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Autore: Voldemortslostnose    19/09/2016    0 recensioni
Will aveva appoggiato la mano sul vetro, lasciando l'impronta di una manina grassoccia per la quale sua madre l'avrebbe sicuramente sgridato, ed aveva gridato "toppa libera tutti!" nell'esatto momento in cui Cecil si era girato verso di lui, gli occhi scuri spalancati in una comica espressione tradita, la curva all'insù delle labbra che lasciava comunque intuire la sua felicità.
Will si era chiesto perché fosse proprio quello il ricordo che gli era venuto in mente, prima di lanciare un'ultima occhiata al display del suo cellulare sul quale lampeggiava la scritta "CeChill" e decidersi a rispondere.
Seguito de "Terribly Faked Texan Accent". Lo so, tornare dopo tanto con una cosa del genere è imperdonabile, ma boh. Spero possa incuriosire qualcuno. Purtroppo per voi, leggere la prima storia è (più o meno) indispensabile per la comprensione di questa.
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Apollo, Leo/Calipso, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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I.

Will era acquattato dietro un covone nel fienile sul retro della fattoria dei suoi nonni, quasi evitando di respirare per non essere scoperto. Una voce di bambina aveva strillato deliziata, e sentendo i suoi fratelli ridere, Will era uscito dal suo nascondiglio ed aveva iniziato a correre verso la finestra della cucina, la "toppa" del loro gioco, mentre il suo migliore amico Cecil urlava i nomi dei suoi fratelli uno dopo l'altro.
Will aveva appoggiato la mano sul vetro, lasciando l'impronta di una manina grassoccia per la quale sua madre l'avrebbe sicuramente sgridato, ed aveva gridato "toppa libera tutti!" nell'esatto momento in cui Cecil si era girato verso di lui, gli occhi scuri spalancati in una comica espressione tradita, la curva all'insù delle labbra che lasciava comunque intuire la sua felicità.
Will si era chiesto perché fosse proprio quello il ricordo che gli era venuto in mente, prima di lanciare un'ultima occhiata al display del suo cellulare sul quale lampeggiava la scritta "CeChill" e decidersi a rispondere.

"Non mi hai mai raccontato dove hai imparato l'italiano" aveva detto Nico, per poi tornare tornare a sorseggiare tranquillamente la sua cioccolata calda, seduto al tavolo della cucina dell'appartamento che ora erano in quattro a condividere.
Will aveva sorriso. "Quando ero piccolo"- aveva iniziato -"io e il mio migliore amico Cecil ci raccontavamo un sacco di cose, soprattutto segreti, che segreti poi non erano, ma sai come sono i bambini. Ma i miei fratelli sono sempre stati tremendamente curiosi, ed hanno sempre voluto sapere tutto di me. Se ti ricordi, settimana scorsa Eric mi ha tenuto al telefono più di tre ore per cercare di capire cosa avessi combinato durante i due giorni in cui non ci siamo sentiti. Così, io e Cecil abbiamo deciso di inventare una lingua che capissimo soltanto noi. Abbiamo abbandonato l'idea dopo due giorni, ed abbiamo cercato di imparare una lingua che non fosse per niente simile all'inglese. Long story short, alla fine abbiamo lottato contro fonetica e regole grammaticali per mesi ma da allora in poi nessuno dei miei fratelli è più venuto a conoscenza di cose che non avrebbe dovuto sapere."
"Tu, invece?"- aveva chiesto Will, curioso -"Nico è un nome italiano, ma Leo mi ha raccontato che vi conoscete fin dall'asilo, quindi... Chi ti ha insegnato la lingua?" aveva concluso, addolcendo la voce verso la fine. Sapeva che la morte di Maria, sua madre, e di Bianca, sua sorella, erano ancora delle ferite aperte nel cuore di Nico e non avrebbe mai voluto farlo stare peggio di quanto il più piccolo non si sentisse già.
"Me l'ha insegnato Bianca" aveva sussurrato Nico, abbassando lo sguardo sul tavolo in legno di mogano.
Will non gli aveva chiesto se gli mancasse, questo lo sapeva fin troppo bene. Erano poche le notti in cui le urla di Nico non squarciavano il silenzio dopo che si risvegliava da un incubo, ansante, gli occhi sbarrati nel buio, le labbra livide, la gola dolorante, i muscoli contratti e le unghie conficcate nella pelle dei palmi.
Ed ogni notte, Will si alzava, entrava nella stanza accanto alla sua, si sedeva sul letto e Nico si tranquillizzava tra le sue braccia, il sangue fuoriuscito dai palmi che lasciava ogni volta tracce sul pigiama bianco del biondo, gli occhi ambrati di Nico che lasciavano tracce ancora più indelebili nel cuore di Will.
Sembrava un uomo come tanti, seduto a quel tavolo, senza problemi, senza rimpianti, senza incubi a tormentarlo, e Will avrebbe voluto che fosse davvero così, che un giorno Nico potesse essere finalmente libero dal suo passato, che non dovesse più chiedersi, ogni volta sempre con più dolore ed amarezza della precedente, se non avesse potuto morire lui al posto della sorella e della madre. Will si era chiesto se quello fosse il momento giusto per dirgli della telefonata di Cecil, ma non aveva trovato una risposta soddisfacente e si era limitato a rispondere al citofono ed aprire a Leo che non trovava le sue chiavi, per la terza volta solo quella settimana.

