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Autore: ArtRevenge_M    16/09/2016    18 recensioni
Quando Felicity Megan Smoak decide di curare uno dei pirati più pericolosi in circolazione, non ha la minima idea che il suo ringraziamento sarà essere rapita e condotta in un pericoloso viaggio oltre mare che cambierà totalmente la sua vita.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10


 

Paralizzata. Era stata questa la sua prima reazione alla vista delle condizioni in cui versava Oliver, incatenato e ricoperto di sangue. Ed il pensiero che potesse essere morto, per un attimo aveva sfiorato la sua mente, portando le sue gambe a muoversi, come spinte da volontà propria, verso l’uomo. Non aveva fatto caso ai commenti sorpresi dell’equipaggio, rinchiuso nelle celle laterali che chiamavano il suo nome, i suoi occhi erano rimasti fissi verso il volto privo di sensi dell’uomo, volto, che con mani tremanti aveva sollevato.

La vista lentamente appannata dalle lacrime e il cuore in gola, Felicity aveva controllato le pulsazioni del pirata, rilasciando un respiro di sollievo al semplice udire dei suoi battiti. Successivamente aveva chiamato il suo nome, più e più volte lasciando le sue lacrime libere di riversarsi nelle sue guance. Roy nel frattempo aveva provato a liberare l’uomo dalle catene che lo tenevano sollevato in aria, ma senza risultato. La chiave per esse non si trovava nel mazzo che il ragazzo aveva sgraffignato dalla stanza del Colonnello, così era corso fuori dalle prigioni, per cercare la giusta chiave. Poco dopo, Oliver aveva aperto gli occhi, guardando Felicity con espressione confusa in volto e lei aveva disteso le sue labbra in un sorriso automatico, tornando nuovamente a respirare. Non era riuscita tuttavia a fermare le lacrime che invadevano il suo volto, sopraffatta da una serie di emozioni a cui neanche lei, avrebbe saputo dare un nome e sorda, verso il resto del mondo, aveva continuato semplicemente a guardare il volto del pirata, fino a quando la voce di Thomas l’aveva risvegliata da quella sorta di cupola in cui si era inconsapevolmente barricata.

“Felicity le chiavi..” era stato tutto quello che la ragazza aveva percepito e immediatamente, la sua razionalità era tornata al comando. Aveva lasciato andare il volto di Oliver ancora confuso e frettolosamente si era asciugata le lacrime, afferrando le chiavi che Roy aveva lasciato a terra poco prima di uscire dalla stanza. Ma era riuscita a compiere solo pochi passi, prima che la porta si aprisse nuovamente con gran fragore e Roy venisse lanciato all’interno della stanza come un enorme sasso.

“Roy!” l’esclamazione preoccupata del suo nome uscì automaticamente dalle labbra della ragazza, sorpresa quanto il resto dei presenti e istintivamente si mosse verso il giovane, pronta a controllare le sue condizioni, ma la voce imperiosa di Ivo la impietrì sul posto e del tutto scioccata si ritrovò a faccia a faccia con il Colonnello dell’Amazo.

“Pare che Mary avesse ragione. Siete davvero dalla loro parte, Felicity.”

Gli occhi di ghiaccio fissi su di lei, Anthony avanzò nella stanza con passo fermo, sotto lo sguardo del tutto sconvolto della giovane. Come mai l’uomo era ancora sveglio? L’intera nave aveva subito gli effetti dei fiori di batch che lei aveva furtivamente introdotto nella cena di quella sera cadendo in un sonno profondo, ma perché Ivo no?

“Vi state chiedendo come io faccia ad essere sveglio, vero? ” domandò l’uomo, guardando l’espressione della ragazza con un sorriso di amara ironia e Felicity chiuse la bocca, cercando di mascherare la sua espressione del tutto sconvolta.

“La risposta è semplice. Non ho avuto il tempo di cenare. Sono stato occupato tutta la sera a intrattenere il capitano della Green Arrow.” rivelò e Felicity voltò appena il capo, realizzando nel guardare ancora una volta il sangue di cui Oliver era ricoperto, cosa Ivo intendesse con la parola intrattenere.

“Per questo motivo non sono stato drogato dalla vostra trovata che devo ammettere, assolutamente geniale. In pochi conoscono le proprietà dei fiori di Batch.” la lodò lui, ma la giovane ignorò quell’ammirazione e lo smarrimento che l’aveva invasa solo poco prima svanì, lasciando il posto al suo indomito coraggio.

“Non avevate alcun diritto di fare tutto ciò. La marina non agisce forse secondo le leggi? E le leggi non impongono un processo prima di arrivare ad una condanna!?” domandò stizzita e Anthony Ivo si aprì in una grossa risata, prima di risponderle:
“Non ho bisogno di alcun processo. Il mondo intero sa quali crimini lui ha commesso, e potete star certa che nessuno si lamenterà di questo.”

