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Autore: Black Swallowtail    16/09/2016    0 recensioni
"C'è una parte di noi di cui tutti ci vergogniamo. Tentiamo di tenerla nascosta, di seppellirla nel profondo; facciamo in modo di sbarazzarcene, così che non torni più a tormentarci; tuttavia, come si suol dire, è qualcosa di più facile a dirsi che a farsi. Il passato torna sempre a bussare alla tua porta, in un modo o in un altro."
Minato Saito è stato un caso più unico che raro di sindrome di seconda media - del tipo peggiore, un così detto "Evil Eye". Deciso ad iniziare una vita diversa, intenzionato ad allontanare il passato che lo tormenta, si appresta ad iniziare un nuovo anno scolastico; tuttavia, quello che lo attende supera di certo le sue aspettative. Scoprirà, suo malgrado, che non si sfugge tanto facilmente dagli artigli di quella strana malattia e che, spesso, se ne rimane vittime per sempre, anche dopo che si è tentato di fare di tutto per sfuggirgli.
Quella ragazza che, seduta poco davanti a lui, è convinta di essere un'eroina imprigionata in una falsa realtà, lo trascinerà con sé verso un mondo fantastico che si nasconde sotto gli occhi di tutti - un mondo di vetro; un mondo d'immaginazione.
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Chapter 7A precious, little story

 

E così, anche settembre è passato. Ci lasciamo alle spalle l'ultimo giorno del mese ed entriamo di gran carriera ad ottobre; prima ancora di rendermene conto, le vacanze estive sono finite, sono sopravvissuto ad una folle settimana di guerriglia nella casa al mare di Hitomi, riuscendo a cavarmela senza dover finire all'ospedale seguendo Mana nelle sue fantasie adolescenziali, e onestamente sono anche riuscito a divertirmi nonostante tutto. Tutto sommato, è stata una bella estate, sicuramente migliore di quelle precedenti in cui, tormentato com'ero dalla sindrome, ho passato intere giornate a scrivere libri di magia nera o compiere rituali per aprire porte verso l'Abisso e tornare al mondo al quale pensavo di appartenere fin dalla nascita, avvenuta migliaia di vite fa.

I test sono solo un vago ricordo, sono passati nello spazio di un battito di ciglia, e se devo essere sincero ricordo più chiaramente l'ansia che provavo per Mana, che la mia; ho ancora impresse perfettamente nella memoria tutte le espressioni in cui il suo viso si è contorto mentre li affrontava ed ho avuto il terrore che, nonostante tutto quel tempo passato a studiare con gli altri, la rovina fosse già destinata a cadere sulle sue minute spalle; non ho potuto che provare un profondo di senso di sollievo, una sorta di voce nella testa che mi ha rimproverato per essermi preoccupato troppo, quando Mana è riuscita a prendere dei voti perfino qualche spanna al di sopra del punteggio minimo richiesto per la sufficienza.

Ha preso i fogli in mano, muovendo ogni singolo passo con una tale baldanza che sarebbe stata più appropriata ad un condottiero che torna vincitore da una qualche guerra, piuttosto che ad una ragazza delle superiori che è riuscita a passare gli esami di metà trimestre solo dopo l'intervento di emergenza di due geni. Nonostante questo, non me la sono sentita di sminuire tutti i suoi sforzi, sopratutto quando ho visto l'espressione dei suoi occhi – una felicità di chi è riuscito a guadagnare una vetta che appariva insormontabile. Purtroppo, aver passato i test nonostante le previsioni fossero contro di lei, ha significato dover ascoltare per un bel pezzo il suo vantarsi della potenza dell'Occhio e di come, tramite la sua Visione oltre il Velo, sia riuscita a sconfiggere in un arduo gioco psicologico l'emissario dell'Antico che si celava dietro alle domande; in breve, l'ennesimo delirio costruito per deformare la realtà.

Il fatto è che, per tutto questo tempo, non ho potuto fare a meno di tornare a quella sera a casa sua, quando l'ho vista da sola, seduta in una cucina semibuia, su un tavolo vuoto, con una confezione di cibo in scatola tra le mani. In quel momento, ho capito davvero quanto sia in realtà sola, abbandonata da tutti coloro che gli stanno intorno. Non so dove siano i suoi genitori, e la sua unica risposta è stata “Stanno combattendo l'Antico”, a cui non so dare una interpretazione. So solo che, ogni volta, quando apre quella porta, trova le luci di casa sua spente. Non c'è mai nessuno ad aspettarla o a starle vicino.

Prima di allora, avevo notato come le sue luci fossero sempre spente, quando non era in casa, o come non si scomodasse a chiamare i suoi genitori per avvertirli che non sarebbe tornata per cena, eppure non avevo mai pensato che Mana potesse essere così terribilmente sola – molto più di quanto immaginassi.

Una volta, ho detto ad Hitomi che le sono accanto perché altrimenti tornerebbe a raggomitolarsi su se stessa, lontana dalla realtà e da tutti. Tornerebbe a camminare senza alcuno al suo fianco, senza essere in grado di raccontare a nessuno delle sue battaglie, senza poter trascinare qualcuno nelle sue folli, spericolate ricerche di questa creatura o quella magia. Per qualche ragione, proprio perché so come ci si sente nella solitudine, non posso sopportare un simile pensiero; non voglio più farla sentire abbandonata, non voglio che torni alla sua solitudine e al suo mondo così distante dal nostro, non dopo che è riuscita a radunare attorno a sé delle persone che la capiscono, che le sono amiche e a creare quel luogo a cui tanto aspirava, quella casa che chiama con l'altisonante nome di “Nuova Arcana Biblioteca dell'Eterna Oscurità”.

Ma sopratutto, non voglio più vedere quell'espressione di rassegnazione e malinconia sul suo viso.

Non è colpa loro, stanno facendo qualcosa di più importante.”

In quel momento, avrei voluto gridarle che non c'è niente di più importante di lei.

Ma non ho trovato le parole e l'ho solo abbracciata. L'ho stretta a me con tutta la forza che sono riuscito a trovare e le ho detto che non l'avrei più lasciata sola.

Nessuno ha più tirato in ballo l'accaduto, come in un tacito accordo per mantenere l'equilibrio di tutti noi, e siamo andati avanti con le nostre solite vite, passando quest'estate diversa dal solito e che è volata via in un soffio, finendo ancor prima che me ne accorgessi. E così, sono scivolati via gli altri mesi, la scuola è ripresa e la quotidianità ci ha afferrato di nuovo; la routine di ogni nuova giornata scolastica è andata ripetendosi ad un ritmo talmente serrato, priva tuttavia di alcuna novità tangibile, al punto da lasciarmi basito quando, stamattina, ho visto sul calendario quanto poco tempo manca all'approcciarsi dell'evento più quotato del periodo autunnale – il festival scolastico.

