Furono dei
passi sopra
di lui a svegliarlo.
Sul comodino
accanto al
letto brillava ancora una piccola fiammella semisommersa da quello che
restava
della candela.
Federico si
mise a
sedere con cautela. Aveva ancora
dolori
sparsi qua e là, ma tutto sommato si sentiva bene.
Forse era la
fatica per tutto quello che aveva passato negli ultimi tempi a
fare si che, ogni
volta che si addormentava, il suo sonno fosse
estremamente pesante e profondo.
Non ricordava
nemmeno
quando era stata l’ultima volta che aveva sognato ma forse,
in fondo, questo
era un bene…
Si
alzò e si avvicinò
alla piccola finestrella all’angolo tra il muro e il
soffitto: fuori era buio,
ma non doveva mancare molto all’alba. Un minuscolo frammento
di cielo stellato
faceva capolino tra i palazzi.
Mentre cercava
di
scrutare un po’ meglio fuori, il cigolio della porta lo fece
voltare.
- Ah sei
già in piedi,
buongiorno…-
Cristina era
sulla
porta della cantina.
Era
già vestita:
indossava un corpetto verde chiaro ed una lunga gonna azzurra stretta
in vita
da una fascia di seta verde scuro annodata da un lato. La camicia
bianca fuoriusciva in
sbuffi dalle maniche dello stesso colore della
fascia e, a completare
il tutto, al collo aveva un girogola azzurro
che lasciava intravedere una catenina d’oro cui era appesa
una piccola perla
rosa.
La ragazza
entrò nella
cantina e lasciò sulla sedia un grande involto -
…non ricordavo fossi così mattiniero…-
- Non lo sono:
a
quest’ora normalmente vado a dormire…- rispose lui
alzando le spalle.
- Immaginavo.
Piuttosto, come va il braccio…-
- Oh meglio.
Molto
meglio: non mi fa quasi più male...-
Sotto la
camicia la
ferita doveva essersi rimarginata completamente, perché
mentre la massaggiava
non gli diede alcuna fitta.
- Benissimo -
Cristina
mise le mani sui fianchi soddisfatta - Dunque: catino, acqua e sapone
sono
sulla cassapanca mentre i tuoi vestiti sono in quel pacco sulla sedia.
Ho
cercato qualcosa che non desse nell’occhio, spero di averci
azzeccato coi tuoi
gusti…-
-
Ehm…non credo di
essere nella condizione di poter fare lo schizzinoso sul mio
abbigliamento
Cristina…- scherzò
lui.
Lei rise. Questo
era il Federico che conosceva: vedere che c’era ancora
nonostante tutto, le
scaldava il cuore.
- Ti aspettiamo
di
sopra…dobbiamo essere sul carro
all’alba…- disse mentre iniziava a salire le
scale.
Non ci mise
molto a
prepararsi.
Salì
le scale e si
ritrovò nel grande corridoio d’ingresso avvolto
nella penombra.
Aveva
intravisto l’interno della casa solo un paio di volte,
tuttavia faticò a far
coincidere i suoi ricordi con ciò che lo
circondava.
Nella luce
azzurra che
iniziava ad entrare dalle finestre, si rese conto di quanto fosse
vuota:
restavano solo pochissimi mobili coperti da teli, mentre le pareti, un
tempo
tappezzate di arazzi e tele, ora erano completamente spoglie.
Tutto
trasmetteva un
senso di velata malinconia.
A ricordare lo
splendore restava solo il raffinato intaglio sulla balaustra della
scalone e
una specchiera, sulla quale era appoggiata una piccola lampada ad olio.
Il ragazzo si
fermò un
momento a guardare il suo riflesso. Non erano certo gli abiti da nobile
cui era
abituato, ma gli stavano bene. Il grigio scuro del farsetto faceva
risaltare i
dettagli rossi e la camicia bianca. Ebbe un sussulto quando si accorse
di
quanto evidenti fossero ancora i segni intorno al suo collo. Distolse
lo
sguardo e cercò di chiudere il più possibile il
colletto, mentre si dirigeva
verso una delle stanze, dalla quale proveniva
una voce sommessa.