“Vi sbagliate. Oliver non ha commesso nessuno dei crimini di cui lo accusate!” ribatté Felicity senza indugio e il Colonnello inclinò il capo, il sorriso sempre fermo sul suo volto.

“E dove sarebbero le prove?” domandò con tono ironico e sicuro, guardando con compiacimento l’esitazione che la ragazza stava mostrando nel rispondere. Ma dopo pochi attimi, quel sentimento gongolate svanì, trascinato via dalle parole di lei.

“Io..”

“Come prego?”

“Io sono la prova. Oliver non ha attaccato la mia isola, lui mi ha salvata. Io sono la prova.” affermò lei e il sorriso nel volto di Anthony perse tono e ilarità, freddandosi in un’espressione di aspra consapevolezza.

“Quindi ciò che avete fatto è un crimine. Avete abusato della vostra autorità come Colonnello senza svolgere alcuna indagine accurata. Perderete sicuramente il vostro grado.”

Anthony abbassò lo sguardo, mentre il sorriso sul suo volto si dissipava del tutto e la voce roca e minacciosa sussurrò.

“Allora immagino di non aver trovato alcun sopravvissuto a Conway.”

Felicity schiuse le labbra, mentre l’uomo risposava lo sguardo su quello della giovane e in una frazione di secondo capì le sue intenzioni. Istintivamente si voltò correndo verso una delle celle per liberare la ciurma, ma Ivo fu più veloce e in un solo scatto l'agguantò, bloccando la sua corsa.

“Lasciatemi!” ordinò Felicity, mentre altre grida simili giungevano da ogni cella.

“Non vi hanno mai detto che le persone che ficcano il naso negli affari degli altri fanno una brutta fine?” domandò, tentando di trascinarla con forza fuori dalla stiva, ma Felicity caparbia continuò ad agitarsi, riuscendo a mordere un braccio dell’uomo e sfuggire alla sua presa.

Ivo gemette dal dolore, ma riacciuffò subito la sua preda. Felicity lanciò disperatamente le chiavi verso una delle celle, tuttavia il mazzo non cadde abbastanza vicino da rendere possibile ai pirati di recuperarla e Ivo rise, verso quell’inutile tentativo. Fu in quel preciso momento che i sensi di Oliver ritornarono. La sensazione di stordimento che l’aveva accompagnato durante tutto quel tempo svanì e nel guardare Felicity finire a terra con Ivo sopra di lei ritornò bruscamente alla realtà.

“Levale le mani di dosso!” urlò Thomas, muovendo in uno scatto d’ira le bracciata bloccate dalle catene. Ma l’uomo non ascoltò minimamente le parole del pirata o del resto della ciurma. Strinse semplicemente il fragile collo di lei in una morsa atta solo ad un fine: uccidere.

“Non avresti dovuto intrometterti.” le disse, mentre lei boccheggiava, nel disperato tentativo di respirare. A quella vista Oliver, completamente sveglio, venne totalmente sommerso da una rabbia cieca e il dolore e la debolezza che fino a quel momento aveva provato a causa delle torture subite sembrarono svanire. Senza esitazione, il pirata afferrò con le mani le catene che lo tenevano sospeso per aria, rigirandosele più volte nei polsi e con una forza disumana riuscì a fare leva su di esse, usando il peso del suo corpo per sradicarle dal soffitto.

In un boato inaspettato e assordante, Oliver Queen cadde a terra, le catene ancora ai suoi polsi, ma non più attaccate alla nave e lo sguardo perforante verso quello terrorizzato di Ivo che come il resto dei presenti, si era voltato a guardarlo.

“Come..?” fece in tempo a dire il Colonnello, prima che come un toro alla carica Oliver gli si gettasse contro, liberando Felicity.

La giovane, tossendo convulsamente si girò su un fianco, respirando con voracità l’ossigeno di cui poco prima era stata privata, mentre i due uomini continuavano a lottare nel pavimento, l’uno in cerca di predominare l’altro.

“Felicity le chiavi!” urlò nuovamente John al suo indirizzo, sotto le grida degli altri compagni d’equipaggio che incitavano il loro capitano a far fuori Ivo e la ragazza si rialzò in piedi con una forza che non sapeva di avere, barcollando fino al mazzo di chiavi. Ma ancor prima che potesse afferrarlo un colpo di proiettile si conficcò a tre centimetri dal punto esatto in cui stavano le chiavi. Felicity emise un urlo di paura e spostandosi su di un lato per la sorpresa, finì per cadere nuovamente a terra, poi si voltò, guardando come il resto dei presenti la figura di Ivo a cavalcioni su Oliver, la pistola puntata verso di lei e una mano a stringere la gola del pirata.

