Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    20/09/2016    6 recensioni
Questa breve FF inizia nel momento in cui, nel volume 49, Masumi si allontana in auto con i documenti dell'anagrafe per abbandonare il nome di suo padre adagiati sul sedile della sua auto. Il suo errare, pieno di dubbi, lo porterà molto lontano...
Genere: Comico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Masumi Hayami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quarta parte

 

La strada semi buia, illuminata a tratti da deboli lampioni, appariva spettrale e vuota. Per un attimo, la confusione che gli albergava in testa e quell’atmosfera inquietante ebbero il sopravvento, facendogli credere che stesse guardando un fantasma, ma dovette ricredersi immediatamente quando una singola lacrima scese sul viso di lei.

- Si-Signor Hayami, che sta succedendo? - balbettò insicura Maya, immobile nella sua posizione, felice di vedere un volto conosciuto.

- Maya… Va tutto bene - cercò di rassicurarla lui facendo un passo avanti, diviso fra sogno e realtà. Se gli aveva posto quella domanda, significava che anche lei aveva compreso di non essere nella loro Tokyo.

La giovane si portò le mani al petto, continuando a fissare quell’apparizione che aveva tutta l’aria di un fantasma o di una visione onirica, come quella che aveva avuto nella valle dei susini.

- Nel mio appartamento vive qualcun altro! Rei non c’è! Mi sono avvicinata, stavo per entrare, ma ho sentito le voci di una famiglia all’interno, così sono scappata via! - confidò con voce affranta e spaventata, aggrappandosi all’idea che lui fosse lì davvero.

Masumi sentì il cuore stringersi per la pena, anche se quello era un sogno, i suoi sentimenti lo facevano soffrire come se fosse realtà. Si avvicinò sperando di darle un minimo conforto sebbene anche lui ne avesse bisogno.

- Che strana situazione, vero? - le sorrise dolcemente - Sembra che siamo intrappolati in questa specie di universo parallelo - aggiunse allargando il sorriso.

Maya spalancò gli occhi realizzando che anche il suo ammiratore era effettivamente in quel luogo insieme a lei e improvvisamente tutto le sembrò più leggero.

- Allora… anche lei…? -

Masumi annuì lentamente, continuando a guardarla.

- Non devi essere spaventata, torneremo a casa - le disse allungando una mano e asciugandole la lacrima solitaria. Quell’idea del ritorno accese una piccola lampadina nella sua mente, ma in quel momento era troppo occupato dalla presenza di Maya per prestarci attenzione.

- Lo pensa davvero, signor Hayami? - gli domandò speranzosa Maya avvicinandosi ad un passo da lui. Fu costretta a sollevare il mento per guardarlo, ma non le importava, la felicità per averlo incontrato le stava facendo esplodere il cuore di gioia.

- Sì - annuì lui - Ti ricordi cosa stavi facendo prima di trovarti qui? Forse possiamo trovare un modo per tornare indietro - suggerì infilando la mano nell’impermeabile e imponendosi un deciso autocontrollo. Il tocco con la sua pelle calda aveva risvegliato tutti i ricordi degli attimi che avevano passato insieme sull’Astoria.

Maya arrossì immediatamente e Masumi la fissò perplesso e incuriosito. Abbassò lo sguardo e gli suscitò una tale tenerezza da far quasi crollare la difesa che aveva innalzato.

- Ero sola… e malinconica… sono uscita e sono andata nel parco… - iniziò con un mormorio basso, torcendosi le mani - Era così silenzioso e confortante e io… io volevo tanto vederla! - gli confidò all’improvviso sollevando il volto arrossato.

Masumi trattenne il fiato per l’emozione.

- Mi mancava così tanto! Io lo so che lei deve spo… - ma Maya non riuscì a terminare la frase concitata. Masumi l’abbracciò stretta, togliendole il respiro. Lei si rannicchiò in quell’alcova protettiva e appoggiò la testa al suo petto in cui sentì battere rapido il cuore.

- Io non mi sposo più, Maya, non mi sposo più - le sussurrò avvicinando le labbra al suo orecchio. Quell’accorata confessione rilassò parte della sua mente che realizzò finalmente il guizzo che aveva avuto qualche istante prima. Siamo in un mondo diverso dal nostro… qui non c’è nessuno di quelli che conosciamo… Non c’è mio padre, non c’è Shiori… Qui noi due potremmo…

Maya deglutì e il magone in fondo allo stomaco uscì attraverso copiose lacrime liberatorie. Allungò le braccia lasciandole scivolare sotto l’impermeabile e lo strinse a sé.

Se l’unione e le dichiarazioni sull’Astoria erano stati il loro primo vero contatto, quell’abbracciò fugò ogni dubbio circa i loro reali sentimenti. Non erano necessarie parole, i cuori che rimbombavano nei loro petti dicevano già tutto.

