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Autore: Vago    16/09/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 - Seila, hai avuto un’altra delle tue illuminazioni su dove dobbiamo andare ora? – chiese la maga voltandosi verso il Serpente, che piegò il capo verso il terreno, dispiaciuta. – Non importa. In fondo non puoi controllarle. Non ci resta che mettere sottosopra questo posto. –
Si divisero a coppie per poter coprire una zona più ampia. Se mai qualcuno avesse trovato qualcosa, il segnale per avvertire gli altri era far volare in cielo il compagno in modo che indicasse la posizione.
Hile guardò scettico Keria che si arrampicava su un albero secco.
- Forse mi starò ripentendo… - disse il Lupo – Ma cosa speri di ottenere? Mea ha già controllato attraverso gli occhi del suo corvo tutta l’isola. Se ci fosse qualcosa di visibile dall’alto già lo sapremmo. –
- Ti ho già detto che voglio solo controllare una cosa e le tue spalle non arrivano abbastanza in alto. –
Il Drago si alzò in piedi su uno dei pochi rami rimasti a quella pianta morta, intanto il rettile di diamante guardava la compagna da terra con i neri occhi lucenti.
Hile si chiese come l’arciere potesse essere così fiduciosa. Niente era stato facile, fino ad allora, perché mai a quel punto avrebbero dovuto avere un colpo di fortuna. Ma, evidentemente, alla ragazza ciò non importava.
Il Lupo si sedette a terra, aspettando che Keria scendesse da quella pianta. La mano destra corse involontariamente a uno dei coltelli nelle tasche.
Hile lo estrasse, guardandone i riflessi sulla lama. Era quello di Renèz. Non aveva quasi più pensato a lei, negli ultimi tempi. Forse erano accadute troppe cose per poter ripensare al passato.
Un’idea spiazzò il ragazzo. La stava lentamente dimenticando. Il suo volto stava diventando fumoso nella sua memoria e la sua voce si mischiava a quella dei suoi compagni di viaggio. Il suo ricordo gli aveva fatto compagni per così tanto tempo all’interno delle mura della setta ed ora che ne era uscito lo stava abbandonando.
Forse era giusto così. Lei era morta e nessuno l’avrebbe potuta riportare indietro, quindi, forse, avrebbe fatto meglio a lasciarla andare una volta per tutte.
Il guanto in pelle si strinse sul coltello, mentre la fronte del ragazzo si corrucciò al passaggio di questi pensieri.
- Ehi, Hile. Sei ancora con noi? – la voce di Keria lo riportò alla realtà.
Il Lupo rimise a posto la lama, appoggiando una mano sulla testa di Buio e alzandosi da terra.
- Si, certo. Hai trovato qualcosa di interessante? –
- Rovine. Ce ne sono parecchie poco lontano da qui. Avevo intravisto una colonna, prima, ma non ne ero sicura, era questo che volevo controllare. –
A meno di mezz’ora di cammino, in mezzo a una piana infestata da alte erbacce e spessi rovi, si levavano le rovine diroccate di una decina di strutture in pietra levigata.
I resti di una strada comparvero sotto le suole dei due assassini. Questa serpeggiava tra le mura crollate di quello che doveva essere un dormitorio e una stalla di cui era rimasto solamente uno dei muri portanti.
Hile guardò con una nota di amarezza negli occhi il triste spettacolo che lo circondava, continuando a camminare in silenzio.
La via andò a morire di fronte all’alta colonna grigia che Keria aveva intravisto, l’unica sopravvissuta di quelle che costituivano il porticato di un edificio sacro. L’altare e la navata centrale erano state inghiottite dalle macerie del tetto e del campanile che, probabilmente, inizialmente si innalzava per una ventina di metri dal suolo.
Quello era tutto ciò che rimaneva dei monaci a cui l’isola doveva il suo nome, dei ruderi, nulla più.
Hile fece un rapido sopralluogo del tempio, ma non trovò nessun indizio che potesse lasciargli intuire che lì, sotto quelle macerie ricoperte dalla vegetazione, si nascondesse ciò che stavano cercando.
- Peccato… pensavo che qui avremmo trovato qualcosa di utile. – disse Keria perdendo il suo sorriso. Gli occhi verdi si velarono per colpa della speranza infranta.
Il Lupo venne colto alla sprovvista da una pugnalata al petto, a quella vista.
- E dai, non ti preoccupare. La prossima volta avremo più fortuna. – le disse, dandole una pacca affettuosa sulla spalla muscolosa.
L’arciere tentò un sorriso forzato, non riuscendo nel suo intento.
- O forse no. – proseguì Hile.
- Come no? – chiese il Drago voltandosi sorpresa.
- Il corvo di Mea. Devono aver trovato qualcosa. Bene, vorrà dire che la prossima volta noi saremo più veloci. –
Il lanciatore di coltelli puntò direttamente in direzione del piccolo volatile nero, lasciandosi alle spalle le rovine di quel posto.

