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Autore: _hell_inside_    20/09/2016    1 recensioni
"Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo. "
L'oppressione romana in Britannia, bardi, sacerdotesse, druidi, guerrieri e clan. Una storia d'amore e una guerra che sembra impossibile vincere
(Cambiamento di titolo: prima era "Resistono i frammenti")
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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CAPITOLO TERZO
 

Erano passate due settimane. Due settimane in cui il villaggio era andato a vivere normalmente, chi andava a caccia, chi a fare legna, chi lavorava il legno, chi il ferro, chi badava agli animali. Le donne filavano e tessevano i mantelli per l’inverno che sarebbe arrivato a breve, guardando a vista i bambini e facendosi aiutare dalle figlie maggiori nel duro lavoro di fare i formaggi. Nacque una vita, in quelle due settimane. La bambina di Idwal e Arlinna, una cosina minuscola, con una peluria nera sulla testa e gli stessi occhi della madre. Idwal le aveva dato il nome di Sunbeam ap Idwal. Raggio di sole, figlia di Idwal. Qualcuno aveva insinuato che non era bene avere una figlia come primogenita, suggerendo di non riconoscerla. Il gigante aveva riso all’idea. Aveva stretto al petto la neonata, l’aveva chiamata per nome per la prima volta, mentre la piccola gorgogliava orgogliosa di essere venuta al mondo e aveva deciso che l’avrebbe addestrata come se fosse stata un maschio. Poi si era chinato a baciare la moglie e, più che mai, Gwyn si era sentito di troppo.

Anche quella sera, stava mangiando la minestra di farro perso tra i suoi pensieri. Sapeva che l’amico non lo avrebbe mai cacciato, ma sentiva come una spinta ad andarsene. Ma come poteva, senza una donna? Avrebbe comunque dipeso dal buon cuore della donna che aveva di fronte, che solo dopo la nascita della bambina, sembrava essere veramente adulta. Ancora una volta, si ritrovò a pensare alla fanciulla che aveva salvato. Sentiva ancora il suo corpo premere contro il petto, il respiro debole sulla sua pelle… Se solo si fosse svegliata…

 

Glyn era rimasto al capezzale della fanciulla per tutto il tempo. Da quando suo padre era entrato in casa con quel fagotto di coperte e l’aveva deposta sul pagliericcio accanto al fuoco, Glyn si era incantato a osservarne il viso, la dolcezza dei lineamenti, i capelli che ricadevano, sciolti da qualsiasi pettinatura, sulla fronte e sulle spalle, e perdendo le notti immaginando di stringere il suo corpo fino a proteggerla da chi le aveva fatto quello e sognando il colore degli occhi che le palpebre chiuse nascondevano. Le era rimasta accanto, sempre. Non la lasciava nemmeno per mangiare. Ogni tanto, con l’aiuto di un mestolo, cercava di farle bere un po’ di brodo. Le accarezzava dolcemente il viso, le parlava del villaggio e, da due settimane, nessuno lo vedeva più in giro ad attaccare brighe. Era totalmente catturato da lei.

-Glyn? Non ti unisci a noi a mangiare?- Samia aveva parlato, sperando di smuovere il fratello maggiore a unirsi a mangiare con loro. Aveva da poco compiuto le quindici estati, era quasi una donna e il suo temperamento docile e i grandi occhi verdi da cerbiatta, la portavano ad avere spasimanti che avrebbero dato di tutto pur di sposarsela.

-Tesoro, lascia stare tuo fratello- dolcemente aveva parlato Arwyn, la moglie di Owain, alzandosi a portare una scodella di zuppa al figlio. Il carattere pacato e paziente della donna, si contrapponeva al fuoco del fabbro e di suo figlio; ma era la sua voce, leggera come refolo di vento, in quella casa, a dettare legge, più che la potenza vocale del marito. I capelli di Arwyn, erano ormai grigi, con pochissime striature ancora rosse, e gli stessi occhi verdi e grandi dei due figli.

Il fabbro mangiava in silenzio, sguardo fisso all’entrata della porta, costantemente sulla difensiva, la paura dei Romani, ormai, si era diffusa in tutta la regione confinante con l’occupazione romana, quando, debolmente, nella semioscurità fumosa della capanna si levò una voce flebile: -Dove sono? Chi sei tu?-

Immediatamente, Arwyn si precipitò al capezzale della fanciulla, scansando il figlio, non prima che questo riuscisse a vedere lo sguardo tanto agognato. Era quello di un cucciolo fiero che è stato piegato dal mondo, nascosto in quegli occhi castani. Se ne innamorò.