“Sembra che il vostro desiderio di morire sia grande.” ironizzò il Colonnello e Felicity deglutì, mentre Oliver nonostante lo sfinimento dovuto alle pessime condizioni in cui versava, continuava invano a tentare di liberarsi.

“Ve lo ripeterò ancora, non intromettetevi o la morte rapida che volevo concedervi diverrà una lenta tortura.” minacciò, tornando poi a posare lo sguardo verso Oliver.

“Riguardo a te Oliver, immagino di averti sottovalutato. Hai ancora la forza per muoverti.” soppesò, osservandolo per un momento silenziosamente prima di aggiungere:

“Magari dovrei spararti ad una gamba o a un braccio, tanto per assicurarmi che tu stia fermo.”

Le parole dell’uomo furono seguite dal movimento del suo braccio che si spostò fino a poggiare la pistola nella spalla del pirata. A quella vista, Felicity scosse il capo in modo convulso e le urla di protesta nacquero spontanee.

“No! Ti prego no!”

Anthony si voltò sorpreso verso quella supplica, ma gli occhi di lei non ricambiarono quello sguardo, totalmente fissi sul corpo di Oliver e ormai prossimi alle lacrime.

“Ha già perso molto sangue, con una ferita da sparo non sopravviverebbe!” spiegò, la voce rotta dal pianto che non riusciva più a trattenere. Il volto sorpreso di Ivo divenne ben presto coperto da un ironico divertimento a quella vista, ed emettendo una risata folle, domandò:

“Credevo stessi tentanto di liberarli perché ti hanno salvata, ma in realtà c’è più di questo vero?”

Felicity non rispose e l’uomo senza indugio continuò.

“Sei innamorata di lui.” affermò con sicurezza e Oliver seppur stordito schiuse le labbra verso quelle parole. Il sorriso nel volto di Anthony aumentò, mentre i singhiozzi della giovane dovuti al pianto si dissipavano a poco a poco.

“Si è innamorata di te.” ripeté Anthony, questa volta verso il pirata, ridendo per lo strano déjà vu che gli sembrava di vivere.

“Ora che la guardo meglio, assomiglia alla piccola Shado.” affermò e lo sguardo di Oliver gelò al sentire pronunciare quel nome. Ivo sorrise, divertito dall’espressione che il pirata aveva assunto e lentamente si chinò verso l’orecchio dell’uomo, sussurrando affinché solo lui potesse sentire:

“Credi che farà la sua stessa fine?”

La bocca di Oliver si deformò in una smorfia di rabbia mal trattenuta e quando l’uomo scostò il suo viso per posare lo sguardo sul pirata, i suoi occhi brillarono minacciosi. L’istinto di liberarsi dalla sua presa e spezzargli il collo si propagò totalmente in Oliver, ma l’istante successivo, il pirata si accorse con orrore che quella volta la sua volontà non sarebbe bastata. Non importava infatti quanto disperatamente volesse fermare Ivo, il suo corpo allo stremo, non rispondeva più ai suoi comandi. Un sorriso divertito si formò nel volto del Colonnello, mentre stendeva il braccio armato in direzione di Felicity, pur continuando a guardare gli occhi totalmente paralizzati di Oliver. Le grida di protesta provenienti da ogni cella divennero voci sorde alle orecchie del pirata e il ritmo del tempo parve rallentare verso quel decisivo momento.

“No.” fu solo un sussurro intriso di paura. Una negazione istintiva che in un flashback di spaventosi ricordi, portò Oliver a rivedere Shado. Il ricordo del suo sorriso un attimo prima che la vita le venisse strappata via e il suo urlo disperato, mentre il corpo di lei cadeva con banalità al suolo, parve prendere vita, divenendo un eco disperato nella sua testa. Ivo voltò il capo verso Felicity, il braccio teso e il dito sul grilletto, pronto a colpire. E Oliver trattenne il respiro, mentre l’urlo disperato che fino a quell’attimo aveva echeggiato nella sua testa esplose dalle sue labbra, in un ultimo amaro tentativo di fermarlo. Il volto di Felicity venne rigato da calde lacrime, mentre chiudeva gli occhi in un silenzioso segno di accettazione verso quella fine, poi il boato.

Il rumore di un solo colpo: forte, ma non abbastanza da eguagliare il suono di un proiettile. In quel minuto sospeso nel buio, Felicity trattenne il fiato, domandandosi come mai non sentisse alcun tipo di dolore e per un attimo, il pensiero che fosse direttamente passata all’altro mondo le sfiorò la testa. Ma quando riaprì gli occhi, si ritrovò esattamente nello stesso punto di prima con una sola differenza.

Ivo era a terra privo di sensi e Roy, con in mano una pala, stava eretto e fiero accanto a Oliver. Un attimo di stupore sospeso, poi Felicity si rialzò in piedi precipitandosi senza indugio verso Oliver.

