Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Minga Donquixote    15/09/2016    3 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5. Cambio di strategia

La mattinata procedeva nella consueta tranquillità. Gli uccelli cinguettavano felici, il vento soffiava leggero, le onde si infrangevano dolcemente contro gli scogli, Cutler sbatteva porte a destra e a manca, Mercer che tentava di tenergli dietro e Eris se ne stava serenamente seduta in sala da pranzo, sorseggiando il suo buonissimo tè alla vaniglia.
“Tre…due…uno…”
«Tu!»
La giovane sospirò guardando con la coda dell’occhio l’ometto vestito di tutto punto entrare nella stanza come un ciclone e avvicinandosi minaccioso verso di lei, i pugni stretti lungo i fianchi, come se si stesse trattenendo dal prenderla a schiaffi. Sul capo il solito cappello tricorno.
«Buongiorno»
«Buongiorno, un accidenti!» tuonò l’altro tremando di rabbia.
Eris nascose i risolini dietro la tazza di tè sperando che Cutler non avesse un brutto scatto.
«Come mai così arrabbiato, shorty? Sono soltanto le nove e venti» finse innocenza, sbattendo le palpebre.
«Arrabbiato?» sibilò freddamente riducendo gli occhi a due fessure minacciose «Non è nemmeno lontanamente vicino a quel che sono adesso!»
La Gallese si lasciò cadere contro lo schienale della sedia e lo guardò annoiata, come se ormai le sue sfuriate e i loro battibecchi fossero una routine.
«Se non vi spiegate non posso capirvi, mio signore» lo stuzzicò.
«Non. Fate. La. Furba. Con. Me!» la ammonì.
Senza accorgersene i servi e le cameriere erano scomparsi. Sapevano che non sarebbe finita bene e tutti erano a conoscenza del guaio fatto dalla ragazzina.
La bandiera delle Indie Orientali sventolava orgogliosa sull'albero maestro. Peccato per il motivo rosa. 
Certo, era un bello scherzo ma non pensava che Beckett reagisse in modo tanto aggressivo.
O almeno, non per il danno causatogli.
«Dove diavolo è finita la Comet?»
«La che?» domandò lei confusa.
«La nave della Compagnia delle Indie! L’HMS Comet!»
Eris si accigliò. «Ehi, senti amico, io mi sono alzata questa mattina alle otto e trenta, non so dove diavolo è finita la tua nave!» poi aprì le labbra in un ghigno maligno. 
«Però hai dato un'occhiata all'Endeavour? Ho pensato che quello stile donasse molto alla-»
Prima che potesse concludere la frase, Mercer entrò nella stanza, un paio di fogli tra le mani.
«Signore, ho chiesto ad un marinaio che era di turno e sostiene di aver visto 8 marinai salire a bordo della Comet, ieri sera tardi» si bloccò un secondo, squadrando Eris e scosse il capo. «Inoltre le sue parole sono state “credevo che fossero membri dell’EITC, mi è stato confermato dalla compagna di Lord Beckett”»
«Compagna di-»
Cutler si girò d’istinto osservando Eris, che se ne stava in punta di piedi, vicino alla porta dall’altro lato della stanza, mentre mangiucchiava i suoi biscotti.
«Voi…piccola-»
«Ehi, ehi. Vacci piano! Guarda che l’accordo non stabiliva mica che non dovevo usare una tua nave per liberarli!» si girò verso di lui, scuotendo un dito come a rimproverarlo.
Beckett aprì le bocca in un muto urlo di esasperazione poi allungò una mano verso Mercer, non distogliendo lo sguardo dalla mora che sembrava improvvisamente tesa.
«Signor Mercer, la pistola. Userò quella testa vuota come tiro al bersaglio»
Eris prese a girarsi intorno, cercando una via di fuga e, sentendosi più vicina alla porta della cucina, andò verso di essa.
Prima che Ian potesse consegnare l’arma al suo signore quella era già sgattaiolata via.
Cutler, ancora infuriato, la seguì ma quando aprì la porta trovò soltanto i servitori che ridacchiavano e la finestra completamente spalancata.
«Prima o poi avrà fame. Mercer, sai cosa fare» disse solo riconsegnandogli la pistola.

Come previsto, nemmeno un’ora dopo, Eris si avvicinò di nuovo alla finestra che i servi avevano lasciato abboccata, rispettando la sua richiesta.
