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Autore: Hiroshi84    16/09/2016    10 recensioni
Esistono sguardi che possono contribuire a cambiarti la vita.
Racconto tre quarti autobiografico.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La ragazza della vetrina - Prima parte
Mi sono sempre chiesto se gli anni più difficili della mia vita li ho vissuti nell’adolescenza, periodo di insicurezza e sempre in perenne conflitto con me stesso, oppure in quel turbolento 2013 che mi cambiò la vita.
Non ho una risposta precisa, ma una cosa è certa: il 2013 è stato un anno particolarmente negativo, in cui ho provato malesseri, angosce e inquietudini e solo verso la metà dell’anno dopo, una volta eliminata la causa di ciò che mi procurava dolore, potei ricominciare da zero e per di più con rinnovata vitalità ed energia.
Tutto ciò non è da attribuirsi solo alla mia voglia di reagire e di rimettermi in carreggiata, ma anche ad una persona che con poco riuscì a scuotermi e a donare delle emozioni indescrivibili alla mia anima martoriata e al mio cuore ferito.
Fatta questa debita precisazione, mi sembra, a questo punto, doveroso procedere col giusto ordine.
All’epoca dei fatti ero fidanzato da circa otto anni con Marta, le cose tra me e lei non andavano più affatto bene da parecchio tempo.
Mi sembrava di avvertire che nel suo cuore non albergasse più amore e affetto, ma solo indifferenza e cattiveria e che stava con me solo per una questione di convenienza.
Ero e sono un impiegato per una multinazionale italo-americana con una retribuzione abbastanza generosa, i soldi quindi non sono mai stati un problema, e Marta ne approfittò non poco nel corso degli anni, specie negli ultimi.
Viaggi, regali, sorprese e… tante, ma tante rinunce: a volte mi ritrovavo a fine mese con pochissimo denaro.
A differenza dei primi sette anni, non c’era un solo giorno in cui non litigassimo, nonostante cercassi in tutti i modi di darle le migliori attenzioni, di essere dolce, affettuoso e di non farle mancare mai niente.
I litigi scaturivano perché lei non sapeva valorizzarmi, e rendeva vana qualsiasi cosa facessi per lei, e ciò mi portava alla rabbia, allo sconforto, allo sgomento, all'esasperazione e a numerose notti insonni accompagnate da infinite lacrime amare.
Caratterialmente era una stronza lunatica e insofferente, quando aveva bisogno di qualcosa tendeva temporaneamente ad essere dolce e mansueta, e una volta ottenuto ciò che voleva, magicamente ritornava a comportarsi indecorosamente.
Non riuscivo più a lavorare e per ovvi motivi la concentrazione andava a farsi benedire, ero così assorto nel mio malessere, tanto da provocare spesso e volentieri errori madornali in ufficio, con conseguenti ed inevitabili rimproveri da parte dei miei capi.
Una volta, addirittura, fui convocato dal direttore generale Aaron Alberman, un americano di origine ebraica, per una bella lavata di capo; in inglese e a chiare lettere mi invitò ad essere più produttivo e presente nelle mansioni che svolgevo e a stare molto attento, poiché fuori c’era tanta gente che moriva dalla voglia di prendere il mio posto.
L’antifona fu chiara, ma la cosa non riuscì più di tanto a scuotermi, Marta assorbiva tutte le mie energie e non sapevo che pesci pigliare.
Sui colleghi non c’era da fare molto affidamento, anzi godevano delle mie sventure; si sa, sono i classici posti di lavoro in cui la competitività e le invidie sono all'ordine del giorno, quasi nessuno ti offre aiuto o quantomeno conforto.
Mi ero confidato un po’ con Riccardo, l’unico meno “peggio” dello staff, mi elargiva consigli, dritte e prediche sui sentimenti e sulle responsabilità lavorative.
Purtroppo, neanche le sue parole mi servirono a qualcosa, ero come in una morsa e mi sentivo impossibilitato a liberarmi.
Ad ogni modo valutavo di lasciare Marta e di trovarmi una ragazza degna del mio amore, ma era tutto inutile e rinunciavo facilmente ai miei propositi.
Marta era la mia “droga”, era tutto per me e poi non me la sentivo di buttare otto anni di relazione in cui avevo fatto, per giunta, enormi sacrifici per lei, tra cui il mantenimento ai suoi studi universitari e ai suoi corsi molto spesso a pagamento.