Da qualche giorno, non si fa che parlarne ed in ogni momento libero disponibile, Hitomi e Haruhiko tentano di organizzare in qualche modo le idee della nostra classe per riuscire a mettere insieme qualcosa che sia allo stesso tempo divertente per noi ed interessante per i visitatori. La scuola aprirà le sue porte per due giorni e ovviamente, per non sfigurare rispetto a tutte le altre classi, dobbiamo cercare di mettere insieme un'idea abbastanza buona e sopratutto alla nostra portata. Le idee che sono uscite fuori non sono delle migliori, per ora, ma l'assemblea di classe programmata per oggi dovrebbe essere il momento giusto per riuscire a prendere una decisione definitiva.

“Buongiorno,” saluto stancamente, poggiando la borsa sul banco e stiracchiandomi vigorosamente, mentre alle mie spalle posso sentire Makoto infervorarsi per una discussione piuttosto accesa su qualche malsana idea per il festival, probabilmente un maid cafè o qualcosa di simile.

“Oh, Minato, dov'è Mana? Di solito posso sentirla urlare fin dal corridoio,” Hitomi mi porge un foglio, il primo dalla voluminosa pila che porta in mano, che ad una rapida occhiata si rivela essere una lista di preferenze per scegliere quello su cui la nostra classe dovrà lavorare, “—Stai bene? Sembri preoccupato.”

“Direi più rassegnato,” mi passo nervosamente una mano tra i capelli, facendole cenno verso la porta che si apre in questo preciso istante, lasciando entrare una Mana del tutto presa dalla lettura del suo voluminoso libro pieno di nozioni di magia nera, “La situazione è molto più complicata di quello che pensi...”

“Che intendi?”

“Il fatto è che...”

La mia frase viene troncata a metà dalla comparsa della diretta interessata alle mie spalle, che poggia entrambe le mani contro la mia schiena per sporgersi verso Hitomi, “Si tratta di un segreto che solo l'Occhio Demoniaco può rivelare. Oggi, quando il sole nero inizierà la sua ascesa, la Biblioteca si radunerà – solo allora, ne saprete di più.”

Per svariate quanto ovvie ragioni, l'espressione di Hitomi si deforma improvvisamente non appena sente quelle parole. Non c'è nemmeno stato bisogno di spiegare nulla, per farle capire quanto disperata sia la situazione; solitamente, quando Mana concepisce un piano segreto di cui non vuole rivelare nulla a nessuno, non ne deriva nulla di buono.

Non ha aperto bocca nemmeno con me, limitandosi ad annunciarmi questo suo misterioso progetto ieri sera, per poi sparire dall'altra parte della strada in un lampo; prima ancora che potessi aprire la bocca, ho sentito il cancello di casa sua chiudersi con un leggero tonfo metallico, lasciandomi pieno di dubbi ed incerto su cosa stia macchinando. Potrebbe trattarsi di una caccia come quella in cui ci ha coinvolti durante le vacanze estive? Al solo pensiero mi vengono i brividi lungo la schiena. Forse ha a che fare con qualcuno dei suoi rituali, di recente l'ho vista preparare un sacco di oggetti diversi, tra cui spade, anelli, collane; non ho avuto il coraggio di chiederle cosa ci stesse facendo, ma ho un brutto presentimento, sopratutto perché ormai sono abituato al suo modo di agire. L'ultima volta che l'ho seguita senza pensarci, siamo finiti a minacciare un professore con un'arma da cosplay estremamente costosa.

“Minato, avverti anche gli altri, per favore, io devo occuparmi degli ultimi dettagli,” dopo avermi dato rapidamente queste istruzioni, Mana torna al suo posto, dove un nuovo quaderno è già aperto e pronto per essere riempito dalla sua elegante quanto insolita grafia gotica e dai suoi schizzi.

Quando la vedo così presa da qualcosa, non riesco a trattenere un mezzo sorriso.

Ma allo stesso tempo, ho una costante preoccupazione per quel che mi aspetta. L'attesa è ancora più snervante, sapendo che probabilmente diverrò vittima di qualche macchinazione grottesca; per questo, non riesco a sopportare l'idea di dover aspettare fino al suono della campanella per sapere. Sempre ammesso che “l'ascesa del sole nero” coincida effettivamente con la fine delle lezioni.

“Quindi ci vediamo da te dopo la scuola, Minato?” chiede Hitomi, dopo aver terminato di distribuire i fogli, mentre passa accanto a me per tornare verso la cattedra, “Per scoprire cos'ha preparato il nostro Occhio Demoniaco.” Fa un cenno con la testa verso Mana completamente assorbita nello scrivere chissà quale tipo di fantasia, questa volta, la testa piegata e la penna che si muove ad una velocità quasi disumana, scorrendo sui fogli uno dopo l'altro, in una foga tale da aumentare esponenzialmente tanto la mia curiosità, quanto la mia voglia di fuggire e rendermi irreperibile per le prossime settimane.

“Non abbiamo alternative,” rispondo, scrollando le spalle, mentre scorro pigramente le opzioni del foglio, sottolineandone qualcuna senza prestare troppa attenzione, “Dopotutto sono troppo curioso di sapere cosa le è venuto in mente.”

“Sei preoccupato?”

Agito la mano in cenno di diniego, “Non proprio. Il fatto è che si tratta della prima volta in cui non mi svela in cosa abbia intenzione di coinvolgermi.”

“Ti senti un po' perso, perché per la prima volta non si è confidata con te, mh?”

Mi irrigidisco di colpo, a quelle parole, in una reazione così improvvisa da far incurvare le labbra di Hitomi in un sorriso vagamente derisorio ed affilato, che non scompare nemmeno quando tento in tutti i modi di negare quell'affermazione; senza nemmeno prestare attenzione alle mie parole, presa dai suoi doveri di rappresentante, torna alla cattedra facendomi un cenno di saluto sventolando il foglio sopra la spalla, lasciandomi lì a balbettare proteste che vengono inghiottite dal clamore della classe.

Il resto dell'assemblea sembra passare in un soffio. Haruhiko riesce in qualche modo a tenere l'attenzione della classe calamitata sul problema e la illuminata guida di Hitomi ha appianato ogni diatriba; infine, nonostante qualche conflitto interno che ha minacciato di spaccarci in fazioni e di scatenare una guerra civile, le decisioni si sono ristrette a due o tre opzioni – finché, nell'ultima votazione, non è stato scelta…

“Una rappresentazione teatrale?!” l'incredulo ululato di dolore si è alzato da un Makoto ferito nei più profondi desideri, in particolare quello di allestire un maid café e vedere Hitomi vestita da cameriera. Quando ho tentato di spiegargli che quelle sono cose che accadono solo nei cartoni animati o nei fumetti, ha emesso un rantolo di disapprovazione, prima di iniziare un'invettiva contro la mia mancanza di fede, per poi spiegarmi in ventidue punti precisi tutti i vantaggi offerti da una ragazza che indossa un vestito da maid vittoriana, passando poi a descrivere l'uniforme “perfetta” per ogni ragazza. Fortunatamente il suono della campanella ed un'occhiataccia da parte di Kazhuiro, quando l'argomento ha toccato Nao, hanno posto fine alle fantasie sfrenate di Makoto.