-Non alzarti, non fare sforzi. Ecco, bevi- disse portandole il mestolo alla bocca. Lei bevve avidamente –Avrai fame, adesso ti do un po’ di zuppa, va bene? Qui sei al sicuro. La tua ferita dovrebbe essere quasi guarita, ma sei ancora debole. Non aver paura di mio marito, è una buona persona, e nemmeno di mio figlio, nessuno ti farà del male, qui.-

-Grazie… Io, io non ricordo… Come sono arrivata qui?-

-Ti hanno trovato nella trappola per cinghiali, eri ferita- a parlare era stato Glyn –Hai un nome?-

-Gwen, Gwen ap Urien-

 

-Gwyn! Gwyn!- le urla da ragazzino del figlio del maestro di spada si propagarono per quasi tutto il bosco. Quasi tutti gli uomini erano a fare legna, che sarebbe servita a riscaldare le case durante l’inverno, o a cacciare. Nessuno era proprietario del lavoro che faceva, era tutto in comunità con il villaggio e il capo clan divideva equamente, in base al numero di membri della famiglia, il ricavato della legna, della selvaggina, dei formaggi e dei raccolti. Chiunque avesse rubato qualcosa, sarebbe stato punito con l’esilio.

-Gwyn? Qualcuno ha visto Gwyn?-

-Si, ragazzino. È andato da quella parte, è con tuo padre- rispose uno degli uomini, impegnato. Il ragazzo riprese la sua corsa verso la parte di bosco indicatogli. Lo trovò intento a scortecciare un albero, assieme a suo padre.

-Gwyn! Padre!- richiamò l’attenzione dei due

-Dubhan, cosa c’è?- rispose il moro senza togliere lo sguardo dal tronco

-La fanciulla si è risvegliata, Aodh ha detto che ti vuole vedere-

-Ti fidi ad andare da solo da quel vecchio pazzo o vuoi che ti guardi le spalle?- intervenne Myrddin, il maestro di spada.

-Non penso sia del tutto pazzo, amico mio. E poi non devo andare nella tana di Owain da solo- rise Gwyn, in realtà Owain non gli aveva mai fatto nulla di male, ma forse suo figlio Glyn era molto più vendicativo del fabbro, tanto da non dimenticare quello che era successo sei estati prima.

-Dai, lo porto al villaggio- la voce di Myrddin lo distrassero dai suoi pensieri

-Hai detto qualcosa?-

-Si vecchio caprone, vengo al villaggio con te. Tu e tu, figliolo, aiutatemi con questo tronco- i tre si piegarono sulle ginocchia per issarsi il legno in spalla –Forza tiratelo su come le gonne di una donna!-

-Padre!- lo rimproverò Dubhan

-Ehi, Myrddin, hai cresciuto un verginello?-

-Non parlarmene, amico. Tu a donne?-

-Vanno e vengono… Nessuna resta- replicò sconsolato Gwyn

-E con Samia?-

-Non l’ho neanche guardata. È solo una bambina. Glyn avrà bevuto più del dovuto e si sarà sognato le cose-

-Glyn cerca solo un modo per fartela pagare Gwyn-

-Myrddin. Tu c’eri. Lo sai che non è stata colpa mia-

-Lo so, saremmo potuti essere stati tutti al tuo posto-

-A volte mi chiedo cosa sarebbe successo se non fossi scappato-

Myrddin lasciò cadere di colpo il tronco, facendo perdere l’equilibrio agli altri due, per prendere Gwyn per le spalle e farsi osservare negli occhi castani: -Saresti morto. E adesso sarebbero due famiglie a cercare vendetta-

-Nessuno di voi avrebbe il diritto di piangermi o di vendicarmi-

-E tu credi che le consuetudini avrebbero impedito a me, Idwal e a Nimue, se fosse stata viva, di non vendicarti?-

-Hai già lei da vendicare, amico-

-E credimi, un giorno lo farò. Nessuno avrebbe dovuto osare umiliarla. Nessuno avrebbe dovuto osare umiliare la mia donna.- un lampo di violenza e furia omicida passò negli occhi del maestro di spada, in preda ai ricordi di quel giorno così lontano, ma di così fresco dolore. –E in ogni caso, amico mio, io sarò sempre al tuo fianco. E con me mio figlio-

Gwyn non sapeva che un giorno, quella promessa gli avrebbe salvato la vita.






NOTE DELL'AUTRICE: alloraaaa! Che capitolo di m***a. No, vabbè dai, chiedo venia. Credo di aver ammassato millemila robe, ma ho troppa voglia che la storia vada avanti da tagliare un sacco le scenette inutili. Comunque, un paio di noticine.
Le assemblee esistevano, vi partecipavano solo gli uomini liberi e ho praticamente inventato il tutto.
I duelli per onore c'erano pure loro, come il diritto di vendetta della morte di un parente prossimo (fratello/moglie/figli/genitori) e erano di uso comune anche lo sfidare a duello per lavare l'offesa con il sangue. 
Poi, nell'epoca celtica, era sicuramente preferibile avere un primogenito maschio e per questo, molti non riconoscevano le figlie. Cosa che Idwal pare non faccia, anzi, come molti padri promette di addestrarla come un uomo (era di uso comune anche questo). 
Spero che in quanto a nozioni storiche, il resto non sia troppo campato in aria, se lo ritenete, recensite pure urlandomi contro che certe cose non esistevano e prometto che esco dal mio clan. 
In ogni caso, grazie a chiunque legga nell'ombra e a TremorChrist che per ora è l'unica che recensisce se no le mando i romani a casa. 
A presto 
Tenebra
   
 
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