“Stai bene?” entrambi porsero all’unisono quella domanda ed entrambi sorrisero annuendo appena in risposta, per poi perdersi l’uno negli occhi inconsapevoli dell’altro. C’erano così tante cose che avrebbero voluto dire, scuse e domande che affollavano la loro mente. Ma in quel momento decisero di rimanere in silenzio, cullati dal sollievo reciproco di sapere che l’altro era salvo.

A interrompere il loro silenzioso scambio di sguardi ci pensò John, che finalmente libero come il resto della ciurma grazie a Roy, ricordò ai due che si trovavano ancora in una nave della marina e che non era il caso di ritardare oltre la loro fuga. Così, sorretto da Tiger e Diggle, con davanti a se Felicity e circondato dal resto della ciurma, Oliver Queen lasciò le prigioni, ritornando sulla sua amata Green Arrow e viaggiando a vele spiegate lontano dalla Amazo.


 


 

Intanto da tutt’altra parte.

“Quindi sono stati catturati dalla marina?” domandò l’uomo e il sottoposto annuì.

“Probabilmente arriveranno presto ad Iron Heights e a quel punto saranno uomini morti.” commentò il pirata sorridendo con soddisfazione, sorriso che venne prontamente ricambiato dal suo capitano, che a passo fermo arrivò davanti a lui. Quando furono in piedi l’uno a pochi passi dall’altro non passò più di un secondo prima che il sorriso nel volto dell’uomo si spense e il suo sottoposto capisse il grave errore commesso. Con una sola mano il pirata afferrò il ragazzo per il collo, sollevandolo in aria e privandolo sempre più dell’ossigeno.

“Lo trovi divertente!? Sono io l’unica persona che deve ucciderlo!” esclamò e la sua voce roca intrisa di rabbia parve riecheggiare nella stanza, mentre con furia omicida lanciò l’uomo lontano dalla sua vista. Il respiro affannato e l’espressione rabbiosa, pensò che quello non era il modo in cui avrebbe voluto fossero andate le cose. Oliver Queen non poteva ancora morire e sopratutto, non per mano della marina. No. Lui doveva prima soffrire così intensamente e disperatamente da desiderare la morte. Nello stesso modo in cui lui stesso aveva sofferto. Solo allora, gli avrebbe concesso la fine per mezzo della sua spada. Slade Wilson non gli avrebbe permesso di avere nessun’altra fine, se non questa.


 


 

--

Era abituato a rischiare la vita. In più di un occasione fin da quando era solo un ragazzo era stato costantemente circondato da pericoli, molti dei quali gli avevano fatto sfiorare la morte e divenire un pirata non aveva certamente cambiato questa condizione, tutt’altro. Il faccia a faccia con la morte era diventato una costante nella sua vita, tanto che il pirata aveva sviluppato una sorta d’immunità allo shock successivo che quelle situazioni solitamente comportavano. Per lui, quella era un’abitudine, ma era certo che non lo fosse affatto per Felicity. Poteva dirlo dal modo in cui si era chiusa a riccio, fin dal loro ritorno a bordo della Green Arrow. Non aveva spiccicato parola, e se c’era una cosa che aveva imparato nel poco tempo trascorso con lei era che Felicity, aveva sempre qualcosa da dire. Ma per tutto il tempo in cui aveva pulito e bendato le ferite che Ivo gli aveva inferto, non aveva detto nulla. Chiusa in un silenzio assorto che Oliver aveva rispettato, osservando ogni singolo movimento della ragazza con celata preoccupazione.

Almeno fino a quel momento.

Il pirata schiuse le labbra, sorpreso, guardando delle improvvise lacrime rigare le guance della ragazza che sorpresa quanto lui, le asciugò velocemente, dando le spalle all’uomo nel goffo tentativo di nascondersi.

“Le ferite vanno pulite almeno due volte a giorno.” mormorò, spezzando il silenzio che fino a poco prima era regnato tra loro.

“Se avete qualche foglia o radice di Borragine potrei fare un infuso per aiutare la cicatrizzazione.” continuò, sistemando le bende di stoffa tra le sue mani nel tavolino là davanti.

Oliver si alzò dalla sedia in legno sulla quale era stato seduto per tutto quel tempo e con passi lenti ma decisi, chiuse la distanza che lei aveva messo tra loro.

“Felicity..” sussurrò alle sue spalle e la giovane trattenne inconsciamente il fiato.

Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che il pirata fosse a pochi centimetri da lei. Percepiva chiaramente il suo respiro e il calore che il corpo dell’uomo emanava.

“Stai bene?” domandò e lei boccheggiò, gli occhi ancora lucidi, mentre una miriade di sentimenti contrastanti si abbattevano con furia sul suo cuore.