“Scusate l'attesa, ma dovevo finire di compilare il verbale dell'assemblea per il professor Mikuni...” Haruhiko si sistema gli occhiali sul naso, gettando un'occhiataccia a Hitomi che sta tranquillamente seduta a sorseggiare del tè in lattina, seduta sulla panchina, “Perché qualcuno ha preferito svignarsela invece di aiutarmi.”

“Oh, devo essermi del tutto dimenticata.”

“—Prima o poi me la pagherai, Mori.”

In certe faccende, non c'è verso che questi due riescano ad andare d'accordo, è qualcosa a cui ormai mi sono rassegnato. Purtroppo, nutrendosi entrambi dell'essenza stessa della competizione, a volte i loro scambi sfuggono ad ogni controllo ed entrambi, senza dare troppo nell'occhio, si punzecchiano ogni giorno solo per il gusto di farlo.

Senza ulteriori indugi, ci mettiamo in cammino verso la mia abitazione per allestire l'ennesima riunione della Biblioteca e per ascoltare quel che Mana ha in mente, questo terribile piano partorito per chissà quale scopo. Fin dal momento in cui l'assemblea è terminata, l'Occhio Demoniaco non ha mai smesso di gongolare, mostrando un ghigno compiaciuto e ripetendo, ad ogni mia domanda, che anche questa volta il suo potere è entrato in gioco, muovendo gli eventi a suoi favore. Ho tentato in ogni modo di sviscerare l'oscuro significato che potrebbe celarsi dietro questa spicciola risposta, ma non ho la minima idea di quali eventi stia parlando, né cosa intenda per “mossi a mio favore”.

Il sole pomeridiano sta già sfumando verso la sera, a testimoniare che dell'estate non rimane più nulla e che l'autunno ormai fa da padrone alle nostre giornate scolastiche. Abbiamo di nuovo vestito le uniformi invernali, con una vaga sensazione di nostalgia per il tempo passato, al punto che mi sono ritrovato a guardarmi allo specchio con aria incredula, pensando a come sia passato già così tanto tempo dal primo giorno di scuola. I mesi sono volati ancor prima di potermene accorgere e, quando mi sono abbottonato la giacca con i colori della scuola, ho di colpo realizzato che sono passati già otto mesi da quando ho conosciuto Mana. Mi sono ritrovato inconsciamente a sorridere, ricordando il nostro primo incontro, come mi abbia additato in classe e seguito per tutto il giorno, per non parlare di quando i lampioni si sono spenti in concomitanza con un gesto della sua mano.

Ora, vedendo le sue spalle esili di fronte a me, i suoi capelli corvini che ondeggiano al tenue vento di ottobre, non posso fare a meno di pensare che, in tutto questo tempo, mi sono abituato ad averla intorno, lei e le sue delusioni, la sua sindrome di seconda media, che mi ha trascinato inevitabilmente in ogni tipo di disavventura. E mi sono anche reso conto che è divenuta una di quelle cose fondamentali della mia vita quotidiana.

Come percependo il mio sguardo su di sé, Mana si volta appena ad incrociare il mio sguardo, scoccandomi un'occhiata furbesca associata ad una strizzatina d'occhio, che ha il gusto di una subliminale minaccia, una sorta di “ci sarà da divertirsi” che mi manda un brivido lungo la schiena. Se mi sono reso conto di come sia parte della mia vita di ogni giorno, non sono ancora del tutto sicuro se questa sia una cosa buona.

Mentre Haruhiko continua a fornire supporto morale ad un disperato Makoto, che si trascina piangendo silenziosamente l'impossibilità di “avere cose belle nella sua vita”, affermazione che si guadagna una risposta pungente del suo ascoltatore, entriamo in casa uno dopo l'altro.

“Mia madre non è in casa,” spiego, facendo cenno di entrare, “Quindi possiamo andare in cucina, per ascoltare questo… annuncio.”

Mana coglie la palla al balzo e si precipita immediatamente ad occupare il posto a capotavola, sedendosi sulla sedia con le gambe accavallate ed una mano poggiata sul volto in una posa che probabilmente ha preparato appositamente per questo momento. Trepidante ed anche leggermente preoccupato per quello che mi attende, rivolgendo silenziosamente una preghiera alle divinità dell'Abisso, mi siedo attorno al tavolino, insieme a tutti gli altri. I nostri sguardi sono tutti puntati su di lei, assorbiti completamente dalla sua minuta figura immobile e silenziosa, esattamente come potrebbe essere una bambola, proprio l'impressione che mi ha dato la prima volta che l'ho vista, seduta al suo banco, gelida e distante.

L'unica differenza sta nel fatto che ora so benissimo quanto l'apparenza possa avermi ingannato, e che ora ha assunto questo atteggiamento solo per aumentare esponenzialmente la drammaticità di questo momento, almeno secondo il suo modo nebuloso di vedere la realtà.

Dopo che interi secondi scorrono senza che Mana mostri la minima intenzione di aprire bocca, le occhiate interrogative di tutte si muovo su di me, con una tale intensità da poterle avvertire come una pressione sulle spalle. Hitomi mi dà una gomitata sul fianco, Haruhiko si schiarisce appena la voce, Nao giunge le mani ed inclina la testa in una silenziosa richiesta; senza via d'uscita, circondato da loro, impazienti quanto me di scoprire il motivo dell'adunata, ma troppo timorosi di aprire bocca per paura di scatenare chissà quale inferno, hanno scelto me come vittima sacrificale?

Stringo le mani in due pugni, sconfitto. Non possiamo fare altrimenti, giusto?

Non mi sono mai definito come una persona temeraria; tuttavia quando si tratta di Mana, sono l'unico a poter prendere in mano la situazione. O almeno, questo è quello che dicono gli altri per scaricarmi addosso il gravoso compito di formulare le fatidiche domande. Quindi, preso quel poco coraggio che riesco a trovare ancora in me, preparandomi all'inevitabile, apro la bocca e con una forza di volontà, o ancora meglio con una rassegnazione ormai temprata dai mesi passati accanto a lei, riesco finalmente a chiedere, “—Di cosa stavi parlando, prima?”

“Trovo ammirevole il tuo sforzo di nascondere la nostra vera identità, Nightmare Edge, ma puoi stare tranquillo! Ho fornito la tua abitazione di uno schermo che impedisce ai seguaci dell'Antico di origliare.”

“Schermo..? Aspetta, vuoi dire che quello strano lucchetto che bloccava il mio cancello stamattina era opera tua?!”