Quando l'ispanico aveva bussato alla porta Will stava ancora riflettendo sulla notizia datagli da Cecil. C'era qualcosa che gli sfuggiva nel racconto dell'amico. Un nome, degli occhi, una voce. Nel momento in cui Leo aveva posato le borse della spesa sul pavimento, e tra un respiro affannoso e l'altro aveva cominciato a lamentarsi sul grande aiuto fornitogli dagli amici, Will si era reso conto di avere un enorme problema.
Il biondo aveva posato il palmo della mano sulle labbra di Leo, che gli aveva lanciato un'occhiata scandalizzata mentre Nico cercava inutilmente di non scoppiare a ridere allo sguardo impagabile dell'ispanico ed aveva finalmente detto: "Il mio migliore amico e una mia collega hanno entrambi bisogno di un testimone di nozze." "Qual è il problema? Non dirmi che entrambi i matrimoni si terranno lo stesso giorno ed allo stesso orario!" aveva detto Nico, alzando un sopracciglio. "Beh, mettiamola così: anche il prete sarà lo stesso." aveva detto Will, alzando le braccia e portando le palme delle mani verso l'alto. "È la punizione per non avermi impedito di spaccarmi la schiena con la spesa" aveva risposto Leo, piccato, mentre riponeva i formaggi in frigo.

Calypso era rientrata dal lavoro in officina solo ore dopo, ed aveva trovato Nico sdraiato a pancia in giù sul pavimento che tentava disperatamente di correggere i temi dei suoi studenti, mentre Leo e Will litigavano sul presunto fuorigioco a favore dei giocatori ispanici durante la partita di campionato Italia-Spagna che stavano guardando urlando in due lingue diverse. La ragazza aveva sospirato rassegnata, prima di afferrare il telecomando come lo Scettro Vendicatore di Diocleziano - lei e Nico avrebbero dovuto smetterla di guardare i thriller di serie Z a sfondo storico, davvero - e spegnere il televisore. Mentre Nico esalava un ringraziamento sofferente senza smuoversi dalla sua posizione e due identiche espressioni tradite si dipingevano sui volti di Leo e Will, Calypso si era lasciata cadere sul divano, esausta.
"Bene" aveva detto "devo dirvi una cosa."
***
L'anno prima, quando il misterioso contatto del preside Octavian era sparito senza lasciare tracce, Will aveva deciso di restare ad insegnare in quella scuola, ufficialmente per cercare altre informazioni ed ufficiosamente per restare con Nico. Ed ora che viveva con lui, Leo e Calypso, quella faccenda per lui sembrava essere definitivamente chiusa.
Ma a pochi chilometri di distanza dall'appartamento di Nico, quella vicenda andava ancora avanti, nella persona di un uomo che nonostante il passare degli anni aveva conservato il suo aspetto attraente legato ad una sedia da catene che gli stringevano i polsi e le caviglie.
Rude, ma efficace, come l'avrebbe definito Leo.
L'uomo in questione si trovava in quella posizione da giorni ormai, ed i tratti europei, la muscolatura ben sviluppata, i capelli biondi e gli occhi azzurro cielo sembravano essere un ricordo, l'ombra sbiadita di quello che ora somigliava più alla vittima di una cerimonia sacrificale, pesto, sbattuto e coperto di sangue.
L'uomo aveva alzato la testa, sul volto un'espressione sofferente, ed aveva parlato con voce roca.
Aveva sussurrato al cuore dell'ascoltatore di venirlo a prendere, di non lasciarlo così a morire, di avere pietà di lui.
Poi la telecamera si era spenta, e sul volto dell'uomo era comparso un ghigno, che si rifletteva in quello del suo compagno dietro il vetro che divideva la stanza dove il biondo era legato da quella che somigliava ad una sala di registrazione.
"Niente male" era rimbombata la voce proveniente da dietro gli apparecchi di regolazione del suono. "Chi non verrebbe a salvarti, così? Quell'idiota non si renderà conto di nulla finché non si ritroverà legato al tuo posto."