Proveniva da una famiglia modesta e, date le ristrettezze economiche in cui versavano, presi a cuore la sua istruzione e la sostenni in maniera continua e costante, nonostante la coscienza mi rimproverasse di continuo di non farlo.
C’è anche da sottolineare che, per amore, ero pure riuscito a perdonargli una sua parentesi, o meglio dire una sua trasgressione con un rumeno conosciuto in chat. Mi assicurava che era solo un amico, ma per vie traverse e indagini personali riuscii a stanarli.
Una volta scoperta la tresca, inizialmente tentò di arrampicarsi sugli specchi, ma sentendosi le spalle al muro, ammise le sue colpe e con una serie di pianti, suppliche e di preghiere, mi giurò che non sarebbe mai più successo, e io, nonostante fossi propenso finalmente a lasciarla, col cuore di burro che mi ritrovavo, decisi di dare un’altra possibilità.
La cosa mi segnò molto, anche se la mia fiducia nei suoi confronti scese vertiginosamente, nonostante tutto continuavo ancora ad amarla e riprovarci si rivelò in realtà un grosso sbaglio, difatti allungando il brodo, allungai i miei patimenti.
Verso fine Ottobre qualcosa di inaspettato portò colore nella mia vita.
Ogni mattina in ufficio c’era il solito rituale della colazione e mandavano sempre me a prenderla al solito piccolo bar molto ben fornito che si trovava vicino al posto di lavoro.
Durante il tragitto, come abitualmente mi piaceva fare, cominciai a specchiarmi nelle vetrine di tutti i negozi che incontravo.
Arrivato all'ultima vetrina prima del bar, mentre mi accingevo a specchiarmi… la notai!
Di solito troppo concentrato com'ero, facevo poco caso alla gente che si trovava all'interno dei negozi, ma non quella volta.
Una commessa puntò il suo sguardo su di me, uno sguardo intenso e magnetico che, letteralmente, mi agganciò.
Ricambiai con piacere il suo sguardo e rallentai; la vetrina era abbastanza lunga e volevo godermi il momento più a lungo possibile.
Superato il negozio di abbigliamento, sentii dentro di me una scossa, come fulminato.
«Dio mio che occhi bellissimi!» pensai.
Fisicamente non ero riuscito a memorizzare molto, comunque mi era sembrata bella, notai con attenzione solo gli occhi marroni penetranti, scuri come i tronchi del bosco.
Una volta arrivato al bar ero così preso dall'emozione di quello sguardo che sbagliai le ordinazioni, tanto che dissi al barista: «Due cornetti alla fragola e due granite alla marmellata e…»
Mi accorsi della gaffe e mi bloccai di colpo, il barista non poté fare a meno di ridere e mi disse in maniera bonaria:
«Giovanotto per te ci vorrebbe un caffè lungo, nero e bollente, cosi ti svegli!!!»
Imbarazzato risi come un ebete e, con non poca difficoltà, dovetti concentrarmi per ricordare cosa prendere, non tanto per me ma per i miei colleghi e in particolare per Giannutri, il mio vicecapo, per il quale il caffè d’orzo era praticamente insostituibile.
Uscii dal bar con un bel vassoietto e logicamente dovetti fare il tragitto al contrario.
Tenevo accesa una speranza di rivedere quei bellissimi occhi che tanto mi avevano catturato ed ammaliato, e il mio desiderio fu realizzato.
Mi sentii un po’ goffo con quel vassoio, lo sguardo della ragazza ritornò a puntare il mio, come già era avvenuto all'andata. Cercai di memorizzare non solo gli occhi, ma anche il resto e la visione confermò in toto che effettivamente era bella.
Morbidi capelli castani le accarezzavano le spalle, il colore mi ricordava quello del cioccolato al latte; di corporatura esile non raggiungeva il metro e settanta; indossava la divisa nera tipica delle commesse, a dare un tocco di colore, il suo rossetto rosso su labbra perfette per essere baciate.
Tornai in ufficio di buon umore e con un’espressione satolla, tanto che i miei colleghi stentarono a riconoscermi visto che da tempo erano abituati a vedermi abbacchiato e prostrato.
Qualcuno mi chiese se ero stato folgorato sulla via di Damasco, Giannutri asserì scherzando che forse al bar mi ero preso un caffè e che al posto dello zucchero ci avevo messo cocaina.
Ridacchiai a quelle affermazioni senza fornire loro alcuna spiegazione e dopo colazione ritornammo alle nostre mansioni.
La sera quando tornai a casa, dopo una calda e rilassante doccia, mi buttai sul letto. La mia mente era invasa da mille pensieri, mille fantasticherie, mille domande, mille teorie e mille altre cose su quanto era accaduto in mattinata.
 
