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Autore: blackmiranda    20/09/2016    14 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehm... Salve! ^^'''''''''''''

Ok, non so come farmi perdonare il mostruoso ritardo, quindi...bando alle ciance, senza dovermi ripetere, se siete interessate alle mie patetiche scuse potete andare a leggere l'ultimo post sulla mia pagina facebook (link nella pagina autore).

Vi lascio al capitolo, che lo aspettate da fin troppo tempo! Spero vi piaccia. E' particolare, e più lungo del solito. ^^''''

 

 

Maelstrom

 


La navigazione proseguì verso il mare aperto senza intoppi. A mano a mano che la nave prendeva il largo, i contatti tra gli insoliti passeggeri del mercantile diventavano più radi, dato che apparentemente tutti e cinque soffrivano il mal di mare. Persino Poseidone, nonostante si sforzasse di nascondere la nausea, non poteva mascherare più di tanto il colorito pallido tendente al verde che la sua pelle umana aveva assunto.

Persefone provava sentimenti ambivalenti nei confronti del mal di mare: da un lato lo detestava – ecco un nuovo motivo per odiare la condizione umana! – dall’altro per lo meno la nausea faceva sì che Ade non le avesse rivolto più la parola da quando erano salpati.

L’unico che sembrava non soffrire per nulla, e che anzi pareva divertirsi un mondo, era Pegaso, che solcava il cielo sopra le loro teste, sempre un po’ più avanti o un po’ più indietro rispetto alla nave, la grande ombra alata proiettata sul ponte. Ogni tanto Ercole lo cavalcava, giusto per sfuggire al rollare continuo dello scafo, e l’eroe si era offerto di far fare un giro anche a Persefone, ma la ragazza aveva finito per rifiutare dopo essersi resa conto che, evidentemente, soffriva anche il mal d’aria.

Essere mortali non dava mai la minima opportunità di stare tranquilli e sereni. La pena che provava per gli esseri umani cresceva ogni giorno che passava, si rese conto la ragazza tra un conato di vomito e l’altro, maledicendo Urano e tutti gli dei primordiali a bassa voce…

Ad appena il secondo giorno di traversata, persino la vena umoristica di Ade si era completamente esaurita. “Questo è mille volte peggio dello stramaledetto Stige!” aveva esclamato, disperato, tra lo sghignazzare dei marinai, che colsero la battuta solo a metà ma che non potevano fare a meno di ghignare alla vista di un omone grande e grosso in preda al mal di mare. Persefone non credeva che il consorte potesse diventare ancora più pallido ed emaciato di come già era, ma l’evidenza l’aveva prontamente contraddetta.

“Questo è niente!” esclamò un giorno il capitano, portandosi in mezzo a loro, che se ne stavano, chi appoggiato alla balaustra di destra e chi di sinistra, con la testa penzolante verso le onde. “Aspettate solo di arrivare in mare aperto. Qui siamo riparati dai venti più violenti: siamo ancora nel Golfo. Dopo Patrasso, si entra nello Ionio. Lì sì che c’è da divertirsi!” esclamò lasciandosi andare ad una grassa risata. “Che mi dici, eroe? Non ti farai certo sconfiggere da un po’ di mal di mare!” aggiunse poi, scuotendo la testa in segno di delusione.

Ercole non sapeva come ribattere, evidentemente, perché si limitò ad accennare una risata a metà tra il finto e l’imbarazzato.

Persefone non comprese subito le parole dell’uomo di mare; dovette attendere ancora qualche giorno per realizzare cosa effettivamente volesse dire con “Questo è niente.” Fecero una breve sosta a Patrasso, un piccolo porto che le parve alquanto squallido in confronto a quello di Corinto, dove i marinai scaricarono una decina di grosse anfore e ne caricarono il doppio. Il gruppo di viaggiatori ne approfittò per mettere i piedi a terra, cosa che li rinfrancò non poco. “Quanto dovrebbe durare, il viaggio?” chiese Persefone mentre scendeva barcollando dalla nave, una mano serrata spasmodicamente alla bocca dello stomaco.

Nessuno seppe darle una risposta precisa: tutto ciò che ricevette furono occhiate affrante. “Meraviglioso.” commentò seccamente la ragazza, trascinandosi a sedere su di una cassa di legno.