Con sguardo attento osservò che nessuno fosse nei dintorni, poi la aprì lentamente scivolando al suo interno il più silenziosamente possibile.
Le cucine erano deserte. Nemmeno i servitori sembravano intrattenersi nel cucinare qualcosa ma dopotutto erano le dieci.
Con lo stomaco che brontolava si avvicinò a una dispensa e salì sullo scaffale, poiché troppo in alto.
Prima che potesse agguantare il vasetto di biscotti qualcuno la afferrò per i fianchi e la sollevò a mo’ di sacco di patate.
«M-Mercer!» urlò cominciando a tirargli calci allo stomaco. «Lasciami! Lasciami subito!»
Gli tirò un altro calcio ben assestato che non era riuscito a parare e lui le lanciò un’occhiataccia.
Il viaggio fu lungo, soprattutto per un Ian Mercer trattato come un sacco da box, ma quando giunsero a destinazione la lasciò cadere contro un divano e nonostante se la fosse tolta dalle spalle quella si era ancorata al suo completo e non accennava a lasciarlo.
«Miss Eris, lasciate andare Mercer, di cortesia»
Con un ultimo strattone l’assassino si liberò dalla presa e cercò di sistemarsi, come meglio poteva, i capelli completamente in disordine.
«Puoi lasciarci, Ian»
L’uomo non se lo fece ripetere due volte e uscì alla svelta.
Intanto, sul divano, Eris si era agilmente sollevata in piedi, lo aveva aggirato, nascondendosi dietro di esso e mostrando soltanto gli occhi.
Cutler, alla sua reazione, non poté far altro che ridere.
«Non mordo, Miss» le comunicò divertito.
«Però spari, bastardo» e sparì completamente.
Beckett sospirò e si alzò per avvicinarsi al divano, ma proprio quando il tacco dei suoi stivali picchiò contro il pavimento di legno, gli occhi scuri della mora comparvero nuovamente fissandolo con una nota di panico e qualcos altro.
Cambiò fintamente strada, avvicinandosi alle bottiglie di brandy sul tavolino. Non sapeva come ma ogni volta che si alzava dalla sedia finiva lì davanti. Ironia della sorte.
«Volete bere qualcosa? Tutto quell’urlare vi avrà sfiancata»
«Non voglio morire avvelenata, grazie comunque» rispose lei, acida.
Cutler sogghignò sinistramente e la guardò. Lì, piccola e indifesa, sembrava quasi gestibile.
«Non ho alcuna intenzione di avvelenarvi, Miss Eris»
La ventiduenne tirò appena più fuori il capo fino a far intravedere le labbra, leggermente più serena. «Ah, no?»
«No, non intendo buttare del buon brandy»
A quella frase Eris si ritirò nuovamente nell’ombra del divano facendolo ridacchiare.
«Uscite da lì, sicuramente vi siete trovata in situazioni peggiori di questa...»
«Se esco prometti di non spararmi?» chiese quasi in un mormorio.
«Lo prometto»
«E nemmeno tagliarmi in mille pezzi e darmi in pasto a qualche tuo animale? O a Mercer?»
Cutler alzò un sopracciglio, osservandola uscire allo scoperto. Beh, non era una brutta idea dopotutto.
Con l’ennesimo sospiro si passò la mano libera sul viso e assentì col capo.
La ragazza uscì fuori, ancora ben attenta a dove mettere i piedi, e tornò a sedersi compostamente sul suo protettore di pelle nera.
«Perché allora mi hai fatto trascinare qui da Scarface?»
L’uomo ipotizzò che si stesse riferendo a Mercer.
«Sapete che nave hanno preso quei pirati, Miss Eris?» domandò, curioso se la ragazza sapesse o meno le tipo di navi che trattava la Compagnia.
«No…non credo di saperlo»
Come pensava.
Con ponderatezza, si versò un po’ di alcool all’interno del proprio bicchiere e si avvicinò alla giovane, che si tese e afferrò d’istinto il bracciolo del divano.
«Quella nave era carica zeppa d’oro. Era il carico che doveva essere consegnato al Re» si era fatto improvvisamente più orgoglioso, parlando con voluttuosa lentezza.