“Certo. Non sono io quella ricoperta di ferite.” mormorò, voltandosi per fronteggiare lo sguardo attento e preoccupato del pirata.

“Non sono io che mi sono fatta catturare dalla marina, finendo per essere torturata fino a perdere i sensi! Non sono io che ho rischiato la vita in modo incosciente e per cosa poi!?”

Oliver schiuse le labbra, guardando confuso il contrasto visibile tra l’espressione furiosa del suo volto e la tristezza intrisa nei suoi occhi lucidi.

“Spiegamelo! Perché!?”

“Perché cosa?” domandò il pirata sempre più perplesso da quella situazione.

“Perché sei tornato indietro!?” chiese in un urlo carico di disperazione e Oliver spalancò gli occhi sorpreso, mentre Felicity abbassando il capo colpì il suo petto. Una volta. Due.

“Perché non hai semplicemente continuato il tuo viaggio!?”

Tre.

“Perché non mi hai semplicemente lasciata al mio destino!? Perché l’hai fatto!? Perché!?”

Quattro. Cinque. Sei.

La mano del pirata bloccò i fragili pugni che fino a quel momento lei aveva riversato sul suo petto e finalmente consapevole dei sentimenti della ragazza, sussurrò deciso.

“Mi dispiace.. per gli abitanti del tuo villaggio.”

Felicity alzò lo sguardo verso quello dell’uomo, mentre quelle parole si abbattevano in lei come onde in tempesta, trascinandola al largo di quelli che erano i suoi veri sentimenti.

Erano tutti morti.

La ragazza si morse il labbro inferiore, cercando con quel briciolo di forza rimasta di trattenere le lacrime, ma quelle, sgorgarono veloci tracciando le sue guance una dopo l’altra e copiose appannarono la sua vista. I ricordi dei corpi delle persone con cui era cresciuta, ammassati l’uno sull’altro invase la sua mente, in un turbinio continuo di cocente dolore.

Singhiozzò, abbassando lo sguardo e Oliver lasciò andare le sue mani, che lentamente ricaddero ciondolanti verso i suoi fianchi. Non aveva avuto modo di realizzare quanto accaduto. Non aveva avuto modo di essere investita dal dolore di aver perso in un solo giorno le persone che amava. Aveva semplicemente archiviato quella perdita, per concentrarsi sul come salvare Oliver e la sua ciurma dal resto della marina. Ma la ferita, che l’orrore che aveva dovuto vedere aveva provocato in lei, non si era rimarginata. Ne era sparita. Aveva continuato a sanguinare silenziosa, in un costante ricordo della sua soffocante presenza e quando era ritornata a bordo della Green Arrow, aveva picchiettato spietata per uscire. In quell’attimo, le parole di Oliver avevano spezzato il sigillo che lei stessa aveva imposto a quella ferita.

“Felicity..”

Oliver sussurrò il suo nome, mentre la ragazza a capo chino continuava a piangere con maggior disperazione e istintivamente la mano dell’uomo si mosse per toccare una spalla di lei, in un impacciato gesto di conforto. Tuttavia non arrivò mai a toccarla, si fermò prima, indeciso. Non era da lui confortare qualcuno e a dire il vero, l’uomo faticava persino a ricordarsi come si facesse.

Sarebbe bastato un semplice tocco, per guarire una ferita così profonda? E come poteva lui che era la causa di quel dolore, pretendere di confortarla? Oliver chiuse la mano a pugno, ritraendola lentamente, in una sorta di silenziosa risposta verso i suoi stessi quesiti e senza una sola parola, continuò ad ascoltare il pianto disperato che la scuoteva con furia implacabile. Continuò a restarle accanto immobile, per un tempo indefinito, almeno fino a quando i suoi occhi non videro il corpo della giovane scivolare verso il basso e in un istintivo gesto di protezione il suo intero corpo si mosse, bloccando la sua caduta in un abbraccio.

“Felicity..” ripeté il suo nome, senza però ricevere risposta alcuna, persino i suoi singhiozzi erano svaniti, in un silenzio perforante che lasciò il pirata per un attimo smarrito. Con gesti delicati e accorti Oliver si spostò abbastanza da poter vedere il viso di lei. Gli occhi chiusi e il respiro affannato, la ragazza si aggrappò alla maglia del pirata, cercando di sorreggersi, ma la sua testa girò rapida e l’attimo successivo, le sue gambe cedettero ancora.

“Felicity..” Oliver chiamò ancora il suo nome, rendendo la presa sul corpo di lei ancor più decisa e con gli occhi spalancati dalla preoccupazione tastò la sua fronte, finendo per imprecare sonoramente nel sentirla così calda.

“John!” urlò allora, prendendo la ragazza tra le sue braccia e depositandola sul suo letto. John Diggle arrivò poco dopo, spalancando la porta senza soffermarsi a bussare e al suo seguito Thomas e Floyd.

