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Autore: WHITI3N    18/09/2016    0 recensioni
tratto dal testo *Mi immagino vedermi nella bara, con il mio vestito che ricade sulla pelle, ed io contornata da fiori morti come me. Mi caleranno nel sottosuolo e mi richiuderanno, lasciandomi in una distesa di lapidi tutte uguali* (POV. Caterina)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Angolo Scrittrice. Ciao! Diciamo che questa non sarà solo una storia, è il pezzo di un libro che sto scrivendo, ma che non ho postato. Forse lo farò, ma intanto eccone una parte. Spero possa piacervi, e se è così, scrivetemi nelle recensioni se volete tutta la storia
Breve riassunto della storia prima di questo pezzo: Caterina è una ragazza di sedici anni, che quando ne aveva quattordici le è stato diagnosticato un cancro al cuore. È stata ricoverata in ospedale, e dopo settimane dall’ultima dimissione, torna in una di quelle stanzette.
POV.CATERINA
Non posso crederci, dopo settimane di libertà di nuovo qui, in questa stanza bianca. Due letti fatti, anch’essi candidi con una tendina celeste a dividerli, una scrivania e due flebo ornavano la camera. Puzza di amuchina e di medicinali vari, ma si sente anche un lieve odore di pioggia, proveniente dalla finestra aperta dalla quale osservo piccole goccioline cadere dal cielo. Il camice azzurro che indosso si è un po’ bagnato con l’acqua che entra dal varco tra me e l’acquazzone. La pioggia… mi ha sempre attirato. Mi ricordo, la sera in cui mi hanno diagnosticato il cancro, circa due anni fa, sono uscita dall’ospedale prima che mi dissero quando avrei dovuto iniziare la chemio, sotto un temporale, e ho aspettato che l’acqua mi invadesse tutto il corpo. Mi sono seduta su una panchina, e ho pianto. Sono rimasta così per un po’, fino a che la signora Davoli non mi ha trovata e messa in macchina. Eh sì, la pioggia mi piace. Sotto di me c’è un viavai continuo, solito delle strade di Roma. Ombrelli colorati che si muovono per la strada, persone incappucciate e cagnolini fradici. Un signore si copre la testa con un giornale che ormai ha ceduto sotto quella violenta perturbazione, e si è bucato e bagnato. La poggia mi fa riflettere. Noi siamo pioggia. Veniamo creati, e, piano piano, ci schiantiamo al suolo, moriamo. Ho già comprato il vestito per il mio funerale, è splendido. Purtroppo servirà per una non altrettanto bella occasione. Mi immagino vedermi nella bara, con il mio vestito che ricade sulla pelle, ed io contornata da fiori morti come me. Mi caleranno nel sottosuolo e mi richiuderanno, lasciandomi in una distesa di lapidi tutte uguali. Non guiderò ma una macchina, non farò mai l’amore con nessuno, non avrò mai una famiglia, non indosserò mai un abito da sposa, non invecchierò mai insieme a qualcuno, lo so. Ci ho messo un po’ ad accettarlo, ma ora lo so. E mi dispiace che chiunque ci sia lassù non vuole che io faccia queste esperienze, ma non esistono coincidenze, casi. Se devo morire c’è un perché. Non lo conosco il motivo, magari servo da qualche altra parte, o forse no, questo non lo so. Quando torno a guardare la strada, noto che un ragazzo si è fermato sulla chiazza di luce emanata dalla mia camera e mi guarda. Sorride da sotto l’ombrello rosso, abbassa lo sguardo sull’entrata dell’ospedale e scompare dentro l’edificio.
   
 
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