«Ah…capisco perché volevano salpare proprio con quella, allora…»
Beh, in un certo senso l’avevano ingannata. Lei gli aveva chiesto se potevano rubare una navetta qualunque di quelle ormeggiate per i pescatori, al massimo avrebbe chiesto a Cutler di ripagare poi al buon’uomo, ma loro avevano insistito per prendere quella sostenendo che era l’unica che potevano guidare tutti insieme.
«Siete ancora fermamente convinta che i pirati siano brave persone?»
All’inizio non lo aveva sentito infatti l’uomo lo prese come un momento di esitazione.
«Si, penso ancora che ci siano dei bravi pirati»
Cutler accennò un altro sorriso e si lasciò cadere al suo fianco ma Eris saltò e si spostò di poco.
«Ho detto brave persone, non bravi pirati.»
«Come ti pare. Intendevo dire che ci sono brave persone tra i pirati!» sbuffò incrociando le braccia al petto, rassegnata.
Non poteva certo restituirgli la nave ma comunque era stata colpa sua e l’aveva combinata grossa. Magari rischiava anche il posto all’interno della Compagnia e lei non poteva proprio permettere che scalasse di grado.
«Io-»
«La nave è stata individuata. Poco più di metà carico era assente ma è stata recuperata con successo.»
Prese un lungo sorso dal suo calice e si girò a guardarla.
Quando gli occhi dei due si incrociarono, Eris non poté far altro che arrossire.
«Ah, è bene quel che finisce bene alla fine» ridacchiò nervosamente, distogliendo lo sguardo e sistemandosi i capelli chiusi nella treccia.
Cutler la osservò per un po’. Quella mattina, nemmeno vi aveva fatto caso, aveva indossato nuovamente il suo completo. Ricordò infatti che quando erano tornati al maniero dalla giornata di compere lei aveva detto di averlo perso, facendolo infuriare nuovamente.
Ovviamente aveva mentito.
I capelli racchiusi nella treccia le davano un aspetto ancora più fanciullesco del solito, era quasi impossibile distinguerla veramente per l’età che aveva.
«Sapete, forse dovreste avere davvero paura di me»
Eris piegò la testa da un lato, tornando a guardare l’uomo.
«Hai detto qualcosa?»
Beckett deglutì rumorosamente e scosse la testa. «No, nulla»
La Gallese addolcì lo sguardo e tese una mano sfiorando con attenzione i segni neri sotto gli occhi del nobile, che si tese al contatto.
«Incubi?»
L’uomo prese rudemente la mano e se la scostò dal viso, come irritato da quell’attenzione. «Preoccupazioni, immagino»
Eris ci pensò. Ci pensò tantissimo prima di aprire bocca. Non era sicura della reazione di Cutler ma sapeva di dovergli un sonno tranquillo.
«Avrai il cuore, Cutler»
Il Lord sgranò gli occhi. «Cosa?»
Eris sorrise, un sorriso diverso dai suoi soliti ghigni maliziosi. «Il cuore di Davy Jones. Devi solo aspettare.»
Il silenzio riempì la stanza. La ragazza crebbe quasi di sentire proprio il cuore di Cutler correre all’interno della sua cassa toracica.
«Siete seria?»
«Ti sembro qualcos’altro?»
Cutler fece per schiarirsi la gola ma Eris lo fermò alzando una mano e ridacchiando. «Non rispondere, va»
Poi rialzò gli occhi su di lui, stringendo appena la mano che continuava a tenere la sua.
«Sono seria, e ti posso assicurare che questa è la verità. Puoi fidarti, questa volta»

Il pomeriggio, come sempre, Cutler si chiudeva nel suo ufficio all’Endeavour e ne usciva la sera tardi. Eris se ne rimaneva sola durante quel lasso di tempo e ognuno era libero di fare quel che voleva.
Beckett, quello stesso giorno, aveva assunto e ordinato a parecchie guardie di portare notizie sugli eventi che seguivano Jack Sparrow e Davy Jones. Si era fatto più sicuro di sé ma anche più timoroso di ricevere delle risposte.
Se la ragazzina aveva detto il vero, allora lui avrebbe ottenuto il controllo di tutti i mari in breve tempo. Avrebbe potuto distruggere tutto ciò che atteneva la pirateria senza lasciarne la minima traccia.