 
La ragazza della vetrina - Seconda parte
Mi chiedevo se quella ragazza già da tempo mi guardasse e come mai non mi fossi mai accorto di lei, mi chiedevo se ci sarebbe stato un prosieguo, e soprattutto se quel suo sguardo significasse qualcosa o meno. Noi maschi ammiratori della femminilità, siamo famosi per cadere facilmente in equivoci.
Non sarebbero comunque mancate le occasioni di ripassare da lì, a parte il baretto uscivo spesso per altre commissioni, tutte collocate vicino al nostro ufficio e sarei dovuto passare per forza davanti a quella vetrina.
La mattina seguente come da copione andai a prendere la colazione, mi venne un piacevole batticuore.
Una volta giunto davanti al negozio, per mia fortuna la ritrovai e come il giorno prima mi guardò, a mio parere più intensamente, oserei dire anche ammiccante.
Quel suo sguardo risultò troppo penetrante, non riuscii a sostenerlo e dovetti, ad un certo punto, abbassare gli occhi e puntarli, poi, da un’altra parte, con un atteggiamento visibilmente insicuro. Stessa e identica scena si ripresentò al ritorno dal bar.
L’episodio, ancor più del giorno precedente, mi riempì la giornata, mi sentivo così vivo, così pieno di energia, così desiderato.
Marta in quei giorni era assente per un corso fuori città e ne avrebbe avuto per settimane, ragion per cui la sera stessa ci limitammo a sentirci telefonicamente, ma con le sue tipiche oscillazioni d’umore, sfociammo infine in un immancabile litigio. Chiusi la telefonata e lanciai rabbiosamente il telefonino sul divano urlando un “vaffanculo!”
Mi calmai ascoltando della musica, accompagnando il tutto con un bel calice di vino rosso e soprattutto con il pensiero di LEI.
Misi su le canzoni di Marco Armani, le strofe di una canzone in particolare sembravano essere state scritte per quei suoi occhi che erano diventati la mia ossessione:
 