Di lì a poco ripartirono. La differenza, ora che erano ufficialmente in mare aperto, era palpabile: tirava un altro tipo di vento, più selvaggio, quasi cupo. Era come se fossero entrati in un altro mondo, come se avessero varcato un confine impalpabile ma tuttavia presente. Si trattava di una sensazione comparabile a quella che la ragazza ricordava di aver provato quando era scesa per la seconda volta nell’Oltretomba. Rabbrividì improvvisamente, scossa da un brutto presentimento.

Contrariamente alle loro aspettative, la nausea diede loro tregua per buona parte della giornata successiva. Fu una giornata meravigliosa: il sole splendeva in cielo, tirava un vento forte ma non molesto e la barca filava che era un piacere sul mare azzurrissimo, per la felicità dei marinai che non erano costretti a remare. Persefone si sporse ancora una volta dal ponte, ma questa volta semplicemente per godersi il paesaggio. Ogni tanto una ciocca dei suoi lunghissimi capelli biondi le volava davanti agli occhi, frustandole le guance, ma lei si limitava a respingerla pigramente indietro con le dita, lo sguardo fisso sulla miriade di onde cristalline di fronte a sé.

Dopo un po’ che era lì, udì avvicinarsi qualcuno. Pensando che fosse Ade, si girò con un’espressione seccata, ma dovette ricredersi quando si rese conto che era stato Poseidone ad andarle vicino, mantenendo comunque una certa distanza. I due si guardarono per un istante in silenzio, per poi distogliere lo sguardo all’unisono, tornando a fissare le onde.

“Oh!” si lasciò sfuggire la ragazza alla vista improvvisa di un paio di pinne guizzanti appena sotto la superficie.

“Delfini.” commentò Poseidone, sorridendo sotto i baffi. Persefone gli lanciò un’occhiata stupita: vederlo sorridere era talmente raro che quasi credette di essersi sbagliata…

“Sono creature davvero eccezionali.” continuò l’ex-dio dei mari, sospirando. “Amphitrite li adora, li riempie sempre di carezze. Personalmente non ne vedo il bisogno…poi diventano pigri. Più un animale è intelligente, più è facile viziarlo, e diventa quasi impossibile fargli cambiare idea. Glielo ripetevo in continuazione, ma non mi ha mai dato retta…” Un improvviso tremolio nella voce del suo interlocutore le fece sgranare gli occhi. Si chiese se dovesse dirgli qualcosa o se fosse meglio non parlare e limitarsi ad ascoltarlo. “Ad ogni modo,” proseguì Poseidone dopo un attimo di pensoso silenzio, “mi fa piacere che ci siano ancora, i delfini. Mi fa sperare che da qualche parte ci siano anche mia moglie e mio figlio.”

“Sono certa che è così, e che stanno bene.” fece la ragazza senza riuscire a trattenersi. Si sentiva un po’ a disagio, ma più di tutto le dispiaceva per lui. Poteva sentire il dolore nella sua voce, il rammarico, il cupo rimpianto. Non immaginava che un uomo così burbero e incline alla lamentela potesse nascondere un lato così genuinamente dolce.

Poseidone si lasciò andare ad una breve, incredula risatina. “Il fato è strano. Ho amato tanto mia moglie e potrei non rivederla mai più…in compenso, tu…” osservò, accennando ad un punto non ben specificato alle loro spalle, “tu puoi godere della compagnia del marito che odi fino alla fine.”

Persefone tornò a fissarlo, silenziosa, ponderando le sue parole per un bel po’. Non aveva usato un tono volutamente offensivo, ma la ragazza non poté fare a meno di sentirsi leggermente derisa. Non le sfuggì, inoltre, la pesante nota di sfiducia che permeava le parole del suo interlocutore… “Sì, il fato è strano.” convenne infine, tornando a distrarsi guardando il mare e i delfini che ancora nuotavano vicino alla nave.

L’ex-dio annuì. “E ha un pessimo senso dell’umorismo.” aggiunse, dopodiché grugnì. “Che vadano in malora tutti: il Fato, le Parche, Crono, Urano. Puah! Che vadano tutti in malora! Alla malora!

Ecco, questo Poseidone lo riconosceva già di più. D’altronde, come dargli torto?, pensò la ragazza, posando sconsolata la guancia sul palmo della mano destra.