Eris, invece, aveva passato il resto di giornata a procurarsi dei piccoli spazzolini da denti fatti a mano cercando di non pensare a quel che aveva detto. In un certo senso non ne era orgogliosa. Cutler avrebbe potuto avere una reazione completamente diversa.
Proprio come la prima volta.
Stava sbagliando strategia.
Per la seconda volta nel giro di una settimana sentiva di aver commesso un altro grande errore. Cutler Beckett non era uno stupido.
Poteva lavorare duramente e pensare a qualcosa che gli permettesse di scoprire molto altro. Inoltre, lei stessa se sottoposta a tortura avrebbe rivelato tutto.
Il dolore non era una delle cose che amava di più, ecco.
Poteva essere definita codarda e senza spina dorsale ma se quello poteva salvargli la vita…
Non era coraggiosa, intelligente, bellissima o crudele. Non aveva qualità distinte. Era solo umana. E, in quanto umana, quel posto non era per lei.
Doveva trovare un modo efficace e sicuro per far si che non rischiasse la vita per nulla. E Beckett sembrava il più disposto a tenerla al sicuro in quel momento.
Quando l’uomo rientrò non trovò Eris da nessuna parte così stabilì che molto probabilmente si era rinchiusa nella sua camera.
Cenò nella più completa tranquillità e senza richiamarla andò rapidamente a dormire.
O almeno, fu quello che provò a fare.

La notte era troppo calda e, nonostante le finestre fossero spalancate e un venticello penetrasse nella stanza, Cutler si rigirava nel letto completamente fradicio.
In più, gli incubi non lo aiutavano. Ogni sera era una storia. Mani grassocce che si chiudevano intorno al collo, lame che gli sfioravano la carne, catene che gli intrappolavano mani e piedi…*
Non c’era speranza. Se scappava veniva catturato, se si nascondeva veniva trovato.
Con un sospiro si tirò a sedere con fatica, quasi avesse passato nuovamente quelle torture, e si passò una mano sul viso e poi sui capelli ricchi, ancora scosso.
Ormai lo sapeva, quegli sogni lo distruggevano e lentamente avrebbero alterato anche la sua sanità mentale.
In quel periodo, quando era stato catturato e torturato dai pirati, si era sentito tremendamente impotente, senza potersi difendere, un giocattolo nelle mani del suo padrone. La notizia che venne in seguito, dove il padre si era rifiutato di pagare il riscatto gli aveva chiuso il cuore in una morsa e, nel tempo che seguì, senza amore o gioie a venire esso si era fatto sempre più piccolo e freddo, finché arrivò al punto di non ritorno. Dove nemmeno la morte della sorella gli aveva arrecato tristezza.
Girò la testa verso la candela ancora non totalmente consumata e assottigliò lo sguardo chiaro.
Non aveva versato una lacrima. Aveva ripiegato con cura la lettera che annunciava la sua morte e poi, osservando il fuoco che ardeva nel camino, ve l’aveva lasciata cadere.
L’ultimo legame ad unirlo realmente alla sua famiglia, spezzato.
Si liberò in fretta dalle coperte che lo circondavano e scese dal letto.
Il contatto del pavimento freddo con i piedi gli mandò una scossa piacevole lungo tutta la spina dorsale. Magari un bicchiere d’acqua o qualcosa di fresco avrebbe potuto giovargli.
Si avvicinò alle ante del grande armadio e afferrò una sottomaglia bianca che gli rimaneva larga e scollata sul petto, segnato da cicatrici. Poi, cercando più in fondo trovò un paio di pantaloni che seppur attillati indossò velocemente.
Passò vicino al comodino e afferrò una piccola pistola nascosta in un fondo cassetto e ne approfittò per agguantare anche il piccolo vassoio con la candela, per poi uscire dalla stanza.
L’intera casa era immersa nell’oscurità e nel completo silenzio.
Un silenzio che stava diventando inquietante.
Scese velocemente le scale, incurante di dove stesse mettendo i piedi coperti dalle pantofole bordeaux, e fece per avanzare verso la sala da pranzo e la cucina quando un piccolo bagliore attirò la sua attenzione.
Si bloccò sui propri passi e si affacciò brevemente allo spiraglio creato dall’abboccare di una porta della sala.
Con lentezza la spinse in avanti e si trovò davanti una ragazza impegnata nella lettura di un grosso libro, tre candele che la circondavano.
