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Autore: vanessapky    14/09/2016    0 recensioni
"Si prometteva una bella serata, una di quelle serate che ti svuotanto la mente e che ti riempono il cuore"
Questa storia l'ho scritta in seguito a un sogno, piuttosto strano, che ho fatto. Fatemi sapere cosa ne pensate, spero possa piacervi! P.s mi scuso in anticipo per eventuali errori
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si prometteva una bella serata, una di quelle serate che ti svuotano la mente e ti riempono il cuore. Ne erano successe tante negli ultimi tempi e il bisogno di staccare da tutto si faceva sentire più di qualsiasi altra cosa. Dovevo staccarla quella spina, che teneva inchiodata la mia intera esistenza al nulla, staccarla e cominciare a vivere. Le delusioni dell'ultimo periodo erano state grandi, ma cercavo di riempire le mancanze con quello che potevo, senza far capire agli altri quello che provavo. Ora nulla sembrava troppo grande, pauroso o importante. Ero in macchina con Giulia e Riccardo, la musica a palla e i finestrini della piccola fiat abbassati per evitare di morire dal caldo. Giravamo a vuoto, non avevamo una meta precisa: l'importante era stare insieme e divertirsi. Quello era, per quanto possa sembrare stupido e banale, il mio momento felice. Non riuscivo a immaginare nulla di più bello, tutti gli assilanti pensieri degli ultimi giorni mi scivolavano addosso mentre ascoltavo Giulia e Riccardi intonare tutte le canzoni di Gaga a squarciagola. Era incredibile come non ci servisse l'alcool per essere schifosamente felici. Ci trovavamo in autostrada da circa un'ora quando decidemmo di accostare a un autogrill. Riccardo parccheggió in uno dei tanti posti liberi. L'autogrill era deserto, ad eccezione che per qualche turista straniero probabilmente distrutto dal viaggioche cercava sisperatamemte un angolo di ristoro. Scesi dalla macchina, per primo. Senza pensare assolutamente a quello che stavo facendo. Stavo ridendo, ridendo fortissimo, non riuscivo a smettere. Ridavamo e non avrei voluto smettere mai. Evidentemente qualcuno lassù aveva deciso qualcosaltro per me. A un certo punto qualcosa accade, non so dire cosa esattamente. Sentii Giulia gridare forte contro di me, proprio quando senti il mio corpo sbattere violentemente contro l'asfalto umido. Un dolore lancinante partí dalla nuca fino ad arrivare i piedi, non riuscivo a muovermi, le mie gambe erano di pietra. In quel momento pensai: é finita. Tante volte mi ero ripetuto questa frase e tante volte avevo desiderato sparire completamente e per sempre. Ma ora mi rendevo conto di quanto tutto questo fosse terribilmente sbagliato. Che segno avevo lasciato e che senso aveva avuto la mia intera esistenza. Sentivo delle grida continue intorno a me e il suono continuo di qualcosa che batte per terra e si frantuma. Quel rumore mi ricordava troppo la volta che a casa di nonna, da piccino, ero caduto aprendomi la testa come un melone. Sentivo qualcuno chiamarmi, ma le lettere del mio nome non suonavano più allo stesso modo legate insieme. Le ripetevo, ma ogni volta che lo facevo queste perdevano significato, arrivando a sembrare qualcosa di assurdo, senza senso. Sentivo le palpebre bruciarmi, e le lacrime scendermi lungo le guance. Avrei voluto gridare, imprecare, ma ad ogni respiro il petto mi faceva più male e l'aria si faceva sempre più lontana quasi non volesse essere risperata da me. Vidi delle luci e pensai a quanto la morte facesse schifo e mi pentii di tutte le volte che avevo rinunciato a vivere e me l'ero chiamta addosso. Ricordo di aver visto Isabel, mi sorrideva, eravamo abbracciati, non era successo nulla. Poi non vidi più nulla
   
 
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