“Ovviamente. E non è un lucchetto qualsiasi, bensì il Sigillo di Arial, un potente strumento magico intriso del potere dell'Occhio.” il suo è il tono di voce di chi sta illustrando qualcosa di elementare e mentre continua a parlare, inizia ad indicare diversi disegni ed appunti in caratteri gotici sul suo quaderno; nessuno, ovviamente, riesce a capire una sola parola di quel che ha annotato, perché non abbiamo idea di come si leggano le lettere gotiche, tuttavia annuisco senza protestare. Decido mentalmente di non accennarle al fatto che il Sigillo di Arial sia andato in pezzi semplicemente con un paio di tronchesi, né come la sua premura ci abbia quasi fatto arrivare entrambi in ritardo a lezione.

“Comunque, come vi stavo dicendo,” riprende, tornando ad assumere la sua posa, accavallando le gambe per darsi ulteriore tono, “grazie al potere dell'Occhio Demoniaco, ho fatto in modo che tutti si trovassero d'accordo con la scelta del nostro Rituale.”

“Rituale?” la domanda dal tono estremamente confuso di Makoto fa sogghignare Mana.

“Come c'era da aspettarsi dal Pet, non possiedi di certo una conoscenza abbastanza elevata della magia.”

“E questo cosa vorrebbe dire?”

“Ti ha detto che sei uno stupido.” risponde piattamente Haruhiko.

“Ed un animale.” rincara la dose Hitomi, sottolineando le parole del rappresentante di classe, “Ma questo lo sapevamo già.”

“Un Rituale,” prosegue Mana senza prestare loro attenzione, “è un tipo specifico di magia che richiede determinate condizioni per poter essere attivato. Tempo, luogo, oggetti e riti, tutto deve essere eseguito alla perfezione, senza sbagliare, per poter riuscire a scatenarne appieno la potenza.”

“Capisco, ma questo cos'ha a che fare con la nostra recita?”

Ancora prima che Nao finisca di porre la domanda, tutti i tasselli sembrano tornare a ricomporsi. Mi irrigidisco. Possibile che sia così?

Un giorno specifico, il giorno del Festival, di sera, in cui metteremo in scena uno spettacolo teatrale, scelto da noi come classe... in cui seguiremo delle procedure ben precise, secondo un ordine impeccabile. Lentamente volto la testa, con una terribile sensazione che si attorciglia nello stomaco e lo artiglia, come se guardare il sogghigno comparso sul volto di Mana, nel momento in cui incrociamo gli sguardi, possa darmi la conferma che temo. La breve risata che fuoriesce dalla sua bocca non è altro che il segno che temevo di trovare – non ho sbagliato. Ho capito, ho capito fin troppo bene.

“Mana...” deglutisco, esito ancora per un istante, “Non dirmi che il rituale di cui parli...”

“Sì, esatto, Nightmare Edge. Ero sicura che tu per primo lo avresti intuito.” a quelle parole, gli altri che si erano messi a confabulare per cercare, come me, una soluzione alle nuove, misteriose delusioni della nostra compagna, tornano inevitabilmente a guardarla, pendendo alle sue labbra, “ Ho manovrato la classe grazie al mio Occhio Demoniaco perché potessi attivare un preciso Rituale, nella notte tra il sedici ed il diciassette ottobre, quando le lame di Lucatiel e Leor saranno incrociate, io e Nightmare Edge combatteremo sotto al cielo stellato – il nostro potere, il nostro sangue, aprirà la porta verso il Piccolo Ragnarok, dove finalmente potrò ottenere abbastanza potere da—”

“Fermafermaferma!” blocco quel crescendo di assurdità che, purtroppo, al contrario degli altri, ho capito perfettamente, afferrandola per le spalle e scuotendola leggermente, “Di cosa stai parlando? Io combattere contro di te, sul palco? Di fronte a tutti? No, no, no, Mana...”

“Occhio Demoniaco.”

“...non accadrà mai.”

Di fronte ai miei occhi, con un cambiamento così repentino da arrivare come un pugno nello stomaco, la sua espressione di entusiasmo e mistero si infrange, accartocciandosi in una delusione tanto grande da farmi pentire immediatamente delle mie parole. Il fatto è che, fin dall'inizio, non ho mai avuto la capacità di negarle qualcosa; e la cosa non è che andata peggiorando, dopo quella fatidica serata. Ma questa volta, non demorderò – non posso certo mettermi in ridicolo di fronte a tutti. Sarebbe qualcosa di tanto imbarazzante, finirei per non riuscire nemmeno a guardare qualcuno negli occhi, nel migliore dei casi, e vedere inevitabilmente la mia faticosamente guadagnata nuova vita distrutta, senza possibilità di tornare indietro.

Vanificare tutti i miei sforzi, tutto l'impegno che ho messi nel tentativo di guarire dalla mia sindrome, solo per poi infrangere tutto nello spazio di un banale teatrino scolastico suona come una colossale azione suicida, un atto che sfiora il masochismo.

Mi dispiace, Mana, ma non cederò, nemmeno di fronte a quella tua espressione così afflitta e delusa.

“—Onestamente, non mi sembra un'idea così malvagia. Forse, per una volta, la sindrome di Mana potrà essere utile a tutti, no?”

Devo analizzare una ad una le parole appena pronunciate da Nao, prima di riuscire a comprendere appieno il loro significato e le sue implicazioni. Lentamente, come se il mio collo avesse appena subito un colpo assurdamente doloroso, come una coltellata alle spalle, mi volto lentamente ad incrociare il suo sguardo. “Nao..?” chiedo, incerto, come a ricevere conferma delle sue parole.

“Ma certo, con Mana a scrivere il copione, la nostra messinscena sarà sicuramente perfetta ed originale! Chi meglio di lei, che vive in un mondo di illusioni, può creare uno spettacolo?”

“Haruhiko, aspetta, stai scherzand—”

Makoto mi interrompe a metà della mia domanda incredula, “E poi, Mana non ha nemmeno bisogno di recitare, quindi non dobbiamo nemmeno preoccuparci di trovare una protagonista!”

Kazuhiro annuisce ad ogni parola, trovandosi perfettamente d'accordo con tutti gli altri, e non solo con Nao, facendo sfumare ogni speranza di trovare in lui uno stoico alleato. Mi sento come accerchiato, costretto contro il muro, tradito dai miei compagni più fidati. Forse, se scappassi dalla finestra…

Mi volto supplicante verso l'unica persona rimasta ancora in silenzio, con le braccia incrociate e gli occhi chiusi, come in profonda meditazione. Come avvertendo su di sé la mia disperata richiesta di aiuto, una silenziosa chiamata alle armi per difendere la mia dignità, apre un occhio, incontrando inevitabilmente il mio sguardo supplichevole. Anche lei, dopotutto, è passata attraverso lo stesso, travagliato percorso che ho dovuto seguire io, quindi non c'è dubbio che possa capirmi. Chi meglio di Hitomi è in grado di comprendere la mia situazione?