Mea era seduta per terra con la schiena contro una roccia. Gli occhi bianchi rimanevano fissi a fissare un punto lontano di fronte a lei.
La bocca della maga si mosse, ma la voce parve provenire da molto più lontano.
- Jasno e Seila stanno arrivando. Saranno qui tra una decina di minuti. –
- E Nirghe? – le chiese il Lupo.
- Sta controllando che non ci sia altro qui intorno. –
La maga voleva aspettare che fossero presenti tutti per metterli al corrente di quello che avevano trovato e Hile si arrese a quell’evidenza.
Il ragazzo si sedette a terra, accarezzando distrattamente il dorso di Buio mentre con lo sguardo cercava di trovare il motivo per cui era lì.
Hile quasi saltò in piedi quando gli occhi di Mea tornarono viola.
- Allora? – chiese il ragazzo.
- Stanno arrivando. – gli rispose la maga.
Due minuti dopo Il largo cappello di Jasno comparve della rocce, accompagnato dal lento volo del suo aquilotto.
- Bene. Ora che ci siamo tutti, seguitemi. – disse quindi il Corvo alzandosi e allargando il braccio destro perché il suo compagno potesse riposare le sue ali su un trespolo sicuro.

Nirghe alzò lo sguardo annoiato dal masso sul cui si era seduto. Lì vicino, su una parete rocciosa che tagliava la collina, si apriva una grotta nella quale risplendevano piccoli frammenti di quelle he dovevano essere squame di drago.
- Quindi questa è la cosa più vicina agli dei che c’è su quest’isola? – chiese Keria guardando nella penombra per cercare qualcosa di valore.
- Emana un’aura magica non indifferente. Non so dirvi di che tipo di magia si tratti, ma è l’unica traccia che sono riuscita a trovare. –
Il Gatto si alzò in piedi, raggiungendo i compagni a passo lento. – Tra l’altro, questa è l’unica grotta che sono riuscito a trovare nei dintorni. –
- Voi siete già entrati? – chiese Hile accostandosi a Keria per avvicinarsi all’ingresso.
- No. Non ancora. – gli rispose la maga.
- D’accordo, allora sbrighiamoci a trovare qualcosa. –
Il gruppo entrò con attenzione in quel riparo roccioso, sotto lo sguardo attento dei compagni. A Hile parve di avvertire un brivido, non appena ebbe superato quella soglia, ma non ci prestò particolare attenzione.

È stato bello conoscervi.
Chissà, forse un giorno ci rincontreremo. Dopotutto io ho tutta l’eternità per aspettarvi.
Spero solamente che gli dei sappiano cosa stanno facendo…

