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Autore: _hell_inside_    15/09/2016    1 recensioni
"Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo. "
L'oppressione romana in Britannia, bardi, sacerdotesse, druidi, guerrieri e clan. Una storia d'amore e una guerra che sembra impossibile vincere
(Cambiamento di titolo: prima era "Resistono i frammenti")
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Omnia Fert Aetas

A Ivan, a Marco e a Stefano

 

 

ELENCO DEI PERSONAGGI:

 

Clan

-Aengus ap Tighearnach, capoclan

-Dearbhla, veggente e guaritrice, donna di Aengus

-Idwal ap Urien, boscaiolo e guerriero, marito di Arlinna e padre di Sunbeam

-Sunbeam ap Idwal, figlia di Idwal e Arlinna (“Raggio di sole”)

-Gwyn ap neb, boscaiolo e guerriero, figlio bastardo

-Myrddin ap Gyllad, maestro di spada e guerriero, padre di Dubhan e compagno di Nimue

-Owain ap Llewellyn, fabbro, padre di Gawain, Eira, Glyn e Samia e marito di Arwyn

-Aodh, vecchio bardo

-Gawain ap Owain, guerriero, morto 6 anni prima

-Eira ap Owain, promessa sposa di Gwyn, morta 6 anni prima (“Neve”)

-Glyn ap Owain, figlio del fabbro

-Samia ap Owain, figlia del fabbro

-Arwyn, veggente e guaritrice, moglie di Owain e madre di Gawain, Eira, Glyn e Samia

-Arlinna, tessitrice, moglie di Idwal e madre di Sunbeam, figlia di Nora

-Dubhan, figlio di Myrddin

-Nora, Dilys, Carys e Muirne, donne del clan

-Lexyy, guerriera figlia di Nora

-Dìon, madre di Gwyn, veggente e balia di Idwal (“Protetta”)

-Hywel, guerriero del clan

 

Altri

-Gwen, guaritrice e guerriera, figlia di Nimue e Urien il Bardo

-Nimue, sacerdotessa e guerriera, madre di Gwen e Dubhan, compagna di Myrddin

-Urien, bardo, padre di Gwen

-Mynyddmab, guerriero, padre di Gwyn (“Figlio della montagna”)

-Heilyn, bardo amico di Gwen, cieco

-Ramsey, bardo, promesso sposo a Gwen, traditore del clan

-Bonnie ap Dingus, guerriera e capoclan

-Caoillin ap Aine, donna del clan, sorella di Taliesin e moglie di Hywel

-Maeve ap Odhran, fanciulla del clan di Taliesin

Taliesin ap Aine, capoclan decaduto

 

-Serenwib, figlia di Idwal e Gwen (“Stella cadente”)

-Dewr, figlio di Gwyn e Gwen (“Coraggioso”)

-Diniwed, figlio di Gwen e Glyn (“Innocente”)

-Banrìon, figlia di Samia e Gwyn (“Regina”)

-Breuddwydiwr, figlia di Gwen e Gwyn (“Sognatrice”)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO PRIMO

 

Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo.

Il sangue colava macchiando le vesti bianche dei bardi, giunti per cercare di aiutare dal santuario, ma le loro mani erano mani adatte a suonare l’arpa, non seppero difendersi dall’odio romano.

Le madri cercavano di proteggere i figli più piccoli e i padri facevano da scudo alle figlie, vennero massacrati tutti. Non avevano pietà, non la conoscevano i loro dei. E, da una figlia dei Celti, nascosta tra il fieno, ferita a un braccio e al fianco da una lancia, si levò una maledizione: i nostri figli vi sconfiggeranno.

 

 

-Secondo me viene a piovere. Gli uccelli che volano basso sono presagio di brutto tempo- Gwyn guardò il cielo con fare dubbioso, perdendo di vista l’amico che nel frattempo si era addentrato nel bosco a far legna –Idwal, dove ti sei cacciato? Figlio di un troll, dove sei?-

-Stai zitto per una buona volta, femminuccia! C’è qualcosa in quella trappola per i cinghiali, qualcosa che si lamenta. Aiutami a tirarlo fuori, qualunque cosa sia- disse l’altro, trecce nere e corporatura massiccia, sbucando alle spalle dell’altro

-Magari è un romano. Chi sa se sono buoni da mangiare…- Gwyn si leccò le labbra, mentre i suoi occhi verdi lanciavano un lampo di puro odio. Lui li aveva combattuti, i romani. E era stato sconfitto. La sua sete di vendetta e sangue, però, lo aveva portato a conclusioni affrettate.