“Mh...” mugugna, pensosa, intrecciando le dita per poggiarvi sopra il mento, la testa piegata leggermente verso sinistra, il sorriso che si alza sul suo volto talmente affilato da rendere taglienti perfino le parole che ne fuoriescono, “A me sembra un'ottima idea. Non vedo perché no. Sono sicura che farai un figurone sul palco, Minato.”

Il colpo di grazia arriva nella forma delle sue taglienti parole, che trapassano il mio cuore e quella tremolante, debole speranza di riuscire ad evitare l'imminente disastro. Sconfitto, svuotato, crollo sul tavolo, senza poter protestare. Come un assetato in mezzo al deserto che attende la sua morte, resto semplicemente così, immobile, ascoltando gli altri che si sono già gettati nel progetto, iniziando a discutere dei dettagli.

“Non prendertela con loro,” la mano di Mana si poggia sulla mia spalla, “influenzare le loro scelte con l'Occhio è stato davvero facile.”

“Posso immaginare...” sussurro, muovendo appena la testa senza nemmeno alzarmi dalla mia posizione di sconfitta, per guardarla in viso. Vedendola accanto a me che sorride, che sprizza felicità ed entusiasmo da tutti i pori, non riesco a provare, mio malgrado, una vaga sensazione di calore – abbastanza da farmi pensare che, alla fine, forse il mio imbarazzo è un prezzo equo da pagare, per poterla vedere così. Per scacciare la sua solitudine e donarle, per una volta, un po' di felicità.

Sono in grado di sopportare tutto questo. Probabilmente se ne dimenticheranno tutti in un attimo, sarà il solito evento scolastico che scompare dalle memorie di tutti, sbiadendo gradualmente, fino a sfumare in una indefinita matassa di ricordi vaghi.

“Portiamo a termine questo rituale insieme, Nightmare Edge!” esclama, stringendo i pugni con un vigore ed un entusiasmo che, per un istante, minacciano quasi di contagiarmi. Starò impazzendo, ma andare verso il mio patibolo scolastico non è così male… se è qualcosa che la rende così felice.

Quindi, sorridendo stupidamente, nonostante dentro di me la riluttanza persista, nonostante fino ad un attimo fa mi sembrava di imbarcarmi verso l'apocalisse, non riesco a fare a meno di risponderle, “Guarda che si tratta solo di una recita scolastica.”

“Già, si tratta di un'ottima copertura per il nostro rituale,” alza la testa orgogliosamente, come se fosse stata lei in prima persona a muovere gli eventi in questo modo, “Nessuno dei servi dell'Antico se ne accorgerà mai.”

Prima ancora di rendermene conto, sono stato trascinato da Nao e Haruhiko verso l'altra metà del tavolo, per lavorare sui dettagli. Non so quanto tempo sia passato, quando finalmente decidiamo di chiudere qui la riunione, ma fuori il cielo si è scurito; senza che me ne accorgessi, abbiamo passato il pomeriggio a buttare giù delle idee preliminari e a dividerci i compiti, oltre che a progettare un modo per esporre al resto della classe l'idea, l'indomani.

Senza alcun riguardo per il già gravoso ed imbarazzante compito che mi attende, la parte del protagonista della storia di Mana, gli altri si sono raccomandati di sorvegliare la stesura del testo e di regolare la creatività della nostra autrice, di tenerla entro i limiti delle nostre possibilità – affibbiandomi, in pratica, la parte di lavoro che mi riesce meglio, secondo loro. Nonostante Hitomi apparisse riluttante a scaricarmi sulle spalle un altro peso, non sembrava ci fosse un'altra opzione, visto che sono quello che la capisce meglio e che le abita più vicino, oltre ad avere un legame più saldo con lei.

Credo di essere arrossito a quelle parole e Mana non ha aiutato, continuando a ripetere come sia destino incontrarci sempre e comunque, in ognuna delle nostre innumerevoli vite ultraterrene.

Quando mi chiudo la porta alle spalle con un tonfo, dopo aver salutato per l'ultima volta, mi siedo esausto di fronte all'uscio, poggiandovi contro la schiena. Mi passo una mano sugli occhi, stropicciandoli, per scacciare via la stanchezza e mi sforzo ad alzarmi in piedi per preparare qualcosa da mangiare prima che torni mia madre più che per dare un contentino al mio stomaco; per quanto sgranocchiare snack non sia esattamente la scelta alimentare più salutare, dopo aver passato tutto questo tempo a mangiarne meccanicamente, a grandi manciate, in un automatico gesto equivalente ad un esorcismo per scacciare l'ombra dello spettacolo, che è andata crescendo su di me, non riesco a trovare appetito.

Mi alzo in piedi chiamando a gran voce Mana, senza ricevere risposta. Non è tornata a casa sua, poco ma sicuro… che sia tornata in cucina?

“Mana, cosa ti va di mangia—” Nel momento in cui arrivo nel corridoio, le parole mi muoiono in gola ed il mio intero corpo sembra congelarsi sul posto, come paralizzato da uno dei miei peggiori incubi. A volte, ho immaginato cosa sarebbe potuto accadere se Mana avesse trovato qualcosa sul mio passato e sulla mia sindrome.

Ogni volta, il risultato non è stato dei migliori. Ho sempre archiviato queste eventualità come nulla più che fantasie e vuote preoccupazioni, scenari improbabili, impossibili nella realtà.

Eppure, davanti a me, in questo momento – Mana Maeda sta frugando nel ripostiglio.

Non in un ripostiglio qualsiasi, ma proprio quello in cui ho accatasto tutte le mie vecchie cianfrusaglie delusionali, una grande, vasta collezione di oggettistica fantasy, fantascientifica ed occultistica costruita in anni ed anni di fantasie folli e prive di ogni vincolo. Il contenuto di quella stanzetta buia è equivalente a svariati chili di esplosivo, nelle sue piccole mani.

La peggiore di tutte le ipotesi, lo scenario più terrificante si sta avverando proprio davanti ai miei inermi occhi. La esile figura di Mana inginocchiata, con tutto il busto che sparisce all'interno dello sgabuzzino, è impegnata a scavare in quella montagna di oggetti.

L'unica cosa che riesco a fare è…

“COME HAI FATTO A TROVARLO?!”

...urlare.

Mi precipito al suo fianco, infilandomi nella semioscurità rischiarata solo da una debole lampadina ormai prossima all'esaurimento, solo per vedere la mia adorabile vicina di casa che scava tra spade, pistole, libri e mantelli con gli occhi che brillano di una intensità tale da superare il flebile risplendere della lampadina. Non che sia così arduo, considerando quanto è vecchia.

Il terrore dipinto sul mio volto si esprime in una rapida serie di contrazioni dei miei muscoli facciali, un arco di tempo in cui osservo come paralizzato tutti i miei oggetti, i ninnoli abbandonati, venire riportati alla luce. Nonostante le mie proteste, non riesco a fare nulla se non osservare il manifestarsi davanti a me di una tra le peggiori, e decisamente più apocalittiche, possibili situazioni: Mana che mette le mani su tutta quella montagna di oggetti che rappresentano il mio oscuro passato da vittima della sindrome.