***

Il sole calò in un trionfo di tinte scarlatte, che si tramutarono lentamente in un porpora talmente acceso da far impallidire anche le costose vesti dei più ricchi signori e re. Era, Ercole dovette ammetterlo, uno spettacolo meraviglioso a vedersi. In quei momenti, in cui il sole morente sembrava letteralmente tuffarsi in mare, avvertiva in modo ancora più acuto la mancanza di sua moglie e di sua figlia. Avrebbe dato tutto per averle con sé…ancora una volta seppe di aver fatto la scelta giusta, rinunciando alla propria immortalità per stare al fianco di Megara.

Di tutti coloro che erano a bordo, solo il capitano pareva non stare godendosi per nulla il tramonto. Ercole non si stupì più di tanto, ma si incuriosì nel vederlo incupire sempre di più, le sopracciglia folte aggrottate talmente tanto da formare un unico cipiglio cespuglioso. “C’è qualche problema?” andò ad informarsi, usando il tono di voce più cauto che gli riuscisse di fare. Ci teneva a mantenere dei rapporti il più possibile buoni col vecchio lupo di mare.

L’uomo grugnì, passandosi una mano sulla bocca. “In tutti i miei anni per mare, per Zeus, non ho mai visto un cielo del genere.” rispose quasi gorgogliando. Tossì e sputò.

“È davvero bello.” commentò il giovane. Non ricordava uno spettacolo del genere da quando era salito sull’Olimpo insieme a Meg, trasportato da una nuvola inviatagli da suo padre…

“È strano. Non mi piacciono le cose strane. Mi piace quello che conosco, che riesco a prevedere.” lo rimbrottò l’altro, per nulla colpito dalla poesia del tramonto. “Mah. Sarà quel che sarà…intanto siamo in ballo e dobbiamo ballare.”

E con queste enigmatiche parole si congedò. Ercole, perplesso, lo osservò andare a parlare con il suo secondo. Istintivamente alzò lo sguardo a cercare Pegaso, ma si accorse subito dopo che il cavallo si stava pigramente riposando sul ponte. Sorridendo, andò a fargli due carezze sul muso.

***

Il sole era tramontato da un pezzo quando iniziò a levarsi il vento. I marinai avevano ammainato le vele per la notte e la barca era ferma. Quasi tutti erano già addormentati o sul punto di prendere sonno.

Uno dei primi rumori d’allarme fu il nitrito nervoso di Pegaso, che svegliò Persefone di soprassalto, dato che la ragazza dormiva ormai d’abitudine vicino al cavallo alato. Quando aprì gli occhi, Persefone si ritrovò davanti la figura scalpitante dell’animale, la criniera azzurra arruffata dal vento freddo. “Che ti succede?” gli chiese, alzandosi in piedi di scatto. Stringendosi nello scialle, si guardò attorno, perplessa. Era una notte senza luna né stelle, particolarmente buia, tanto che faticava a vedere ad un palmo dal proprio naso. Soffocando un tremito, fece un passo indietro, andando a posare la schiena sul fianco del cavallo.

I grugniti infastiditi dei marinai si levarono in una specie di coro improvvisato a mano a mano che venivano svegliati a loro volta dai lamenti dell’animale. Ercole, che dormiva poco distante, arrivò brancolando nel buio. “Che hai, bello?” chiamò il giovane ad alta voce. Persefone si levò di mezzo, gli occhi puntati sulla figura dell’animale, che con il suo manto candido era la cosa più facilmente distinguibile in quel buio.

Pegaso nitriva, scalpitava, spiegava le ali e poi le ripiegava su sé stesse...Ercole fece per allungare una mano e cercare di calmarlo, quando un tuono rimbombante li assordò, svegliando anche i più duri d’orecchi. Persefone udì l’esclamazione sorpresa di Zeus e il commento sarcastico che gli rifilò Ade, puntuale come sempre quando si trattava di risultare fastidioso…

La ragazza alzò gli occhi al cielo per l’esasperazione, e fu allora che incrociò un paio di occhi verdi, brillanti come fari nella notte. A bocca aperta per lo stupore, quasi si sentì mancare quando scorse il barlume di un sorriso tutto zanne che, ne fu immediatamente certa, non era la prima volta che vedeva. Fece un passo indietro, gemente, puntando un dito in direzione della creatura che la stava fissando, chissà da quanto tempo…

“Buonasera, carina.” la apostrofò allora una voce femminile che riconobbe all’istante. “Eris!” esclamò, le gambe che le diventavano molli per la paura. L’istinto le diceva che, se la dea della discordia era lì, non era per nulla un buon segno.