Aveva la
terribile
sensazione che quello visto nello specchio fosse un
fantasma…
La cucina si
trovava
alla fine di un piccolo corridoio con numerose finestre dalle ante
chiuse,
collegata a quella che doveva essere la sala da pranzo. Non c'era una
vera e
propria porta, ma un grande arco di mattoni a vista oltre il quale si
vedeva
l'interno della stanza.
Mentre si
avvicinava,
Federico potè osservare
meglio la governante che, intenta ad armeggiare sul fuoco
e a canticchiare, non lo aveva ancora sentito.
L’autoritaria
Matilde Andriani era
l'ombra di Cristina e la accompagnava quasi sempre in giro per la
città, al punto che
lui,
nei primi tempi, la aveva soprannominata “Il Cane da
guardia”.
Forse per
questo non le
aveva mai realmente prestato attenzione.
Guardandola
meglio ora
si accorgeva che era meno anziana di quanto immaginasse: anzi,
probabilmente
doveva essere anche più piccola di sua madre.
I capelli che
sfuggivano dalla cuffietta candida erano grigi, ma molte ciocche
mantenevano
ancora una tonalità color legno ben visibile nella luce
calda del focolare che
creava strani giochi di luce sugli zigomi alti e sul volto squadrato.
Per
qualche motivo oscuro, Matilde era invecchiata troppo in fretta, tanto
che
forse il suo viso non se ne era ancora reso conto, e lasciava
intravedere
ancora qua e là, sprazzi di giovinezza.
Stando a
ciò che Ezio
gli aveva raccontato, il suo ruolo era ben diverso da quello di
semplice
guardiana: la donna era arrivata a Firenze insieme alla moglie di
Antonio e
serviva in Casa Vespucci da ormai più di
vent’anni. Aveva praticamente
cresciuto Cristina in seguito alla morte della madre e, per questo, la
ragazza
le era molto legata, vedendo in lei quella figura che era venuta a
mancarle
così all’improvviso…
-
Buongiorno… - disse
timidamente mentre attraversava il grande arco.
La donna si
voltò verso
di lui e sorrise - Oh buongiorno Federico, come ti senti oggi?-
-
Benissimo…credo non
mi faccia più male nulla…-
- molto bene,
ma io
starei comunque attento fossi in te: hai un paio di costole
incrinate…-
Federico stava
per
rispondere ma fu interrotto
dall'arrivo di Cristina, annunciato dal
sonoro rumore di passi nel corridoio.
-Matilde hai
visto per
caso il pacchetto che ho portato ieri dal
mercato?-
- no bambina
mia, non
lo ho visto –
La ragazza lo
superò,
poi si voltò verso e lo squadrò – mi
credi se ti dico che vestito così sembri
davvero un corriere bolognese? –
-è
quello che spero…-
-Sta
tranquillo: tu non attirare
l’attenzione e non guardare
negli occhi nessuno. –
Cristina era
tranquilla. Troppo per quella situazione. E
questo non faceva che agitarlo.
Sapeva che
finché non
fossero usciti dalla città non sarebbero stati al sicuro.
Fecero
colazione
velocemente e poi lui la seguì nel grande ingresso dove
erano riposti i
bagagli, mentre Matilde finiva di mettere in ordine e di preparare le
ultime
cose.
La ragazza si chinò
su uno dei bauli per cercare
qualcosa.
- Ecco dov’era!-
esclamò soddisfatta.
Prima che
Federico potesse accorgersene gli mise in
testa un elegante basco di velluto rosso, orlato di
una tinta più scura.
-ti sta bene!-
Il ragazzo si
guardò
nella specchiera perplesso. Non era abituato a
portare cappelli, ma tutto sommato non
gli dispiaceva il suo riflesso: il
basco si armonizzava perfettamente con il resto dell’abbigliamento,
tuttavia gli dava un aspetto diverso rispetto al suo solito. Non
avrebbe detto che non si sarebbe riconosciuto ma
probabilmente, chi lo avesse visto
di sfuggita , magari per strada, difficilmente avrebbe pensato subito
si trattasse peroprio di
lui…
-…grazie
ma… non
capisco quale sia la
sua utilità…-
Cristina sbuffó e gli aggiustó il
cappello per coprirgli il viso
- Renderti meno
riconoscibile…spero…-
- Lo sai che
non sarà
minimamente sufficiente vero?-
Lei
ncrociò le
braccia seccata
- Tra te e
Matilde non
saprei chi è più negativo!-
- Non sono
negativo:
sono realista Cristina…-
- Oh ti prego!