“Ma è fantastico!” esclama, mentre trascina fuori da quello spazio angusto uno dei tanti scatoloni, riportandolo alla luce del sole dopo mesi di oscurità, confinato nell'universo alternativo che è il mio ripostiglio.

“Ascolta, rimettiamo tutto al suo posto, va bene..?” provo a proporre timidamente, nella speranza che per una volta la fortuna sia dalla mia, senza ottenere nessun risultato apprezzabile, dato l'entusiasmo della autoproclamata Signora dell'Occhio.

“Quindi era qui che nascondevi la tua armeria arcana, la sterminata collezione di trofei raccolti durante le innumerevoli battaglie attraverso i secoli. Questa cripta è il tuo Sancta Sanctorum, quindi.”

“No, quello è un semplice ripostiglio...”

“—Ma questa è la Neva, la leggendaria spada che strappò la corona al Signore del Lago Cinereo!” Con uno scatto fulmineo, ed ignorando del tutto le mie proteste e le mie raccomandazioni, estrae una lunga spada dal suo fodero, rivelandone la lama ricoperta di incisioni. Ricordo di aver risparmiato per un anno intero, per riuscire ad acquistarla da un sito internet specializzato. All'epoca, ero talmente felice di averla da portarla in un fodero allacciato sulla schiena praticamente ovunque andassi.

“SHADOW SLASH!” Mana si lancia in una serie di fendenti maldestri, vibrandoli a casaccio a destra e manca, minacciando più volte di accecarmi; fortunatamente, la lama è smussata, altrimenti avrei potuto perdere qualche arto con estrema facilità.

Stizzito, le tolgo la spada di mano, scuotendo la testa con disapprovazione. Ma tu guarda, prima vuole impugnare le armi del Nightmare Edge e poi non conosce nemmeno come utilizzarle. “—E poi,” aggiungo, “Non è Shadow Slash. Stai a vedere… prima metti la spada così, piegando la punta verso il basso, con il piatto rivolto verso l'alto. Poi, una torsione dall'alto verso il basso e attiverai ASHEN CUT!” Soddisfatto della mia dimostrazione, rimetto la lama nel fodero, scostandomi i capelli con un movimento secco della testa. Un mezzo ghigno si apre sul mio volto di fronte all'espressione stupefatta di Mana, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata in una perfetta rappresentazione dello stupore.

“Sei stato magnifico, Nightmare Edge. È la prima volta che ti vedo in azione,” riesce infine ad articolare, mentre le porgo la spada, “Posso davvero prenderla..?”

“A te, mia alleata, posso concederl—“ Interrompo bruscamente la frase a metà.

No, aspetta. Cosa sto facendo?!

Mi rendo conto di colpo di cosa sta accadendo solo ora, quando la mia mente riesce a mettere a fuoco del tutto l'elsa della spada. Pieno di imbarazzo, mi volto di scatto, facendo finta di tornare a concentrarmi sullo scatolone trascinato fuori; Mana non sembra farci troppo caso, assorbita com'è dalla lama, posso vederla con la coda dell'occhio che continua ad esercitarsi nella posa che le ho mostrato un attimo fa.

Non riesco a credere di essermi lasciato trascinare da lei senza nemmeno rendermene conto. Mi do un colpo alla fronte, ripromettendomi di stare più attento, d'ora in poi. Anche se, dopotutto, finché è con lei, non è così male… era così presa, quando le ho mostrato la posa, ed è stato tutto così naturale che non ci ho nemmeno fatto caso.

È proprio vero, che ormai è una parte essenziale della mia vita quotidiana.

“Domani Grimoire Master e Fallen Angel riferiranno la decisione al resto della classe. Spero che accettino, perché ho già in mente qualcosa di incredibile. Sarà un rituale perfetto, abbastanza da scatenare i miei veri poteri di Occhio.”

Ora capisco perfettamente perché io sia finito in questa posizione. Effettivamente, nessun altro riuscirebbe a tenere Mana a freno, a dare un limite alla sua immaginazione.

“Ricorda che è prima di tutto una rappresentazione teatrale scolastica. Non esagerare.” le ricordo, mentre accendo i fornelli per iniziare a cucinare qualcosa per cena. Il tempo è decisamente volato senza che ne accorgessimo, ancora una volta. Mana si siede accanto al tavolo, impegnata a scrivere sul suo quaderno con una solerzia che posso definire solo preoccupante.

“Quella è solo una copertura per il nostro vero obbiettivo.”

“Non credi sarebbe meglio raccontare una storia? Magari una che ti sia particolarmente cara, in un certo modo, così che tutti possano capire per quel che combatti.”

Questa affermazione sembra accendere una scintilla sul suo volto.

Alza la testa, per incrociare il mio sguardo – e mi rivolge uno di quei suoi sorrisi inaspettati, che a volte sfodera come un'arma segreta che lascia congelati, come assorbiti, incantati.

“Hai ragione! Non per nulla, sei il Nightmare Edge.”

“Scriverai una storia, allora? Non sarà mica la storia della chimera, vero? Perché non ho intenzione di prendere quel gatto e costringerlo a recitare.” protesto scherzosamente, sedendomi accanto a lei.

“Mi dispiace, ma è un segreto che non posso rivelare nemmeno a te, ma...” stringe il quaderno al petto, “Sono sicura che ti piacerà.”

Nonostante la consapevolezza di essermi fatto trascinare per l'ennesima volta in una spirale di eventi al di fuori della vita scolastica normale che ho sempre desiderato, non posso lamentarmene.

Se c'è una cosa che ho capito, è che quella normalità che immaginavo non sarà che un illusione, per me, finché Mana sarà al mio fianco. Ed è qualcosa che ho accettato, gradualmente, seppure una parte di me non voglia arrendersi.

Senza l'Occhio Demoniaco, sarebbe tutto più noioso.

Senza Mana, tutto sarebbe un po' più grigio.

Dopotutto, lei vede un mondo che io ho dimenticato. Un mondo d'immaginazione, al di sotto di una sottile lastra di vetro.

 

Avrei dovuto capire che la giornata sarebbe finita male dal momento in cui Mana ha sbattuto lo scatolone ritrovato nello sgabuzzino perduto, da lei denominato la Bocca dell'Abisso, al centro del tavolo attorno al quale ci eravamo riuniti. Ma ancora conservavo una flebile vena di ottimismo.

Inutile dire che si è spenta un attimo dopo l'inizio del discorso di Mana, quando ha sbattuto il contenitore della mia vergogna al centro del tavolino della casa di Hitomi, annunciando a tutti che avremmo utilizzato questi “artefatti dall'oscuro potere” come parte integrante del rituale.