- All’inizio credevo fosse un sogno, mi sono data dei pizzicotti, ma non è servito a nulla - sussurrò Maya e lo sentì ridacchiare debolmente - Ma ora che c’è lei, non m’importa più! - aggiunse scostando la testa e cercando volontariamente i suoi occhi. Arrossì nonostante il coraggio che avrebbe voluto dimostrare quando vide la sua espressione dolce e raggiante.

Masumi avvertì un’onda calda e devastante che si fermò nel centro del suo petto. Lei aveva questo modo spontaneo di dire le cose che, anche a distanza di anni, lo lasciava basito e senza parole. Fece scorre le mani lungo la schiena esile, sulle spalle, fino ad accarezzarle il volto imbarazzato.

- Non speravo di poterti incontrare qui - sussurrò accogliendo con gioia i brividi causati dal contatto con le sue guance - Credevo fosse una prigione solo mia -

- No! - negò subito Maya con veemenza sentendo il proprio cuore stringersi di fronte alla sua espressione malinconica - Ci sono anche io! -

Masumi sorrise malgrado la situazione fosse drammatica. O forse no.

- Ascolta, Maya - iniziò continuando a tenerla fra le sue braccia e sentendosi stranamente euforico - Anche se questo sembra un sogno, è impossibile che lo sia davvero, concordi con me? -

Maya annuì immediatamente. Tutto quello che sentiva, il calore delle sue mani, il tono della sua voce, ogni cosa era vera.

- Questo… mondo… somiglia molto al nostro - fece una pausa, indeciso se dirle cosa aveva scoperto circa la loro identità, poi parlò, tenerglielo nascosto non sarebbe servito a niente - Ma qui noi siamo i personaggi di un manga per ragazze - le confidò cercando di apparire il più serio possibile.

Maya dapprima ridacchiò portandosi una mano alla bocca, poi cambiò espressione quando si rese conto che non stava scherzando.

- Sul… Sul serio? - gli chiese angosciata.

- Sì, ma questo potrebbe essere un punto a nostro favore - da bravo imprenditore trovava sempre il modo di guadagnarci - Maya, se non riuscissimo a tornare indietro, potremmo restare qui… -

Lei lo fissò inizialmente senza comprendere appieno le sue parole, poi lentamente la realtà si fece strada dentro di lei e colorò di rosso acceso le sue guance. Masumi dilatò gli occhi a quella reazione rendendosi conto di ciò che poteva aver realizzato, così, imbarazzato, cercò subito di chiarire.

- Intendevo che qui non ci sarebbe più mio padre, né la famiglia Takamiya, né attrici folli che cercano di ucciderti… - avrebero potuto stare insieme senza impedimenti, ma a quanto pare era qualcosa a cui Maya aveva incredibilmente già pensato da sola. Lei gli sorrise dolcemente e tornò ad appoggiare la testa sul suo petto lasciandosi invadere dalla felicità che quella vicinanza insperata le dava.

- Sì, mi piacerebbe moltissimo - ammise - Però non potrei più interpretare la Dea Scarlatta per la quale ho lottato e sofferto così tanto, perderemo tutte le persone che ci amano, non potrei più rivedere Rei, Sayaka e Sakurakoji! E Ayumi… cosa penserebbe? - obiettò con tono che divenne sempre più acuto e addolorato.

Masumi comprese immediatamente ciò che lei gli stava dicendo sebbene, per quanto riguardasse Sakurakoji, apprezzava la sua lontananza, ma si dette dello sciocco per aver pensato solo ai suoi sentimenti.

- Hai ragione, scusami per non aver preso in considerazione queste cose - mormorò stringendola a sé. Nessuno li avrebbe riconosciuti in quella strada buia e l’unica cosa che desiderava era tenerla vicina il più possibile, prima che quell’incubo, trasformatosi in dolce sogno, svanisse brutalmente.

- No! - replicò invece Maya, contraddicendosi - Sono io una codarda! Io che non riesco ad abbandonare la mia vita e poi, significherebbe lasciare il mio ammiratore… - chiuse gli occhi, appoggiata alla sua camicia profumata, e tentò invano di frenare il suo cuore che batteva follemente. Me lo dica, la prego! Mi dica che è lei!

- Sono io, Maya - mormorò Masumi colpevole dando voce ai pensieri di lei, pronto a ricevere il suo biasimo. Appoggiò la guancia sui suoi capelli e si rese conto che mai come in quel momento erano stati così vicini e così a lungo abbracciati. Quel contatto era l’unica cosa che gli impediva di impazzire.

Non la sentì reagire. Rimase immobile, rilassata, non saltò su accusandolo.