“Cos’è successo?” chiese, finendo inevitabilmente per posare il suo sguardo su Felicity.

“Ha la febbre. Fai qualcosa.” ordinò perentorio e il compagno si avvicinò immediatamente alla ragazza, controllando con occhio medico le sue condizioni.

“Fantastico, possiamo aggiungerlo alla lista dei problemi che già abbiamo.” commentò Floyd e Oliver si voltò verso di lui confuso.

“Problemi? Quali problemi?” domandò, spostando poi lo sguardo verso Thomas che sospirò.

“La marina ha fatto piazza pulita delle nostre scorte.” comunicò, senza alcun giro di parole e Oliver schiuse le labbra del tutto sorpreso.

“Cosa!?”

“La stiva è completamente vuota. Hanno preso tutto.” continuò Thomas e il capitano della Green Arrow chiuse gli occhi, l’espressione contratta in una smorfia di rabbia mal celata, mentre elaborava quel fatto.

“Per questo abbiamo bisogno di attraccare da qualche parte e fare rifornimenti.” mormorò Floyd e Thomas sospirò verso quell’affermazione.

“Non penso affatto sia una buona idea. A quest’ora il quartier generale della marina sarà stato avvisato della nostra fuga e sapranno sicuramente che siamo fuggiti senza provviste. Si aspetteranno che attracchiamo da qualche parte per rifornirci..”

“Be non credo che abbiamo scelta. Noi potremo anche sopravvivere senza cibo per qualche giorno, ma lei..”replicò Floyd accennando con il capo alla figura di Felicity sdraiata sul letto e ancora priva di sensi.

Oliver riaprì gli occhi a quelle parole, ma non si voltò a guardare la ragazza, limitandosi a chiamare il nome di John in una domanda silenziosa.

“La febbre è molto alta. Possiamo provare ad abbassarla con delle spugnature per il momento, ma Floyd ha ragione. Dobbiamo attraccare.” mormorò John e Oliver strinse le mani a pugno, senza replicare. Il pirata non aspettò l’ordine del suo capitano, uscendo semplicemente dalla stanza per preparare il catino e le pezze di stoffa che gli sarebbero servite per abbassare la temperatura della giovane.

“Quindi, dove ci fermiamo?” domandò Floyd e Thomas ribatté deciso.

“Se attracchiamo c’è il forte rischio di venire sorpresi dalla marina.”

I due si persero in quella discussione di fazioni opposte e Oliver come stanco, chiuse per un momento gli occhi sospirando, consapevole che per sbloccare quella situazione di stallo ci fosse un’unica amara soluzione. Soluzione che lui, avrebbe preferito poter scegliere di non prendere. Subito dopo si spostò rapido per la stanza, inchinandosi ai piedi del letto ed estraendo il baule che aveva nascosto sotto ad esso, incurante degli sguardi attenti e perplessi dei suoi due compagni d'equipaggio.

Esitò un secondo, conscio che i ricordi che aveva seppellito là dentro avrebbero potuto schiacciarlo, ma infine lo aprì evitando con tutte le sue forze di prestare troppa attenzione ai vari oggetti contenuti all’interno ed estraendo in modo rapido l’unica cosa che gli serviva. Un vecchio diario dall’aspetto logoro e impolverato dal quale Oliver estrasse una mappa.

“Quella cos'è?” chiese Floyd, spezzando il silenzio nella stanza.

“La nostra destinazione.” rispose Oliver, porgendo la mappa a Thomas che l’osservò con attenzione.

“Lian Yu? Mai sentito nominare.” commentò Floyd, leggendo il nome indicato nella carta, mentre Oliver sistemava baule e diario nuovamente sotto il letto.

“Non credo neanche di averlo mai visto su una mappa.” continuò Floyd, osservando la rotta tracciata. Solo lo sguardo di Thomas era puntato sul proprio capitano. Il pirata non era mai stato su quell’isola e prima di quel momento non aveva neanche mai saputo quale fosse la rotta da seguire per arrivarci, tuttavia, ricordava chiaramente quel nome. Oliver l’aveva pronunciato svariate volte nell’incoscienza dei suoi peggiori incubi tanto tempo addietro e il pirata in cuor suo era sempre stato certo che qualsiasi cosa fosse successa su quell’isola, era la ragione del netto cambiamento subito da Oliver.

“Questo è il punto. Lian Yu è un isola deserta, ricca di selvaggina ed erbe. Tuttavia solo chi possiede la giusta rotta puo’ arrivarci e al momento esistono solo due persone vive che possiedono questa mappa e una delle due, sono io.” spiegò Oliver, proprio mentre John entrava nella cabina, sistemando il catino e le pezze nell’unico comò di fianco al letto.