Doveva essere la biblioteca, dato che vi erano scaffali su scaffali di libri di tutti i generi seppur messi in ombra.
«Da quanto tempo siete qui?»
Eris, che non lo aveva minimamente sentito entrare, saltò sulla poltrona facendosi sfuggire dalle mani il libro che finì a terra creando un forte boato.
Cutler chiuse velocemente la porta, sperando che i servitori non avessero sentito nulla e la guardò male.
«Siete sdegnosamente maldestra»
La Gallese, che indossava solo con una veste da notte, ringhiò e si piegò per raccogliere nuovamente il libro, senza schiodare il sedere dal divano.
«E’ colpa tua! Sei tu che mi hai spaventata!»sibilò, non eccedendo con la voce.
Beckett sollevò un lato della bocca in una specie di ghigno e fece qualche passo avanti, rimanendo il più possibile nell’oscurità.
«E per rispondere alla tua domanda, sono qui da più o meno…» guardò l’orologio a pendolo vicino allo scaffale alla sua destra. «due ore»
L’uomo si scostò la lanternina da vicino il petto, sperando che la giovane non azzardasse ad avvicinarsi. Non era ancora in pace con i segni che si ritrovava sul corpo.
«Sono le tre e mezza, Miss Eris. Vi siete alzata all’una per caso?»
«Non riuscivo a dormire. E’ tanto strano?» chiese, non alzando gli occhi dalla pagina che aveva ripreso a leggere. «E tu? Incubi?»
«Si» riuscì solo a sospirare fuori.
Che senso aveva mentire? Avrebbe soltanto dimostrato che gli creavano più problemi di quanti poteva concedersene.
«Non ci sono altre spiegazioni. Ci sono arrivata deducendo le tue occhiaie. Il lavoro riesci a concluderlo e so per certo che la notte provi a dormire» gli spiegò, avvertendo una nota di incredulità su quella confessione precedentemente sussurrata.
«Come-»
«Ah, fossi in te non chiederei» ghignò rivolgendogli finalmente lo sguardo. «Che ne dici di passare dal lato illuminato della stanza?» continuò indicandogli il posto libero vicino al suo.
Cutler fece un passo avanti ma esitò. Portò una mano al petto e strinse il tessuto che lo vestiva così da coprire le eventuali cicatrici.
Cercò di essere disinvolto avvicinandosi a lei ma era chiaro che stesse cercando di nascondere qualcosa e quando si piegò per poggiare la candela sul tavolino vicino alle altre Eris riuscì a scorgere un taglio profondo sul basso collo dell’uomo.
Si lasciò cadere indietro e sospirò di piacere al contatto con la fredda pelle del divano, poi, senza preavviso, un paio di gambe nude andarono ad adagiarsi comodamente sulle sue cosce coperte dal tessuto aderente.
«Vuoi massaggiarmi i piedi, dato che non stai facendo nulla?»
«Nemmeno…» cercò di posare il meno possibile lo sguardo sulla pelle nuda e buttò le gambe fuori da se facendola squittire di sorpresa. «…per sogno» completò sogghignando.
Eris portò il libro davanti al viso, facendo trapelare solo gli occhi marroni che lo guardavano con sfida e aprì la bocca per un ultimo sarcastico “grazie”.
Il maggiore rimase per qualche minuto con la testa rilassata contro lo schienale del divano, godendosi la freschezza emanata da esso e sentendo il piacevole sfogliare di pagine.
«Sai, sono del parere che le ferite da guerra vadano portate con onore non con vergogna»
Beckett ovviamente capì che si stava riferendo a lui e nemmeno se ne stupì. Ormai capire e conoscere quella donna era una causa persa.
«E se non sono ferite da guerra?» domandò lui mantenendo gli occhi chiusi e la mano sul petto.
«Credo che non debba esserne fatto un dramma. Io non giudico» e girò l’ennesima pagina, sollevando per un momento gli occhi solo per vedere il braccio del Lord scivolare lungo un fianco, poi tornò alla sua lettura.
Cutler girò la testa verso di lei e si trovò a leggere il titolo del libro: “My Lyfe Amonge the Pyrates”.
«Vedo che oltre a giocarmi scherzi idioti, vi divertite anche a rubare le mie cose, Miss Gallese. Certamente quel libro non si trovava in questa biblioteca...» la stuzzicò.