A casa di Nico, Leo stava andando in iper ventilazione. Un bambino! Sarebbe stata una bellissima avventura, se solo lui e Calypso fossero stati già sposati.
Il padre di Calypso, Atlante, non era d'accordo sulla sua scelta di lasciare la casa natia per andare a vivere con Leo, e sarebbe stato impossibile riuscire a tenergli nascosto qualcosa, dato che ogni fine settimana insisteva perché Calypso tornasse nella casa in Ogygia Street e pranzasse con lui.
Leo aveva alzato lo sguardo, incrociando quello della sua ragazza, e le aveva promesso che sarebbe andato tutto bene. Nico aveva annuito accanto a lui, sapendo che la donna avrebbe capito che stava offrendo il suo supporto, e Will le aveva sorriso, incoraggiante.
"Dovrei dirvi qualcosa anch'io" aveva detto poi Will "Cecil mi ha detto che gli piacerebbe incontrare i miei amici, quindi vi ha invitati tutti al matrimonio, che per inciso è tra tre settimane."
Nico aveva rischiato di soffocarsi con la saliva.
Il giorno dopo, Will aveva trascinato Nico al più vicino centro commerciale perché no, non puoi presentarti ad un matrimonio in jeans e maglietta, Nico, smettila di brontolare. Avevano girato ogni singolo negozio di abbigliamento senza trovare uno smoking che una volta indossato non sembrasse un palloncino sgonfiato, ed ormai Will era quasi sicuro che Nico sarebbe imploso alla prossima prova ed avrebbe insistito per tornare a casa ed andare al matrimonio vestito come sempre.
Ma quando ormai si stavano avviando all'uscita, era stato Nico stesso a strattonarlo per la manica indicando un negozietto minuscolo che esponeva nella vetrina uno smoking nero notte che sembrava cucito apposta per Nico.
Erano entrati e la commessa, una ragazza mora vestita da hippie con un cartellino consunto fissato alla maglietta che recitava: "Salve! Il mio nome è Iride, ed oggi vi aiuterò!" aveva sorriso calorosamente ad entrambi.
Venti minuti dopo, Nico era uscito dalla cabina di prova e Will aveva sentito il suo cuore battere contro le costole tanto velocemente che per un momento aveva temuto di aver preso un infarto.
"Allora? Sto così tanto male?" aveva chiesto Nico, con un sorriso nervoso. Will aveva cercato di rispondere, ma non ricordava neppure come si facesse a respirare.
"Ehm" aveva iniziato, insicuro su cosa dire. Gli occhi di Nico si erano velati di tristezza, ed il ragazzo aveva iniziato a mordersi nervosamente il labbro inferiore. "Ti sposerei" aveva detto Will, sorridendo, e Nico era scoppiato a ridere mentre si allontanava dallo specchio. Will l'aveva abbracciato, ridendo insieme a lui.
"Bene" aveva detto poi Nico, con un sorriso che aveva sicuramente del sadico "Ora dobbiamo cercare un completo anche per te, non credi?"

In una grande villa poco distante dalla sede della registrazione del messaggio, due uomini stavano guardandosi negli occhi, uno dei due deciso ad impedire all'altro di iniziare una conversazione che in quel luogo avrebbe potuto tradirli. "Quando invierai il messaggio?" aveva chiesto il biondo guardando l'altro come a sfidarlo a fidarsi di lui, massaggiandosi i polsi ancora sfregiati dalle corde, mentre beveva un bicchiere di champagne stravaccato su un divano rosso in pelle. L'uomo che era nella stanza si era seduto accanto a lui, ghignando. "Oh, durante un giorno molto speciale, questo è certo..." aveva risposto, per poi prendere il bicchiere dalle mani dell'altro e posarlo delicatamente sul tavolinetto accanto al divano ed iniziare a baciare il collo del biondo, che aveva emesso un singhiozzo soffuso e l'aveva tirato giù facendolo distendere su di lui. Le mani del moro si stavano già prodigando a slacciare i jeans del biondo quando lui l'aveva interrotto chiedendo se dovesse rimettere quelle corde. "Vedrai" aveva risposto il moro "ed ora che ne dici di lasciarmi curare le tue ferite a modo mio?" Il biondo aveva ghignato in risposta, tirandosi suo marito di nuovo addosso.


Angolo Autrice
Poca roba, e pure brutta. Ma ciao, gentah. Lo so, lo so, vi aspettavate di meglio. Lasciate ogni speranza.
   
 
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