E poi
scusa, non eri tu quello che tutti dicevano essere tremendamente
fortunato?
- Certo:
specialmente
negli ultimi tempi guarda…-
Gli sembrava
che la
ragazza non volesse vedere l’estremo pericolo in cui si
trovavano: il suo
ottimismo e la sua fiducia iniziavano a dargli seriamente sui nervi.
Anche
perché non capiva da dove scaturissero.
Forse Cristina
non si
era ancora resa conto che nemmeno il suo titolo e i soldi di suo padre
avrebbero potuto salvarla dalle guardie se gli avessero
scoperti…
Un rumore di
zoccoli
sul selciato davanti al portone attirò
l’attenzione di entrambi.
-Questo deve
essere
Guglielmo-
Matilde era
sbucata
dalla sala da pranzo e si accingeva ad aprire il portone di ingresso.
Fuori tutto era
già
illuminato da un chiarore grigiastro.
Sul selciato si fermò un carro da viaggio trainato da un cavallo pezzato.
Con felina
agilità il
guidatore saltò giù ed andò a salutare
calorosamente la donna.
Era un ragazzo
sulla
ventina, non troppo alto e abbastanza robusto. Sotto il pesante
mantello
vestiva di verde e portava un cappello marrone a falda sui ricci scuri
che gli
incorniciavano il volto illuminato da due vispi occhi castani.
- Si chiama
Guglielmo Soldieri, è
il figlioccio di Matilde…- Cristina si era appoggiata allo
stipite
del portone - …ci accompagnerà a Bologna
-
Federico
continuò a
guardare fuori con aria poco convinta: non gli sembrava di averlo mai
visto e
il fatto che lei lo conoscesse non bastava a tranquillizzarlo.
- Non
farà questioni
per un passeggero in più se è per farle un
piacere, e poi è completamente
ignaro di qualsiasi cosa sia successa a Firenze negli ultimi cinque
anni
almeno…-
Il ragazzo scosse
la testa e fece un profondo respiro: l’unica cosa che poteva
fare era fidarsi.
La
guardò e lei sorrise
alzando le spalle, per poi uscire e dirigersi verso il carro, mentre
lui
restava sulla soglia.
- Cristina!
L’ultima
volta che t’ho vista eri una bambina!-
Il nuovo
arrivato la
abbracciò per poi prenderle le mani.
-Andiamo
Guglielmo,
sono cambiata tanto?-
-…soltanto
in meglio-
Cristina rise e
gli
diede una pacca sul braccio
-Tu invece sei
identico
a come ti ricordavo: forse solo più ruffiano…-
Stavolta rise
anche lui
- Matilde mi ha detto che non siamo più solo in tre a
partire…-
- No infatti:
Guglielmo, lui è Federico -
Federico fece
qualche
passo e si avvicinò a loro stringendo la mano che Guglielmo
gli aveva teso
fiero.
-Guglielmo Soldieri, lieto di fare
vostra conoscenza Federico…?-
-Au…-
-Andriani! E’
mio nipote…-
Sia Federico
che Cristina
guardarono straniti Matilde che aveva risposto prontamente.
La donna li
guardava
come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Davvero?
Perché non
me lo hai detto subito?- la voce allegra di Guglielmo fece trasalire
entrambi.
-
Perché tu non me lo
hai chiesto caro…- la governante parlava con disarmante
naturalezza, mentre i
due ragazzi si rendevano conto di quanto provvidenziale fosse stato il
suo
intervento: va bene che Guglielmo non aveva idea di chi lui fosse e di cosa fosse
successo a Firenze, ma usare il cognome di una famiglia ricercata e
condannata non era proprio il massimo della furbizia…
- Benissimo
allora:
scusa se adesso non mi dilungo troppo con le presentazioni, ma avremo
tre
giorni di viaggio per fare conoscenza e io voglio essere in strada
prima che
sorga il sole…mi dai una mano a caricare i
bagagli?-
Federico
annuì seguì il
ragazzo nell’ingresso, mentre le due donne iniziavano a
sistemarsi sul carro.
