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Autore: Sissy77    13/09/2016    0 recensioni
Questa è una storia.
Quando è iniziata?
Molto tempo fa.
Potrebbe essere una di quelle storie che iniziano con:C’era una volta…., ma non è una di quelle storie: è la mia storia.
Mi chiamo Eva: Eva Cudicini.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Nelle settimane a venire, Marco ebbe la sensazione di esser un topo di laboratorio.

I medici lo sottoposero ad infiniti esami, test e chi più ne ha più ne metta.

Avevano stabilito che il ragazzo aveva una perdita di memoria sugli ultimi anni della sua vita. Ricordava perfettamente avvenimenti di molti anni prima, ma gli ultimi 7 anni erano come scomparsi, volatilizzati nei meandri del suo cervello.

Fisicamente stava bene, non aveva riportato traumi quindi poteva tornare a casa.

Ecco il pensiero che lo tormentò nelle ultime notti passate in ospedale.

Quale era la sua casa?

Maya gli aveva raccontato di essere la sua ragazza, di essere la principessa del Lussemburgo e che erano alcuni mesi che convivevano nel suo paese.

Ovviamente la ragazza era stata molto attenta a non parlare di Eva, di Marta e di quello che erano state per Marco.

Gli aveva fatto vedere le loro foto, gli aveva fatto leggere le lettere che lui le aveva scritto, i messaggini che le  lasciava sparsi per casa.

Marco aveva ascoltato il tutto privo di emozioni, privo di ricordi.

Ora guardava il soffitto di quella stanza di ospedale e pensava che si sentiva più a casa in quella stanza che altrove.

Prese la foto che Eva gli aveva lasciato di Marta.

La ragazza era ripartita qualche giorno prima.

Doveva tornare da sua figlia, così gli aveva detto. Marco era stato sul punto di dirle: vengo anche io, ma non l’aveva fatto.

Come al suo solito aveva abbassato lo sguardo ed aveva risposto qualcosa di banale che manco ricordava.

Il giorno dopo la partenza di Eva, Marco aveva parlato con il padre.

Non che il loro rapporto fosse basato sulle confidenze, a parte cose eccezionali, ma in quella situazione era forse l’unico, a parte Walter con cui sapeva di poter parlare.

 

- Sai pa, mi è mancata oggi la visita di Eva alle prime luci del giorno. Anche se non mi ricordo nulla di lei, mi sembra di conoscerla da sempre. –

Detto questo tornò a guardare la foto di Marta.

Giulio osservava il figlio cercare di uscire da quel buio, i dottori si erano raccomandati di andare per gradi e di non forzare la memoria del ragazzo per non provocare danni maggiori.

- Beh sai Marco, tu ed Eva siete molto uniti. Avete un legame molto forte – disse il padre sedendosi accanto al figlio – Diciamo che vi siete capiti da subito.-

- Sua figlia assomiglia molto a mamma non trovi?- Marco non riusciva a smettere di guardare la foto di Marta

- Dov’è il padre? – chiese d’improvviso

Giulio si alzò e tornò a sistemare il borsone che Maya aveva portato da casa con gli effetti personali del figlio.

- Beh ecco, è una situazione particolare. – cercò di cavarsela Giulio

- Perché non vive con loro? Come ha fatto a lasciare sua figlia? Come ha fatto a lasciare una ragazza come Eva? – incalzò Marco

- Perché non l’amava più – disse Maya entrando in stanza

Giulio e Marco la guardarono.

- Beh ecco è un po’ più complicato di così.. – rispose Giulio serafico.

Marco notò il cambiamento di umore del padre, qualcosa diceva a Marco che tutto era molto strano.

- Lo difendi pa? – chiese Marco al padre – Eva e Marta devono aver sofferto molto, come fai a difendere la persona che ha fatto loro del male??-

Giulio guardò suo figlio dritto negli occhi.

- Anche lui ha sofferto e tanto. Sono sicuro che andarsene per lui non è stato facile, ma la vita alle volte ci obbliga a fare delle scelte. Lui vuole molto bene sia a Marta che ad Eva, ed anche se ora non è con loro, sono certo che per loro ci sarà sempre. – detto questo guardò Maya come a sfidarla a ribattere.

- Certo, sicuramente hai ragione Giulio, ma ciò non toglie che lui s’è né andato perché non amava più Eva. –

Detto ciò Maya si avvicinò al suo uomo e lo baciò.

Marco rimase impassibile , lui che scriveva e viveva di emozioni  non provò nulla.

 

Seduto nel giardino della reggia della sua fidanzata, Marco ricordava la conversazione avuta con il padre qualche giorno prima.

Perché suo padre giustificava l’ex di Eva?

Conosceva suo padre.

Si domandava perché non avesse ingaggiato Ezio e zio Cesare per andare a prendere a sberle quel damerino, sentiva che qualcosa gli sfuggiva, ma non ricordava cosa.

Il non ricordare nulla degli ultimi anni lo stava mettendo a dura prova, si sentiva stressato, demoralizzato e depresso.

Suo padre e Walter erano tornati a Roma, lui era rimasto lì, ma si sentiva fuori luogo in tutto.

Maya era gentile, era anche una bella ragazza, ma lui si sentiva arido dentro.