Il Lupo fece qualche passo all’interno della grotta, ammirando i frammenti di squame verdi che splendevano a terra.
Per due volte il sole venne oscurato, gettando la caverna nella penombra.
- Hai trovato qualcosa, Mea? – chiese Jasno passando una mano sulle pareti incise.
- È un incantesimo stranamente recente… però una magia del genere non esiste più da… quarant’anni, almeno. Un posto del genere non dovrebbe esistere. – gli rispose la maga. – In ogni caso non sono stati sicuramente gli dei a crearlo… con tutte queste rune potrebbe quasi sembrare un sigillo. –
- Ragazzi… credo che abbiamo un problema più grosso del demone, ora come ora. – disse Nirghe indietreggiando di qualche passo, con gli occhi sgranati fissi sull’ingresso.
 - Cosa… - Hile non riuscì nemmeno a terminare la domanda. All’esterno, giorni e notti si alternavano minuto dopo minuto. Le giornate correvano e le foglie dei pochi alberi visibili ai piedi di quell’altura si ingiallivano a vista d’occhio.
- Maledizione! – sbraitò il Corvo voltandosi rapidamente. – Usciamo immediatamente di qui, ma dobbiamo farlo assieme. Altrimenti dall’uscita del primo a quella dell’ultimo potrebbero passare giorni, se non mesi. –
I sei assassini si misero frettolosamente uno accanto all’altro, con la fronte diretta verso quel mondo esterno che si muoveva troppo velocemente.
- Ora. – disse solo Mea. Assieme a lei, tutti i suoi compagni colpirono come un muro trasparente, eretto per non permettergli di scappare.
- Ed ora? – Seila cominciò a respirare affannosamente, sopraffatta dallo sconforto e dalla preoccupazione.
- L’unica cosa che posso fare è cercare una falla nel sigillo. Se riuscissi a trovare un’imperfezione, forse, potrei rompere questa gabbia che ci tiene rinchiusi. –
Hile si sedette a terra con un tonfo sordo.
Non si meritavano quella fine. Non era giusto nei loro confronti.
Il Lupo si guardò intorno, cercando di evitare di posare il sguardo sull’ambiente esterno che pareva impazzito.
Nirghe si era seduto in un angolo in fondo alla grotta e lì rimaneva immobile, con gli occhi persi nel vuoto senza mostrare il benché minimo accenno di un sentimento. Erano vuoti, estraniati dalla situazione in cui si trovava il Gatto.
Seila fissava l’esterno con espressione incredula. Serrava ritmicamente le palpebre e i pugni, forse cercando di provocare un’intuizione che potesse portarli fuori da quel posto.
Jasno aveva tolto il largo cappello, gettandolo a terra in un moto di stizza, per poi passarsi la mano guantata tra i capelli candidi.
Keria si era andata a sdraiare contro la parete opposta all’ingresso, per poi concentrare tutte le sue attenzioni sulla mano e sull’avambraccio che aveva appena liberato dagli abiti. Cercando di capire fino a che punto quel cristallo aveva modificato il suo arto.
Mea, infine, camminava lenta rasente alla parete, percorrendo con un dito affusolato i glifi impressi nella roccia in cerca di un’imperfezione in quella trappola.
Non rimaneva nulla del gruppo con cui era partito, pensò amaramente il Lupo raccogliendo da terra una piccola squama iridescente rimasta pressoché intatta. Forse loro erano cresciuti, o forse gli dei li avevano fatti cambiare perché potessero essere più adatti al loro destino, fatto sta che nessuno era rimasto sé stesso.
- L’ultima spiaggia contro Reis. – disse all’improvviso Jasno alzandosi da terra e sollevando una nuvola di polvere che, illuminata dalla luce di due giorni, tornò a posarsi sul terreno.
Mea parve esser l’unica a non prestare attenzione a quelle parole.
- Cosa? – chiese Keria portandosi in posizione seduta.
- Mio nonno. Mio nonno quando ero bambino mi diceva che combatté come arciere fin dalla prima battaglia della Guerra degli Elementi. Mi sono ricordato ora di una storia che mi raccontò. Diceva che gli era giunta notizia dai ribelli che, se mai i cavalieri non fossero riusciti a uccidere il Re, Drake il Diplomatico avrebbe potuto ancora imprigionarlo. Era solo una voce che girava tra i plotoni, ma si diceva che tre Cavalieri della prima generazione fossero stati mandati in missione a Sud, mentre le razze si mobilitavano per raggiungere i Monti Muraglia. Magari era questa la prigione che crearono per il demone ed ora noi ne siamo rimasti intrappolati. –
Le parole dell’elfo albino non fecero altro che peggiorare l’umore generale. 

   
 
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