La giovane non fece altro che accennare un sorriso e aggiungere un piccolo cenno d’assenso col capo.
«Quel libro lo hanno toccato solo tre persone da quando è in mio possesso» continuò, tornando a guardare il nulla davanti a se.
«La persona che me lo ha regalato, io e...Sparrow»
Si girò nuovamente, ma dalla parte opposta, e sbuffò. Ricordava perfettamente quando aveva allungato quelle manacce luride verso il suo libro.

«La persona che te lo ha regalato era il tuo maestro tempo fa, vero?»
Cutler accennò un sorrisetto sadico. «Sembrate una maniaca. Sapete anche che tipi di libri leggevo»
La ragazza ricambiò il sorriso malsano «Si, ma quella è sicuramente l'informazione meno sconvolgente di cui sono al corrente, milord»
Lentamente il sorriso sulle labbra dell'uomo scivolò via. Con quelle rivelazioni la donna riusciva a metterlo a disagio. Non era semplice accettare il fatto che qualcuno conoscesse tutta la tua vita, come se l'avesse vissuta in primis.
Senza rendersene conto stava viaggiando tra i suoi pensieri ed era giunto ad una conclusione importante.

Era sceso al piano terra per fare cosa, esattamente? Se ne era dimenticato.
Con lo sguardo cercò di individuare qualcos’altro che attirasse la sua attenzione e quando trovò un vassoio di biscotti sul tavolo allungò una mano per afferrarne uno ma un colpo repentino di un piede lo fece ritornare sui suoi passi, ritirando la mano.
«Non toccare i miei biscotti. In cucina ce ne sono altri. Se li vuoi alzi il culo e te li vai a prendere da solo»
Cutler aprì la bocca stordito da tale prepotenza e ineleganza. E dire che fino a qualche secondo prima aveva abilmente formulato una frase “garbata”.
«Avete un modo di fare decisamente volgare»
«Beh, buon per me»
«Non era un elogio»
«Stai zitto, sto leggendo»
L’uomo si alzò in piedi e rubò da sotto il naso il libro della ragazza che aprì la bocca in un’espressione di finta sorpresa.
«Dai, ridammelo»
L’inglese parve pensarci davvero su per poi sancire un«No» con un sorrisetto.
Eris decise di non dargliela vinta. Probabilmente si stava solo divertendo a prenderla in giro. Poteva anche concederglielo ora.
«Sai, Shorty…» lo osservò bene.
Senza i suoi soliti abiti e la parrucca sembrava una persona normale. E ovviamente lo sguardo gli finì sulla camicia aperta.
«Non sei male, vestito così» accavallò le gambe e gli scoccò uno sguardo malizioso. «Affatto»
Cutler si accigliò e le tese lentamente il libro, aspettando che lo prendesse.
Eris allungò una mano e quando l’uomo fece per ritirarla in fretta con un sorrisino beffardo lei riuscì ad afferrarla ma, la forza impiegata da lui, la fece alzare dal divano e finire addosso.
Con sguardo scioccato si guardarono negli occhi e passarono istanti in quella posizione. Non sapendo che fare per liberarsi di quella specie di legame momentaneo.
La Gallese era poco più alta e quindi si ritrovava a fissarlo mantenendo il mento basso.
La sua mano scivolò tra le dita del Lord, che le allentò appena e quando sentì la rilegatura in pelle toccare la loro punta si tirò indietro stringendo vittoriosa il libro al petto e sorridendogli benevola.
«Preso!» esclamò agitandoglielo davanti al viso.
Cutler era rimasto per qualche istante ancora immobile poi un sorriso divertito andò a delinearsi anche sulle sue labbra.
Tornarono entrambi sul divano e quando le gambe della donna andarono nuovamente a poggiarsi su quelle del più grande, lui non obiettò.
Rimase immobile, braccia strette ai fianchi, imbarazzato dal contatto scomodo e non consono della ragazza.
«Puoi raccontarmi dell’incubo, se ti va. Sono qui in veste di medico»
Il Lord annuì e la guardò. «Medico?»
«Della psiche umana» e pigiò un dito sulla tempia dell’uomo facendolo sogghignare.
«Non c’è molto da dire. Rivivo momenti del mio rapimento e della tortura. Inutile vi descriva ciò che mi hanno fatto. Lo sapete da voi e lo avete anche potuto constatare, Miss» deglutì sfiorandosi una vecchia ferita.