Un altro tuono, preceduto appena da un lampo che rischiarò il cielo quanto bastava perché Persefone riuscisse a vedere chiaramente la dea alata e ammantata di rosso, sospesa a pochissima distanza dalla balaustra della nave.

“Ogni volta che ti vedo sei messa peggio.” osservò la dea, sghignazzando di gusto. “Peggio che essere mortale, non so cosa ci sia. Solo forse essere…morta!” Un altro flash di zanne ghignanti, accompagnato da una risata che le fece gelare il sangue nelle vene. A quel punto, la ragazza arretrò di corsa, voltando le spalle alla dea, mentre un altro lampo solcava il cielo, vicino, così vicino che Persefone era certa che il prossimo li avrebbe centrati in pieno.

Inciampò da qualche parte sul ponte, non vide dove…non vedeva niente…tutto quello che sapeva era che erano in bruttissimi guai, e che era ad un passo dal panico. “Ercole! Ercole!!” si ritrovò a chiamare, disperata, finendo invece addosso a Zeus, che la prese per le spalle. “Cosa succede, mia cara?” cercò di blandirla lui, che come al solito non aveva capito niente…

“C’è Eris…c’è Eris, l’ho vista, era là…ha detto..!” sputò tutto d’un fiato la ragazza, le parole mezze soffocate dal prepotente rombo dell’ennesimo tuono.

Al che, parlarsi iniziò a diventare molto difficile. I marinai avevano iniziato ad urlare, chiamandosi l’uno con l’altro, intimandosi di legarsi all’albero maestro con le funi; Pegaso nitriva, sempre più terrorizzato; il vento ululava spaventosamente; Zeus chiedeva spiegazioni con voce tonante e Persefone riusciva solo a balbettare il nome della dea alata.

Fu proprio la suddetta dea, infine, a richiamare tutti all’ordine. Lanciò un grido talmente feroce e disumano che tutti si zittirono all’istante, gelati sul posto. Persino il vento parve cessare il suo ululato…

“Siete tutti e cinque qui, vedo! Meraviglioso!” esclamò, andando ad appollaiarsi sulla cima dell’albero.

“Eris!” la chiamò Zeus, sbalordito.

“Come sei sciupato, padre degli dèi.” lo salutò lei, deliziata. “Mai avrei pensato di vedere questo giorno!” continuò, spiegando pigramente le ali membranose.

“Quale giorno?” domandò l’ex-dio mentre Ade gli andava vicino, cauto, lo sguardo puntato su Eris.

La dea si produsse in una risata rauca. “Oh, lo scoprirai presto!” Incrociate le braccia al petto, prese a rivolgersi ad Ercole. “E tu, grande eroe! Che pensavi di fare, a bordo di questa bagnarola? Oh, c’è anche il cavallo, vedo. Il ragazzo non mentiva affatto.”

Al che, Ercole fece un passo avanti, mentre gli sguardi complessivi di tutti i restanti facevano la spola tra l’eroe e l’altera creatura dagli occhi scintillanti. “Non so di cosa tu stia parlando, né chi tu sia…che cosa vuoi da noi?” chiese, adottando la voce più profonda che gli riusciva di fare.

Nel frattempo, Persefone, mezza morta di paura, si sentì afferrare di colpo per un braccio e tappare rudemente la bocca un secondo prima che potesse lanciare l’ennesimo grido. “Dov’è la falce?!” le domandò Ade subito dopo, a bassa voce, talmente vicino che i loro nasi si toccavano. “Dimmelo! Dov’è!?”

La ragazza, indignata oltre ogni misura, si dimenò furiosamente. “Ma che..!”

Sshhh!!” la zittì lui, furente di rabbia.

“…tale padre, tale figlio!” continuava intanto Eris sopra le loro teste, dileggiando Ercole.

“Ti ho chiesto che cosa vuoi, mostro!” ringhiò lui per tutta risposta, sguainando la spada che portava al fianco.