L'unica cosa che voglio, in questo momento, è poter tornare indietro nel tempo ed avvertire il me stesso del passato di nascondere gli scatoloni da qualche altra parte. Perché non li ho buttati, quando è stato il momento? Dannata nostalgia. Ora che non posso farci nulla, e che i rimasugli della mia sindrome mi si sono rivolti contro, non posso che rimanere a guardare gli altri che scavano all'interno del mio passato, tirando fuori riproduzioni di armi, mantelli, maschere, pendenti, una quantità impressionante di cianfrusaglie che non ricordavo nemmeno di possedere.

“Dove hai trovato tutte queste cose, Mana?” la genuina curiosità di Nao, mentre guarda attentamente il piccolo libro di rune che ho compilato io stesso, fa scattare immediatamente un campanello di allarme nella mia testa,“Sono tutte tue? La calligrafia qui sembra diversa.”

Combattendo il mio impulso di porre fine alla mia esistenza tagliandomi la giugulare con il pugnale del caos Wornir, che altro non è se non un tagliacarte elaborato nella sua decorazione, con tanto di incisioni in latino sulla lama, mi affretto a rispondere nervosamente, prima che Mana possa aprire bocca e mandare in pezzi tutto quanto, “Oh, queste cose—”

Mi basta sentire il mio stesso tono di voce, tremolante ed incerto, per capire quanto poco realistica suonerebbe qualsiasi scusa che possa sputare fuori, in un patetico tentativo di difendermi. Il mio sguardo supplicante incrocia quello dell'unica persona in grado di aiutarmi, l'unica oltre a Mana a conoscere la verità; peccato che Hitomi non sembri intenzionata a fare nulla, se non rivolgermi un sorriso tagliente e divertito, abbastanza da trapassarmi da parte a parte.

La mia silenziosa richiesta di aiuto sembra disperata abbastanza da riuscire a smuovere il suo cuore dopo qualche istante, vedendomi come in bilico su una corda che rischia di spezzarsi, e mossa da magnanimità celestiale, e sicuramente dall'idea di farmela salatamente pagare in seguito, Hitomi si intromette tra noi tre, “Se non sbaglio, Minato mi aveva detto che sono di un suo cugino cosplayer, o qualcosa di simile. Me ne avevi parlato l'ultima volta, ricordi?”

Credo di aver sentito il cielo aprirsi e gli angeli cantare lodi in lingue perdute alla mia salvatrice, perché per un lungo momento rimango assorbito dalla sua figura radiosa. Sì, non c'è dubbio: se un serafino che aiuta i guerrieri nelle loro imprese ha un aspetto, è sicuramente quello di Hitomi Mori.
Mentre sono ancora avvolto dall'estasi contemplativa della mia salvatrice, lei mi si avvicina con passi leggeri, camminando come sospesa da terra, lasciando dietro di sé frammenti lucenti...

“Ora sei in debito con me,” mi sussurra, scivolandomi vicino, con un tono talmente sinistro da mandarmi un brivido di gelo lungo la schiena.

—Cosa ho combinato?

Mi lascio cadere sul tavolo, lamentando a bassa voce la mia sorte, ignorato da tutti, presi come sono dai preparativi. Sono finito dalla padella alla brace, sono stato attirato nella tela di un ragno. Oh, ingenuo, povero me stesso…

“Come dicevo, l'idea è stata approvata dal resto della classe. Abbiamo il via libera per mettere su lo spettacolo di Mana; dobbiamo decidere i ruoli, prima di tutto, poi occuparci dei costumi, degli sfondi…” Haruh inizia a leggere diligentemente dall'elenco che si è preparato prima della riunione, “E sopratutto, dobbiamo riuscire a mettere insieme qualcosa che possa rappresentare al meglio quel che siamo in grado di fare. Ma prima di tutto, abbiamo bisogno del fulcro dell'intero progetto, il manoscritto. Come procede il lavoro, Minato?”

Alzo la testa, ricomponendomi come meglio posso e interrompendo per un momento la contemplazione del mio triste destino, solo per passare a combattere i sudori freddi.

Ho aspettato questo momento a lungo. Negli ultimi tre giorni, non ho fatto altro se non pensare a ciò che avrei dovuto dire loro quando questa domanda fosse inevitabilmente arrivata. Ho soppesato numerosi approcci finché non sono arrivato ad una decisione. Ho scelto l'opzione migliore, quella più adatta, perfetta per la situazione.

“Benissimo, siamo a buon punto!”

...Mentire.

Peccato che il tono di voce e l'espressione con cui ho rifilato loro questa enorme bugia non siano per nulla convincenti. Probabilmente hanno capito esattamente che si tratta solo di una menzogna, tirata in ballo con il solo scopo di prendere tempo e tentare di aggiustare le cose prima che qualcuno se ne accorga. La verità è che l'idea di Mana è decisamente troppo per noi; inizialmente, si trattava di una sequela complessa di rituali, in cui era necessario parlare nella lingua Abissale, tracciare svariate rune ed infine ingaggiare uno scontro violento e furioso con il quale portare a compimento l'intero procedimento.

Per quanto abbia insistito, per quanto abbai tentato numerose volte di convincerla a cambiare il tutto, ho ottenuto l'effetto opposto a quello sperato. Abbandonata l'idea del rituale, credevo avrebbe fatto solo qualche aggiustamento qua e là, eliminando parti a suo dire non fondamentali del tutto.

Invece, ha iniziato a scrivere, come presa una frenesia indescrivibile, narrando nel frattempo ad alta voce la sua idea. Anche se chiamarla effettivamente “opera teatrale” non è giusto: si tratta di più di un intricata ed elaborata trasposizione di vicende ultraterrene, della battaglia furibonda tra l'Antico ed i Primi Eroi, della nebbia, della caduta dei primi regni, fino alla sconfitta della creatura abominevole e turpe.

Il problema principale è la lunghezza e complessità dell'intero scritto. Nonostante abbia assistito alla sua realizzazione e nonostante abbia passato gli ultimi giorni a leggerlo come un disperato, non sono riuscito ad arrivare nemmeno a metà – senza contare che ho potuto comprendere l'intreccio solo grazie alla mia sconfinata, e allo stesso tempo inutile, conoscenza del mondo in cui Mana è convinta di vivere, quello che a tutti gli altri è precluso dalla mancanza di fervida immaginazione e totale fede in essa.

Quello che Mana ha dato alla luce è un tomo di cronache in prosa teatrale, qualcosa che richiederebbe una compagnia professionista per essere messo in scena, non di certo una classe liceale alle prime armi, tempo limitato e ristrettezza di fondi.

Solo che, in tutto questo, non sono stato in grado di cambiare alcunché; per qualche ragione, sembra essere fondamentale, agli occhi di Mana, raccontare con precisione maniacale ogni singolo avvenimento costruito dalla sua sterminata fantasia – come se stesse ponendo le basi per raggiungere qualcosa, in fondo alla storia stessa. Tutto quello che ho letto non sembra condurre da nessuna parte, eppure deve esserci una motivazione, un fine ultimo – dopotutto, la sua espressione si è accesa di colpo, quando ho parlato di una storia da raccontare. Per quanto sia rischioso, per quanto potrebbe rovinare tutto, ho deciso di credere in lei; sono sicuro di poter riuscire a trovare quel che vuole mostrare a tutti.