 
 
Per i tuoi occhi che cosa non farei… per i tuoi occhi potrei spaccare il cielo come un tuono… per i tuoi occhi io come un’aquila cerco nel buio e resto senza fiato qui nel vuoto qui….senza fiato qui… senza fiato qui…
 
Per i tuoi occhi che cosa non farei… per i tuoi occhi potrei rubare al giorno il suo mattino… per i tuoi occhi…non mi è difficile sfondare la notte…correndo senza fiato contro il buio... sì senza fiato sì… senza fiato qui…
 
 
 
Inizialmente mi sentii in colpa nei confronti di Marta ma quella sensazione di disagio mi fece solo una semplice “visita” per poi andarsene senza troppi problemi per la sua strada.
Pensai che in fondo non stavo combinando nulla di male, in primis perché, dato il momento che stavo attraversando, quella ragazza rappresentava per la mia vita una sorta di ventata d’aria fresca, e poi riaffiorò nella mia mente e nel mio cuore il tradimento di Marta e le sue numerose “coltellate” che sferrava senza troppi complimenti nei miei confronti.
Impostai il repeat del brano e, con volume basso, mi addormentai serenamente.
I giorni che seguirono, furono ancora costellati da altri sguardi tra me e LEI, provocandomi emozioni ancora più prorompenti.
Il suo sguardo era troppo magnetico e solo col tempo imparai a sostenerlo e a “godermelo” ogni qualvolta lo incrociavo.
Cercai di cogliere in lei nuove sfumature e scoprirla il più possibile. Certo attraverso un vetro non potevo pretendere più di tanto, ma perlomeno ciò che si era creato mi faceva stare bene e mi rendeva appagato ed anche euforico.
Ogni scusa era buona per percorrere quel tratto di strada, e non solo per la questione colazione o commissioni d’ufficio, ma anche per banalità del tipo: chiedevo un attimo di permesso per andarmi a comprare dei chewing-gum oppure per farmi una ricarica telefonica al solito baretto.
Disgraziatamente confidai di LEI a Riccardo che pensò bene di spiattellare la cosa ai colleghi, questi cominciarono insolentemente a deridermi e Giannutri soprannominò la commessa “La ragazza della vetrina”.
È proprio vero ciò che mi diceva e mi dice sempre mia sorella: «Peppe, è controproducente condividere le cose con altri, più te le tieni per te, più aumentano di valore!»
Maledettamente vero.
Decisi di cercare la commessa su Facebook, e immaginai subito che non sarebbe stato affatto facile cercare qualcuno di cui non si sa nemmeno il nome e non si ha nemmeno un indizio.
È come cercare un ago in un pagliaio e ci si può affidare solo alla fortuna o più semplicemente alla cosiddetta “botta di culo”.
Mi ero rassegnato a non trovarla quando pensai a Evaristo, un mio compagno di liceo che aveva oltre tremila amici su Facebook. Iniziai a spulciare le loro facce una per una, quando finalmente la vidi. Non avevo impiegato più di una ventina di minuti: la fortuna, quella sera, fu dalla mia parte.
L’esultanza fu grande, la stessa di quando si vince un bel gruzzoletto di soldi con una schedina azzeccata.
«Ti ho trovata, sei senz’altro tu….Valeria Bianchi!!!» dissi ad alta voce.
E lo era! L’immagine del profilo Facebook non ammetteva repliche, un selfie perfetto che metteva in risalto quei suoi bellissimi occhioni marroni e un sorriso con denti bianchissimi e perfetti, mentre per immagine di copertina aveva dei graziosi tulipani di colore giallo.
Si dice che le persone nate con gli occhi marroni siano state baciate dal proprio angelo custode 5 secondi prima di nascere. Sono persone dolci, simpatiche e intelligenti… lei però mi sembrò molto di più.
«Mi piacerebbe ringraziare e abbracciare il tuo angelo custode e dirgli di proteggerti sempre e in ogni instante» pensai romanticamente.
Guardai minuziosamente il suo profilo, risultava davvero ermetico, nel diario postava pochissime cose e c’erano sì e no una decina di foto, tutte bellissime. Spulciai tra le informazioni personali scoprendo che aveva 23 anni, poi l’occhio mi cadde su “Relazione” ma la casella risultò vuota, quindi non potevo stabilire se era fidanzata o meno… seguendo un mio intuito pensai fosse single.
Quella sera andai a letto felicissimo, almeno sapevo finalmente il suo nome e quando avvertivo il desiderio di “vederla” con calma, mi bastava andare sul suo profilo. Dal vivo era comunque tutt’altra cosa, le foto a mio avviso non rendono mai giustizia, specie nel suo caso.
Mandarle una richiesta di amicizia era impensabile e poi Marta monitorava frequentemente il mio profilo e aggiungere Valeria agli amici avrebbe scatenato un vespaio dalle proporzioni bibliche, ammesso e concesso che avesse accettato l’amicizia.
I giorni che seguirono furono tempestati da altri sguardi intensi e travolgenti, a volte capitava di non vederla perché era assente o perché impegnata a lavorare e mi dava le spalle e quando accadeva ci rimanevo male. Ad ogni modo sembravo interessarle, ma volevo sincerarmi fino a che punto lo fosse.
Le prove non tardarono ad arrivare, e tre furono degne di nota:
1) Un pomeriggio si stava cimentando a pulire la vetrina con movimenti circolari e lenti. Durante il mio passaggio si bloccò di colpo per guardarmi.
2) Un’altra volta ancora, stava rivestendo un manichino, e anche quella volta si bloccò per fissarmi.
3) Avevo posteggiato la macchina in posizione strategica, vicino al baretto. Verso l’ora della pausa pranzo, mentre si accingeva a chiudere a chiave la porta della boutique, non si accorse subito che stavo sopraggiungendo alle sue spalle, e per la prima volta sentii la sua voce: «Anna, oggi c’è da sistemare un mare di vestiti, mi sa che ne avremo per tutto il pomeriggio... » Appena mi vide si interruppe di colpo. Le passai accanto e, a causa dello stretto marciapiede, involontariamente ci sfiorammo il braccio. Visibilmente imbarazzato le chiesi scusa a voce bassissima e proseguii verso l’auto.
Coraggiosamente mi voltai indietro e notai che sia Anna che Valeria sorridevano ambedue con fare complice.
Pensavo e ripensavo continuamente all’accaduto, per quel poco che avevo sentito la sua voce era da annoverarsi meravigliosa e molto femminile, nulla a che vedere con quella di Marta.
 