La dea scoppiò nuovamente a ridere. “Cosa credi di poter fare, con quella?! Insolente! A differenza vostra, io sono una dea immortale!”

“Dimmi dov’è la falce di Crono!” ripeté Ade, sempre a mezza voce, guardandola con occhi spiritati.

“Lo sai già dov’è! Sul promontorio!” cedette Persefone, il braccio ancora bloccato tra le sue grinfie. “Si può sapere cosa vuoi, razza di psicopatico?!” sibilò con le lacrime agli occhi. Ci mancava solo che Ade andasse fuori di testa! Già erano in pericolo mortale…

“Non. Alzare. La. Voce.” le intimò lui, trascinandola da una parte. “Siamo morti, Seph. Te ne rendi conto, sì o no?” aggiunse poi, lo sguardo che saettava dal volto allibito di lei all’incombente figura di Eris, ritta sull’albero maestro. “Siamo morti. Qualcuno ha fatto la spia…ma tu devi dirmi dov’è la falce, perché giuro che farò di tutto per…”

“Per cosa?!” lo interruppe lei, tremante, mentre il suo cervello faceva due più due. Aveva capito perfettamente dove l’ex-dio dei morti volesse andare a parare. “Vuoi salvare la pellaccia, vero?! Ho ragione, eh?! Beh, caro mio, mi dispiace davvero tanto, ma non so dove sia la falce! Ho solo una vaga idea mentale, e di certo anche se lo sapessi non lo verrei a dire a te! Mi disgusti!”

Ci puoi giurare che voglio salvarmi! Ho visto coi miei occhi com’è lo Stige, e di certo non ho intenzione di tornarci senza combattere fino alla fine!”

“Non mi interessa!”

“Il cavallo, Seph! Possiamo scappare..! Tu…lui ti conosce, si farebbe avvicinare…”

“Ah, adesso pensi al plurale! Ora che ti servo-”

“Seph, dannazione, fai funzionare il cervello, una buona volta-”

In tutto questo, i loro mormorii erano stati coperti dai goffi tentativi del capitano di parlamentare con la dea, tentativi che non erano andati affatto a buon fine. Non appena aveva capito che Eris ce l’aveva coi suoi passeggeri, infatti, l’uomo aveva negato ogni affiliazione, arrivando addirittura a giurare che l’avessero costretto a trasportarli contro la sua volontà…

Un lampo violentissimo squarciò il cielo a metà e il tuono che ne seguì li zittì tutti una seconda volta. “Temo che il mio tempo sia scaduto…e anche il vostro.” fece spallucce la dea, spiegando un’altra volta le ali.

“Cosa c’è voluto per comprarti, Eris? Cosa ti ha promesso Urano?” si udì allora la voce stridula di Ade, tra la sorpresa generale, specialmente di Persefone, che ancora gli stava accanto nonostante l’alterco appena avvenuto.

“Ade…confesso che un po’ mi dispiacerà, vederti morire. Giusto un po’.” gli fece Eris, ghignando malevola. “Però, guarda il lato positivo…te ne torni a casa!” E, così dicendo, spiccò il volo, sghignazzando.

 

Quando la dea alata fece per spostarsi dall’albero, Ercole balzò in groppa a Pegaso, determinato a non farsela scappare. Non aveva idea di cosa avesse in mente di fare, ma decise che impedirle di andarsene fosse un buon modo per metterle i bastoni fra le ruote.

Il cavallo, nonostante il visibile nervosismo, non lo aveva mai tradito e non lo fece neanche in quell’occasione. “Non preoccuparti bello, ci penso io.” gli soffiò il ragazzo all’orecchio mentre prendevano il volo, facendo del suo meglio per rassicurarlo.

Si pararono di fronte alla creatura, che da vicino era persino più brutta di Ade. Ercole si stupì nel constatare che era completamente diversa da suo padre e dagli altri dèi che popolavano l’Olimpo: sembrava proprio di un’altra razza. “Togliti di mezzo, mortale.” lo apostrofò, le labbra nere che si incurvavano in un sorriso derisorio. Il vento riprese a soffiare con violenza attorno a loro.

“Non ti permetterò di fare del male a queste persone!” dichiarò fieramente Ercole, la spada salda in pugno.