Ma fino ad allora, non c'è che un'opzione possibile, ed è ingannare gli altri.

So che questo porterà inevitabilmente alla mia punizione e che sto camminando sui carboni ardenti, eppure… ho già deciso.

“Bene, per la prossima settimana ho bisogno che sia tutto ultimato. Il tempo stringe.”

Devo fare del mio meglio per evitare che la mia espressione si crepi all'affermazione di Haruhiko. Una settimana. Non mi aspettavo più di così, il lavoro da svolgere è tanto e bisogna rientrare in un limite ragionevole, eppure sentirselo dire è ancora peggio – è un pugno allo stomaco.

Va tutto bene, mi ripeto, sapevi già che sarebbe accaduto. Non vacillare. Ormai hai deciso di credere in lei, non puoi tornare indietro. Non puoi abbandonarla.

Se lo facessi, chi altro le sarebbe accanto? Chi altro le darebbe sostegno?

Rimarrebbe sola.

E non posso sopportarlo.

Quindi, dovrò stringere i denti e capire… cosa pensi davvero, Mana.

“Stai tranquillo, Haruh. Ci daremo da fare.”

Fuori è già buio, quando ci lasciamo alle spalle l'imponente cancello di casa Mori e salutiamo tutti gli altri, andando ognuno per la sua strada; Kauzhiro se n'è andato prima, con Nao, perché oggi è giorno di visite all'ospedale. Sembra che la malattia di sua sorella stia migliorando ed anche lui ha iniziato a frequentare più regolarmente le lezioni, per la felicità di Nao.

Ora, ci ritroviamo io e Mana che, come ogni giorno, camminiamo per la stessa strada del nostro quartiere, la stessa strada in cui, quella sera, ci siamo conosciuti. Ogni volta che passiamo sotto un lampione la cui luce tremola, esitante, come a minacciare di spegnersi, mi ricordo vividamente in ogni dettaglio il nostro incontro.

Mentre camminiamo, stringendoci nei cappotti per ripararci dal freddo pungente della sera, lei continua a parlare della storia, di quanto le manca per terminarla e di come non vede l'ora che io la legga tutta. Quando inizia a dirmi queste cose, si infervora di colpo e posso vederla accendersi, posso distinguere una luce di entusiasmo nei suoi occhi così intensa da lasciarmi assorto. Da quella sera, a casa sua, da quando l'ho abbracciata, vederla spensierata pur sapendola sola mi lascia un gusto amaro in bocca; per questo, cerco sempre di rimanerle accanto, più che posso. Anche in questa situazione orribile in cui ci siamo cacciati.

Il suo respiro si condensa in nuvolette e stretta nel suo cappotto invernale stranamente sembra quasi più esile del solito. La sua pelle è così diafana ed i suoi capelli così scuri, da sembrare un'apparizione notturna, così tremolante da poter sparire in un soffio o in un battito di ciglia. Come se fosse finita qui, vicino a me, per caso; come se questo non fosse il suo posto e in realtà vivesse davvero in un mondo d'immaginazione che io ho dimenticato.

“Hey, Mana.” Mi fermo di colpo, in mezzo alla strada illuminata pallidamente dalle luci smorte, esitanti. Il cancello di casa mia è aperto a metà, la mia mano stretta sulla sbarra gelata. Lei si interrompe e, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena, si volta a guardarmi, inclinando appena la testa, “Qualcosa non va?”

Non so come esprimere in parole quel caos che sono i miei pensieri. Non sono in grado di tradurre tutto quel che penso, quell'accozzaglia di emozioni, sentimenti contrastanti ed immagini che suscita in me. Forse nessuno può farlo, nemmeno uno scrittore che conosca tutto di me; si tratta di una matassa talmente ingarbugliata che, probabilmente, non può essere slegata.

Quindi, dopo aver preso un profondo respiro, guardandola negli occhi, “—Che storia vuoi raccontare?” chiedo, con voce tenue, talmente bassa da chiedermi se mi abbia sentito, nonostante il silenzio assoluto di questa strada di periferia, in una fredda notte serale di ottobre.

Mana rimane in silenzio, come se stesse riflettendo, gli occhi socchiusi; le guance arrossate che spiccano sulla sua candida carnagione, le sue labbra un po' screpolate che si stringono mentre cerca una risposta, le sue dita che nervosamente giocherellano con una ciocca di capelli.

La sua piccola, lontana figura, sola sotto la luce biancastra di un lampione qualsiasi, in una strada qualsiasi, di un quartiere qualsiasi, assomigliano ad un eco di un mondo lontano, tremolante. Talmente fragile e trasparente, che qualcuno potrebbe scambiarlo per vetro.

“Lo hai capito, alla fine...” abbassa lo sguardo, come fuggendo il mio, affondando il volto nella sciarpa viola, riesco appena ad udire la sua voce soffocata, “Anche se ho tentato di nascondertelo. Speravo di farti una sorpresa. Ma, come sempre, è impossibile tenerti all'oscuro di qualcosa, non è così?” stropiccia le mani una contro l'altra, prima di poggiarsi una mano sul petto, “Dopotutto abbiamo passato tante vite, insieme. L'Occhio Demoniaco ed il Nightmare Edge. Talmente tante che è impossibile ricordarle tutte...”

Alza la testa, per tornare a guardarmi negli occhi. Sul suo viso, è tornato quel sorriso che ho visto solo raramente, ma che ogni volta sembra afferrarmi per un istante, congelando il tempo senza che nemmeno me ne accorga.

“...Voglio raccontare la nostra storia, Nightmare Edge.”

Eppure, sembra così triste, questa volta.

“La storia di come, ogni volta, mi hai ucciso.

Di come, ogni volta, la tua spada mi ha trapassato.

E di come, ogni volta… hai pianto su di me, giurando che ci saremmo rivisti. Perché i nostri destini sono legati, indissolubilmente.”

Si volta, riprendendo a camminare, verso il cancello di casa sua.

Prima di sparire nell'ombra, mi guarda un'ultima volta.

“Sai cosa ti ho detto, ogni volta?”

Per qualche ragione, mi sento in colpa. Mi sento in colpa, perché non conosco la risposta. Non posso conoscerla, perché queste cose sono accadute solo nelle sue fantasie, nel suo mondo.

Ma nonostante questo, il fatto che io non ricordi deve farla soffrire.

Eppure, continua a sorridere.

“Sto bruciando… Non è un peccato abbracciarmi mentre brucio, vero? Estingui le tenebre con il tuo fuoco—Nightmare Edge.”

 

Questo è stato il nostro saluto, in questa fredda serata di ottobre.

 

   
 
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