Il giorno seguente accadde un altro episodio, un episodio dolcissimo, che mi fece sentire molto vicino a Dio e al suo Paradiso.
Dovevo dirigermi alle poste per sbrigare alcune raccomandate, aveva da poco smesso di piovere, e uscendo dall’ufficio mi scordai di prendere l’ombrello, speravo che non ricominciasse, anche se la cosa che più mi importava era di vedere quella ragazza.
Proprio quando passai davanti al suo negozio, accadde la cosiddetta “pioggia a ciel sereno”: fui invaso da innumerevoli e piacevolissime goccioline in pieno viso, prima puntai lo sguardo al cielo e poi verso la vetrina, e Valeria oltre ad esserci, per la prima volta azzardò un radioso sorriso e uno sguardo mai così travolgente e impetuoso.
Superato il negozio alzai nuovamente lo sguardo e notai con stupore il sole che splendeva, le goccioline diradarsi ed infine un arcobaleno mozzafiato.
Sensibile come sono, mi scesero alcune lacrime che si confusero con le goccioline di pioggia e ringraziai Dio per il bellissimo regalo che si sposava alla perfezione con lo sguardo e il sorriso di quell’angelo.
Quella notte sognai di me e Valeria danzanti sotto una pioggia torrenziale, sotto un cielo stellato e con “I’m singing in the rain” in sottofondo. Eravamo bagnati fradici, ma felici, stretti in un abbraccio d’amore e alla fine ci baciammo.
 