- Ci siamo
tutti? Su
Guiscardo, si parte!-
Guglielmo fece
schioccare le redini e il cavallo iniziò ad avanzare
tirandosi dietro il carro.
Firenze era
ancora
addormentata nella ormai chiara luce grigiastra dell’alba che
illuminava
perfettamente la via.
Federico,
seduto con la
testa appoggiata ad uno dei finestrini, guardava fuori.
Le case, le
vie, le
botteghe, le piazze che fino a poche settimane prima erano state il suo
mondo
adesso scorrevano veloci davanti ai suoi occhi, immerse in quella luce
evanescente che dava loro un aspetto surreale, quasi onirico.
Stava scappando
e non
sarebbe più tornato. In fondo lo sapeva.
Sapeva che
quella
visione sarebbe stata l’ultima che avrebbe avuto di quei
posti: avrebbe
ricordato la sua città come il ricordo di un sogno.
Raggiunsero la
porta
Nord e Guglielmo diede alla guardia i documenti per il controllo.
Stavano per
ripartire
quando un’altra guardia gli intimò di fermarsi.
Veniva da un drappello
appostato poco distante ma non erano semplici guardie cittadine: due di
loro
erano giganteschi colossi dell’armatura dorata, mentre gli
altri due, più
esili, portavano degli elmi con un pennacchio. Tra di loro Federico
riconobbe
il terzo uomo che la sera dell’arresto gli aveva
tirato il pugno nello
stomaco.
L’aria
gli mancò e
cercò di nascondere il più possibile il viso
sotto il basco, mentre il cuore
iniziò a martellargli in petto, minacciando di schizzare
fuori da un momento
all’altro.
La guardia
analizzò il
foglio poi diede un’occhiata torva al carro e ai suoi
passeggeri.
- Posso sapere
perché
qui vedo quattro persone mentre qui ci sono scritti solo tre nomi?-
Chiese infine
serio.
Cristina
sbiancò e si
voltò verso Federico terrorizzata.
- Oh
bè messere…in
realtà è una storia lunga…- Matilde si
era affacciata al finestrino e si era
rivolta alla guardia con un candido sorriso - …vede, la
sorella della zia della
madre di mio nipote, con cui lui viveva, è morta due
settimane fa. Ha preso la
febbre pover’anima, che Dio l’abbia in
gloria…e quindi lui povera stella è
rimasto completamente solo, e abbiamo deciso di portarlo con noi. Sa,
con
quello che sta succedendo a Firenze oggigiorno! E’ stata una
cosa improvvisa,
ci dispiace aver dimenticato di farlo aggiungere…-
Seguì
un silenzio di
tomba: Matilde aveva detto tutte quelle parole ad una
velocità pazzesca tanto
che anche la guardia era rimasta intontita.
L’uomo
elaborò le
informazioni senza staccare gli occhi dal foglio, probabilmente
ponderando cosa
fare, poi rivolse a Federico
un’occhiata interrogativa cui lui
annuì vigorosamente senza alzare gli occhi.
Accanto a lui
Cristina,
tratteneva il fiato e aveva le unghie conficcate nel sedile di
legno.
La guardia
infine annuì
e riconsegnò i documenti a Guglielmo - Non si preoccupi,
potete andare…ma state
attenti: ci sono un mucchio di tipi poco raccomandabili in giro. Per
questo
abbiamo dovuto intensificare i controlli madonna…-
-Oh ma
certo…arrivederci!-
Fu solo quando
il carro
si mosse di nuovo per attraversare la porta che i due ragazzi seduti
nel retro
tornarono a respirare.
Matilde gli guardò entrambi: Federico era bianco al pari del colletto della camicia, mentre Cristina aveva le guance totalmente rosse nel volto cinereo.
in
realtà, se avesse potuto guardarsi allo specchio, si sarebbe
accorta di
essere avvampata anche lei.