“Io? Io non farò proprio niente.” replicò la dea, fingendosi offesa. “Ma se insisterai a svolazzarmi intorno, potrei anche fare un’eccezione…per te.” Ciò detto, balzò in avanti ad artigli sguainati, facendo arretrare di scatto Pegaso, che nitrì per la sorpresa. A questo colpo schivato ne seguì un altro, che Ercole parò con la spada, sferrando subito dopo un pugno con la mano libera.

La dea fu respinta all'indietro, schiumante di rabbia. Si produsse in un paio di capriole in aria, per poi raddrizzarsi e tornare all'attacco, questa volta puntando volutamente a Pegaso, nel tentativo di colpirlo alla pancia.

Cominciò a piovere. Nonostante si trattasse di una divinità, Eris pareva essere in difficoltà: mettendocela tutta per non farsi cogliere di sorpresa, Ercole riusciva a tenerle testa. Più respingeva i suoi fendenti, più contrattaccava a suon di pugni e sferzate, più la dea sembrava covare odio, gli occhi verdi socchiusi che assomigliavano a lame fosforescenti nel buio.

D'un tratto, sotto di loro, un marinaio prese ad urlare parole che in un primo momento nessuno comprese; tuttavia, non si poté fraintendere lo sguardo terrorizzato dell'uomo, né tanto meno il gesto che andava ad indicare qualcosa al di là dello scafo della nave.

Ci si sporse, si aguzzò la vista, finché il panico non iniziò a diffondersi...

Di fronte a loro, gorgogliante ma allo stesso tempo subdolo, si era aperto un gigantesco vortice di acqua nera.

Pegaso allungò il collo verso il basso, scalpitante, spingendo i due contendenti a volgere a loro volta l'attenzione sul gorgo, illuminato dai lampi che attraversavano le nuvole in tempesta.

Eris sorrise, deliziata. “Puoi combattere questo, eroe?” lo sbeffeggiò, prendendo quota con un potente battito d'ali.

Al che, Ercole avvertì la prima fitta di vera paura da quando, sull'Olimpo, aveva saputo da un digrignante Ade che Meg stava per morire. Lo prese allo stomaco, risalendo in un attimo fino alla gola, gelida, ineluttabile, così come la realizzazione che no, non ce l'avrebbe fatta a combattere un vortice marino. Come avrebbe potuto? Questa volta non si trattava di un nemico fisico, contro cui pugni e colpi di spada avrebbero sortito effetto.

Eppure, pensò, cercando febbrilmente una soluzione, mentre la pioggia torrenziale gli inzuppava gli abiti e i capelli e il vento freddo gli frustava il volto, era riuscito a sconfiggere i titani..! Non poteva farsi fermare da un gorgo d'acqua, per quanto grande potesse essere.

Cercò di pensare in fretta al da farsi, ma le urla terrorizzate sotto di lui lo distraevano. Come avrebbe fatto a salvare tutti..?

 

“Te l'avevo detto che saremmo morti! Te l'avevo detto!” gridava intanto Ade, a metà tra il furibondo e il disperato. “E sai cosa, te lo meriti!” sbraitò, puntando su Persefone il lungo dito scheletrico con fare accusatorio.

“Stai zitto! STAI ZITTO!” gridò in risposta la ragazza, le mani conficcate tra i capelli fradici. “Non posso credere di stare per morire! Sono troppo giovane!” singhiozzò senza alcun ritegno. “E non posso credere che l'ultima cosa che vedrò sarà la tua faccia!!” aggiunse, indicandolo a sua volta.

Il panico si era ormai diffuso su tutta la nave. Molti uomini si erano messi a pregare in ginocchio. Zeus e Poseidone erano gelati sul posto, senza la più pallida idea di cosa fare. In quanto umani, erano completamente in balia degli elementi...e il vortice si avvicinava sempre di più. Quando la nave virò bruscamente, intrappolata nella spirale, le urla si fecero, se possibile, ancora più forti.

All'improvviso, videro Ercole tuffarsi in acqua, o meglio nel bel mezzo del gorgo. Sgranando gli occhi, Zeus e Poseidone si precipitarono a prua, nel tentativo di seguire i suoi movimenti. “È impazzito! Cosa crede di fare?!” esclamò Poseidone, che ben conosceva la potenza dei vortici marini.

