spacco della gonna lasciava ben poco all’immaginazione, il suo respiro accaldato si perdeva in quello fresco e regolare di lui. La temperatura era scesa notevolmente.
Elsa trovò il coraggio di alzare lo sguardo verso i suoi occhi e, in contrapposizione al freddo del suo corpo, li trovò accesi di un desiderio disperato, come quello di qualcuno che vorrebbe con tutto se stesso una cosa che sa non potrà avere mai. Quello sguardo ebbe il potere di farla avvampare ma non si staccò: rimase lì, nel suo abbraccio, fissando quelle labbra a pochi centimetri da lei, così vicine alle sue che se solo avesse mosso un poco la testa avrebbe potuto…

   I rintocchi del maestoso campanile ridestarono la regina dal suo sonno, sbatté lentamente le palpebre, si stirò e si lasciò andare ad un sonoro sbadiglio. Dopo essersi lisciata appena la camicia da notte abbandonò il suo letto, un po’ più sfatto del solito a dir la verità, e con un sorriso si diresse verso la propria finestra.
Era sicura di aver fatto un bel sogno quella notte, davvero un peccato che non si ricordasse più cosa fosse ma questo non avrebbe intaccato il suo buonumore. Quando Elsa scostò le tende dalla vetrata, un bianco abbagliante le mostrò uno spettacolo di cumuli di neve e stalattiti di ghiaccio, l’Inverno era finalmente arrivato.
 
Ciao a tutti/e.
Grazie per aver letto questa one-shot. Prima volta in assoluto che mi cimento sul mondo di Frozen ed anche la mia prima Jelsa.
A onor del vero non ho mai visto "Le cinque Leggende", di Jack Frost so in realtà poco e niente (mi sono però informata per non scadere nell'OOC, spero di non averlo fatto) ma mi è risultato a dir poco impossibile non innamorarmi delle favolose fan art che si trovano in rete su loro due. Lo spirito dell'inverno e la regina dei ghiacci, fatti a posta per stare insieme.
Mi sono permessa di cambiare l'età di Jack, trasformandolo in un uomo adulto e ambientando il tutto molto tempo dopo la fine del film (indicativamente intorno ai trent'anni delle protagoniste) ed anche il suo vestiario (trasformando la felpa con cappuccio in un camicia) per renderlo più consono al mondo di Frozen.
La fic mi è stata ispirata dalla canzone di Lindsey Stirling "The Arena" e il ballo in cui si cimentano Elsa e Jack voleva essere un tango, spero si sia capito.
Peccato che alla fine si sia rivelato tutto un sogno... o forse no?

Grazie ancora per essere passati di qui, ricevere una vostra impressione mi farebbe davvero piacere.
Un saluto
Cida
  
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