Eris ridacchiò «Prova a chiamare me in aiuto la prossima volta, accorrerò sicuramente»
Quella ragazza lo faceva sorridere troppo per i suoi gusti.
«Ho paura che l’unica cosa che fareste è unirvi alla tortura» sdrammatizzò sfiorando il piede della giovane, assorto.
«Non dire così, shorty!»
Beckett alzò gli occhi al cielo. Ormai da quella mocciosa li aveva sentiti tutti i nomignoli. Ultimamente si era fissata con quest'ultimo.
«Ho una sete che non ci vedo»
A quella dichiarazione il Lord si ricordò improvvisamente il motivo del suo alzarsi dal letto.
«Vorrei assaggiare proprio del rum!» sbadigliò ancora, stirando le braccia verso l’alto e scivolando stancamente lungo il proprio lato del divano.
«Non sapete cosa sia la signorilità, non è vero?»
«No, si mangia?» scherzò lei portandosi un biscotto alla bocca.
Con un altro profondo e marcato sbadiglio Eris si alzò dalla poltrona e agguantò tutto il sacchetto di biscotti, allontanandosi.
«Credo sia ora che vada a letto. Mi ha fatto piacere la chiacchierata da amici. Non farmi svegliare presto, per favore»
E uscì lasciando l’uomo solo all’interno della grande stanza.
Amici?




BONUS


Sbem.
«Alzati!»
Eris gemette come fosse stata trafitta da qualcosa di appuntito e si riparò dalla luce accecante del sole nascondendosi sotto le pesanti coperte.
«Miss Eris, alzatevi subito!»
La giovane, irritata per aver dormito solo 4 ore, si piegò a sedere velocemente, togliendo le coperte di dosso con fare irritato e guardò l’uomo tendergli davanti agli occhi un pezzo di carta scarabocchiato.
«Spiegatevi!»
Lei lo prese tra le mani e dopo essersi stropicciata per bene gli occhi prese a leggere la pergamena. Un piccolo sorriso giocoso prese a ballarle sulle labbra fine.
«Oh, pare abbia ricevuto la risposta del re. Pensavo che l'avrebbe bruciata direttamente»
«Risposta a cosa?! Perché vuole incontrarvi? E che significa quell“Immunità”?» chiese Cutler arricciando il naso.
Ovviamente aveva aperto la busta. Impiccione.
«Beh, l’altra sera quando ho liberato i pirati sono capitata per PURISSIMO CASO nel tuo ufficio sull’Endeavour e ho trovato, sempre per PURISSIMO CASO, le tue belle carte. Invece di firmarle col tuo nome ho pensato di usare il tuo sigillo per scrivere a mio nome al re...e qualche piccola informazione indiretta al di fuori per essere sicura che la leggesse» alzò le spalle, come fosse la cosa più elementare del mondo.
«Ma…le guardie…»
«Ce n’era una sola e stava beatamente dormendo, per la seconda volta. Ti consiglio caldamente di cambiarla» ridacchiò vedendolo diventare paonazzo di rabbia. «Ah, e l’immunità è il fatto che non posso essere sfiorata nemmeno con un dito altrimenti dovrai risponderne alla corte reale.»
Con quelle parole tornò al riparo sotto il suo letto, lasciando cadere a terra la lettera.
«Tranquillo, nano, è solo una precauzione. Sai, ho tanti di quegli scherzi da giocarti che una giusta protezione era d’obbli-» prima che potesse concludere la frase Cutler era già sparito, borbottando maledizioni per tutto il palazzo.
Beh, almeno avrebbe goduto della festa in maschera indetta dal re che invitava sia Beckett che lei a partecipare.

 
Angolo dell'Autrice
* Dall'asterisco praticamente ci sono pezzi della vita passata di Beckett che sono veri poichè presi dal libro "Price of Freedom" che racconta la storia di Jack mentre era al servizio dell'EITC e Cutler, essendo uno dei personaggi principali del libro insieme al belloccio di Sparrow, ha avuto un background molto dettagliato. Praticamente trasforma il personaggio odioso e pomposo del film in un uomo ferito e tradito in molti modi. Certo, sempre il solito cuore di ghiaccio e sadico rimane, ma nel libro e in questa ff si farà luce sul motivo della sua trasformazione.
  
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