- Lo so, mio caro ammiratore, lo so - gli confessò facendogli serrare la gola in uno spasimo violento - Senza di te io non ce l’avrei mai fatta -

Masumi credette di non aver udito bene e la scostò da sé, ma quando i loro occhi si incontrarono, non ci fu nient’altro da aggiungere. Quella forza che li legava e che forse era voluta dalla disegnatrice di quel mondo, li teneva uniti perfino lì.

Maya cercò la sua mano e la strinse delicatamente librando in aria il suo cuore carico di amore e dolcezza per quell’uomo tanto più grande. Ma non le importava: età, rango, aspetto non erano più un ostacolo.

Avvinti da quell’amore che trascendeva tempo e spazio, colmarono la distanza esigua che li separava unendo le loro labbra tremanti in un bacio agognato e atteso. Le braccia si serrarono bramose di un contatto più profondo mentre il sangue correva veloce nelle vene alimentando il loro desiderio.

Quando Masumi riaprì gli occhi, si trovò a fissare l’appartamento di Maya.

 

Suzue Miuchi, provata e stanca, si era addormentata sulla poltrona, certa che al suo risveglio quel terribile sogno sarebbe svanito, lasciando solo una debole traccia nella sua memoria scossa. Quando riaprì gli occhi, sentì le palpebre pesanti e si stirò come un gatto. Non fu una mossa saggia, perché troppo tardi si ricordò di essersi addormentata sulla poltrona. Tutte le ossa scricchiolarono e un lamento prolungato uscì dalle sue labbra tese per il dolore.

Un plaid scivolò a terra e la sua mente registrò che suo marito doveva averla coperta. Quel gesto la mise subito di buonumore. Raccolse il plaid, lo piegò accuratamente e lo appoggiò sul tavolino rotondo in mezzo alle due poltrone. Si alzò lentamente, sentendo tirare tendini e muscoli, si assicurò di restare in piedi e andò in cucina.

Venne accolta dalla domestica che era già al lavoro, la quale la informò ossequiosamente che la colazione era pronta e se preferisse consumarla nello studio.

- Resterò qui - rispose ancora assonnata e confusa. Sollevò gli occhi all’orologio a parete ed ebbe un sussulto: erano le undici di mattina!

- Perché mio marito non mi ha svegliata?! - sbottò contrariata sbattendo le mani sul bancone centrale della cucina.

- Non lo so, signora, è uscito presto stamani - le rispose con lo sguardo a terra e un lieve inchino, poi si affrettò a sistemarle il vassoio con la colazione: era sicura che non sarebbe affatto rimasta lì a consumarla.

Suzue rimase in silenzio, prese il vassoio e tornò nello studio. Il sole entrava dalla finestra socchiusa e un lieve vento spostava ritmicamente la tenda bianca. I rumori della metropoli erano attenuati dalla distanza con il centro e dalla cura con cui aveva fatto costruire quella casa. Si versò del tè, prese la tazza e si avvicinò alla finestra. Scostò la tenda e scrutò il giardino con apprensione. Il suo sguardo si rabbuiò e dalle sue labbra uscì un’imprecazione decisa. Era stato solo un sogno, nessuno dei suoi personaggi se ne andava in giro per il mondo a infastidire la gente! Strinse con forza la tazza e la sua mente tornò, sebbene lei non lo volesse, a quella visione onirica che aveva avuto.

La rappresentazione che aveva creato del suo personaggio era davvero inquietante per quanto si fosse avvicinata alla sua idea. Non solo la sconcertante somiglianza fisica, ma ancor più quella caratteriale. Un mezzo sorriso si dipinse sul suo viso mentre fissava il liquido scuro che le scaldava le mani.

Non le era mai capitato di sognare una cosa del genere. Ricordava perfettamente di essersi spaventata quando l’aveva visto seduto su quella stessa poltrona. I suoi occhi andarono all’arredo immobile, inconsapevole di essere stato parte di una scena impossibile, poi si spostarono sulla scrivania col computer e infine sul tecnigrafo.

Il suo cuore perse un battito.

La tazza le cadde di mano e s’infranse sul pavimento, schizzando il liquido dovunque. Suzue rimase congelata, esterrefatta di fronte a ciò che stava guardando. Il sole, con un raggio dal taglio obliquo, illuminava la grande tavola bianca inclinata, si rifletteva sulla squadra in acciaio, con la quale in passato aveva tirato migliaia di righe per dividere le scene, e infine si posava sui petali vellutati di una rosa scarlatta.

Deglutì lentamente, ignorò la ceramica frantumata a terra e raggiunse il tavolo da lavoro. Appoggiò le mani tremanti sul bordo e fissò il fiore. Il gambo diritto e verde era trattenuto dalle pagine di uno dei suoi tankobon, il numero 49.