Se non fosse
stato per
il suo sangue freddo probabilmente a quell’ora sarebbero
stati già in carcere o
peggio.
Chiuse gli
occhi e si
appoggiò pesantemente alla spalliera.
-Non dite una
parola…o
non sarò responsabile delle mie azioni…- disse a
bassa voce.
Cristina
espirò
profondamente chiudendo gli occhi e portando entrambe le mani a coppa
davanti
al viso mentre Federico accanto a lei si accasciava sul sedile.
-
Grazie…- dissero
piano quasi all’unisono.
Matilde rispose
con un
silenzioso sorriso.
Cristina appoggiò la testa al finestrino e guardò indietro la città si allontanava pian piano.
Federico seduto
accanto a lei faceva lo stesso.
Sapevano che
quello era
un addio.
Non alla
città, ma alla
vita che ci lasciavano.
Una vita che
era
cambiata, contro il loro volere tanto, troppo in fretta.
Cristina rimase
a
guardare ancora, mentre lui abbassò lo sguardo.
Aveva perso
tutto: le
sue certezze, la sua famiglia la sua intera vita erano state spazzate
via dal
gioco del destino, e adesso, l’unica ragione per cui andava
avanti era
ritrovarli.
Sua madre, Ezio
e Claudia
erano da qualche parte e prima o poi sarebbe tornato da loro.
Lanciò
un’ultima
occhiata alla città che già iniziava a sparire
dietro la collina.
Non avrebbe mai
perdonato la sua città per aver permesso tutto quello che
era successo.
Firenze aveva tradito lui, non il contrario.
L’AngoloDiBibi
Be dai, sto migliorando: siamo
passati da 3 mesi a 20 giorni tra un aggiornamento e l'altro:
è un inizio no? Scherzi a parte, la tesi mi sta
letteralmente assorbendo e non ho (ne avrò, almeno fino a
fine ottobre) tempo nemmeno per respirare :(.
Dunque: salutiamo Firenze e galoppiamo allegramente verso Bologna (anzi, per ora verso gli Appennini, dato che non siamo Ezio che si sposta in un click da una parte all'altra dell'Italia è.é).
Descrivere la malinconia di Casa Vespucci vuota ha fatto salire il magone anche a me: tra depressione e ansia questo capitolo mi sembra un corridoio universitario prima di un esame.
In realtà anche la sconfinata positività di Cristina è solo il modo che lei ha per nascondere la sua paura: farsi prendere dal panico o dallo sconforto non serve a nulla e negatività attira cose negative u.u. Quanto al buon Federico, insieme alla sua città lascia anche suo cognome ufficiale, ma non la sua sete di risposte: diciamo che ciò che lo spinge ad iniziare la sua storia adesso, è ritrovare la sua famiglia, come Cristina parallelamente, parte per ritrovare l'uomo che ama.
Per quanto riguarda il nuovo arrivo, Guglielmo è praticamente modellato, almeno nell'aspetto, sul mitico Guglielmo Scilla (aka WillWoosh, lo youtuber/attore/showman): l'ho sempre immaginato con la sua faccia e la sua parlantina; per ora accompagnerà i ragazzi, ma resterà con loro anche in futuro :D.
Piccola curiosità sulla tremenda fortuna di cui parla Cristina: nelle mie storie, Federico ha sempre (o quasi) la sua buona stella che gli fa andare bene le cose. E' il tipo di persona che troverebbe un assegno in bianco per terra o vincerebbe una partita a poker con una scala reale di cuori contro una di picche per intenderci. Una sorta di Gastone Paperone cinquecentesco, anche se non a livelli inverosimili sia chiaro.
Detto ciò, passo ai Ringraziamenti: un grazie grande quanto una casa (e anche più) va a _Anaiviv per aver messo la storia nelle seguite e per le recensioni ^-^ grazie grazie grazie :*
e grazie anche a tutti gli altri lettori silenziosi che passano comunque a dare un'occhiata ;)
Spero di aggiornare entro fine mese (questo capitolo era già fatto, per questo l'ho postato :C ) ma non posso promettere nulla T.T
Volo via su una scopa come le
streghe che sto studiando: fatemi gli auguri XD.
Bibi