-Cosa diavolo c’è lì sotto?- chiese mentre il moro si sporgeva oltre il bordo della buca, profonda almeno due uomini e contornata di paletti acuminati, che avrebbero dovuto ferire a morte qualsiasi cosa ci fosse caduta dentro.

-Sembra… una donna-

-I romani non hanno donne-

-Si che ce le hanno le donne, femminuccia, solo che non ce le fanno vedere-

-Quindi è dei nostri?-

-Aiutami ad andarla a prendere. Anzi, calati tu che sei più magro-

-Tu dovresti levarti l’abitudine di finirti tutto il cinghiale. Stai ingrassando, amico mio e i lavori sporchi toccano sempre a me- l’insultò Gwyn iniziando a scendere nella buca, aggrappandosi con maestria ai paletti, come se non avesse fatto altro nella vita, nonostante fosse solo un boscaiolo. Anche lui aveva i capelli neri, ma al contrario dell’amico, la sua era una corporatura snella, robusta e alta. Non era mai stato un guerriero, ma con il bastone risultava comunque formidabile e pericoloso. Gwyn aveva da poco passato le ventinove primavere, e per ventinove primavere, aveva rifiutato donne. Certo, c’erano state donne nella sua vita, ma nessuna che gli avesse scaldato il cuore, oltre al letto.

Gwyn arrivò sul fondo della buca e il cuore gli mancò un battito. Lì sotto, c’era una fanciulla. Era caduta in una posizione innaturale e, se lei non avesse emesso un lieve sospiro, Gwyn l’avrebbe data per morta. Aveva il vestito stracciato su un fianco, macchiato di sangue secco. Probabilmente aveva corso, o la veste le si era squarciata cadendo e aprendole delle ferite sulle gambe e sulle braccia. La osservò con più attenzione: aveva i capelli ricci, castani e sembrava avesse le forme tutte al proprio posto…

-È viva?- chiese Idwal, bloccando il flusso di pensieri dell’amico.

-Credo di sì. Ma ha bisogno di cure-

-Portala su. La portiamo al villaggio, lì sapranno cosa fare-

Se la caricò in spalla, incurante del lamento della fanciulla: probabilmente aveva toccato una ferita aperta, e iniziò la salita, resa difficoltosa dal peso che portava addosso. Qualcosa gli colpì il collo, bloccandolo improvvisamente per guardarsi intorno, non trovando nulla di strano. Toccò la parte colpita e le sue dita si strinsero attorno a una piccola pietra più o meno stondata. Tirò per spostarla ed essa fece una leggera forza per poi staccarsi di netto e solo in quel momento Gwyn comprese che si trattava di una collana, ma senza perdere tempo a osservarla meglio, la infilò nella scarsella e proseguì la salita, fino ad arrivare, finalmente, ad appoggiare la ragazza a terra, sopra alla buca. Questa si lamentò ancora, probabilmente di qualche ferita.

-Che può essere successo Idwal?- chiese Gwyn tirandosi su dalla trappola a forza di braccia.

-I romani. Lei è dei nostri, forse anche di famiglia abbastanza ricca, guarda i ricami della veste. È giovanissima…-

-Portiamola da Aodh, lui saprà cosa fare- decise Gwyn prendendola con delicatezza in braccio. Sembrava leggera e, per un istante, si perse a osservare il suo viso. Aveva la bocca piccola e stretta in una smorfia di dolore, che mostrava il suo stato di semi coscienza, e il naso leggermente all’insù, mentre i lineamenti erano pieni di una dolcezza che nemmeno le fate avrebbero potuto eguagliare.

 

Arrivarono al villaggio che stava facendo sera e tutti tornavano alle loro capanne e alle loro donne, e il profumo delle zuppe al farro riempiva l’aria. Per una volta, anche Gwyn sentì la mancanza di una capanna accogliente e una cena calda, così come sarebbe stato poi il letto, preparata dalla sua donna. Ma non aveva nulla di tutto questo, anzi, viveva solo grazie alla generosità dell’amico e della moglie, che non gli negavano mai cibo e un posto per dormire, così, si limitò a stringere il corpo della fanciulla un po’ più forte, quasi a voler imprimere quel momento nella sua memoria. E non sapeva che poi l’avrebbe sognata ogni notte.