Una sera la ragazza gli si era avvicinata, aveva iniziato a sfiorarlo e a baciarlo. Da principio lui aveva pensato: beh, conviviamo!! ed era stato sul punto di provare a lasciarsi andare e vedere  cosa succedeva.

D’un tratto però il cuore si era fatto strada superando tutti gli ostacoli, ed il cervello che in quel momento risiedeva nei suoi “gioielli di famiglia” si era visto costretto a fare dietrofront.

Sapeva che Maya ci era rimasta male, ma davvero non era riuscito a mettere in secondo piano il suo essere foscoliano.

- Foscolo???- Marco si chiese da dove gli era venuto quel pensiero.

- Parli da solo? – chiese Maya alle sue spalle.

Si sedette vicino al suo uomo ed aspettò la risposta.

- Beh se parlare tra me e me è sinonimo di parlare da solo allora si – abbozzò un sorriso – Continuo a vedermi e a definirmi un foscoliano, mi chiedevo da dove ho preso questa definizione, tutto qui –

Maya sospirò.

Cercava di far ricordare al suo uomo momenti di loro, ma lui se ne usciva sempre con ricordi sfuocati che lo riconducevano ad Eva.

- Credo sia stata Eva a definirti così – disse ormai rassegnata – se non sbaglio mi raccontasti che lo fece durante gli anni del liceo descrivendoti ad un professoressa –

- Davvero??? –  rispose il ragazzo sorpreso, ma non troppo.

- Come se non lo sapessi – rise istericamente Maya

– Certo non te lo ricordi, ma sicuramente dentro lo sai – si alzò.

- Maya aspetta – la bloccò Marco – lo so che è difficile anche per te, mi ricordo chi ero, ma non so chi sono diventato. Giro per questo immenso palazzo ed il buio non diventa luce. Vedo gli sforzi che fai per aiutarmi, vedo la frustrazione nei tuoi occhi quando non ricordo pezzi di noi.  Credo di aver capito che se non ricordo chi sono, difficilmente ricorderò chi siamo. –

Aveva cercato di essere sincero, senza farle troppo male.

- Vuoi tornare a Roma vero? – disse lei abbracciandolo.

- Ho bisogno di tornarci capisci? Ho bisogno di tornare a casa mia per ritrovare la strada che mi ha portato a te-

- E se ti accorgi che quella strada non ti porta da me, ma altrove?- Chiese Maya guardandolo negli occhi.

- Perché dovrebbe portarmi altrove? Ci amiamo giusto? Stiamo insieme da mesi, dove mai potrebbe portarmi Roma? – chiese Marco perplesso

Maya non rispose e tornò ad abbracciarlo, ma avrebbe tanto voluto urlare: da lei.

 

Era atterrato.

Non aveva detto nulla ai suoi,  o meglio aveva detto loro che sarebbe arrivato in giornata, ma non quando.

Quando uscì dall’aeroporto, l’aria di Roma lo investì.

Rise pensando che lo smog della città gli era mancato.

Stava assaporando la sua città, quando si sentì letteralmente investito da un tornado.

Tutti lo stavano abbracciando.

Non avevano potuto fare a meno di telefonare a Maya costringendola a rivelare l’ora di arrivo del volo.

Lucia era stata la più determinata: doveva preparargli tutti i suoi piatti preferiti per vedere se almeno quelli se li ricordava.

Le donne erano rimaste a casa a preparare il pranzo, a prenderlo erano venuti tutti gli uomini.

Zio Cesare non faceva altro che piangere e baciarlo.

Ezio continuava a chiedergli se si ricordava di essere romanista e non laziale.

Mimmo e Rudi lo abbracciavano e chiedevano se si ricordava dello scopettone del bagno di casa Cesaroni.

Marco si guardò un po’ in giro, ma non la vide.

- Non c’è – disse Walter abbracciandolo – è inutile che la cerchi. Ti aspetta a casa con Marta –

Come faceva Walter a sapere che lui stava cercando Eva nel marasma di quelle braccia che lo abbracciavano?

- Io vi conosco – disse Walter all’amico di sempre – Tu non ti ricordi, ma io si –

Salirono in macchina e si avviarono alla Garbatella.

Quando scese dalla macchina e vide il vecchio cancello di casa una lacrima lo colse impreparato.

Giulio aveva preso il borsone dal bagagliaio.

-Vieni Marcolì, vieni a casa – disse il padre con voce roca

- Arrivo – qualcosa gli impediva di muoversi.

Era bloccato come quella volta in ospedale quando si era alzato per la prima volta dal letto.

Il cuore gli batteva forte.

Alzò lo sguardo verso la grande casa.

Là, alla finestra del corridoio due occhi lo stavano guardando.

Si sentì nuovamente messo a nudo da quello sguardo.

Alzò una mano ed abbozzò un cenno di saluto.

Eva gli sorrise ed appoggiò la mano al vetro.

Marco capì che non solo doveva capire chi era lui, chi erano lui e Maya.

Aveva la sensazione di dover scoprire anche chi erano lui ed Eva.

Riuscì finalmente a muoversi e si avviò verso casa.

- Andiamo a scoprire chi sono – disse chiudendo dietro di se il vecchio cancello.

  
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