Afferrò il cellulare appoggiato sulla scrivania e toccò il contatto veloce al centro dello schermo.

- Sono io - sussurrò tenendo lo sguardo attonito sulla rosa - G-Grazie per la rosa che mi hai lasciato - aggiunse cercando di essere più sicura. Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio che le gelò il sangue nelle vene.

- Rosa? Non ho lasciato alcuna rosa, Suzi-chan - le rispose il marito, interdetto.

Il cellulare le scivolò di mano, la voce del marito che si affievoliva sempre più con la lontananza.

Suzue Miuchi rimase immobile, come se il tempo si fosse fermato, e forse era proprio ciò che era avvenuto quella notte. Dopo un tempo che le parve infinito, distolse gli occhi dalla rosa, spostò il volumetto più in alto sulla destra, prese la sua matita preferita e tracciò un profilo sul foglio bianco.

 

Masumi si appoggiò al fianco della sua auto e sospirò. Infilò le mani nelle tasche del soprabito e fissò la finestra dell’appartamento di Maya. Era sicuro che ci fosse qualcosa di importante di cui avrebbe dovuto ricordarsi, ma ciò che gli premeva in quel momento erano i documenti sul sedile della sua auto e ciò che sarebbe accaduto una volta che li avesse firmati. Avrebbe dovuto incontrare il nonno di Shiori quanto prima e l’idea di vedere Maya a Izu minava fortemente il suo autocontrollo. Quel pensiero era una costante delle sue giornate da quando aveva discusso con Hijiri.

Da quando gli ho tirato un tagliacarte…

Ridacchiò della sua azione sconsiderata e ancora una volta, il sospetto che il suo collaboratore non avesse affatto scherzato quando aveva proposto di presentarsi come l’ammiratore delle rose scarlatte, gli torse lo stomaco dalla gelosia. Non riusciva a credere che Karato potesse essersi innamorato di lei.

Però sono anni che le consegna le rose, anni che ascolta le sue confessioni, scrive i suoi messaggi e in silenzio me li consegna…

Scosse la testa e tornò a guardare la finestra illuminata, finché la luce si spense e con essa parte del suo cuore, che batteva frenetico in modo inspiegabile. Si portò una mano al petto e spostò lo sguardo sul punto.

Com’è possibile che io sia in questo stato d’animo? Non l’ho neppure incontrata e il suo solo pensiero piega così la mia anima?

Espirò il fiato e sollevò gli occhi al cielo stellato, cercando di calmarsi. Eppure c’era qualcosa di importante che gli sfuggiva, ma dando la colpa alla tensione e alla stanchezza per quei vuoti di memoria, raggiunse la portiera della sua auto ed entrò sedendosi con poca grazia. Stava per accendere il motore, quando qualcuno uscì dal condominio di Maya. Sussultò e rimase immobile, ma fu un uomo a scendere le scale, forse un vicino. Si dette dello stupido e il suo sguardo si posò per un secondo sui fogli dell’anagrafe.

Ma non c’erano solo i documenti, bensì uno strano cartonato piegato.

Il suo cuore si arrestò, letteralmente, mentre la sua mente lavorava frenetica. Era quasi certo che non fosse suo. Allungò una mano e lo avvicinò, aprendolo con due dita. Un bellissimo ritratto di Maya a matita gli fece trattenere il fiato.

Poi ricordò ogni cosa.

Si portò le dita alle labbra, comprendendo perché il cuore gli battesse in quel modo quando era “tornato indietro”, spalancò gli occhi e si girò di scatto verso la casa di Maya, incredulo. Oltre il finestrino, lei lo stava guardando con la stessa espressione stupefatta. Uscì subito posando il disegno e la raggiunse fermandosi a due passi da lei. Si fissarono a lungo, attoniti, imbarazzati e tesi, entrambi con il fiato accelerato e il cuore che batteva all’impazzata.

- Si-Signor Hayami…? - mormorò lei recuperando un minimo di coraggio. Apparentemente in casa tutto era stato come sempre, ma quando si era infilata a letto e aveva preso fra le mani il suo segnalibro, era scattata a sedere sul futon, ricordando ogni cosa. Presa dall’emozione, si era infilata il soprabito, sicura che lui sarebbe stato lì fuori.

- Ricordi tutto? - le chiese in un sussurro carico di imbarazzo.

Maya ebbe solo la forza di annuire. Sentiva le ginocchia tremare e un’intensa felicità sollevarle l’anima.

Masumi non ebbe necessità di altra conferma, s’avvicinò e l’abbracciò stretta con la certezza che, qualunque strada avesse intrapreso quella disegnatrice, le loro due anime si sarebbero cercate e trovate in eterno.


 

FINE.

   
 
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