 
La ragazza della vetrina - Terza parte
Terminato il suo corso, Marta tornò da Milano.
I miei cambiamenti mi si leggevano in faccia. Notò che me ne stavo sopra le nuvole, che ero assente e distratto, come in trance, assorto piacevolmente nei miei pensieri e soprattutto non reagivo più ai suoi sbalzi di umore.
Marta si insospettì e durante una passeggiata al parco mi chiese, anzi mi urlò: «Ma non è che ti piace un’altra? Chissà che cazzo hai fatto in queste settimane mentre ero al corso… Dimmelo: chi è questa puttana?»
Sentendomi aggredito così bruscamente mi vidi costretto a reagire e a perdere il controllo, così le risposi iracondo:
«Ti consiglio di darti una calmata, mi stai rompendo le palle e poi… da che pulpito parte la predica? Effettivamente una puttana c’è ….e quella sei tu!!! Ti piaceva farti scopare da Florentin…eh?»
Mi mollò uno schiaffò e se ne andò urlandomi cose terribili e spregevoli.
Mai vista una reazione così violenta da parte sua. Non capii se la urticò di più il mio “puttana” o il fatto che le  rinfacciassi il suo tradimento.
Piansi molto quella sera, lo schiaffo ebbe però la nota positiva di farmi scendere dalla nuvoletta soffice in cui mi ero rifugiato da settimane e allo stesso tempo di portarmi ad una profonda e sana riflessione.
C’era da prendere una decisione: o Marta o Valeria.
Io di Valeria a livello caratteriale non sapevo nulla, intuivo al massimo che era una brava ragazza.
Gli sguardi parlavano da soli, ma il rischio di prendere una cantonata risultavano molto elevati, ma ciò non mi toglieva dalla testa “La ragazza delle Vetrina”.
Decisi di aspettare ancora e di non prendere decisioni affrettate, volevo valutare alcune cose, anche se in verità Valeria partiva più avvantaggiata rispetto a Marta. Ma un’amara sorpresa mi aspettava e si presentò proprio il giorno dopo.
Come di consueto, andai a prendere la colazione, e una volta davanti al negozio di abbigliamento, per mia sfortuna, non la vidi, idem al ritorno.
«Forse oggi non è venuta» pensai con delusione.
Ripassai a fine giornata lavorativa e, poi, nei giorni a venire, ma non ci fu proprio modo di vederla. Un’oscurità si fece subito spazio nel mio cuore e nella mia anima come in un tetro presagio.
Una settimana dopo notai una nuova commessa, intuii allora che Valeria non lavorava più in quel negozio e che quella specie di lungo palo anoressico dai capelli biondi aveva preso il suo posto.
Passare e ripassare davanti a quella boutique non era più la stessa cosa, al posto di quella bellissima creatura dagli occhioni marroni, vedevo riflettere sul vetro solamente la mia immagine.
Su Facebook, Valeria pubblicamente non scrisse nulla, e mi vidi costretto a chiedere informazioni via chat a Evaristo. Mi disse che la conosceva e, talvolta, si sentivano. Mi rivelò che il franchising di abbigliamento per cui lavorava, aveva una sede in centro città e lei vi era stata trasferita, confermò inoltre, come il mio subconscio sperava da sempre, ovvero che era single.
Ritornai alla mia solita vita ma sotto una prospettiva diversa.
Prima di Natale io e Marta ci riconciliammo, ma la pace durò poco, difatti già dai primi giorni nell’anno nuovo, gli scontri ricominciarono, ma senza accorgermene mi ero fatto più volitivo.
Negli ultimi sette mesi imparai innanzitutto il rispetto per me stesso e imparai che per una stronza del genere non bisogna assolutamente versare alcuna lacrima.
Mi mancava però solo di essere più giulivo, spensierato e, cosa più importante, finalmente felice.
Andavo a sbirciare saltuariamente il profilo di Valeria, ma non interagiva molto con il suo profilo Facebook e non sapevo novità su di lei. Non l’avevo dimenticata e non volevo dimenticarla.
A Luglio finalmente decisi di mollare Marta. Mi vennero dei sospetti che si rilevarono fondati, quando notai che stava sempre davanti al PC e messaggiava  spesso con il cellulare, dicendomi che lo facesse con la sorella, la cugina, il nonno, etc.
Come le volte precedenti, attraverso indagini accurate nonché approfondite scoprii che la “puttana” in questione frequentava ancora Florentin, pensavano di farmela sotto il naso e agire indisturbati.
A tal proposito cominciai a fare due più due soprattutto quando iniziò a passare due weekend al mese presso una fantomatica amica che viveva a 100 Km dalla nostra città..
Le mandai un ultimo SMS prima di cambiare il mio numero di cellulare:
 
 
‘La divina Commedia fu scritta nel 1300…son passati tanti secoli e sicuramente l’inferno si sarà aggiornato con dei nuovi gironi. Un giorno io finirò nel girone degli stolti e degli sprovveduti, tu invece in quello delle puttane manipolatrici. Non so quale punizione ci toccherà, ma mi piace pensare che il tuo inferno sarà peggiore del mio!’
 
