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Autore: Val Nas    14/09/2016    0 recensioni
[Il lago dei cigni]
[Il lago dei cigni]In una tranquilla cittadina della Virginia, Beatrice Silverstone si prepara al diploma, tra una bravata e l'altra compiuta insieme al suo gruppo di amici. Dopo uno scherzo finito male, Bea non si dà pace, vorrebbe che il suo vicino di casa Ian, tornasse a far parte del gruppo.
L'arrivo a Blue Lake di Anne Roth, una strana ragazza dall'aspetto malaticcio, in realtà una strega, rompe i precari equilibri del gruppo. Dopo averla presa di mira con scherzi e veri atti di bullismo, Anne si vendicherà su di loro, scagliando, grazie all'aiuto del padre Roth, anch'egli stregone, una maledizione proprio su Bea. La ragazza si ritroverà intrappolata in un incubo: di giorno sarà un cigno e di notte una ragazza.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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IL MAGO

Il rapace notturno scivolava sulle armoniche curvature della notte.
Le sue ali, spiegate, catturavano le correnti ventose.
Saliva a baciare le nuvole, poi precipitava in picchiata tra gli alberi e infine nella bocca di una forra affilata sul cui fondo scorreva un fiume argenteo.
Il gufo virò, inclinandosi di lato, la sua figura nient’altro che una macchia scura dai contorni frastagliati contro la lucentezza del cielo stellato.
Un richiamo stridulo tagliò il silenzio della notte.
Un secondo gufo, ancora più grande del primo, prese la scia di quest’ultimo.
Dopo un breve volo, i due rapaci si gettarono in picchiata in un bosco secolare, che risaliva dalle sponde del lago fino a penetrare in una pianura paludosa e infestata dalle zanzare.
Il secondo gufo spiegò gli artigli micidiali, volando rasoterra.
Un movimento tra il fogliame, laggiù in un cespuglio di more selvatiche: la preda si era appena tradita.
Gli artigli dilaniarono la preda e quando il gufo la gettò al suolo per cibarsene, la piccola lepre aveva smesso di soffrire.
Dopo essersi spartiti la cena, i due rapaci si confrontarono.
Il primo era più piccolo, con piume marroni screziate di motivi dorati, il capo si muoveva di cento gradi in entrambe le direzioni con nervosismo.
L’altro era alto quasi un metro, aveva occhi d’oro che risplendevano al buio e fissava l’altro come se la prossima portata della cena fosse proprio il suo compagno.
E fu proprio il più grande, che iniziò a mutare forma.
Crebbe a dismisura, le sue ali si appiattirono sul dorso fino a scomparire e centinaia di piume nere si staccarono dalla carne, trasformandosi in un turbine che lo avvolse completamente.
Quando le piume smisero di vorticare e si trasformarono in cenere, ne emerse una forma umana.
Un uomo, avvolto da un mantello fumoso e svolazzante come una nuvola nera, avanzò a piedi nudi nel sottobosco. Aveva il capo tondo e liscio come il guscio di un uovo, gli occhi ferini e penetranti brillavano di una luce rossa dorata e la sua bocca era serrata in una frastagliata linea livida.
Il bosco, dapprima un’esplosione di suoni e vitalità, si zittì all’istante.
Gli alberi smisero di stormire, gli insetti di zampettare tra le radici degli alberi, gli uccelli si nascosero nei loro nidi, i colli ripiegati sotto le ali.
Il mago Roth si chinò con un braccio steso in avanti, invitando l’altro gufo a montargli sulla spalla.
Quello esitò, poi rovesciò la testolina all’indietro, lamentandosi.  
«Sssh, figlia mia».
La bocca non si aprì per liberare il suono prodotto dalle corde vocali, eppure aveva parlato, tutto il bosco l’aveva udito e aveva provato un atavico terrore, quello suscitato da un antico male appena risorto.
Dopo un momento di esitazione, il gufo salì sul braccio del mago e svolazzò fino alla spalla, dove si accucciò, intimorito.
«L’hai trovata?» gli domandò con voce gelida, densa come sangue caldo.
Prima che il gufo percepisse la minaccia, il mago lo afferrò per le zampe e strinse forte.
A niente servirono le beccate sul dorso della sua mano, perché la pelle di Roth era nebbia impalpabile e fredda, inafferrabile come il vento.
«Non ne sei sicura, dici?».
 Scagliò violentemente l’animale al suolo e al suo posto apparve una ragazza nuda e tramante.
«Perdonami padre, non ti deluderò più».
La creatura si prostrò ai piedi del genitore, chinando la testa.
Il mago non la degnò nemmeno di uno sguardo.
Posò la mano pallida sul suo capo, rivelando unghie artigliate come quelle dell’enorme gufo in cui poteva trasformarsi a suo piacimento.
Strinse tra le dita quella testa piccola come un melone e assentì.
«No, non lo farai».
Al suono minaccioso di quelle parole, la ragazzina tremò più forte, come una foglia scossa dai rigidi venti invernali.
Roth lasciò andare la presa e s’incamminò nel fitto della boscaglia, avanzando senza toccare terra, come una nuvola più nera della notte stessa.
«Andiamo a casa, domani sarà un grande giorno per noi».
Quando la minacciosa presenza del padre si fu allontanata, la ragazzina si issò faticosamente.
Non era ancora abbastanza forte da mutare forma a lungo, ancora non controllava la magia come suo padre.
Cercò di raddrizzarsi e alzò la testa.
Lame di luce lunare cadevano oblique nel bosco, varcando gli spazi tra le foglie.
Si trascinò dietro al padre, apparendo e scomparendo nelle pozze luminose.
Roth l’aveva sempre trattata come una nullità, utile soltanto a perseguire il suo scopo.
Un secolo dopo l’altro, nel loro infinito peregrinare per il mondo alla ricerca di loro, lui non l’aveva mai ringraziata, né trattata da pari.
Era sangue del suo sangue, eppure era come una serva ai suoi occhi, poco più di una schiava.
Mise i piedi uno davanti all’altro, sfregandosi le mani umide, annebbiata da un sentimento di rivalsa che alleviò la sua stanchezza.
Avrebbe dimostrato a suo padre che era una grande strega, persino più potente di Roth, il mago che si diceva fosse il più potente al mondo e anche il più crudele. 
  
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