“Ma certo, potremo rifornirci cacciando, senza temere la marina.” commentò Floyd, ottenendo un cenno di assenso da parte di Oliver.

“Se partiamo subito e il vento ci è favorevole, potremo farcela in massimo due giorni.”

Floyd annuì brevemente, prendendo la mappa dalle mani di Thomas e uscendo dalla stanza per comunicare la loro prossima meta al resto della ciurma, mentre Oliver rimise sotto al letto il baule.

“Hai detto che due persone possiedono questa mappa. Se una sei tu, chi è la seconda?” chiese Thomas che fino a quel momento era rimasto chiuso in un silenzio assorto. Oliver non rispose subito alla domanda dell’amico, venendo totalmente preso di sorpresa alla vista delle mani di John che trafficavano con i laccetti che chiudevano il vestito di Felicity. Senza alcuna esitazione il pirata fermò con la mano l’operato di John, chiedendo con voce palesemente alterata:

“Cosa diavolo stai facendo?”

John Diggle guardò con perplessità e confusione il suo capitano, non tanto per la domanda sciocca che gli aveva appena posto, piuttosto per lo sguardo stizzito con cui sembrava voler trapassare la sua testa.

“Devo abbassare la temperatura del suo corpo rinfrescandolo con un panno bagnato. Non posso certamente farlo sopra i suoi vestiti.” rispose, in modo logico e razionale John e Oliver boccheggiò per alcuni istanti, senza tuttavia lasciar andare la presa che un attimo prima aveva bloccato le mani del compagno. Il capitano della Green Arrow sapeva quanto razionali e veritiere fossero quelle parole ed era certo che John non avesse nessun altro secondo fine verso la giovane, ma il solo pensiero che qualcuno vedesse o toccasse la pelle lattea di lei lo mandava inspiegabilmente in bestia.

“Ci penserò io.” mormorò, evitando di proposito d’incontrare lo sguardo di John, il quale sorpreso si voltò verso Thomas, esibendo un espressione che sembrava volesse chiedere all’amico se avesse sentito bene. Oliver Queen era molte cose. Un uomo impavido e avventuriero. Un amico coraggioso. Un combattente eccezionale e un pirata temuto. Ma prima di quel momento John non ricordava di averlo mai visto prendersi cura di qualcuno. Non era neanche in grado di prendersi cura di se stesso, figurarsi di qualcun altro.

“Vuoi.. pensarci tu?” ripeté in una domanda piena d’incredulità e Thomas trattenne a stento un sorriso divertito, mentre Oliver lasciava la presa sulle mani di John che inconsciamente si erano allontanate dalla figura di Felicity.

Il pirata si schiarì la voce, posando lo sguardo ovunque eccetto che sui suoi due compagni d’equipaggio e con tono deciso rispose.

“Si. Mi occuperò io di abbassare la sua temperatura. Voi pensate ad arrivare il più in fretta possibile a Lian Yu.”

Le parole di Oliver, suonarono alle orecchie dei due come una sorta di forzato congedo, ma non dissero nulla in proposito, scambiandosi un semplice sguardo divertito prima di uscire dalla stanza.


 

Rimasto solo con la ragazza, Oliver rilasciò un sospiro pesante, sbattendo più volte le palpebre prima di fissare gli occhi sulla figura incosciente e febbricitante della giovane. Nel guardarla deglutì esitante, prima di avvicinarsi al catino pieno d’acqua e immergerci la pezza di stoffa. Si sentiva inquieto e ansioso verso tutta quella situazione. Aveva congedato John perché il pensiero che qualcun altro la toccasse lo infastidiva in modo irragionevole, ma non era neanche tranquillo al pensiero che fosse lui stesso a sfiorare il suo corpo, tutt’altro. Sapeva l’effetto che il solo starle vicino aveva causato in lui in quei pochi giorni e per questo, con crescente preoccupazione si domandava cosa avrebbe provato nel sfiorare la sua pelle anche solo con lo sguardo.

L’uomo rilasciò un altro sospiro e con la mente in subbuglio, chiuse la breve distanza tra loro, chinandosi su di lei e iniziando a passare delicatamente la stoffa bagnata sulla sua fronte. Quel fresco contatto fece voltare Felicity verso esso, guidata nell’incoscienza del suo sonno dalla sensazione di sollievo provata. Oliver si ritrovò così a guardare le labbra dischiuse della ragazza a pochi centimetri dalle sue e inconsciamente trattenne il respiro, per degli attimi che ebbero il sapore dell’eternità. Poi sbatté velocemente le palpebre, quasi si stesse risvegliando da un profondo sonno e distanziandosi da lei, riprese a respirare. Spostò lo sguardo per tutta la stanza, chiedendosi cosa diavolo stesse accadendo al suo cuore che incontrollabile rimbombava furioso nel suo petto e dandosi mentalmente dello sciocco per quell’atteggiamento chiuse gli occhi, provando a dissipare l’agitazione che sentiva nello stesso identico modo con cui manteneva la calma durante uno scontro. Dopo pochi attimi riaprì gli occhi e rinvigorito da una nuova determinazione si accinse a slacciarle la veste, proprio come pochi attimi prima John aveva tentato di fare. Quella che normalmente sarebbe stata una semplice e veloce procedura però, richiese ben più di qualche minuto all’uomo. Non tanto per le preoccupazioni che fino a poco prima l’avevano sopraffatto, piuttosto per il desiderio che in quel momento lo stava travolgendo. Lui non stava più esitando, stava indugiando.