 
Furono necessarie alcune settimane per riprendermi, finché una mattina, andai spedito nel profilo di Valeria col chiaro proposito di mandarle una richiesta di amicizia e ovviamente di conoscerla in maniera concreta.
Purtroppo ricevetti un durissimo e dolorosissimo colpo al cuore poiché ero arrivato sfortunatamente troppo tardi.
Valeria aveva cambiato il suo classico selfie a favore di un’altra foto insieme ad un’altra persona.
Era il suo nuovo ragazzo, fisicamente molto diverso da me, un bel ragazzo, niente da dire.
Stavano abbracciati, con le loro facce unite e sorridenti guardando l’obbiettivo, e in risalto c’erano come sempre gli occhioni di Valeria che sprigionano scintille dal suo spettacolare volto. Aveva pure cambiato look, i suoi capelli erano tagliati corti ma sempre color cioccolato al latte.
Anche nell’immagine di copertina comparivano insieme, si baciavano davanti a un tramonto da cartolina.
Rimasi sconcertato e disorientato al punto da non riuscire a credere ai miei occhi, dovetti a malincuore rassegnarmi ed andare avanti.
Giunsi ad una conclusione:
Il tempo guarisce o sarebbe meglio dire lenisce e attenua tutte le ferite, ma una cosa è certa: IL TEMPO NON ASPETTA NESSUNO.
Ad ogni modo dopo aver lasciato Marta, la mia carnefice, il mio corpo fu invaso da una nuova luce e da nuova linfa vitale, ero pronto a ricominciare non solo a vivere ma anche ad amare.
Di Valeria sempre e comunque mi resta e resterà un bellissimo ricordo.
In poco tempo, con i suoi sguardi così intensi e pieni di calore era riuscita a sciogliere l’iceberg che ero diventato, era riuscita a portare una luce accecante che permane ancora oggi, era riuscita a farmi capire quanto la vita fosse bella e quanto il mondo non si limitasse solamente a Marta, era riuscita a dare uno scossone alla mia anima, a “svegliarmi” gradualmente dall’incubo che stavo vivendo ed era riuscita a farmi diventare un uomo migliore e soprattutto più forte e tenace.
Dirle grazie non sarà mai abbastanza, gli sguardi di Valeria hanno contribuito non poco a cambiarmi la vita.
Ancora oggi fantastico su come sarebbe andata se ci fossimo conosciuti, forse oggi sarebbe la mia ragazza, mi piace immaginare che saremmo stati felici come in quel sogno in cui ballavamo sotto la pioggia e con la musica di Gene Kelly in sottofondo.
 
 
 
Doo-dloo-doo-doo-doo
 
Doo-dloo-doo-doo-doo-doo
 
Doo-dloo-doo-doo-doo-doo
 
Doo-dloo-doo-doo-doo-doo...
 
 
I'm singing in the rain
 
Just singing in the rain
 
What a glorious feelin'
 
I'm happy again
 
I'm laughing at clouds
 
So dark up above
 
The sun's in my heart
 
And I'm ready for love
 
Let the stormy clouds chase
 
Everyone from the place
 
Come on with the rain
 
I've a smile on my face
 
I walk down the lane
 
With a happy refrain
 
Just singin',
 
Singin' in the rain
 
 
Dancin' in the rain
 
Dee-ah dee-ah dee-ah
 
Dee-ah dee-ah dee-ah
 
I'm happy again!
 
I'm singin' and dancin' in the rain!
 
I'm dancin' and singin' in the rain...
   
 
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