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Autore: PandorasBox    17/09/2016    1 recensioni
[Adam/Ronan, Post TRK]
Adam si alza, l’aria calda che entra dalla finestra aperta gli regala un brivido appena percepibile.
Perché è un incubo quello che ha svegliato Ronan, ne è sicuro, ed il modo in cui gli volta la schiena significa che quella notte è tornata di nuovo a galla e lui, di nuovo, non ha il coraggio di guardarlo.
Perché le notti sono sempre pericolose dentro, fuori sono tranquille e pigre e chissà come le vivono le persone normali.
Chissà dove sono ora i suoi amici, chissà se, a volte, quella notte torna anche per loro.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' questione di stile

su come passi le notti quando non riesci a dormire

e allora diventa questione di soffitto,

di angoli del letto, di finestre che sia aprono

e di penne che si cercano

e di pensieri che galleggiano.






Spesso Ronan si sveglia nel cuore della notte e, anche se cerca di fare silenzio, Adam lo sente muoversi nel letto, il materasso che si piega sotto il suo peso e le lenzuola strattonate.
E lo sente perché, a volte, anche per lui dormire è difficile ed è così strano perché non ha mai avuto di questi problemi, è sempre stato troppo stanco per potersi permettere di fissare il muro davanti a sé aspettando che le palpebre si chiudano da sole.
Era successo un paio di sere prima, quando era sceso a Saint Agnes, succede adesso, mentre scende dal letto per andare a bere un bicchiere d’acqua.
Perché il sonno impasta la bocca e la mancanza di sonno la rende amara.
Accanto a lui un altro corpo si muove, come se non riuscisse a trovare pace o una posizione comoda, lo sente muoversi di nuovo mentre si mette a sedere.
«Vuoi qualcosa?» chiede all’altro, prima si poggiare effettivamente i piedi a terra e la schiena di Ronan si tende però lui non si muove.
Le curve del suo tatuaggio lo guardano, minacciose, ne avrebbe paura se ormai non le conoscesse così bene da poterle tracciare senza aver paura di perdersi in quelle strade d’inchiostro.
«Dormire.» risponde solo ed Adam si alza, l’aria calda che entra dalla finestra aperta gli regala un brivido appena percepibile.
Perché è un incubo quello che ha svegliato Ronan, ne è sicuro, ed il modo in cui gli volta la schiena significa che quella notte è tornata di nuovo a galla e lui, di nuovo, non ha il coraggio di guardarlo.
Perché le notti sono sempre pericolose dentro, fuori sono tranquille e pigre e chissà come le vivono le persone normali.
Chissà dove sono ora i suoi amici, chissà se, a volte, quella notte torna anche per loro.
Da lui torna quasi ogni sera e spesso, se non sta attento, quando chiude gli occhi sente ancora quella benda, sente ancora le sue mani legate, è come tornare sul retro di quella macchina a sentire da una cuffietta sola il mondo che finisce. Non la musica migliore anche se, poi, il mondo non era finito e nessuno era definitivamente morto.
I segni sul collo di Ronan, però, erano rimasti per settimane, inconfondibili.
Quasi perde uno scalino tanto è concentrato, perso nei suoi pensieri, a volte pensare somiglia molto a quel che Persephone gli ha insegnato a fare, è anche pericoloso allo stesso modo.
Fuori dalla finestra della cucina Motosega gli regala uno sguardo ed un paio di colpi contro il vetro, Adam restituisce il favore (il saluto?) ed apre il rubinetto.
Muove le mani un paio di volte, per sentirle ancora sue, per sentire che sono vere e che può farlo, beve il suo bicchiere d’acqua d’un fiato e lo lascia nel lavandino ─ Ronan sbufferà, pazienza.
Quando torna in camera l’altro è ancora di spalle, però queste si muovono con il ritmo lento e regolare di chi sta dormendo o, almeno, ci sta provando.
Posato sul suo comodino un oggettino sembra fissarlo con aria interrogativa. Ha le forme assurde di qualcosa nato dalla mente di Ronan e, allo stesso tempo, somiglia a qualcosa che aveva visto ad una fiera da bambino─ forse c’era stato anche lui, chi lo sa.
I colori, però, sono sbagliati, più brillanti, più tutto. Lo tiene tra le mani, lo studia, quanto basta per sentire un sorriso stirargli le labbra: chissà se domani mattina capiranno a che serve, si chiede, poggiandolo sul comodino.

 

Allunga un braccio per toccare la spalla dell’altro, la scuote finché questo non si gira borbottando qualcosa che non capisce bene, con gli occhi ancora chiusi.Però si muove tra le coperte, si allontana dal bordo del letto e sistema il cuscino sotto la sua testa, socchiude gli occhi e gli fa spazio perché possa avvicinarsi.«Sei un cazzo di termosifone.» è quel che gli sente dire mentre un braccio va a stringerlo e sente il petto di Ronan alzarsi e si abbassarsi contro la sua schiena. Con l’orecchio buono poggiato contro il cuscino è silenzio tutto intorno a loro, tutto è tra parentesi.

Dal suo comodino quello strano oggetto li osserva addormentarsi.

   
 
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