Zeus non rispose, sentendosi morire dentro: alla prospettiva di perdere il figlio, anche la sua stessa fine non lo spaventava per nulla. “ERCOLE!” gridò a pieni polmoni, cercandolo freneticamente con lo sguardo.

Accorse anche Persefone, mentre Pegaso atterrava malamente sul ponte, sospinto dal vento che soffiava in diagonale. Rimasero tutti a guardare, a bocca aperta, una vaga speranza che germogliava nei loro cuori: forse non tutto era perduto. Forse Ercole li avrebbe salvati, per l'ennesima volta...

Dopo una manciata di secondi che parvero un'eternità, gli spettatori attoniti videro formarsi, sotto i loro stessi occhi, un secondo vortice spumeggiante, all'interno del primo, che però aveva tutta l'aria di stare girando nella direzione opposta. “Sta...sta nuotando in senso contrario!” esclamò Poseidone, sbalordito. Persefone si lasciò sfuggire una sonora esclamazione di sorpresa.

“Vuole fermare il vortice...” continuò Poseidone, non osando distogliere lo sguardo dalla prodezza del nipote.

“Il mio ragazzo!” fece Zeus, quasi in lacrime per l'emozione.

“Ti prego, dimmi che funzionerà!” gridò Persefone aggrappandosi spasmodicamente all'avambraccio destro dell'ex-dio dei mari.

“In teoria, dovrebbe...” rispose lui, salvo essere subito interrotto da un inquietante rumore di legno spezzato.

Barcollarono all'unisono mentre il pavimento sotto i loro piedi si inclinava verso destra, scricchiolando penosamente.

“Hai dovuto chiederlo, eh? Non potevi stare zitta...” borbottò Ade, che aveva ormai perso definitivamente tutte le speranze di salvare la pelle.

“Cos'è successo?!” gracchiò Persefone, che quasi non aveva più voce a furia di gridare come un'ossessa.

Poseidone si sporse dalla balaustra fradicia, pallido come un fantasma. Giratosi verso gli altri, dichiarò con voce mortalmente seria: “Lo scafo si è spezzato. Stiamo imbarcando acqua.”

Con un tonfo secco, Persefone cadde all'indietro, svenuta.

***

La benedetta incoscienza le sembrò durare appena una frazione di secondo. Dopo la calma ovattata e il buio profondo e vellutato, il tremendo ululato del vento che le riempì di nuovo con prepotenza le orecchie ebbe il potere di shockarla. Si mosse di scatto, quasi pervasa da una scossa elettrica, eppure le gambe le tremavano come burro.

Ercole era di fianco a lei, bagnato fradicio, con gli occhi rossi e il respiro cavernoso. “È sveglia!” esclamò in un soffio l'eroe, tirando su col naso.

“Ottimo, così possiamo morire tutti insieme.” fu il commento caustico di Ade, da qualche parte alle sue spalle.

“Cosa possiamo fare?” chiese Ercole rivolto a suo padre. La disperazione nel tono dell'eroe era tale da far rabbrividire Persefone. Era davvero la fine, realizzò, mentre qualche altra lacrima le scivolava giù per le guance. “È questione di attimi ormai, la nave...” continuò Ercole, il pianto nella voce. “Non...non sono riuscito a...”

“Hai fatto del tuo meglio, figliolo.” lo consolò Zeus, facendolo rialzare e serrandolo in un abbraccio avvolgente. “Hai fatto del tuo meglio.” ripeté a bassa voce. Sembrava rassegnato, ormai, un po' come si sentiva anche Persefone. Un po' come si sentivano un po' tutti, in effetti.

Stavano semplicemente aspettando la morte.

La ragazza si portò una mano alla bocca, nel tentativo di soffocare un gemito.

“Potreste volare via, sapete.” se ne uscì allora Ade, attirandosi addosso gli sguardi di tutti. L'ex-dio dei morti si strinse nelle spalle. “Sì, insomma...quanto peso può portare il cavallo? Seph, qui, non è che pesi poi molto. E sa dove trovare la falce, dettaglio tutt'altro che trascurabile.”

Ci fu un attimo di gelo, in cui nessuno osò aprir bocca. La distaccata calma di Ade era pura ostentazione, se ne rendevano conto tutti, tuttavia risultava comunque incredibilmente fuori posto in quel momento.