La capanna di Aodh era la più isolata, all’estremità del villaggio, e in pochi osavano avventurarcisi se non per questioni di estrema importanza. Aodh era un bardo, non ancora vecchio, senza radici e senza clan. Aveva completato l’addestramento di druido, ma la notte prima di prendere il bordone, era scappato e nei villaggi si era sempre presentato come un bardo, nonostante conoscesse approfonditamente la divinazione e la guarigione. Era arrivato tra la gente del villaggio tanti anni prima, in pieno inverno, e da allora sembrava avesse apprezzato l’ospitalità del clan.

-Gwyn, il bastardo, e Idwal figlio di Urien. A cosa devo la vostra visita?- li salutò Aodh alzando gli occhi dal fuoco, posizionato fuori dalla capanna.

-Abbiamo trovato lei. Era caduta in una trappola per cinghiali- a parlare era stato Idwal

-Oh, no, non è stato solo questo a portarla da voi. Ieri notte ho sentito dei fili che si spezzavano, i romani sono vicini e ieri un bardo e la sua famiglia sono stati massacrati. Pensavo fossero morti tutti, ma lei no. Se la Madre mi darà il potere, cercherò di tenerla in vita. Vieni, portala dentro- disse il bardo scostando di lato la pelle di mucca che copriva l’entrata. Gwyn mosse un passo ma venne fermato.

-No, non tu bastardo. Lasciala portare dentro a Idwal. Le causerai già abbastanza danni-

-Che vuol dire?- chiese Gwyn, dopo aver visto l’amico essere inghiottito dall’oscurità della capanna –Vuol dire che vivrà?-

-Si, sarebbe già morta se la dea non la avesse voluta viva. Dovresti stare attento a lei, potrebbe cambiarti- detto questo, Aodh entrò in casa, cacciando brutalmente fuori Idwal, che si incamminò verso il villaggio con accanto un pensoso Gwyn.

 

-Gwyn? Stai male?- le parole di Arlinna lo riportarono alla realtà, scuotendolo dai suoi pensieri –Sei silenzioso- aggiunse quasi a voler dare una spiegazione a quel richiamo

-Si, sto benissimo. Pensavo e basta- le sorrise. Ogni giorno diventava sempre più bella: portava i capelli color noce intrecciati con dei fiori di camomilla e gli occhi di ghiaccio erano puri quanto una pozza d’acqua. Era dolce e delicata, e la gravidanza le aveva dato un tocco di maturità in più che il viso non faceva trasparire.

-La fanciulla?- chiese con semplicità Idwal, sollevando lo sguardo dalla zuppa. Arlinna lo fissò con uno sguardo omicida, stringendo le dita attorno al coltello che portava alla cintura. Era quello che al villaggio veniva chiamato: dimostrazione d’affetto.

-Esattamente. Non lo so, mi ha colpito parecchio…-

-Non sai nemmeno se sopravviverà, come si chiama, da dove viene. E poi non credi sia un po’ troppo giovane per te?- lo incalzò l’amico

-Vivrà. Stai tranquillo. E poi la sposo- decise sicuro Gwyn, facendo ridere di cuore Idwal

-Avrà la metà dei tuoi inverni!-

-E quindi?-

-Magari non gli piacciono i vecchi-

-Stupido, cosa ne sai? Non la conosci nemmeno tu, questa fanciulla- intervenne pacata Arlinna, andandosi a sedere sulle ginocchia del gigantesco marito.

-Tua moglie ha parecchio più giudizio di te. Hai trovato una donna spettacolare, amico. Tienitela stretta- nemmeno Gwyn seppe da dove gli erano uscite quelle parole, ma seppe che doveva dirgliele. Per risposta, Arlinna si strinse ancora di più a Idwal, che appoggiò con delicatezza, quasi avesse paura di farle male, una mano al ventre gonfio della compagna.

-Si, amico. Lei è una donna stupenda e per questo non riesco a staccarle gli occhi di dosso- rise il gigante, mentre l’altro usciva da quella casa in cui si respirava amore. Stringendo in mano la pietra che la fanciulla della trappola dei cinghiali portava al collo e stringendo nella memoria il suo volto.

   
 
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