Indugiava nell’accarezzare con lo sguardo il suo collo diafano e le sue labbra ancora sensualmente dischiuse. Indugiava nella lieve scollatura, ora molto più ampia dopo aver slacciato il vestito. E fremeva. Fremeva di desiderio per ogni singola frazione della sua pelle, tanto da finire per sedersi nel letto insieme a lei, mentre con gesti accorti e lenti passava il panno bagnato nella sua pelle esposta.

Oliver Queen aveva avuto diverse donne nella sua vita. Importanti o passeggere, nessuna di loro l’aveva mai riempito di tale desiderio come in quel momento e la cosa più assurda era che lei, non stava facendo nulla. Stava semplicemente immobile, sdraiata tra le lenzuola del letto a baldacchino. Il pirata bagnò e strizzò nuovamente il panno, spostando lo sguardo verso la lunga gonna che copriva le gambe di lei e inconsciamente schiuse le labbra, gli occhi accesi da un chiaro desiderio primordiale. Posò il panno umido nella caviglia scoperta e lentamente iniziò a salire sotto la gonna, sfiorando con il pollice la sua pelle nuda. Quando arrivò al ginocchio l’uomo si bloccò, esitante e con il respiro irregolare per quella semplice azione deglutì, cercando la forza per arrestare l’incontrollabile desiderio che ormai aveva preso possesso di tutti i suoi sensi. Quelle spugnature si stavano rivelando una vera e propria tortura per il pirata, che nel tentativo di abbassare la temperatura della ragazza stava facendo alzare la sua.

“Maledizione” imprecò, ormai vinto dai suoi stessi desideri, muovendo nuovamente il panno verso l’alto della gamba, ma il “no” che fuoriuscì dalle labbra di lei, arrestò ogni suo movimento e al pensiero che si fosse risvegliata in quel momento i suoi occhi corsero rapidi verso il suo viso. Ma Felicity, a differenza di quanto il pirata aveva supposto era ancora priva di sensi, intrappolata in quello che doveva essere uno spaventoso incubo.

Oliver si ritrovò a fissare con intensità l’espressione sofferente del suo volto che si muoveva ritmicamente agitato e quando alcune lacrime bagnarono le sue guance, quel desiderio bruciante che fino a quel momento aveva arso in lui si dissolse, lasciando il posto ad una nuova e insolita sensazione. Il pirata tolse automaticamente la mano da sotto la lunga gonna e lasciando ricadere la pezza nel letto, si allungò ad asciugare le lacrime sulle sue guance, soffermandosi più del dovuto su di esse in una carezza assorta. Subito dopo sorrise, quasi malinconico ricordando come lei aveva disinfettato e bendato con cura ogni sua ferita. Il calore del ricordo della sua premura lo invase e dopo aver bagnato e strizzato nuovamente il panno, l’uomo riprese le spugnature sul corpo della ragazza. Questa volta senza esitazione o indugio. Strofinò braccia, gambe, tamponò fronte e viso, per più e più volte, senza mai fermarsi.

L’agitazione di poco prima era svanita, il desiderio irrefrenabile controllato, solo il suo cuore non aveva cessato la sua corsa frenetica, anche se la motivazione era cambiata.

Ora tutto ciò che desiderava, era proteggerla.


 

Angolino autrice.
Sono in uno spaventoso ritardo e per chi segue la mia pagina facebook sa anche il motivo. Per chi invece non segue la mia pagina, mi dispiace tantissimo di questa attesa, ma la vita reale viene prima e alle volte non lascia davvero spazio ad altro. Senza contare che ho avuto un grosso blocco nello scrivere questo capitolo. Poiché sapevo cosa dovevo scrivere, ma non ero sicura di come scriverlo (per chi scrive come me, sa di cosa parlo) Ad ogni modo ci sono riuscita! Questo è il decimo capitolo. Spero sinceramente che vi piaccia e che vi abbia appassionato come i precedenti. Se trovate errori di qualsiasi tipo vi prego segnalatemelo. L'unico modo in cui posso migliorare è tramite il vostro aiuto. Vi mando un sacco di baci e vi chiedo come sempre cosa pensate accadrà ora?
 

  
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