Il primo a spezzare il silenzio fu Ercole, incredulo: “Stai dicendo...stai dicendo che dovremmo scappare...e lasciarvi qui a morire?” Sembrava faticare a tirarsi fuori le parole di bocca.

Ade incrociò le braccia al petto, sollevando automaticamente un sopracciglio. “Hai un'idea migliore, Megafesso?”

Persefone aveva la bocca talmente spalancata dallo stupore che poteva sentire le gocce salate dell'acqua di mare sulla lingua. Non sapeva cosa dire, né cosa pensare...forse era ancora svenuta e stava solo sognando. Che Ade proponesse una cosa del genere era inconcepibile, al di là dell'assurdo.

“Pegaso, tu e Persefone allontanatevi di qui...Ade ha ragione. Almeno voi due dovreste salvarvi.” fece Ercole in tono febbrile.

La ragazza sgranò gli occhi. “N-no, un momento...” protestò flebilmente, la testa che le girava. Avvertì l'ennesima morsa di panico alla prospettiva di fuggire da sola e lasciarli lì ad affogare.

“Oh, gran bel piano, eroe. Mandala via da sola...ammesso che riesca a non venire spazzata via dalla burrasca, non durerà neanche un giorno.” replicò Ade, lanciandole un'occhiata fuggevole che non seppe davvero come interpretare.

“Io non lascio mio padre a morire!” sbraitò Ercole, anche lui praticamente sull'orlo delle lacrime.

“No, Ercole. Ha ragione.” decretò Zeus con voce grave ma ferma, posandogli una mano sulla spalla. “Dovete andare, almeno voi! Noi siamo vecchi, in fondo. E voi potete farcela. So che potete farcela.”

Un altro rumore secco, un'altra asse dello scafo che saltava via. Il ponte tremò paurosamente sotto i loro piedi.

“Papà, NO!” protestò il ragazzo, mentre Poseidone faceva cenno a Pegaso di avvicinarsi. “Non c'è più tempo, dovete andare ora!” li esortò l'ex-dio dei mari, il mento tremante sotto la lunga barba.

“Ricordati cosa ti ho detto, figliolo. Tu sei un vero eroe.” fece Zeus, sorridendogli con calore, gli occhi blu lucidi di lacrime.

Persefone non seppe come, ma finì da un momento all'altro in groppa a Pegaso, stretta più che poteva al petto del cugino, circondata dalle sue braccia possenti, portata via dal vento impetuoso.

 

I tre fratelli li guardarono volare via in silenzio. Erano ancora circondati da marinai gementi, accomunati a quei semplici mortali da un destino tenacemente avverso.

“Sembrerebbe proprio la fine.” osservò Poseidone, sospirando. “Rimpiango solo di non aver avuto più tempo per stare con la mia famiglia.”

“Già...” commentò Zeus, assorto. “Spero che Hera mi perdoni...” Lanciò un'occhiata obliqua a Ade, il quale se ne stava aggrappato alla balaustra, lo sguardo fisso nel centro del gorgo, sempre più vicino. “Devo dire che mi hai stupito, Ade...la ami davvero, in fondo!” non poté trattenersi dall'osservare, genuinamente sorpreso.

Ade alzò gli occhi al cielo. “Sai, non pensavo che questo momento potesse essere peggiorato, ma mi hai fatto ricredere. Complimenti.”

Zeus rise. E in quel preciso istante, lo scafo si spaccò del tutto.

 

 

 

 

 

 

…............................... Non odiatemi, vi prego. :P

Questo capitolo è importantissimo per lo sviluppo del resto della trama, quindi è rimasto in cantiere per un bel po'. Ero tentata, lo ammetto, di spezzarlo in due (AH-HA!), ma poi ho pensato che meritavate almeno che non ci fossero (troppi) cliffhanger. Poteva venire meglio? Molto probabilmente sì, ma ora come ora non posso permettermi il lusso di starci troppo a pensare su. Ho preferito pubblicare qualche giorno dopo averlo finito, anche per darmi una spinta dopo mesi di inattività su EFP.

Beh, che dire: spero vi sia piaciuto! Spero non vi abbia sconvolte troppo! In caso fatemi sapere (la mia vena sadica gioisce LOL :3). Un abbraccione a tutte voi che siete ancora qui dopo sette mesi di vuoto! :*

   
 
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